Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Cortometraggio completamente animato di Emile Cohl che rappresenta uno strano quadretto familiare intento a cercare di accontentare con un gattino un bambino capriccioso nel tentativo di riuscire a fargli un ritratto. Le linee sono come impazzite e si trasformano continuamente in qualcosa di diverso senza soluzione di continuità. Il regista, rispetto ad altre sue opere, utilizza lo stratagemma delle didascalie per dare voce ai suoi personaggi creando però un effetto visivo un po' confuso in quanto queste non sono racchiuse nei classici fumetti. Cohl ha fatto sicuramente di meglio.
Tra i migliori film del duo siculo, all'epoca tacciato di qualunquismo; invece, (con gli occhi di oggi) è una efficacissima satira politica rivelatasi poi profetica. I toni della satira sono delicati (forse anche troppo) e tuttavia colpiscono pienamente. Non mancano frecciatine all'opportunismo (anche tra marito e moglie), al carrierismo e ad altri vizi del nostro Paese purtroppo sempre attuali. Premiato da un eccellente ritmo e dalle (consuete) ottime musiche di Umiliani, un gioiellino da apprezzare e (nel caso) rivalutare, anche perché - ridendo - Grimaldi colpì nel segno.
Horror sotterraneo poco originale ma tutto sommato interessante, opera prima per Christopher Smith. Pur mostrando diversi spunti e situazioni ben note all'appassionato del genere, il regista è abile in alcune scene a dosare bene la tensione e non mancano discrete trovate registiche e qualche scena riuscita. Ci vuole parecchia sospensione dell'incredulità naturalmente, ma qualche sottotesto non banale e una Potente che regge bene la scena, salvano tutto in corner.
Gran bella commedia con Fabrizi portiere di buon senso, Nino Pavese amministratore fascistoide, Enrico Viarisio avvocato soggiogato dalla moglie e Peppino De Filippo rompiscatole furbacchione. Ma c'è molto di più: c'è la presa in giro della mancata partecipazione alle decisioni democratiche, c'è la descrizione solo in apparenza giocosa delle logiche perverse di condominio, c'è anche molto neorealismo. Un film da riscoprire.
Ultimo film di Harvey uscito a lui postumo e in versioni diverse tagliuzzate qua e là. Thriller minimale con echi da horror, risente molto del periodo sociale di quegli anni. Dalla narrazione un po' confusa, fallisce nell'intento di raccontare la psiche deviata del protagonista, ma l'atmosfera malsana e tetra e i sottotesti di cannibalismo e incesto funzionano bene. Peccato Harvey si perda spesso nel narrare elementi inutili o superflui, perché non mancano sequenze che rimangono impresse nella mente. Finale repentino ma malinconico.
Le dirette del "Passaparola", patrocinate da Beppe Grillo, furono un vero e proprio evento in un periodo in cui le dirette streaming per l'Italia erano una novità. In questo montaggio di un'ora e mezza vengono condensati gli interventi del 2010, in cui Travaglio non risparmia critiche sia alla maggioranza (siamo nel periodo del governo Berlusconi IV) sia al centro-sinistra. La rapida successione di brevissimi estratti dai vari editoriali non sempre riporta la verve della loro versione integrale, tranne che per gli scandali di Fini e di Bertolaso. Scarse le animazioni messe qua e la.
Se nei suoi noir Kitano mescolava con sapienza la ferocia a quella comicità che gli è sempre appartenuta, qui scinde nettamente le sue due anime, mostrando come lo stesso tipo di storia possa risultare completamente diversa a seconda dell'approccio scelto. Il primo approccio è quello più tradizionale, nel quale seguiamo le avventure di uno cupo tizio detto "il Topo" (Kitano), un sicario come tanti. Si fa consegnare al bar le buste (rigorosamente firmate "M.") con le istruzioni per la missione da svolgere, va a casa, apprende le due o tre cose...Leggi tutto da sapere sull'obiettivo da eliminare e parte in missione. La sua prima vittima è un giovane delinquente, avvicinato in discoteca mentre è seduto con i suoi amici. Una strage, dalla quale l'uomo poi si allontana senza alcun problema scomparendo nel nulla, pronto a ripetere la stessa cosa poco dopo: puntata al bar, busta, istruzioni e via dicendo. Un tran tran interrotto solo dalla polizia, che finisce col beccarlo e lo convince ad arruolarsi come agente sotto copertura per sgominare una banda di narcotrafficanti.
Un plot tradizionalissimo, composto da elementari stereotipi, l'ideale per essere parodiato nella seconda parte del film, quella che in fondo è la più “vera”, quella che cioè gli dà un senso giustificando l'ovvietà della microstoria narrata fin lì. "Spin off", quindi (come dichiara una didascalia), e si stravolge tutto: il nostro sicario (sempre interpretato da "Beat" Takeshi, naturalmente) fa le stesse cose della sua controparte seriosa ma ottenendo risultati opposti. Entra nel bar e crolla sulla sedia rotta, sbatte dappertutto, dà per errore fuoco alla casa in un crescendo di episodi fantozziani che fanno sorridere ma senza che mai si riesca ad apprezzare la gag geniale in grado di dare, alla rilettura in chiave comica degli stessi eventi, la dignità che meriterebbe. Perché a volte certe battute sono raggelanti (magari anche perché poco alla portata di noi occidentali), perlopiù incomprensibili, e viste con gli occhi di chi è abituato a ben altro potrebbero portare a domandarsi se Kitano ci fa o ci è.
Come spiegare il fatto che il protagonista ogni tanto s'infili una maschera da lottatore, ad esempio, senza motivo alcuno? E certi scatti verso il demenziale puro (l'apparizione di una maschera da topo quando qualcuno lo chiama il Topo) possono lasciare interdetto più d'uno, così come la scena dell'ottico che fa leggere la tabella con le lettere al suo paziente prima d'impazzire completamente. Senza contare che alcune gag, come quella (vetusta) del ragazzino nello zaino che legge la lettera consegnata al protagonista, se solo avesse avuto il coraggio di farla qualcuno con meno "titoli" di Kitano sarebbe stato dileggiato...
Insomma, sembra quasi che il nostro si sia lasciato andare liberando tutta la sua vis comica senza arretrare di fronte a qualche passo falso di troppo, azzeccando comunque molti passaggi e riuscendo a non tradire uno stile consolidatosi negli anni, che lo porta a gestire in modo intelligente le pause e i silenzi. Che siamo di fronte a poco più che uno scherzo lo confermano comunque i messaggi stile telefonino che passano su schermo nero d'improvviso, qua e là, commentando quanto appena visto... E la durata di poco superiore all'ora lo conferma. Da non prendere sul serio, insomma.
Il cliché più comune, nelle trame di questi gialli televisivi di scarse ambizioni, è quello della donna che si fa rivedere dopo anni per subentrare alla nuova moglie dell'uomo che ha sempre segretamente amato: Claire Mathers (Cannon), reduce da un prologo in cui l'abbiamo vista sfuggire incinta a un uomo nel bosco, fa esattamente quanto detto: dopo aver letto su internet che la sua vecchia fiamma del liceo, Bill O'Donnell (Boyd), ha sposato Rachel (Yennie), una loro compagna di classe con la quale al tempo lui nemmeno filava, e che i due daranno una festa per i...Leggi tutto 15 anni passati da quei gloriosi tempi, decide di unirsi al gruppo. La coppia sta disperatamente cercando di avere un figlio senza riuscirci mentre lei è incinta agli ultimi mesi, e quando si rivedono al party è un attimo stabilire un bel rapporto di complicità.
Claire appare gentile, comprensiva, dice a Rachel che alla fine riusciranno nel loro intento ma poi capiamo chiaramente quali siano i suoi piani: non avendo alcun uomo che possa aiutarla a far crescer il figlio e rivedendo in Bill il sogno della sua vita, ha deciso che il modo per prendersi tutto esiste. Dovrà solo fare in modo di seminare zizzania tra Bill e Rachel cercando di spingere lui verso di sé. Come? Sfruttando il bambino che dovrà nascere: loro non possono averne, lei ce l'ha ma le manca chi faccia da padre al bimbo...
Prima mossa: farsi riaccompagnare a casa dopo la festa e, una volta nel motel dove alloggia, fingere di aver preso un colpo in testa da qualcuno e farsi ricoverare. Detto fatto: Bill e Rachel, preoccupati da quanto accadutole, le dicono che è meglio non tornare al motel e che può intanto sistemarsi provvisoriamente da loro. A quel punto si aprono i giochi: ogni circostanza sarà buona per mettere in cattiva luce Rachel e consolare nel frattempo Bill.
Intorno al piano diabolico di Claire ruota un film che non ha nulla di "giallo", nulla da indovinare se non i sistemi che dovrà escogitare l'intrusa per arrivare progressivamente a mettere in pratica il proprio losco disegno. La faccia di Ella Cannon si rivela ideale, per il ruolo: dai lineamenti dolci, all'apparenza fragile e indifesa, muta di frequente atteggiamento per trasformarsi quasi in un mister Hyde in gonnella, pronta a sfruttare ogni tipo di attrito nella coppia (apparentemente solidissima). Il divertimento, o quanto meno ciò che dà il sale al film, sta nell'ambiguo approccio di Claire, difficile da inquadrare nella giusta ottica, per chi non la conosce bene.
Qualche personaggio secondario che bene si innesta nella vicenda, come quello della madre (Robin) di Bill o dell'amica del cuore (Butler) di Rachel, aiuta a movimentare un po' una costruzione altrimenti troppo elementare. Le due donne però recitano con la necessaria convinzione e la regia di Jeff Hare sa essere svelta senza cadere nella trappola delle divagazioni o dei rallentamenti. Di conseguenza, se anche dire che il film non ha nessun tipo di idea nuova significa semplicemente constatare un dato di fatto, sarebbe scorretto non aggiungere che lo si guarda piuttosto volentieri e che nella sua semplicità fornisce quello che un blando thriller da divano dovrebbe sempre offrire. Tensione scarsa, naturalmente, ma una situazione familiare che va progressivamente peggiorando e un delitto compiuto con uno scopo ben preciso. La sceneggiatura è sufficientemente professionale da garantire la godibilità relativa del tutto.
Si può anche essere indulgenti, considerato che il film è del 1966 e che si presenta con una magnifica, splendente fotografia d'epoca, ma come giallo dalle atmosfere vagamente gotiche (la gigantesca villa di famiglia a sostituire il castello, col fuoco che divampa in apertura uccidendo una bella signora) proprio non convince, parto di un meccanismo involuto quanto destituito di ogni credibilità.
A morire nel prologo è Jessica Shelley (Gabor), moglie di Edward (Ameche) e madre di Susan (Gordon), avvolta nelle fiamme in camera sua. Quest'ultima, ricoverata...Leggi tutto in una clinica in seguito al forte shock, viene tre anni dopo riportata a vivere nella lussuosa residenza dal padre, nel frattempo risposatosi con la governante di allora, Francene (Hyer). Dopo aver dilapidato la sua parte di eredità in viaggi e bagordi, l'uomo si ritrova senza un soldo e costretto a sperare nella clemenza di Susan, che eredita la villa e il denaro e alla quale chiede di poter vendere il lussuoso arredamento, unica cosa a lui rimasta (anche se in comproprietà con lei). Ma Susan nemmeno capisce: è ancora stravolta al pensiero di quanto accaduto a sua madre. Non comprende come suo padre possa già essersi risposato ed è perseguitata dagli incubi (e dire che in clinica la suora aveva tanto raccomandato al padre di non riportarla a vivere nel luogo del fattaccio).
Unico altro altro ospite, in villa, è il cugino Anthony (Reed), rimasto sfregiato in seguito all'incendio, si dice per aver invano tentato di salvare Jessica; ma su quella morte resistono ancora molte ombre, che dovranno essere dissipate lungo l'arco di un film che cerca di far montare la suspense con i tormenti della piccola Susan (la quale peraltro sembra molto più grande della sua età e si veste come se avesse trent'anni in più), gli intrallazzi di Francene e un padrone di casa in apparenza avulso dal contesto, pacato in qualsiasi condizione, persino quando vede la sua nuova moglie mezza nuda sul balcone col cugino. Colpa anche sua se il film resta ancorato al proprio tempo, compassato e rigido come tutti i personaggi (tranne Zsa Zsa Gabor che, almeno nei pochi flashback in cui la si rivede, un po' di vivacità la mette), inamidato persino in quelle che dovrebbero essere le impennate drammatiche (si registra la più improbabile delle uccisioni tramite rampino a quattri ganci, con la vittima arpionata e uccisa senza accennare una minima reazione, nonostante l'arnese la sfiori o poco più).
Tutto dovrebbe ruotare intorno al grande mistero legato alla morte di Jessica, del quale Susan - una volta recuperata la memoria - potrebbe conoscere particolari necessari a ricostruirne la dinamica. Considerato che i personaggi in scena sono quattro, non è difficile arrivare a capire cosa sia accaduto, ma anche in questo caso la soluzione arriva debolmente, senza che il regista Bert I. Gordon riesca a far montare a dovere la tensione. E così il film si spegne senza essersi a dire il vero mai acceso, appigliato alla scintillante confezione e alla recitazione discreta del cast, con un Don Ameche che mostra lo stesso aplomb di un Vincent Price senza poter tuttavia contare sul medesimo carisma. Scialba anche Susan Gordon, mentre - considerato il ruolo - un po' di più fa Martha Hyer, che rappresenta poi la figura più ambigua del lotto e forse l'unica interessante. Si può dimenticare senza rimpianti.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA