Opera degna, ci mancherebbe altro, ma dalla trama ripetitiva e un po' "vuota" (con tutte le malefatte del simpatico lestofante interpretata da Cary Grant), specialmente se la si confronta, in modo forse ingeneroso, con i capolavori successivi del Maestro. Le buone interpretazioni suppliscono ad un impianto non troppo conquistante, con qualche momento azzeccato, rendendo la pellicola almeno discreta.
Notevole melodramma a sfondo giallo ben trasposto in immagini dal grande Maestro del Brivido. Alcune scene sono passate giustamente alla storia (una per tutte: quella del bicchiere di latte). Realizzato interamente in studio, con personaggi ben disegnati e un cast decisamente impeccabile, ha nel buon ritmo il suo punto di forza. Senz'ombra di dubbio migliore del precedente Rebecca La Prima Moglie.
Un film minore del maestro Hitchcock, con bravi attori (Joan Fontaine, Cary Grant e Leo Carroll), ma purtroppo con una storia poco consistente e un finale decisamente poco riuscito (molto meglio quello del racconto da cui è tratto). Confezione discreta, piuttosto bruttino il doppiaggio. Così così. Di culto però la scena col latte (con lampada dentro, per far venire il sospetto che sia avvelenato).
Un buon film dove Hitchcock ha il merito di cambiare continuamente il punto di vista sul personaggio di Cary Grant: simpatico galletto anticonformista o diabolico macchinatore? Alla fine però il giochetto risulta un po' ripetitivo, il finale non è all'altezza, per cui rimane l'ottima interpretazione di Joan Fontaine dentro ad una confezione discreta.
Lei sposa un bel giovanotto che si rivela bugiardo: che lui stia meditando di ucciderla? E' questo il sospetto che dà il titolo a un film abilmente costruito da Hitchcock proprio su questa sensazione e nulla più. Dunque un'opera virtuosistica che basa la suspense su qualcosa di apparentemente inconsistente e obbligando lo spettatore a continue ipotesi e smentite. Non particolarmente notevole, al di là della sfida (comunque vinta) e della famosa scena in cui tutta l'ansia è scatenata da un innocente bicchiere di latte.
Come noto, il finale non è quello simile al romanzo, originariamente voluto dal regista, beffardo e plausibile, a posto di quello sbrigativo e poco convincente che costituisce il punto debole di questo bel film. Temi centrali, l'innamoramento come azzardo, il matrimonio come unione, potenzialmente pericolosa, fra due sconosciuti: Fontaine scopre poco per volta la reale natura dell'uomo che le vive accanto, ma, nonostante tutte le prove, continua a voler credere in lui - come pure noi spettatrici, sedotte dal fascino mascalzone di Grant.
MEMORABILE: Il bicchiere di latte che Grant porta alla moglie salendo le scale: la massima suggestione con il minimo effetto speciale (una lampadina accesa)
Più commedia che trhiller. Cary Grant è abbastanza ambiguo ma mai da creare, assieme alle varie situazioni "strane", una vera suspense. Risulta molto più credibile come irresponsabile non cresciuto abituato ad avere tutto e subito. La Fontaine, vera protagonista del film, è invece perfetta psicologicamente e fisicamente. La parte debole è proprio quella che avrebbe dovuto invece essere il punto di forza, il finale. Frettoloso e deludente e poco giustificabile, come altre scene, durante il film, che sarebbero dovute servire a creare il sospetto.
Il film ruota attorno ai sospetti di Lina, che comincia a dubitare del marito credendolo un assassino. Film interessante con una buona trama ma certamente non uno dei migliori di Hitchcock. La suspense c'è, ma non raggiunge mai i livelli visti in altre sue opere, così come il finale non è del tutto riuscito. Ottimo invece il cast (soprattutto la coppia protagonista Joan Fontaine-Cary Grant).
Tra le opere del maestro Hitchcock non una delle più memorabili. La storia non intriga più di tanto visto che ruota intorno ad un unico tema in maniera ripetitiva. Certo, da grande artista qual'è, il regista inglese inserisce alcune scene memorabili, oltre a dirigere impeccabilmente due grandi attori come Grant e la Fontaine, con il primo capace di dare al personaggio numerose sfaccettature. Finale non all'altezza.
Thriller atipico, di lento e insinuante svolgimento, privo di particolari guizzi di regìa per i quali il maestro del brivido è famoso e tutto affidato all'interpretazione ineffabile di Cary Grant (qui forse all'apice del suo fascino). Peccato per Joan Fontaine, che stufa presto nel ruolo dell'ingenua sposina; mentre è assai piacevole trovare Nigel Bruce nel ruolo dell'amico pasticcione, caratterizzato (con esiti più felici) dalle stesse gaffe del suo Dr. Watson nella serie Sherlock Holmes degli anni '40. Taglio molto inglese e classico.
Hitchcock sosteneva che i suoi film fossero pezzi di torta e non pezzi di vita. Questo, in realtà, si condensa, come un misterioso riverbero, nella luce introdotta nel bicchiere di latte che Cary Grant porta a sua moglie malata Joan Fontaine, la quale sospetta che lì dentro ci sia del veleno. Storia d’amore e thrilling psicologico, suspense e tensione nello sguardo soggettivo di una moglie che crede suo marito un assassino. Sceneggiatura elementare, due grande attori, trasognata atmosfera inglese e un finale di grande ambiguità. Film alquanto datato.
A parte il pessimo doppiaggio italiano, a deludere è proprio Hitchcock. Un anno dopo lo splendido Rebecca il Maestro ritorna sul tema delle ambiguità di coppia, ma questa volta fa cilecca. La sceneggiatura era l'ideale per creare una storia inquietante. La casa avrebbe potuto essere il luogo claustrofobico in cui sviluppare una storia tesa. Invece niente, solo una banale commedia. Niente tensione, qualche sprazzo di ironia, un finale appena discreto. Il titolo lasciava presagire ben altro, ma stavolta Hitchcock ha le polveri bagnate.
Sicuramente non una delle opere meglio riuscite di sir Alfred, in quanto la trama è abbastanza ripetitiva: si alternano situazioni che portano a pensare che il protagonista trami qualche mossa efferata ad altre che lo "scagionano". Purtroppo poi la soluzione finale viene tirata via troppo velocemente e semplicisticamente. Niente da ridire sulle interpretazioni di Grant e Fontaine, che donano ai rispettivi personaggi le giuste sfaccettature psicologiche.
Atipico thriller "mancato" di Hitch, con un finale così forzato e anti-hitchcockiano (ovviamente imposto dai produttori) da spiazzare il pubblico, non nel senso migliore del termine. Per il resto la suspense non manca, l'atmosfera del film va incupendosi di minuto in minuto, man mano che Cary Grant svela la propria natura, in un clima di continua ambiguità e di incessante dubbio che tiene lo spettatore col fiato sospeso e la curiosità alle stelle. Simpaticissimo Nigel "Watson" Bruce e ottima la prova della Fontaine. Non perfetto, ma da vedere.
MEMORABILE: Grant "attacca" la Fontaine, ma ha solo intenzione di baciarla; La Fontaine immagina l'omicidio di Nigel Bruce; La tesa scena del bicchiere di latte.
Un Hitchcock particolarmente ambiguo e criptico, affascinante nel disvelamento della personalità di Grant poco alla volta. Si nota subito che il personaggio è un furfantello ma è interessante scoprire fino a che punto e se mai quel punto andrà oltre. Strepitosa la performance della Fontaine, giustamente premiata con l'Oscar, mentre la fotografia ha il suo merito nell'accentuare alcuni momenti di tensione della seconda parte. Un ottimo film.
Il film è Grant, che gigioneggia piacevolmente nell’interpretare lo squattrinato allegrone, inguaribile bugiardo ma con un lato che potrebbe nascondere qualcosa di sinistro. Ovviamente il merito è anche di Hitchcock, bravo nel condurre lo spettatore dove lui vuole, tracciando una strada che sembrerebbe essere l’unica possibile. Non male anche l’amico e socio, che fa gaffe a ripetizione scusandosene sul momento e che, una volta arrivato, tende a restare, in amicizia. Seppur l’età ormai si faccia sentire, resta comunque una buona pellicola.
MEMORABILE: Grant, a testamento letto, brinda davanti al quadro del suocero deceduto, dicendo “Hai vinto tu”.
Grava il sospetto di una giovane moglie sulla pericolosità del proprio coniuge, così diverso da lei eppure così desiderato. Il film è giocato tutto su questo dubbio, che sembra non avere risposta, durante un percorso che lo amplifica, giungendo a una conclusione risolutiva. Joan Fontaine "orante" si contrappone a un vivace Cary Grant, impareggiabile nei panni di magnifica canaglia, per cui tutte le donne perderebbero la testa volentieri. Commedia a sfondo ansiogeno esemplare.
La Fontaine, dopo il capolavoro Rebecca, torna su un set di Sir Alfred e lo fa portando in scena un personaggio tutt'altro che semplice. Lina è infatti innamorata ma questo non le impedisce di cogliere contraddizioni, incongruenze e nutrire - vedi il titolo - continui sospetti verso l'operato del marito, un Cary Grant un po' sbruffone ma soprattutto vero cialtrone negli affari. Questo delicato equilibrio, fra passione e ragione, è il motore della pellicola, come sempre garbata e formalmente ineccepibile. Favoloso Nigel Bruce nei panni dell'amico Beaky.
Un thriller del maestro Hitchcock che sente il peso degli anni ma si fa ancora apprezzare. Tutta la pellicola è pervasa dai dubbi di un'ereditiera circa la reale natura del marito (un convincente Cary Grant) e il film, pur con momenti statici, scorre senza particolari problemi. La Fontaine è la migliore del cast e rende appieno il ruolo di moglie innamorata e impaurita. Finale non all'altezza che impedisce al prodotto di elevarsi a "buon film".
Alfred Hitchcock gioca con lo spettatore, lasciandogli credere qualcosa per poi affermare il contrario. È il pregio migliore di un film beffardo, con un finale che può deludere ma che se ci si pensa è la logica conclusione. Poco credibili però sono alcuni particolari, come l'improvviso innamoramento di Joan Fontaine e l'ottusità mostrata dal personaggio in alcune situazioni, cose che finiscono per impedire l'empatia con la protagonista. Cary Grant bravo e misterioso. Stenta a decollare, ma quando lo fa è molto piacevole. Non l'opera migliore di Hitchcock, ma è da vedere.
Molto invecchiato, soprattutto nell'assunto di partenza (un'agiata giovane donna molto attraente - Joan Fontaine! - teme di rimanere zitella, mah), ha il suo punto di forza nell'equilibrio tra suspense e commedia, con i due protagonisti eccellenti come ci si aspetta e un clima ambiguo, di sospetto appunto, che cresce fino al terribile finale, che guasta il tutto. Naturalmente la qualità tecnica del film è altissima, ma la società (e la gentry) del tempo e i suoi riti sono troppo ridicoli per calarvisi, non abbastanza per essere davvero divertenti.
Si capisce fin da subito che l’ambiguità è il vero fulcro della sceneggiatura e si deve riconoscere quanto non sia facile tenere lo spettatore concentrato su un unico dubbio per tanto tempo. Non ci vuole molto a dare adito ai sospetti che vengono alimentati da tracce disseminate come molliche, in grado di scatenare una frana da un momento all’altro. Di fronte a tanta bravura e tanto impegno bisogna, però, contestare la decisione di concludere in un modo tanto tempestivo e quasi inatteso, lasciando addosso una sensazione di incompiuto.
Come da titolo, il sospetto si insinua fin dall’inizio, permanendo in modo costante per l’intera durata del film. Il sospetto di un matrimonio comodo, il sospetto che lo scansafatiche punti al solo patrimonio, il sospetto che il marito voglia sbarazzarsi della consorte per restare unico erede. L‘unica certezza è che il bel Grant detesti lavorare ma ami il lusso. E che l’ingenua ed innamoratissima Fontaine sia propensa ad accontentarlo. Un duetto interpretativo perfettamente inscenato, diretto dall’iconico regista che, anche in questo caso, fa centro con un copione ottimo e godibile.
Nonostante nella seconda parte Hitchcock esibisca alcuni lampi della sua proverbiale classe, si tratta di un film invecchiato piuttosto male, il cui pregio maggiore risiede nell'essersi basato su un'idea che ispirerà anche epigonidecisamentemigliori. Cary Grant è bravo ma non riesce a trasmettere l'ambiguità che sarebbe stata necessaria, e che peraltro non verrà sciolta neppure da un non memorabile finale imposto dalla produzione. Ottima invece la Fontaine e convincente il cast di contorno. Ridicolo il doppiaggio italiano.
Hitchcock ha la capacità di mettere in scena una storia che sembra molto lineare e classica nelle azioni dei protagonisti (la coppia formata dagli ottimi Grant e Fontaine), che vivono una relazione fatta di molte bugie (soprattutto il marito). Poi il film si trasforma in una sorta di poliziesco/thriller ricco di mistero e suspense. Il tutto grazie come sempre ad una messa in scena di livello superiore per l'epoca e a una sceneggiatura compatta, che riesce ad interessare per via soprattutto della caratterizzazione dei personaggi.
Un buon film diretto dal maestro, soprattutto per la disinvoltura con la quale si muove nella commedia, dipingendo situazioni "brillanti" con dialoghi arguti e situazioni mai banali. L'interesse si fa via via più intenso per il sospetto che nasce e si sviluppa nella mente della protagonista (una formidabile Fontaine), fino a una conclusione forse troppo sbrigativa ma a suo modo decisamente riuscita. Grant, nella parte dell'adorabile imbroglione seppur con elementi di gigioneria, è assolutamente perfetto. Non tocca vette assolute, apprezzabile soprattutto da chi ama le commedie coeve.
MEMORABILE: Le due sedie nella vetrina del negozio di antiquariato; Il bicchiere di latte; L'amica scrittrice.
Capolavoro di ambiguità nel quale Hitch, capovolgendo l'assunto del romanzo di partenza, riesce in un sol colpo ad assecondare l'ipocrisia hollywoodiana (per la quale era impossibile vedere in Cary Grant un assassino) e la propria poetica cinematografica fondata sull'ambivalenza, il dubbio, appunto la finzione. La narrazione del film, che pure ha i suoi momenti di stanca, è in tal senso perfetta insinuando costantemente l'equivoco fin a fagocitarlo nelle immagini, trovando nella sfrontatezza algida di Grant e nella gracilità (fisica ed emotiva) della Fontaine due sontuosi interpreti.
MEMORABILE: Naturalmente il bicchiere (illuminato) di latte; Il grandissimo Nigel Bruce.
Playboy imbroglione sposa una ricca ereditiera. La prima fase sembra una commedia delle parti con il matrimonio lampo e le bugie assortite di Grant per le scommesse. Quando l'attenzione si sposta sul versante thriller si nota la mano di Hitchcock nel mettere insieme i vari tasselli per creare pathos. La Fontaine è molto brava a districarsi tra una sana preoccupazione per la sua salute e la discesa nella paranoia. Finale debole, con la produzione che smorzò i toni.
MEMORABILE: Il veleno che non lascia traccia; La vincita dopo aver venduto i regali di nozze; Il bicchiere di latte.
Al netto di stilemi tecnici e di sceneggiatura di una pellicola di quasi ottant'anni fa, la storia si fa seguire per l'inquietudine che genera nello spettatore, il quale si interroga sulle effettive mire del personaggio di Grant, bello e guascone ma con un sottofondo che sembra reprimere violenza; di contro il personaggio della Fontaine è una variazione della donna ingenua ma non troppo di qualche anno prima i cui dubbi rischiano di annoiare per eccesso; in definitiva un classico invecchiato come un buon cognac, da sorseggiare con cura.
In questo film di Hitchcock non c'è una sola scena in cui allo spettatore non venga il sospetto che il protagonista stia mentendo o che comunque stia calcolando tutto sia a livello sentimentale che a livello economico. La struttura semplice è il pregio più grande di un film che parte come una commedia innocua e a tratti divertente, che invece si trasforma poco alla volta in un thriller di tutto rispetto che regala dei momenti di tensione notevole soprattutto nel finale (mitica la scena del bicchiere di latte illuminato). Notevoli sia Joan Fontaine che Cary Grant.
MEMORABILE: La scoperta del licenziamento; Grant che sale le scale con il bicchiere di latte; Il finale.
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Negli anni '70 uscì nei cinema, in Italia, un film di Francesco Maselli intitolato appunto "Il sospetto". La RKO, che deteneva i diritti del film di Hitchcock, chiese ed ottenne che il titolo del nuovo film venisse cambiato ne "Il sospetto di Francesco Maselli"
La famosa scena del latte,fu realizzata infilando una lampadina all'interno del bicchiere in modo da dare un effetto che facesse
catapultare l'attenzione dello spettatore su quella caraffa (dove forse e' contenuto un potente veleno..).
Nel finale originale Grant uccideva la Fontaine,in seguito temendo brutte reazioni del pubblico il finale venne modificato.
Il primo finale era cosi' composto:la Fontaine si faceva uccidere,ma prima di morire scriveva una lettera nella quale diceva che era il marito che l'aveva uccisa,la dava al marito,lui la uccideva,e infine tutto contento spediva la lettera (non ricordo se ad un amica),in ogni caso si capiva,che non l'avrebbe fatta franca.