il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

I RACCONTI DEL BRIVIDO
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365396 commenti | 69346 titoli | 27248 Location | 14437 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Una storia semplice (1991)
  • Luogo del film: Il viale in cui il rappresentante di medicinali (Ghini) si trova di fronte alla festa locale
  • Luogo reale: Viale Margherita, Vizzini, Catania
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  • Film: Svaniti nella notte (2024)
  • Luogo del film: L'appartamento della moglie Elena (Wallis)
  • Luogo reale: Corso Cavour 60, Bari, Bari
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Gustav Hofer

    Gustav Hofer

  • Italo Gasperini

    Italo Gasperini

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Kinodrop
Un serial killer che si nasconde sotto le mentite spoglie di un promotore turistico che fa provare ai clienti il brivido di incontri ravvicinati con gli squali, sequestra giovani donne per filmarne la fine tra le terribili fauci, finché una tostissima e scaltra bionda... Un soggetto che mischia situazioni già ben note e colpi di scena ultraprevedibili con il sempre efficace genere dello shark movie; ne viene fuori un gradevole thriller, nonostante l'inverosimiglianza degli snodi principali e la reiterazione di stop & go tra protagonista e bieco nocchiere. Buoni ritmo e cast.
Commento di: Producer
Un Taxi driver dieci anni dopo, divertente e surreale. L'occhio di Scorsese nel frattempo s'è affinato, s'è reso distaccato e sceglie l'ironia al posto della violenza, l'assurdo invece della miseria, l'incredulità al posto della psicosi, ma la protagonista resta sempre la città. Una carrellata di personaggi da incubo, uno più angosciante dell'altro. E "accade tutto in una notte", è vero, come tutte le notti da incubo, ma qui con incisività e poche frivolezze. Un film circolare fino alla fine ma è esattamente a questo che vuole arrivare: un avvertimento. Da non perdere.
Commento di: Deepred89
Coppola impone a Storaro cromatismi eccessivi (influenzati dal Tovoli di Suspiria, ma meno taglienti) e aggiunge, da parte sua, ambiziosi movimenti di macchina. Il risultato, oltre a essere visivamente sfavillante, anticipa l'estetica fotograficamente sovraccarica di numerose produzioni degli ultimi vent'anni. Tale fantasmagoria visiva sovrasta sia la sceneggiatura (storia d'amor litigarello ben ritmata pur nella sua banalità) sia il discreto - anche buono, nel caso dei due amanti occasionali - cast, mentre le canzoni di Waits, di per sé poco memorabili, ben si intonano con il resto.
Commento di: Producer
Capolavoro assoluto. Solo che questa volta il lupo (Lynch) si traveste da agnello e ribalta completamente il suo modo di fare cinema: qui fa della semplicità narrativa la sua forza e della narrazione classica il suo inganno più riuscito. Ma il risultato non cambia di una virgola. Un po’ come si dice in genere della recitazione: tutti buoni a fare parti drammatiche ma è la commedia che ti rivela. E quindi tutti buoni in genere a fare film “normali” come questo, ma quando lo fa Lynch lo fa con una classe unica. Fra i 100 film che vanno visti nella vita.
Commento di: Enzus79
Action movie di qualità meno che mediocre. Peccato. Meno spumeggiante di quel che ci si può aspettare. La storia, alquanto banale e senza una linearità credibile, non diverte né coinvolge, anzi. Cameron Diaz e Drew Barrymore troppo sopra le righe. Regia di McG tutto sommato efficace, con discrete scene di azione. Durata piuttosto eccessiva, colonna sonora discutibile.
Commento di: Fforfake
Lo sguardo umanista di Di Costanzo torna nel cuore di una prigione come già in Ariaferma ribaltando la prospettiva: il carcere di Elisa non è quello panottico della sua precedente prova, ma quello interiore della protagonista, condannata per l'omicidio della sorella e incapace di assumere la responsabilità dei propri gesti per riscattarsi dal suo disimpegno morale. Abissale, raffinato, raggelante nel circoscrivere l'invalicabile ontologia del male. Manca un sussulto dello script, ma Durrenmatt sussurra all'orecchio dello spettatore e la Ronchi offre una prova di rara intensità.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Dei tanti film a sketch che verso la fine dei Settanta si divertivano a prendere in giro icone cinematografiche, film, personaggi televisivi, programmi et similia, magari riuscendo a ingaggiare uno o più nomi riconoscibili (spesso qualcuno tra i volti noti del "Saturday Night Live"), LOOSE SHOES è tra i meno riusciti, poverissimo di gag e di idee. Naturalmente, sparando nel mucchio, qualcosa di discreto esce fuori, ma decisamente poco a fronte di troppi sketch insignificanti.

La base da parodiare in questo caso è il cinema, con una serie di falsi trailer (il...Leggi tutto film non a caso è anche conosciuto col titolo di COMING ATTRACTIONS) come nella miglior tradizione del genere, che ancora Tarantino e Rodriguez sapranno elevare a stile nel loro GRINDHOUSE. Qui molti vuoti si riempiono con le canzoni, anch'esse del tutto anonime. Il successo di RIDERE PER RIDERE dell'anno precedente aveva rilanciato questo tipo di film tipicamente americani, ma con ben altre trovate... Qui si parte con la “vera” storia di Howard Huge (discreto biopic di un personaggio a dir poco strampalato) e si continua con SKATEBOARDERS FROM HELL, parodia dei bikers movie simpatica nelle intenzioni ma fiacca nella resa finale, con uno spirito politicamente scorretto fine a se stesso. Troppo lunga, come al contrario è forse troppo breve THE INVASION OF THE PENIS SNATCHERS, in cui un uomo al bagno cerca per un po' il suo pene nei pantaloni del pigiama per accorgersi di un qualche orrore che verrà ripetuto. Gli ultracorpi tornano utili solo per il buffo titolo, ma poi...

La parodia del carcerario si esplicita in THREE CHAIRS FOR LEFTY, in cui Lefty è un giovanissimo Bill Murray nei panni di un condannato a morte in attesa di elettrocuzione. Un po' di show da parte di quella che diventerà in futuro una grande star, che qui tuttavia si limita a seguire il copione senza poter dire granché di divertente. La durata dello sketch (ben sette minuti) è delle più consistenti, ma le gag scarseggiano, così come nella successiva ripresa di un qualsiasi film di Woody Allen con un suo sosia protagonista. Il primo colpo di genio (relativo, s'intende) arriva con THE MAGIC AND MYSTERY OF THE GOBI, durante il quale si raccontano le bellezze del deserto asiatico mostrando famiglie accampate con l'ombrellone e il pallone come in una qualsiasi spiaggia, ma con a due passi carcasse di pellegrini arrostiti dal sole.

Da dimenticare il break pubblicitario sull'organizzazione STOP IT, al quale segue uno spassoso messaggio di un cinema che assicura di prendersi cura dei nostri figli per le vacanze chiudendoli tutto il giorno in sala e "assistendoli" a colpi di film e Coca Cola! La dimostrazione di come a volte non servano le immagini, per divertire! Lungo e tedioso lo spazio lasciato a un cagnolone live action della Disney (THE SHAGGY STUDIO THIEF) e un po' meglio A VISIT WITH MA AND PA (ma solo nel finale, il resto è terribile), con un contadino proprietario di un maiale parlante che si divertirà alle sue spalle. Poco centrata la parodia in bianco e nero e muta (con didascalie) di Charlot, suddivisa in molte scene con “monello” annesso e pure quella (SCUFFED SHOES) con le scarpine danzanti indossate dal presentatore del balletto causa morte della proprietaria delle stesse (un'idea che riprenderà Villaggio in più di un suo film).

Ancora interminabile e scadente la parentesi del corrispondente di guerra con qualche scena sul fronte, già meglio la parodia spaghetti western di A FISTFUL OF SOMETHING (“Per un pugno di qualcosa”, avremmo tradotto in Italia), con il solito uomo venuto dal nulla che arriva nel paese di Bad Pasta (notevole!) in Arizona trovandovi gruppi di indiani (ma di quelli col turbante, però!) e pure un collega cieco (il regista del film Ira Miller). Scarsa l'avventura di una strana coppia nel paese dove tutti ti trattano bene e al contrario spassosa quella dei Pon pon boys, bellocci da esibizione utilizzati come macchine del sesso.

La chiusura, prima di un'estesa esibizione musicale di nessuna utilità, è lasciata a BILLY JERK GOES TO OZ, divertita presa in giro del MAGO DI OZ, con lo spaventapasseri e... un nano. Sarebbe un discreto modo di chiudere, se non si fosse lasciata l'incombenza alla citata performance musicale, chiaro riempitivo che neanche l'Aida di ARRAPAHO... Insomma, qualcosa di buono si trova, ma mediamente si vola bassi anche per raggiungere i risultati di altri film simili, non rinomati quanto il classico di Landis. Sul tema, insomma, meglio rivolgersi a lavori precedenti come THE GROOVE TUBE, in cui si notava ben altro impegno in fase di scrittura. Qui il  budget è ridottissimo e si vede...

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Ingenua commedia - che si vorrebbe comica - totalmente focalizzata sugli imbarazzi di un umile curato di campagna (Préboist) all'interno di un campo di nudisti organizzato lungo una spiaggia della costa francese. Lui è padre Daniel, e nella sua chiesetta persa nel verde della Val d'Oise fa furori: quando c'è la messa il paese si svuota e le code per entrare ad assistervi sono impressionanti. Perché? Facile: Daniel è un comico nato e diverte tutti i parrocchiani chiamandoli a indovinare gli animali che entrano nell'Arca, imitandoli a gesti. Un gioco...Leggi tutto dei mimi che entusiasma il suo pubblico, al punto che un prete di passaggio (Génès) capisce il fenomeno e, non poco invidioso del successo, avvisa il vescovo (Descrières). Quest'ultimo ci ragiona sopra un po' e decide di spedire il buon curato in un campo di nudisti della Costa Azzurra per tentare di introdurre anche lì gli insegnamenti del buon Dio. Una missione già fallita in precedenza, che per riuscire richiede gli sforzi di un uomo di fede particolarmente capace.

Così padre Daniel, ovviamente in incognito, è costretto a intrufolarsi tra gli ospiti nudissimi del campo, gestito dallo spregiudicato Léon (Nicaud). Come si può immaginare, tuttavia, le mire evangelizzatrici si spengono subito a causa delle continue difficoltà a muoversi in un ambiente in cui si è senza vestiti sempre e ovunque. A lui rifilano un'orrenda salopette (per qualche giorno, poi dovrà togliere pure quella, gli viene detto), ma il problema è comunque quello di trovarsi di fronte, sempre e comunque, a donne e uomini nudi a perdita d'occhio...

Il film sta tutto qui, al netto di un finale “giallo” (si fa per dire) aggiunto perché davvero era impossibile proseguire un'ora e venti senza uno straccio di trama. C'è il proprietario del campo che maledice il giorno in cui l'ha affittato a Léon e passa senza sosta lì davanti sparando alle insegne e ci sono soprattutto le facce di Paul Préboist, che dovrebbero rappresentare l'unico motivo per poter catalogare come comico un film che in realtà di battute di fatto non ne conta, limitandosi a una interminabile esposizione di seni e sederi da far invidia ai vecchi “nudies”. Poi però, non potendo esagerare, quando si rischia di inquadrare le “parti davanti” c'è sempre chi ridicolmente le copre con le mani, chi viene occultato da inquadrature ad hoc, mentre la maggior parte viene nascosto dove serve da foglioline stile Adamo ed Eva, borselli a tracolla o utilizzando ogni tipo di espedienti che saltuariamente lasciano spuntare al massimo qualche pelo qua e là.

L'umorismo è parrocchiale, elementare, si direbbe spuntato se solo avesse una punta di satira o di ironia tagliente, ma siamo a livelli talmente bassi che anche definirlo sorpassato, oggi, pare un eufemismo. Potrà incuriosire giusto chi è interessato a vedere belle figliole (molti meno gli uomini) in déshabillé. Patetica la figura del vescovo spinto ad agire contro il povero padre Daniel dal prete invidioso, un po' triste (più che comica) quella di Préboist regolarmente sull'orlo del pianto, triste o sconsolato per la situazione in cui versa fin quasi dall'inizio e che migliora un po' nel finale.

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Un piccolo aereo sorvola di notte le Florida Keys lasciando cadere in mare quattro grosse casse che s'inabissano. Una spedizione notturna con a bordo brutti ceffi armatissimi parte poco dopo in barca per recuperarle, ma non ha fatto i conti con gli squali, e ci vuole poco per accorgersi di quanto le acque siano infestate. Il misero gruppetto ci lascia le penne, come ben si può immaginare, in un attacco che comunque – al di là dell'evidente budget misero tipico delle produzioni Asylum – qualcosa in più della media, almeno a livello di creatività, già...Leggi tutto lo fa intuire.

Lo stacco successivo ci porta a cinque anni prima: una coppia di giovani si stringe e si bacia sul molo quando lui annuncia a lei che dovrà partire per una imprecisata missione di lavoro non sapendo purtroppo il giorno del ritorno. Quel giorno non giungerà mai, perché il rientro al presente ci mostra Gia (Cole), la stessa ragazza, in lacrime sullo stesso molo: è una agente della DEA (Drug Enforcement Administration) di Miami che viene a scoprire come in quel famigerato tratto di mare che avevamo visto all'inizio qualcuno ha perso qualcosa. Per la precisione rinviene sul fondo alcuni vasetti contenenti il “te del Reverendo”. Questo è quanto riporta l'etichetta e che si vede da fuori ma, una volta aperti, ecco celati all'interno voluminosi pacchi di cocaina. E quel Reverendo non è altro che il cognome di un grosso uomo d'affari locale (Hanks) chiaramente losco. E' lui che aveva mandato la prima spedizione a recuperare in mare le casse e ancora lui a inviarne una seconda che vada lì per capire che fine abbia fatto la prima. E a recuperare le casse, naturalmente.

Sul posto, quindi, si ritroveranno Gia, tornata lì da sola per capire cos'altro ci sia là sotto, e il nuovo gruppo di criminali attrezzati per riprendersi le casse adagiate sul fondo. Ma già l'arrivo in loco, con i resti della prima imbarcazione spersi in mare un po' dovunque, lascerà tutti perplessi. La risposta non tarderà ad arrivare, perché anche di giorno i numerosi squali che infestano la zona si mostrano pronti a prendere di mira chi si avvicina. Da qui si può ben immaginare come proseguirà il film, con i narcotrafficanti che si tufferanno a ripetizione cercando di eludere la “sorveglianza” dei pescecani, Gia che presto si unirà a loro senza sapere con chi ha a che fare (almeno inizialmente) e gli squali che attaccheranno in forze, spesso saltando fuori pesantemente dall'acqua e divorando arti appena possibile.

Una trama già ampiamente vista (il “tesoro” sommerso da recuperare evitando gli squali ha quasi creato un genere a sé stante) ma che in questo caso ancora funziona. Perché gli effetti speciali finalmente si vedono, pur se penalizzati dalla solita cgi approssimativa (movimenti ultraveloci spesso innaturali, scarsa resa dell'interazione tra computergrafica e riprese nonché altri difetti da sempre associati al genere). Si è visto di ben peggio, nel campo; e se dalla recitazione non ci si può aspettare granché, la regia di Ferrante garantisce se non altro una certa esperienza, contando i film già da lui girati sull'argomento.

Insomma, non si esce dagli ambiti di sempre ma ci si muove con più gusto del consueto, tentando qualche colpo di scena simpaticamente piazzato nel finale che si accompagna a un'improvvisa esplosione splatter di bella ferocia (una decapitazione volante, un braccio sgranocchiato tra urla lancinanti...). Le pinne che si avvicinano veloci in gruppo il loro impatto ce l'hanno e nella terra di mezzo tra la serie B più solida e la serie Z sempre più praticata dal genere shark, GREAT WHITE WATERS si ritaglia fieramente il suo spazio; qualcosa in più di quanto ci si poteva attendere da una produzione Asylum. Insolitamente grigia Miami, lontana cornice di un film comunque quasi per intero ambientato in mare.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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