Fantasmi, un orfanotrofio, il gruppo di bambini che tira un brutto scherzo al coetaneo deforme, il ritorno dopo anni nella magione maledetta... tematiche abusate nel cinema horror che Guillermo Del Toro (produttore) affida a un regista che pare voler seguire le sue tracce. Perché è chiaro che la storia, vero concentrato di luoghi comuni, è un semplice pretesto per dare forma a un film molto ricercato dal punto di vista dell'immagine e della fotografia, sbocco inevitabile per chi (come Del Toro) ha sempre curato soprattutto questi aspetti. L'ex orfanotrofio, con le sue ampie stanze e gli arredi d'un tempo, è il set ideale per dare la stura a manifestazioni spiritiche...Leggi tutto classicissime che la medium interpretata dalla brava Geraldine Chaplin capta a i suoi colleghi dotati di monitor e rilevatori intercettano in una delle scene più tipiche. La protagonista, che non riesce da mesi a trovare il figlio lì scomparso, non si dà pace, tanto che il marito ad un certo punto, come d'uopo, la pianta in asso e la lascia in balia dei suoi incubi. Una sceneggiatura modesta appesantisce la prima parte, mentre è ovviamente quando calano il buio e i minacciosi silenzi che il film riprende vita, riacquistandola definitivamente nel lungo rendez-vous conclusivo, concentrato di orrori in cui nessuna parte è concessa al sangue e allo splatter. Horror giocato tutto sull'atmosfera, recitato correttamente, con qualche guizzo ma nel complesso troppo simile a mille altri.
7 Goya vinti in patria e candidato spagnolo all'Oscar, The Orphanage, ad esser sinceri, più che fenomeno è Phenomena. Il plot, infatti, è debitore del film d'Argento almeno quanto lo è di Poltergeist (con la Chaplin medium al posto di Zelda Rubinstein), ma, visto il gran parlare che se ne è fatto, un po' se ne esce delusi. Certo l'unhappy end stringe il cuore, ma anche qui siamo nella convenzione più totale. Sta di fatto che pellicole così in Italia non siam più capaci di farne.
Questo film è quasi un continuo dejavu (Poltergeist, Gli invasati). E poi ci sono le solite porte che scricchiolano, i rumori, i passi (ma basta! Un po' di originalità). Gli attori, a parte la protagonista che se la cavicchia, non sono niente di che e il film sembra procedere col freno a mano tirato, nonostante un perchè ce l'abbia persino (non è però sufficiente). Ci vuole altro per fare una cosiddetta "ghost story" come si deve. Qualche momento riuscito c'è, compreso un pizzico tensione, ma il finale decisamente paraculo, che cerca di accontentare tutti, mi ha indispettito. Cameo della Chaplin.
MEMORABILE: L'incidente alla vecchia (la faccia è uno spettacolo). La storia del bambino col volto sfigurato, anche se mettergli un sacco in testa è risibile.
Del Toro produce una ghost story che, finalmente, è possibile definire tale. Quasi assenti i rimandi ad altre pellicole, regia old school quanto basta, notevole il numero di momenti "effetto cardiotonico". Finale meditato. È chiaro che da un film di genere come questo è impossibile pretendere di più. Qui non c'è niente di patinato (in barba agli americani!), solo tanta atmosfera ed un plot dal perno drammatico che profuma di tradizione. Promosso!
Film riuscito ed interessante che necessita, per essere apprezzato, di una visione senza pregiudizi o aspettative tipicamente horror. Per loro natura le ghost story sono una cosa a parte che spesso dall'horror sfocia in qualcos'altro. Questo film, pur con molti luoghi comuni e cali di tensione, regala una storia onesta e affascinante, di molto superiore alle banalità horror (Frontiers & co.) che siamo costretti a sorbirci ultimamente. Un film incorniciato da un'ottima scenografia e che osa addirittura un finale fiabesco.
MEMORABILE: La protagonista cerca di evocare i bambini, fa la conta guardando il muro, poi si volta e i bambini iniziano ad arrivare: momento di tensione pura.
Da mettere a confronto con Saint Ange per capire chi il cinema (horror) lo fa e chi invece lo riproduce, per cogliere la differenza tra narrazione e mero esercizio di stile. El Orfanato non è un grande film ma un ottimo esempio di professionalità al servizio di un racconto stratificato e complesso che, aldilà delle evidenti derivazioni, riesce a creare un suo clima specifico e un'atmosfera di forte suggestione. Spaventi funzionali alla storia e crudeltà, nel finale, senza consolazione. I personaggi seguono sempre i binari della verosimiglianza e di questi tempi, per un horror, non è poco.
Ennesimo esempio del sempre più vitale cinema di paura iberico, "The Orphanage" (perché tradurre in Inglese un titolo iberico?) è un film diretto con una certa cura, ma che si adagia su troppi stereotipi e passaggi convenzionali, risultando spesso zoppicante e "già visto" e che solo alla fine si riscatta con un finale a sorpresa doloroso e riuscito. Buona la performance della protagonista Belen Rueda, non esaltante il resto del cast, con l'eccezione di Geraldine Chaplin in un breve ruolo. Molto belli i titoli di testa. Produce Guillermo Del Toro.
MEMORABILE: Durante la seduta di gruppo la madre, spavalda, afferma: "Mio figlio non è morto. L'hanno rapito i suoi amici invisibili". Giù la sala dalle risate.
Pubblicizzato in pompa magna con il nome del più famoso Guillermo Del Toro (qui in veste di produttore) e si capisce anche perché (a parte il marketing, of course). Juan Antonio Bayona, oltre a guardare ad alcuni capisaldi horror (Poltergeist per tutta la sequenza con la medium), compila un prodotto che evoca temi (visivi e non) già visti in El Espinazo Del Diablo di Del Toro. E nonostante questo impianto derivativo riesce a dirigire un film più che sufficiente, abbastanza coinvolgente e con qualche buona sequenza. Guardabile.
Il problema principale del film è la scarsa originalità: tutto, infatti, sa di già visto ed aggiunge ben poco al genere. Da un punto di vista della confezione la pellicola è accettabile ma la sceneggiatura è troppo debole ed il finale "terreno" è molto disonesto ma soprattutto di rara inverosimiglianza (possibile che con tutte le ricerche che si scatenano nessuno si sia mai accorto che...?). La dimostrazione che il tanto decantato cinema horror spagnolo contemporaneo è decisamente sopravvalutato.
Discreto, ma privo di coraggio. Buoni i primi cinquanta minuti, dopo di che la trama va più a contentare i palati che ad essere lineare e corposa. Il fatto che il finale sia giudicato talora lieto, talora triste è la testimonianza di un'incertezza del cammino conclusivo, all'interno del quale ci sono però grandi momenti, come la lenta apparizione dei pargoli col "nascondino". Inutile, quasi fastidiosa, la parte tecnologica: se è una storia di fantasmi, perché non continuare dritti per quella strada? Molto brava la Rueda, fotografia struggente. Chiari richiami ad un film di Serrador.
MEMORABILE: Oltre al "nascondino", notevole la ricomparsa delle conchiglie disposte a mucchietto.
L'ombra dello stravisto e del già digerito grava pesantemente su ogni metro di questo elogio al manierismo, non salvando un fotogramma dall'impersonalità. Debole caratterialmente e pidocchioso quanto a energia, trova rifugio nell'eco citazionista (si balza a piè pari e non senza rovinosi inciampi da The others a Poltergeist, da Phenomena a Gli invasati), nell'impacciato tentativo di convertire l'horror metafisico in orrore quotidiano della mente, e in un'eleganza e una raffinatezza di scrittura anche notevoli ma sempre in balia dell'anonimo e dell'inerziale. Pistola di gran classe, mira scarsa.
Il cinema spagnolo continua a distinguersi con successo per film come questo, che si divide tra dramma, horror e fantastico: la storia è abbastanza tradizionale e, volendo, anche prevedibile, però colpisce per la notevole fattura tecnica e le suggestive connotazioni fiabesche (in questo si sente l'influenza di Del Toro). Scontato, ma molto efficace il finale.
Il figlio adottivo malato di Hiv scompare e i suoi amici immaginari perseguitano la madre. Intricato horror che sovrappone diversi temi classici del genere alla storia di una donna con un doloroso passato di orfana e un presente di madre adottiva di un bimbo destinato a morire, alla ricerca di un equilibrio interiore e di un esorcismo dei fantasmi del passato. Immagini suggestive. Brava Rueda, impressionante Chaplin. Stupida e paradossale la traduzione del titolo originale spagnolo in inglese anziché in italiano.
Classicissima storia d fantasmi ambientata in un orfanotrofio abbandonato che fu teatro di indicibili orrori. Il soggetto è puro cliché ma la realizzazione è ottima. Grandi atmosfere e angoscia a profusione ottenuti con virtuosismi di regia che per una volta sembrano davvero essere del tutto funzionali alla vicenda. Il cinema gotico spagnolo è oramai una realtà che se non brilla per innovazione può però contare su cineasti molto competenti in grado di regalare ancora emozioni agli amanti del genere.
Cinematograficamente efficace, grazie alla certosina messa in scena e alle recitazioni più che convincenti, con menzione di merito per la sosia (invecchiata) della nostra Vanessa Incontrada, ovvero la bravissima Belen Rueda: ex orfana, poi madre tormentata alla ricerca di un figlio adottato. Anche se i cliché sono all'ordine del giorno, la regia è convincente e il film si rivela efficace e coinvolgente per una buona durata. Poi arrivano i dolori, per via di una sceneggiatura che rasenta il ridicolo e con risvolti (uno dietro l'altro) criptici e poco chiari. Finale (stonato) alla Sesto senso...
Cosa c'è di meglio per far passare gli ultimi giorni in allegria al proprio bimbo gravemente malato che trasferirsi nel vecchio orfanotrofio decrepito della propria infanzia, ovviamente popolato dalle presenze angosciose del passato? E lamentati poi se le cose si mettono male... Comunque, a parte le bischerate sparse, l'atmosfera è suggestiva, il racconto elegante, la protagonista molto brava, e il finale in tono favolistico (in cui si intravede l'impronta del produttore Del Toro) mi ha commosso mio malgrado (sarà colpa del cuore di mamma?).
MEMORABILE: Santa polenta, se perdi il ragazzino, prima di iniziare ad invocare gli spiriti, cercalo bene, no?
Questo film sembra essere la copia sbiadita del ben più incisivo The others. Pecca essenzialmente nel ritmo e nella sceneggiatura. Peccato, perché gli interpreti recitano a dovere e le ambientazioni, insieme alle premesse di fare un buon film, c'erano tutte. Rimane comunque un film vedibile se non si nutrono grandi aspettative.
Sotto l'egida produttivo-protettiva dell'ispanico Del Toro, Bayona dirige questa sorta di crocevia di tutti i percorsi orrorifici più inquietanti e stra-abusati dell'ultimo decennio. L'indecidibilità tra vivi e morti (Il sesto senso), le due dimensioni di realtà parallele (Silent hill, The dark, Infection, Into the mirror), i tetri baby-fantasmi del passato che tornano a richiedere sangue e giustizia per le immemori colposità (Ringu... ma senza mostriciattole nerocrinite). Contano solo le eleganti riprese e le due ottime prove della Rueda e della Chaplin.
Nonostante la mano importante di zio Guillermo, the Orphanage soffre eccessivamente per una sceneggiatura davvero zoppicante. La confezione è di quelle davvero notevoli e il cast è comunque più che discreto; ma le poche occasioni che ha per spaventare vengono sprecate da dialoghi abbastanza insipidi e reazioni assurde dei personaggi. Una volta visto, insomma, si confonde con altre pellicole del genere e il ricordo si sbiadisce molto presto. Peccato perché nella seconda parte qualche idea viene pure imbroccata.
Se non fosse per l'elegante regia di Bayona (niente male per un esordiente) e per la fotografia di Oscar Faura, il film rientrerebbe nel solito, inflazionato e venuto a nausea, film di fantasmi alla j-horror giapponese. Lento e a volte noioso, si lascia seguire per i suadenti movimenti di macchina, per la recitazione e l'atmosfera. Più che un horror in senso stretto, lo definirei un fantasy, a parte due scene ad effetto. Il finale, però, mette la pelle d'oca, poetico e fiabesco, originale e inaspettato, che cita Peter Pan. Sospeso e delicato.
MEMORABILE: L'inizio coi bimbi che giocano nel giardino; la prima apparizione di Thomas; la donna investita; il filmino con il volto deforme di Thomas.
Il film è particolarmente curato nella resa visiva, infatti la fotografia è molto intensa e suggestiva, la regia molto accorta e abile. Il film zoppica nella sceneggiatura non particolarmente efficace e nella quasi totale mancanza di originalità. Molto brava ed espressiva la protagonista, perfetta la scelta della Chaplin nel ruolo della medium. Nel complesso la pellicola risulta comunque abbastanza godibile.
Ennesimo thriller con variazioni orrorifiche di scuola spagnola. Qui siamo dalle parti dell'Amenabar di The others. Lo spunto iniziale da film "de paura" più o meno tradizionale (l'orfanotrofio degli orrori e l'accanimento sul diverso e lo sfigurato) serve al regista Bayona (e verrebbe da dire al suo produttore Del Toro) per un esemplare esercizio di stile, fotografia e recitazione. Belen Rueda è molto brava nel dare voce e corpo ad una madre che non si arrende alla perdita del proprio bambino ed è disposta a seguirlo "ovunque" egli sia.
Il film è curatissimo, come nella maggior parte della produzione horror spagnola; regia pulita, fotografia nitida, recitazioni professionali e ineccepibili. Queste cose però non bastano, specialmente in questo genere, a fare un buon film che inchiodi lo spettatore allo schermo. "Orphanage" è una pietra levigatissima, sulla quale scorre continuamente via la nostra attenzione e il nostro ricordo. La storia è abbastanza scontata, e piena di luoghi comuni e un po' troppo strappalacrime. Mediocre.
Paura, finalmente la cara vecchia paura, oramai barattata per altro nelle ultime produzioni horror, dove alle idee si sostituiscono effetti. Il tema non è originale, ma l'intreccio, la resa filmica e la recitazione, specie della protagonista, ne fanno un film fuori dal comune. Simon, un bambino adottato ed ammalato, sparisce all'improvviso, non prima di aver comunicato con cinque amichetti invisibili. Toccherà alla madre adottiva occuparsi di lui e "raggiungerlo" per accontentarlo. Geraldine Chaplin nel ruolo della medium è semplicemente perfetta.
Un horror molto riuscito: tanta tensione, paura dettata anche solo dalla fotografia cupa e dall'ambientazione tetra, inoltre nemmeno un goccio di sangue ma solo tanti vecchi sani spaventi. Bayona dimostra di sapere il fatto suo, anche con il colpo di scena finale duro (per quanto razionale). Bravissima la Rueda, accessori tutti gli altri compresa la Chaplin, che appare in una sequenza molto simile al vecchio Poltergeist. Comunque ottimo.
Il produttore di questa pellicola è Guillermo del Toro (forse per questo le atmosfere evocate ricordano La spina del diavolo). Ancora un orfanotrofio, ancora un fantasmino e ancora segreti inconfessabili di un passato che riaffiora. Come se non bastasse i debiti con altre pellicole sono evidenti. La confezione è pregevole (anche se da sola non basta) e il film scorre decentemente. Belén Rueda ha una buona presenza scenica e in più punti convice più della sceneggiatura. Il finale favolistico resta sospeso tra consolazione e retrogusto amaro.
Per le moderne ghost story, The others rappresenta ormai un modello imprescindibile e purtroppo ineguagliabile. Questo film, almeno, è confezionato davvero bene (ambientazione suggestiva, fotografia pregevole), può contare su recitazioni nel complesso valide (davvero brava la protagonista) e riesce a regalare anche buoni momenti di tensione. Però il ritmo è altalenante e il finale, che sconfina nel fiabesco, riporta a galla tutte le falle della sceneggiatura che l'abilità del regista aveva fin lì coperto. Peccato, perché la classe c'era...
MEMORABILE: L'apparizione del bambino con la maschera; Il nascondino notturno.
Lento... lento... lento... Per carità, si lascia guardare, ma si sarebbe potuto lavorare di più sulla trama. Siamo forse troppo abituati alla velocità del cinema americano? Non so. So solo che il film è un po' scontato, a mio parere. Attori che sembrano messi lì per sbaglio, a volte persi in se stessi, come se non sapessero per chi stanno recitando.
Una fotografia meravigliosa è il punto forte del film, senza nulla togliere al senso di mistero che pervade tutta la pellicola (costruito molto bene) e all'ottima regia. Il finale, per quanto mi riguarda almeno, mi è apparso meno a sorpresa di quello che si dice, anche se le modalità e la crudezza delle dinamiche lasciano leggermente sciooccati.
Un altro orfanotrofio che nasconde un passato tenebroso: la fotografia è suggestiva e le scene da "balzo sulla sedia" sufficienti, tuttavia la spiegazione finale la si può intuire quasi subito, non fosse altro per l'ennesimo bimbo troppo intelligente che manda in confusione la madre... La sequenza con la Chaplin da brividi, la falsa assistente sociale una macchietta. Idea buona, troppa carne al fuoco e assunti discutibili (oggi l'HIV in Occidente è perfettamente controllabile).
The Orphanage è un ghost movie ma non un horror, è più una favola tetra in puro stile Del Toro. Il regista messicano non è dietro la macchina da presa ma è pur sempre presente come produttore e lo si intuisce benissimo dalla fotografia e dallo stile registico. Il film porta dietro di sé tutti, o quasi, i cliché del genere ma lo fa con un'eleganza che molti altri suoi simili si sognano. Il ritmo è piuttosto lento, ma questo giova alla storia e di conseguenza anche all'atmosfera misteriosa. Il finale lascia senza fiato per la sua cattiveria.
Pesante e, in parte, un po' scopiazzato da The others: simile ambientazione, simile attenzione al mondo infantile, stesse atmosfere orrorifiche e stessa conclusione più "melensa". Se l'idea quindi di sicuro non è nuova, nemmeno lo svolgimento brilla particolarmente e la paura è la grande assente (si gioca tutto solo sui jumpscare), anche se bisogna dar credito al regista di uno stile (americano) assolutamente preciso. Rimangono un paio di spunti e la buona messa in scena in un paesaggio asturiano.
Notevole esordio del regista spagnolo Bayona, prodotto da Guillermo Del Toro. La pellicola è un horror, molto ben realizzato, misterioso e d'atmosfera, ricco di tensione e capace di mantenere vivo l'interesse dello spettatore sino al finale, alquanto originale. Il racconto è buono, l'attrice protagonista è di grande bravura interpretativa, affascinanti sono le location, così come le musiche. Tra le opere di genere merita sicuramente attenzione e apprezzamento. Valido.
Buon film; qualche stranezza nella trama e spunti non spiegati non ne cambiano il valore. Non trasmette la paura di un horror classico ma piuttosto angoscia e tristezza, molta tristezza soprattutto nel finale. Molto buona la regia e la fotografia, i paesaggi esterni e marini sono resi magnificamente così come la moderna seduta spiritica piena di tecnologia. Il ritmo spesso lento lo rende certo diverso dai canoni di Hollywood ma ciò non significa sia noioso e le accelerazioni sono sapientemente dosate.
MEMORABILE: Il mare e la grotta al frastuono delle onde; La frenetica caccia al tesoro; "Esprimo un desiderio"; I moderni cacciatori di fantasmi con la medium.
Spacciato per un horror, è in realtà un potpourri male amalgamato di giallo (un bimbo svanisce nel nulla), dramma (il piccolo è molto malato) e paranormale (la medium capta anime che non riposano in pace). Non mancano sequenze di sicuro impatto emotivo, né un'idea di base interessante (le misteriose apparizioni di un bambino con un inquietante sacco a coprirgli il volto), ma il nascondiglio di Simon si rivela un enorme plothole. Finale struggente ma fuori contesto.
MEMORABILE: Il gioco alla parete per invocare gli orfanelli defunti.
Un horror più di concetto che di forma, il cui sviluppo degli eventi lo avvicina maggiormente al drammatico con un finale ondivago che esce dal seminato e che finisce per essere la parte migliore di tutto il film. Non mancano però i difetti, tra i quali spicca l’ennesima seduta spiritica tecnologica che fa crollare un gradimento fin lì traballante, già compromesso da momenti di stanca. Non si registrano situazioni interessanti e originali in grado di fare la differenza e, malgrado le buone intenzioni, non resta molto in mano.
Horror ormai assurto quasi al rango di culto, in realtà piuttosto fiacco, con un soggetto potenzialmente buono depotenziato da una sceneggiatura dispersiva e da una regia, pur nella sua innegabile eleganza, incapace di farsi realmente incisiva, tanto che la risoluzione dello snodo giallo che dà linfa alla vicenda (il bambino scomparso), spiazzante per quanto piuttosto improbabile, quasi passa inosservata, spersa tra interminabili perlustrazioni notturne. A risvegliare da torpore un jumpscare inaspettato (l'incidente) e alcuni buoni momenti, come l'estratto di spiritismo tecnologico.
Film che per tutta la sua durata non riesce a decidersi se restare horror o ripiegare sul drammone familiare. Ne esce fuori una pellicola né carne né pesce, in cui gli aspetti drammatici non sono abbastanza approfonditi e il lato horror non funziona nonostante qualche spunto inquietante e qualche buona idea qua e là. I due generi non collimano e ne esce fuori per giunta un finale deludentissimo. Il tutto peggiorato da una fotografia da gialletto televisivo. Peccato perché l'idea di base c'era e il cast se la cava egregiamente, ma si fa fatica a capire dove si volesse andare a parare.
Notevole ghost story iberica, che pur rischiando di abusare di vari topoi del genere (indagini paranormaliste in zona Gli invasati e Poltergeist, spiriti senza pace, nascondigli segreti e via dicendo) riesce a incantare con l'agrodolce delicatezza di una fiaba tragica. Dramma, sentimento e scene genuinamente spaventose (la seduta d'ipnosi, i bambini fantasma che giocano a "un, due, tre stella") si armonizzano nella grazia di una confezione neo-gotica di altissima qualità. La cruda amarezza del finale compensa certi contraccolpi zuccherosi (il tocco di Del Toro si avverte). Promosso.
MEMORABILE: L'investimento a sorpresa in stile Final destination; La maschera di Tomas e il suo vero volto nel filmino Super 8; La terribile rivelazione finale.
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Grazie Rebis,
avevo capito che la porta è stata bloccata dai tubi ma mi sembrava di ricordare che Laura quando rimette il pomello della porta per aprirla rimuova la tappezzeria intorno...forse mi hanno depistato i titoli iniziali con l'effetto tappezzeria strappata.....scusa una cosa, non sono pratica...cosa intendi quando dici "segnala gli spoiler, ne seguono altri" ?
DiscussioneZender • 24/11/08 13:01 Capo scrivano - 48842 interventi
Si scrive SPOILER quando si sta per anticipare uno snodo cruciale della trama in modo che chi legge sa che se continua a leggere rischia di vedersi anticipata una "sorpresa". Quando hai finito di scrivere l'anticipazione scrivi FINE SPOILER in modo che chi non voleva saperla può continuare tranquillamente a leggere.
SPOILER
Drugo ebbe a dire: Grazie Rebis,
avevo capito che la porta è stata bloccata dai tubi ma mi sembrava di ricordare che Laura quando rimette il pomello della porta per aprirla rimuova la tappezzeria intorno...forse mi hanno depistato i titoli iniziali con l'effetto tappezzeria strappata....
In effetti i titoli di testa richiamano proprio quel momento (molto... argentiano) ma la tappezzeria viene strappata per rivelare che dietro è camuffata una porta non per occluderla!
EXTRA:
Making of
La storia
Il regista
La protagonista
Bekén Rueda
La musica
I commenti
CuriositàBrainiac • 15/08/09 16:43 Call center Davinotti - 1464 interventi
Nel tripudio di prequel,sequel e remake che ci attendono c'è una buona notizia.
Per lavorare sul rifacimento del film spagnolo del 2007 è stato scelto Larry Fessenden (WENDIGO),autore di uno fra i migliori episodi di Fear itself,sempre incentrato sulla figura del Wendigo.
Fessender verrà affiancato in fase di sceneggiatura,su precisa indicazione di Del Toro,da Sergio Sanchez.
* Il film fù candidato all'oscar come miglior film straniero. Secondo film della storia del cinema spagnolo per il miglior incasso nei primi giorni dall'uscita.
* Bayona afferma di essersi ispirato ai due film di Serrador, Ma come si può uccidere un bambino, e soprattutto Gliorrori del liceo femminile. Nonchè al misconosciuto e delicato Lo spiritodell'alveare.
Fonte: Nocturno
* Il film ha vinto ben 7 premi Goya, l'equivalente iberico degli oscar:
Miglor regia Miglior trucco Miglior scenografia Miglior sonoro Miglior effetti speciali (?)
Miglior direzione di produzione Miglior sceneggiatura. Fonte: Ciak
Visto ieri sera, continua a battermi in testa. E non sò come mai, ma mi ritorna prepotentemente Quella villa accanto al cimitero. Vero che nè ricorda altri, tipo Il nascondiglio o The others, ma saranno le inquietanti riprese esterne dell'orfanotrofio, la crudeltà dei bambini, la fine dell'anziana Benigna, l'atmosfera che pervade tutto il film, ma mi entra, come un sibilo, il capolavoro Fulciano. Una strana ghost-story, più fantasy che altro, uguale a mille altre eppure così "sospesa". Fino al poetico e struggente finale.
Quando lo scrittore Sergio G. Sánchez disse alla ragazzina che interpreta l'orfana cieca che aveva dei begli occhi, lei rispose: "Oh, ti piacciono? Li ho scelti io!". L'uomo ignorava che alla giovane era stata diagnosticata in tenera età una malattia degenerativa degli occhi che l'avrebbe portata alla cecità. Una delle ultime cose che i suoi genitori fecero mentre lei poteva ancora vedere fu mostrarle una vasta selezione di occhi di vetro affinché scegliesse quelli che preferiva.