J. Edgar Hoover, una delle figure cardine dell'amministrazione americana del secolo scorso; ha di fatto inventato l'FBI ed è rimasto a dirigerla per oltre 40 anni, incarnandone lo spirito. Ci si aspetterebbe quindi di ripercorrere in qualche modo, attraverso i suoi occhi, una parte della storia degli Stati Uniti, ma quel che giunge a noi è invece tutt'altro: emerge l'uomo, con le sue debolezze e i suoi fortissimi convincimenti (la quantità di volte in cui Hoover ripete le parole bolscevichi e comunisti non si contano), ma l'organizzazione del lavoro, lo studio metodologico che ha portato il federal bureau ad essere la più importante polizia del mondo sono offuscati da lunghe divagazioni, tediosi...Leggi tutto monologhi e aleatori giochi di rimbalzo tra passato e presente che portano più che altro a soffermarsi sulla qualità del make-up che trasforma Di Caprio in un credibilissimo anziano. Perché gli intrecci che legano il personaggio a ciò che gli gira intorno sono impalpabili, i rapporti interpersonali abbozzati nel caso della segretaria (Naomi Watts) o tendenti involontariamente al ridicolo in quello del suo "compagno" (Armie Hammer), il cui trucco facciale nella versione "terza età" risulta decisamente malriuscito. Ugualmente irrisolto (consideratane l'importanza) il personaggio della madre (Judy Dench), poco incisive le caratterizzazioni in genere di chi con il protagonista viene in contatto. Fotografia di maniera (desaturata come ormai usa fare quando c'è necessità di arretrare molto nel tempo) con ottimi chiaroscuri e ricostruzione d'epoca naturalmente impeccabile, ma tolta la forma esteriore J. EDGAR non pare davvero poter rivaleggiare con classici come MYSTIC RIVER o GRAN TORINO. La storia, composta più che altro da brevi episodi di vita che si confondono nei continui rilanci temporali disfacendosi in un quadro generale di cui è davvero difficile afferrare i contorni, scorre in definitiva piatta, senza lasciare tracce significative, impennandosi davvero solo quando esplode il conflitto omosessuale nella mente di Hoover. La bravura di Di Caprio non è in discussione (la forza del personaggio ravvisabile in alcuni frangenti pare anzi molto più merito suo che della sceneggiatura), ma non può da sola risolvere i difetti di fondo; che sono poi i difetti comuni a molti dei film che ritraggono celebri personaggi politici del passato: di fronte a troppi argomenti da toccare (l'omicidio Kennedy scivola via come nulla fosse accaduto o quasi) si finisce col rifugiarsi nel privato cercando il ritratto intimista, ma ciò che ne esce, nella maggior parte dei casi, è spesso sovrapponibile nella sua prevedibilità e nella sua programmatica ambizione, quasi sempre frustrata da ritmi catatonici ai quali nemmeno Eastwood riesce a sottrarsi, senza accorgersi che la banalità è a un passo e che azzeccare ottimi film non può e non deve consegnare la patente di infallibilità.
Affascinante ritratto di Hoover come uomo pubblico e come privato. Grazie ai comportamenti del secondo, riusciamo a capire i modi di fare del primo: J. Edgar è un represso (soprattutto dalla madre), che sfoga i suoi rancori e le sue frustrazioni nella lotta ai nemici dello stato o a quelli che lui crede siano tali. Il lavoro di Eastwood è senza dubbio interessante, anche se ha il difetto/pregio di non prendere mai una posizione ben precisa sull'argomento trattato: il risultato è quindi un film bello e intenso, ma troppo impersonale.
MEMORABILE: L'improponibile trucco di Clyde Tolson da vecchio: sembra Ruggero De Ceglie dei Soliti idioti!
Non è facile coprire 60 anni di storia senza puntare su action e complotti politici (modello Stone) ma sulle ambiguità personali di un potente fuori/disadattato dentro. I grandissimi DiCaprio e Eastwood ci provano, è un tema nelle corde del regista, ma la parte narrativa non impressiona, troppo cronachistica e grigia come i toni della fotografia. La parte intimista è a tratti banale a tratti toccante (Edgar redarguito dalla madre, il finale). DiCaprio convincente sotto la maschera da vecchio, un po' troppo risoluto da giovane. 2 e mezzo.
La vicenda narra la storia del capo della famigerata FBI e ne viene fuori - per come posto allo spettatore - un ritratto a dir poco imbarazzante: nella prima parte si cade nel torpore e nel didascalico; nella seconda, invece, è mostrata l'intimità gay di Edgar e il suo compagno riducendola a scenette da vecchie checche isteriche stile Cage aux folles, dunque inevitabile lo spontaneo sghignazzo in sala con dito puntato sullo schermo (senza contare la maschera da vecchio che ricorda I soliti idioti)! Pessimo doppiaggio. Clint stavolta ha toppato.
La storia, accattivante ed intrigante sulla carta, viene sviluppata con banalità: i personaggi non possiedono il giusto spessore psicologico, la scelta di puntare tutto su una sorta di monologo di due ore e dieci è fallimentare. Sinceramente mi aspettavo qualche intrigo politico più interessante, invece la storia procede lentamente senza nessun pizzico di vitalità. Patetico il doppiaggio e il trucco che ricorda De Ceglie de I Soliti idioti. Forse il peggior Eastwood di sempre. Filmaccio.
Più debolezze che forza questo Hoover, nonostante in pubblico cercasse di ostentare fermezza ed estrema sicurezza, a parte quando interagiva con una donna, o col suo fidato agente "speciale". Il vero problema qui non sono gli attori, ma la struttura quasi alla History Channel quando si tratta di descrivere gli avvenimenti (assai poco coinvolgente). Sono infatti proprio le parti cosiddette più movimentate a non dare abbastanza respiro all'intelaiatura, appesantendola. Ciò non toglie che alla fine si abbia comunque una chiara idea del personaggio; e questo muove decisamente a favore del regista.
MEMORABILE: Nixon su Hoover "Quel vecchio scassacazzi!"; La sensibilità, non certo da ex gringo col poncho, nel descrivere certe delicate situazioni personali.
Non una semplice biografia ma anche un ritratto, in certi frangenti abbastanza potente
e riuscito, di un intero paese o almeno di parte di esso e soprattutto del suo lato oscuro e ben poco democratico. Verboso sì, ma anche, se non appassionante, quanto meno interessante: personalmente le due ore e venti non mi sono affatto pesate. Coraggiose
le esplicitazioni delle tendenze sessuali di Hoover. Curato nella confezione, negli aspetti delle ricostruzioni d'epoca (ma ciò non stupisce più di tanto) e con un'ottima prova di Di Caprio. Promosso (imho).
Clint Eastwood cerca di fare un ritratto di J. Edgar Hoover, il direttore dell'F.B.I., non solo realistico ma anche intimo, avvalendosi dell'interpretazione di Leonardo di Caprio, che se la cava come sempre. Peccato che non tutto fili come dovrebbe, specie nel periodo della vecchiaia, dove i make-up degli attori risultano un po' malfatti. Brava come sempre Judy Dench nella parte della madre e sempre bella Naomi Watts in quella della segretaria. Eastwood, negli ultimi anni, ci aveva abituati a pellicole migliori, anche se questa non è da buttare.
Monumentale opera biografica che ricopre un'arco temporale di più di cinquant'anni per raccontare la vita di J. Edgar Hoover, direttore dell'FBI che ha dedicato la sua intera vita al lavoro. Clint Eastwood, dopo l'incursione nel paranormale, ritorna alla quotidianità con questo freddo biopic che sembra proprio fatto apposta in vista degli oscar. Ma questa volta non riesce ad essere incisivo come al solito (nonostante gran parte del film sia urlato), coinvolge poco ed emoziona ancor meno. Film fragile e vuoto come il suo protagonista.
Eastwood ci propone un biopic di un personaggio pieno di luci e ombre; ne esce una pellicola valida sì, ma assai distante dalle opere migliori sfornate dal regista. Niente da dire sull'interpretazione di Di Caprio, veramente notevole, né su quella dei comprimari, ma soprattutto nella seconda parte la vicenda si concentra troppo sulla relazione con il fido collaboratore Tolson (a proposito: imbarazzante il trucco di quest'ultimo nella sua vecchiaia). Le quasi due ore e mezza passano senza problemi, ma qualche taglio forse avrebbe giovato. ***
Storia di J. Edgar Hoover: paranoico, filofascista, anticomunista fino al midollo, travestito e possibile omosessuale represso. La prima parte ricostruisce bene la sua carriera fra investigazioni e ricatti alle alte sfere, mentre la seconda si disperde troppo nell'ambito privato senza aggiungere abbastanza elementi significativi. La pecca maggiore sta nell'aver concentrato la critica al singolo, toccando solo superficialmente le istituzioni. Valide le prove di Di Caprio e della Watts, mediocre il trucco (soprattutto quello di Tolson).
MEMORABILE: Nixon che, con la sua proverbiale eleganza, commenta "Quel vecchio scassacazzi".
Sfugge al kolossalismo e alla tonitruanza non soggiacendo al didascalismo dei soliti biopic; possiamo dire che non è inedito il rapporto madre/figlio (ma Eastwood ha la giusta mano nel ritrarlo) o che il trucco di Tolson vecchio è affannato (non così per quello perfetto per Di Caprio), però il film riesce a stare in eccellente equilibrio tra storia e privato. L'escamotage della dettatura ha un sapore di Quarto potere; le tranche "storiche" sono film nel film compiuti e appassionano; le interpretazioni ottime con un Di Caprio al top. Complesso e compiuto.
MEMORABILE: Le immagini di Cagney in Nemico pubblico e G-Men; La scena nella biblioteca.
Esistono film impeccabili ma senz'anima. Non è certo impeccabile questo J. Edgar, con la sua poco azzeccata costruzione in due blocchi narrativi paralleli, il suo tralasciare passaggi non tralasciabili, la pessima riuscita dei make up (ma Di Caprio è ottimo), le assurde movenze di Hammer nelle parti sixtees. Com'è possibile quindi che il film riesca non solo ad evitare (a tratti fortunosamente) risate involontarie, ma in alcuni casi addirittura ad emozionare? Forse proprio di anima si tratta. Pur con alcune scene pessime, merita la visione.
Un personaggio come quello al centro di questa pellicola, il fondatore e capo di lunghissimo corso dell'F.B.I., avrà indubbiamente interagito con tanti eventi caratterizzanti la storia americana relativamente recente e, almeno di riflesso, non solo quella. Ma di questi, quelli trattati non godono di un grosso approfondimento e sembrano tutti riposti entro le interiorizzazioni di Hoover. È il privato di Hoover che risalta e che sembra però stare al suo vissuto pubblico come l'olio sta all'acqua. Prove attoriali superbe, vera linfa del film.
MEMORABILE: Hoover solo e disperato nella stanza della madre da poco defunta. Si ha la sensazione, per qualche attimo, di intravvedervi un mancato Norman Bates...
Lacunoso in alcuni punti, anche se d'altronde Eastwood ha fatto di tutto per renderci interessante questa storia, di un uomo importante sì, ma che ha passato la sua vita dietro una scrivania. Il tentativo è quantomeno riuscito: ci sono lentezze, ma che si fanno perdonare per l'ottima recitazione del protagonista Di Caprio e per la buona sottotrama sentimentale (si avvalora la tesi che vuole Hoover omosessuale), necessaria per bilanciare quell'imparzialità dominante nel racconto della vita pubblica di Edgar. Non buoni né doppiaggio né trucco.
A prescindere dalla sua gravità storica, John Edgar Hoover è probabilmente il personaggio più noioso offerto ai biopic degli ultimi anni: l'outing impostogli da Eastwood, per quanto goffo, gli conferisce maggior rotondità senza per questo renderlo più carismatico: l'autore sembra piuttosto interessato a (ri)definire il proprio statuto ideologico. La regia senz'altro conta, ma lo sceneggiatore dovrà riscuotere l'altra metà dei meriti - e limiti (sovrabbondanza e schematismo). Il make-up gerontologico, spalmato sui 2/3 del film, indispone anche lo spettatore meno esigente. Generoso DiCaprio.
Raccontano gli storici che Hoover fosse un uomo del tutto privo di presenza, sarebbe risultato irrilevante se non fosse stato così potente. Farci su un film di oltre due ore è impresa complessa e non del tutto riuscita. Eastwood racconta due storie doppie parallele. Un paese diviso tra pubblicizzata lotta al crimine e oscuri maneggi. Un uomo diviso tra successo pubblico e privato irrisolto per via della sua omosessualità, allora inconfessabile. La ricostruzione è impeccabile, ma la parte storica è didascalica e la parte privata alla lunga stucchevole.
Film biografico su J. Edgar Hoover, il più importante direttore dell'FBI, che però si sofferma fin troppo sul lato privato del personaggio (in particolare il rapporto con il vice Clyde Tolson), trascurando il contesto storico. Interpretazione di Di Caprio buona, ma l'attore sa di avere in mano un ruolo importante e in certi punti cerca di strafare. Disastroso il lavoro al trucco.
Se l'FBI poteva essere un mito nell'immaginario collettivo, con questo film si salva solo la parte "scientifica" dell'organizzazione. Il modo in cui nasce (l'FBI) e il direttore stesso, complessato, bugiardo, vanaglorioso, esaltato, fanno capire i retroscena di istituzioni che si credono al di fuori di ogni sorta di intrallazzi. È l'unico merito che ha il film, assieme alla prestazione di DiCaprio. Poteva durare tranquillamente i canonici 90 minuti, risparmiandoci così scene patetiche e imbarazzanti. Che dire poi del trucco di Armie Hammer...
MEMORABILE: J. Edgar Hoover versus Norman Bates: un parallelo che sorge spontaneo (a favore del secondo, molto più simpatico).
Centrare la biografia di Hoover sulla sua sfera più intima significa fare un salto nel buio, affidandosi a "rumors" della storia di scarsa dimostrabilità. Credo avrebbe giovato un focus più stringente sugli avvenimenti, piuttosto che rovistare nella presunta omosessualità del potente capo dell'FBI o dei suoi rapporti con la madre. Poco incisivo, insomma - per gli standard di Eastwood -, con un Di Caprio che secondo me non era proprio tagliato per la parte, per di più doppiato in modo terribile. Non annoia, ma nemmeno appassiona. Sfocato.
Il problema principale è la sceneggiatura, troppo sul personaggio, assillante e asfissiante, ma superficiale poi nel descrivere gli effetti di questo caratteraccio sugli altri personaggi, figure esili e ingiustificatamente trasparenti poiché depositarie del rancore che tale dispotismo genera. La descrizione del carattere di Hoover "si mangia" il film, tutto il resto sembra "il dovuto": il rapporto con la madre, l'omossesualità, i Presidenti. Non mancano neppure una prestazione al ribasso di Di Caprio e dei truccatori.
Luci ed ombre in questo film di Clint Eastwood. La scelta di concentrarsi sulla vicenda umana del protagonista agevola la caratterizzazione psicologica del personaggio ma priva il film di elementi storici potenzialmente assai interessanti. Buona la prova di Di Caprio, che va ascoltato in lingua originale, così come quella degli altri attori. Il film presenta momenti molto interessanti come quelli che mostrano i rapporti tra Hoover e i suoi collaboratori principali. Di ottimo livello infine la ricostruzione ambientale d'epoca.
Solido film biografico dove la sicura mano di Eastwood porta parzialmente in luce una delle figure più potenti ed enigmatiche del '900 americano. La narrazione è avvincente e le interpretazioni azzeccate. Restano sullo sfondo alcuni momenti cruciali (gli omicidi Kennedy e King) privilegiando i lati più intimi e personali come il rapporto viscerale con la madre. Interessante.
Clint Eastwood mette in scena la storia di J. Edgar Hoover fondatore dell'FBI. Più che concentrarsi sugli avvenimenti che caratterizzarono la sua epoca il film tenta sopratutto di essere introspettivo e raccontarci attraverso numerosi dialoghi la personalità interiore di Hoover. Peccato direi, perchè forse sarebbe stato più interessante sapere ad esempio dietro l'assassinio di Kennedy chi c'era. Una superbo Leonardo De Caprio non riesce a togliere staticità alla struttura e alla narrazione del film di stile documentaristico.
MEMORABILE: Marthin Luther King e il suo indimenticabile discorso “I have a dream”.
La vita dell'uomo che, probabilmente, inventò l'F.B.I. Una narrazione tendenzialmente prolissa ma efficace che narra vicende americane in maniera sicuramente romanzata. Il comunismo, fortunatamente, appare il nemico di tutto, quindi la narrazione emerge. Da rivalutare nonostante la finta critica documentaristica. Valido.
Lento, noioso, con una serie interminabile di flashback che non solo complicano la comprensione del film ma alla lunga stancano pure. Passo falso per un Eastwood che, fuori dai suoi cliché, sbaglia tutto ciò che si poteva sbagliare: dalla scelta del cast al montaggio, dalla regia alla scelta di alcuni make-up. Salva la baracca in qualche occasione l'ottima fotografia in chiaro scuro. Inoltre viene fuori la vera natura conservatrice di Eastwood. J. Edgar uomo gretto, avvezzo al ricatto per fini personali quasi elevato a eroe nazionale. Orribile!
MEMORABILE: Le indagini sul rapimento del figlio di Lindbergh.
Un irriconoscibile Eastwood racconta, approfondendo gli aspetti umani, chi era Hoover affidando il suo personaggio a un carismatico Di Caprio. Il film è di notevole livello nel complesso ma con Clint alla regia mi aspetto quel tocco qui completamente assente, insomma quella personalità che gli ha sempre permesso di distinguersi da tutti gli altri registi. Sullo sfondo della pellicola scorrono, appena accennati, cinquant'anni di storia americana in cui emerge soprattutto come Hoover sia rimasto dov'era grazie ai ricatti ai presidenti.
MEMORABILE: La resa dei conti finale in cui il compagno di Hoover svela tutti bluff della sua vita.
Mi spiace per Eastwood, ma questa pellicola scevra di ogni parvenza di ritmo, non solo non convince ma per lunghi tratti annoia. Il focus è sul tanto geniale quanto meschino Hoover, catturandone passato e presente in un gioco di fast forward, flashback veramente poco riusciti. Personaggi appena abbozzati così come i rapporti fra il protagonista e i suoi collaboratori/affetti; e persino un make up, quello del compagno invecchiato, degno di un b-movie. Spiace davvero...
Eastwood ha la possibilità di raccontare trent'anni di politica e storia americana attraverso uno dei suoi personaggi più influenti e invece sforna un drammone intimista su un omosessuale represso. La messa in scena è ottima come al solito, ma la sostanza è poca e la storia ha il limite di soffermarsi su alcuni singoli eventi saltando a piè pari vent'anni di storia USA e trattando superficialmente il rapporto con i vari presidenti. Finisce per mancare anche sul lato emozionale con una vicenda sentimentale a tratti sul crinale del ridicolo.
MEMORABILE: La telefonata sbrigativa con cui Hoover informa Ted Kennedy della morte del fratello.
Eastwood imposta la biografia del noto creatore dell'FBI puntando più sull'aspetto personale che sul gruppo di investigazione, del quale fornisce riferimenti che sembrano un contorno alle psicologie rappresentate. Vengono così alla luce aspetti meno noti ai più, personalità tormentate, amori profondi e inconfessati, intelligenze sacrificate sull'altare di un non ben identificato obiettivo, al di là degli sbandierati obiettivi nazionalistici. Un film non facile, lento, affatto spettacolare ma affascinante, se si riesce a entrarci in sintonia.
MEMORABILE: Il primo colloquio tra Edgar e Tolson; Le bugie di Edgar si squagliano di fronte alla lucidità di Tolson.
Lento e accademico. Clamorosamente toppate le "invecchiature" dei protagonisti, al limite della comicità, ma soprattutto il film manca di quel minimo di verve che i così tanti anni di storia toccati potevano dare. L'alternanza tra giovane e vecchio non rende giustizia alle interpretazioni degli attori in versione naturale, ma soprattutto la scrittura non si distacca mai da una fastidiosa linearità, nonostante sbalzi temporali e colpi di scena piuttosto prevedibili.
Interessante sia nel delineare l'oscuro rapporto individuo/istituzione negli USA che per come sabota gli elementi cardine del biopic. Richiamandosi alla controversa struttura polifonica del Quarto potere wellesiano (ma pure al vortice concentrico di stili del precedente Changeling), più che all'inattendibile "crescendo" spettacolare degli eponimi del genere, il gran vecchio Clint pare perseguire il progetto senza il necessario mordente, smarrendosi dietro lo stesso complessato grigiore del personaggio Hoover (ancora un [in]credibile Di Caprio).
MEMORABILE: L'inappuntabile sguardo di fedele, non aggressiva, burocratica tenerezza di Naomi Watts.
Interessante ricostruzione della storia della nascita dell'FBI. Nel cinema è sempre stata vista come un'organizzazione perfetta o quasi, invece in qui ne vengono mostrati sotterfugi e nefandezze. Il problema però è che l'opera di Eastwood manca totalmente di ritmo, soprattutto nella prima ora. Se si riesce a restare con gli occhi aperti se ne può apprezzare meglio la sceneggiatura, ma è un'impresa.
Sicuramente meglio, nel genere biopic, del quasi contemporaneo Lincoln, di cui si evita la pomposità retorica. La regia secca e senza fronzoli dell'ottantenne Eastwood, ultimo grande classico, si mangia a colazione molti "geni" giovanilistici e le due ore e mezza filano via senza una pausa. Inutile dire che Di Caprio è, as usual, da Oscar nel tratteggiare una figura molto ambigua e interessante con risvolti scabrosi (il rapporto con la madre, il travestitismo). Bene anche Judi Dench. Assolutamente perfetta la ricostruzione d'ambiente.
Il ritratto paradossale di un insicuro decisionista, una personalità controversa con indubbi meriti come aver innovato le tecniche di indagine poliziesca ma anche tanti lati oscuri (reazionario, razzista, xenofobo, paranoico, senza scrupoli, pronto a ricattare chiunque, presidenti compresi). Film troppo ambizioso, dato che il tentativo di mostrare oltre 48 anni di una carriera si traduce talvolta in aneddotica superficiale, ma interessante ed anche, per quanto attiene la sfera privata, sorprendente per delicatezza. Convincente Di Caprio (in originale, dato il mediocre doppiaggio).
Fotografia dai chiaroscuri quasi insostenibili e trucco dell'amico del protagonista da vecchio ai limiti del comico: detto questo, il film restituisce in parte il personaggio del "mastino" (anche a livello fisico, Di Caprio fa quel che può ma la fisionomia del vero capo del Bureau era ancora più tozza) e ci mostra anche il lato più privato, non necessariamente certo ma che getta una certa luce sul nostro... insomma, la gente era spiata perché il capo dei federali era un represso con una madre autoritaria? Ai posteri... Muscolare.
MEMORABILE: Tutta la vicenda Lindbergh; La dichiarazione d'amore.
Un super DiCaprio rende interessante un film che per altri versi risulta eccessivamente cupo e claustrofobico. Tutto ruota attorno alla controversa figura di J. Edgar Hoover, per 48 anni a capo dell'FBI con otto diversi Presidenti USA. Il ritratto di Eastwood si concentra sugli aspetti privati di una personalità disturbata, dal rapporto morboso con la madre alla assidua relazione con il fido collaboratore Clyde Tolson.
MEMORABILE: La reazione di Nixon alla notizia della morte di J. Edgar.
Dalla coppia Clint Eastwood regista e Leonardo Di Caprio attore protagonista ci si aspettava davvero molto. Il risultato finale è un buon film che forse però non appaga pienamente tutte le aspettative. Sia la regia di Clint che l'interpretazione di Di Caprio, pur mantenendo uno standard di alto livello, mancano del tocco dei giorni migliori. Nel complesso una pellicola interessante, ma non indimenticabile.
Discreto film storico sul controverso personaggio di J. Edgar Hoover. La sua giovinezza, la sua vita, la sua vecchiaia. Grande risalto è posto, come si può facilmente pensare, sulla fondazione dell'FBI e sul suo grande e convinto sentimento anticomunista e di opposizione al crimine. Intimamente trattato, e molto, il rapporto con la madre. Non convince, seppur sia alla base, pare, di determinate vicende, la parentesi pseudo-gay del personaggio verso il finale. Clint ha fatto molto di meglio.
La conferma che ci sono soggetti per loro natura non riducibili alle due ore di cinema arriva da Eastwood, in assoluto il miglior autore di biopic attorno alle quali disegnare storie persino più importanti del personaggio ritratto. Ma la figura di Hoover, con il suo mezzo secolo di governo del FBI, era ingombrante anche per lui. Anche nella dimensione quasi intima in cui l'ha voluta raccontare, come già il titolo del film lascia intendere. Lo stesso Di Caprio sembra incapace di fornirne una caratterizzazione precisa. L'irresolutezza è perciò il maggior difetto della pellicola.
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film deludente,
Hoover è uno dei personaggi più controversi e particolari della storia degli stati uniti, a capo per 37 anni dell'FBI, partendo dalla sua vita si poteva affrontare e riflettere su 40 anni di storia americana...invece ne è venuto fuori un film verboso, un mezzo melodramma intimista sui drammi interiori di un omosessuale represso.
non che ci sia nulla di male in questa tipologia di film, ma i personaggi di contorno sono abbozzati (la fedele segretaria) e in alcuni momenti stereotipati (la madre di Hoover) e la sceneggiatura offre veramente poco sopratutto in fatto di emozioni, concentrandosi sul primi 5 anni di guida del Bureau, stupendo (in negativo) per dei salti temporali che fanno tabula rasa di vent'anni di storia americana (la guerra, gli anni 40' e 50').
I suoi rapporti con i presidenti rimangono nell'ombra (perchè?)e l'unico che appare (Nixon) viene dipinto in modo grottesco e caricaturale.
Bravo DiCaprio nel riuscire a dare profondità al personaggio nonostante la sceneggiatura non lo aiuti per niente.
ho allegramente ghignato in un paio di scene (al limite del ridicolo involontario), che hanno avuto il merito di risvegliarmi dal torpore causato del film.
Caesars ebbe a dire: Bluto, se non sbaglio non c'è il tuo commento, nemmeno tra quelli ancora da pubblicare. Perchè non lo aggiungi?
in questo periodo ho il blocco "da commento in 500 caratteri" oltre a non avere molto tempo da dedicare al Davinotti.
ho scritto di getto (penso che si noti data la qualità)un'impressione sul film sull'onda della mezza delusione avuta dalla visione (comunque non una ciofeca ma non più di **), prima o poi comunque colmerò la lacuna.
Mi unisco al coro che lamenta la qualità del doppiaggio: a tratti davvero pedestre... Leggo poi critiche (ufficiali) estasiate, pronte a giustificare i più evidenti limiti del film: tutto rientrerebbe in una ricerca estetica ponderata che ha raggiunto il suo compimento. Ormai a Eastwood si perdona tutto, anche quando sarebbe lecito aspettarsi di più...
Disponibile in edizione Blu-Ray Disc dal 16/05/2012 per Warner Home Video:
DATI TECNICI
* Extra J. Edgar: the most powerful man in the world
CuriositàDaniela • 13/01/17 11:22 Gran Burattinaio - 5941 interventi
Per mostrare l'evoluzione nell'opinione pubblica dall'ammirazione per i gangsters a quella verso i tutori dell'ordine, vengono mostrati il trailer e una sequenza di due film di James Cagney.
Il trailer è quello di Nemico Pubblico, il cui l'attore dà vita ad un memorabile criminale senza scrupoli, la sequenza appartiene a La pattuglia dei senza paura (in originale G-Men), con Cagney avvocato in servizio al Dipartimento di Giustizia direttamente impegnato sul campo nella lotta alla malavita organizzata.
Come indicato nella scheda IMDB di quest'ultimo film, J. Edgar Hoover, all'epoca già direttore dell'FBI, fornì alla produzione la sua consulenza per il casting, pur senza essere accreditato.