Il primo FEBBRE DA CAVALLO era una commedia non eccezionale che però, toccando un argomento insolito come le corse ippiche e sfruttando fino in fondo la romanità dei protagonisti, riuscì a trasformarsi col tempo in un autentico cult (soprattutto nella Capitale). A girarne il seguito, ben 25 anni dopo, è il figlio (Carlo Vanzina) del regista dell'epoca (Steno), con l'altro figlio (Enrico Vanzina) a fare da legame tra i due capitoli, avendoli scritti entrambi (prima con il padre, ora col fratello). Un sequel “doc” insomma, che però è sostanzialmente differente dall'originale...Leggi tutto: lì i personaggi apparivano molto più veri, calati profondamente in una realtà di degrado e di borgata. E la presenza di caratteristi di rango (Mario Carotenuto, Ennio “Manzotin” Atonelli, Gigi Ballista) faceva rientrare il film in una tradizione ben precisa. Il cinema di Carlo Vanzina è invece più spigliato, meno autentico e già le corse e gli ippodromi sembrano più che altro una cornice “necessaria” che fa da sfondo alla solita storia di truffe assortite. Ma se Proietti è ancora un ottimo mattatore, chi lo affianca (il televisivo Rodolfo Laganà e il poco incisivo Andrea Ascolese) non regge il confronto, trasformando la prima parte in una replica imbarazzata del tempo che fu. Poi subentra Carlo Buccirosso, attore di rango, e le cose migliorano. Con l'entrata in scena di Enrico Montesano (giusto per una truffetta e un finalino) il cast si completa e ci si diverte. Ma è tardi e nonostante la regia viva e spiritosa di Carlo Vanzina, qualche gag indovinata e una sceneggiatura non male, il film resta una commedia non troppo riuscita. Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Sorprendentemente vivace e amabilmente "anni '70", questo sequel dell'amato Febbre da Cavallo (1976, firmato dal grande Steno) ci regala 100 minuti di puro divertimento in pieno stile "Mandrake". Benché si avverta leggermente la mancanza dei vecchi & intramontabili caratteristi (De Rosa, Antonelli, Ballista ecc.)l'opera in questione funziona a meraviglia. Regia discreta e timida, mantiene inalterate le potenzialità degli interpreti. Soundtrack pressoché fedele a quella originale del vecchio film. Ottima scelta non snaturare ma rivalutare...
Con un predecessore così ingombrante il confronto è perso in partenza: meglio quindi evitarlo, e giudicare il film per quello che (onestamente) vuole essere. E, allora, la valutazione è positiva, il ritmo non è male, alcune gag sono indovinate, Proietti è bravo (meno i comprimari), la Brilli pure, Buccirosso poi è notevole. Resta, alla fine, la malinconia nell'accorgersi che la magia è sparita perchè è cambiato, tutt'attorno, un mondo, un milieu che rese il primo Febbre da cavallo non solo possibile, ma credibile. Sigh!
Il mondo è cambiato, ma le mandrakate sono immortali... Sequel con il quale ho riso più che col primo; Proietti si scatena e gigioneggia come se fosse a un suo recital, per fortuna a contenerlo ci sono la Brilli, molto simpatica e Buccirosso, il Peppino dei nostri tempi. Benino il resto del cast. Godibile.
Divertente seguito di una pellicola intramontabile. Certo, si sente e molto, la mancanza di caratteristi del calibro di Carotenuto, Celi, Antonelli e altri, ma nel complesso il film assolve la sua funzione principale, ossia divertire. Merito sopratutto di un Gigi Proietti scatenato come sempre. Il suo Mandrake resta irresistibile. Ottimi anche gli altri, comunque, con Buccirosso su tutti.
Carlo Vanzina figlio di Steno, regista del primo episodio, dirige questo non disprezzabile sequel che ha il sapore retrò delle commedie all'italiana degli anni '60 e '70 fatte con un certo gusto per la sceneggiatura ben scritta, la buona regia e l'impiego di attori bravi e simpatici come Proietti e la Brilli, mentre decisamente minore quantitativamente è il contributo di Montesano. Gradevole.
Non fosse che è il sequel di Febbre da cavallo non lo avrei nemmeno preso in considerazione, ma visto il "padre" c'ho buttato un occhio. Non è terribile, certo però nemmeno un film che rimane. Mandrake Proietti non brilla particolarmente, Montesano adddirittura risulta fastidioso; per assurdo è Buccirosso il più in forma. Si prova qualche gag nuova, qualcuna identica, ma non si raggiunge mai e dico mai il livello del lavoro di Steno. Così così.
Sequel allucinante... I Vanzina sembravano gasati e si sono convinti che fosse giusto farlo, dopo aver vinto alle corse con un cavallo chiamato "Soldatino"... (come quello del film!) Il risultato però è spaventoso. Le truffe di Mandrake sono ridicole (la foto con i turisti... bastava che la portassero a sviluppare per arrestarlo), così come la truffa al figlio di Manzotin (ma come fa a cascarci di nuovo?). La regola del film è: giochiamo! Non c'é tensione narrativa... si percepisce che è tutto finto! Assurdo poi Montesano in disparte!
MEMORABILE: "Gli orali gliel'hanno fatti per telefono" (Pomata parla dalla sorella dall'alito puzzolente).
Più che una prosecuzione dell'originale, sembra l'analisi di un mito fatta dagli stessi personaggi (non si spiega altrimenti il reiterato accennare dei protagonisti al motivo della colonna sonora - che da extra diventa intradiegetica - firmata Bixio-Frizzi-Tempera, come se fosse un inno di battaglia). Solo per effetto revival, ho gradito l'ultima parte in cui, infatti, tra una truffa bis al figlio di Manzotin, una corsa dalla coda del treno alla testa ed una puntata al gioco delle tre carte, la clonazione è spudorata.
I Vanzina non si lasciano scappare la possibilità commerciale di imbastire un séguito del fortunato film diretto dal padre, e se si ragiona con la mastercard al posto del cervello non si può dar loro torto. Peccato poi che il risultato finale sia una specie di fiction mediaset, con un paio di battute divertenti e tante, troppe scene soporifere. Montesano è addirittura terrificante, i comprimari galleggiano e Proietti fa quello che può in una situazione oggettivamente impossibile da salvare. Per quello ci sarebbe voluto davvero Mandrake...
Film importante nella filmografia dei Vanzina in quanto inaugura la loro nuova produzione tesa al recupero dei film di genere e piccoli cult anni 70. Appropriazione non indebita in questo caso, per un film divertente, ben scritto e ottimamente interpretato da Proietti. Ha il raro dono di avere un equilibrio interno tra rimandi al passato e l'attualità della storia raccontata. Cast sì inferiore all'originale ma ben affiatato (bravo Buccirosso, brava anche al Brilli ma un po' troppo ferillizzata). E poi è un film che fa davvero ridere, il che non è poco.
C'era una volta Febbre da cavallo di Stefano Vanzina, in arte Steno. Nel 2002, forse per insistenza dei fan dell'originale, i figli di Steno girano, con un Gigi Proietti più Maresciallo Rocca che Mandrake, "La mandrakata", coinvolgendo Nancy Brilly, Rodolfo Laganà e anche uno stanco Enrico Montesano, sempre nel ruolo del Pomata. Si vive nei ricordi del film capostipite e, nel corso della visione, pur non disdicevole, ti prende la nostalgia per chi non c'è più (Carotenuto, Celi e Ballista).
MEMORABILE: Mandrake ad un addetto di Cinecittà: "Ho bisogno de lavorà". Addetto: "Ce sarebbe un ruolo fatto apposta pè te: 'a comparsa ne Er ritorno de Padre Pio".
Sequel fuori tempo massimo di un indiscusso capolavoro. È funestato da alcune scelte registiche-interpretative inaccettabili: i personaggi (in origine dei giovani squattrinati capaci di arrampicarsi sugli specchi per rimediare i soldi per una giocata ai cavalli) sono qui dei 50enni truffatori di professione, insomma dei "volgari" ladri, che fanno battute o si trovano in situazioni "comiche" ridendo essi stessi delle medesime (un errore classico di chi non è sicuro di far ridere). Misteriosamente coprotagonista uno sconosciuto Andrea Ascolese, imbarazzante come raramente visto a questi livelli.
MEMORABILE: Oscar della tristezza alla riapparizione del "Pomata" (Montesano), con un paio di fiacche gag accompagnate dal solito assurdo sorriso di Proietti
Totalmente imparagonabile all'originale nonostante la presenza di Proietti e Montesano. L'atmosfera precedente era mitica e si giovava, oltre che dei protagonisti, di alcuni interpreti di valore indubbio. Attualmente paragonare Buccirosso a Carotenuto o Laganà a Celi mi sembra offensivo. Una brutta copia che tuttavia non si disprezza totalmente ma lascia il tempo che trova.
Sequel del mitico Febbre da cavallo, ne riprende l'aria scanzonata e leggera, tra truffette e corse di cavalli. Il risultato è leggermente inferiore ma ugualmente notevole, perché Proietti è sempre grande e con lui ci sono attori di buon livello come Buccirosso, la Brilli e Laganà. Montesano (indimenticabile Pomata) torna per l'ultima mezz'ora (la più divertente) e la magia del primo capitolo si ripete. Peccato solo per la scelta di Ascolese, veramente pessimo.
MEMORABILE: L'entrata in scena di Montesano al cimitero.
Sequel in ritardo di troppi anni; così non solo dell'originale non sono più disponibili molti attori (la Brilli è puramente decorativa, come del resto lo era la Spaak), ma neanche i ruoli: il mondo degli ippodromoni non è più grande e variegato come allora e non può più rappresentare i vecchi personaggi. La rentrée del Pomata nel finale è (ormai) inutile e Mandrake è già circondato da troppe spalle (evidentemente non se la sentivano di puntare su nessuno). Film che si doveva fare "per forza", ma che "per forza" lascia insoddisfatti.
MEMORABILE: Particolarmente odioso il riarrangiamento dello storico tema musicale di Frizzi-Bixio-Tempera, con insopportabile testo cantato sui titoli di coda.
Più che Febbre da cavallo, ricorda Bluff, per via della serie di piccole truffe che costellano la vicenda. Certo non è un bel film: se non ci fossero Proietti e la Brilli a sostenerlo, in varie parti sarebbe quasi inguardabile. Simpatico nella prima mezzora, perde quota via via, anche a causa delle eccessive inverosimiglianze che la trama va a percorrere, non ultima la resurrezione del personaggio di Montesano, la cui apparizione contrassegna la parte finale del film sotto la mediocrità. *1/2
MEMORABILE: Proietti che finge di ignorare chi sia Varenne...
Sinceramente pensavo molto peggio e invece qualche risata, anche più, la strappa. Ovvio
che in alcuni frangenti sia ripetitivo (prendendo più di qualche cosa dal primo capitolo) e che alla lunga il giochi stanchi, però non è tutto da buttare. Buono che sia anche meno sguaiato della media dei film dei Vanzina. Proietti tende un pò a strafare, il resto del cast se la cava, ma non tutti, senza però brillare. La Brilli è in gran forma (fisica).
Se il prototipo è stato acclamato oltre i suoi meriti, questo sequel viene affossato oltre i suoi demeriti. La comicità è più elementare che nel primo episodio, Montesano è più che altro una guest star, Buccirosso e Laganà non valgono l'ombra di Carotenuto e dei tanti caratteristi del film di Steno. Essendo quindi tutta sulle spalle del pur buon Proietti, la pellicola è alquanto sottotono, ma complessivamente credo sia da apprezzare più un prodotto come questo che le solite carrellate di natiche e seni al vento condite da gratuite volgarità.
Frizzante commedia diretta da Carlo Vanzina che confeziona un ottimo sequel di Febbre da cavallo. Proietti è il vero mattatore del film, riesce a divertire e a non tediare, Buccirosso e la Brilly fanno la loro buona figura. Oltre che vantare un cast più che buono, c'è anche una sceneggiatura notevole e un ritmo decisamente buono. Da riscoprire.
Il film, seppur imparagonabile con il mitico predecessore, può contare sulla naturale predisposizione di Vanzina per il genere, e infatti il ritmo non manca mai e la regia possiede una notevole vivacità. Proietti si conferma cavallo di razza; purtroppo invece i comprimari non sono all'altezza, eccezion fatta per la Brilli e Buccirosso. L'intrattenimento è garantito e l'ora e mezza scorre veloce veloce. Non male, dopotutto.
Più che un sequel, sembra la brutta copia dell'originale. Prende in prestito le vecchie vicende e le ricalca tristemente, dando l'impressione che nessuno ci creda fino in fondo. Proietti ci mette del suo e la Brilli si arrangia, mentre il resto del cast è pietoso, incluso Montesano. Il romanesco salva la sceneggiatura con qualche buona battuta, ma manca la genialità, lo spunto che venga ricordato.
MEMORABILE: Parli proprio te che er colesterolo t'ho misurano co' la stecca dell'olio.
La seconda vita cinematografica di Gigi Proietti parte da qui, da un commedia mediocre che riesce ad elevare di livello con la sua sola presenza in maniera non dissimile dal DeSica dei cinepanettoni. Il metro di giudizio, di conseguenza, non può che essere l'apprezzamento personale nei confronti del mattatore: troppo inconsistente tutto il resto per pesare sull'economia del film. Fastidiosi i rimandi all'originale, didascalici e sottolineati perché non sia mai che la gente non afferri, ma per fortuna meno ingombranti del previsto.
Perso per strada il valore "ruspante", restano in carreggiata un Proietti mattatore e assoluto motore del film, un Montesano trasformista dimesso divertentissimo, un Laganà spalla solida, un Buccirosso caratterista impagabile e una Nancy Brilli molto più verace come commediante che in altri ruoli. Si ride, ci si diverte, non si vola alto ma forse non era neppure nelle intenzioni.
Non si può guardare il sequel di un film così legato alla sua epoca, gli anni Settanta, girato trent'anni dopo sull'onda del revival di tutto ciò che sa di "cult", aspettandosi chissà che. Fatta questa premessa, la mandrakata è abbastanza simpatica, sicuramente grazie all'estro di Proietti che praticamente regge da solo il film. I comprimari in generale sono un po' più scarsi (in particolare Ascolese, che non si può proprio vedere). Il ritorno der Pomata aggiunge un po' di brio nel finale.
Non nascondo i miei timori nell'approccio di un seguito come codesto. Il predecessore non era un chef d'oeuvre ma aveva alcune trovate geniali che la pellicola de qua tenta di ripercorrere. A Montesano "er Pomata" viene riservato meno spazio mentre la pars comica per eccellenza resta ben salda nelle mani (rectius espressioni) di Gigi Proietti. Anche la sexissima Nancy Brilli non sfigura e alla fin fine si ha la sensazione di esserci tuffati in acque che si conoscono già da tempo.
MEMORABILE: L'errore di valuta in cui incorre "er Pomata".
L'ennesimo sequel non necessario e non all'altezza del primo episodio. La sceneggiatura è mediocre e quella romanità guascona che ci ha fatto ridere nell'originale qui suona molto ripetitiva, nonostante i numerosi anni che separano le due pellicole. Un'operazione esclusivamente commerciale, visto il successo a scoppio ritardato del capostipite, ma il cinema è anche questo quindi non ci si deve scandalizzare.
E' sempre molto difficile giudicare un film, specie quando questo ha radici lontane e parentela stretta con un altro dai nobili natali. La mandrakata è senza dubbio una pellicola degna di considerazione, anche se l’immediato confronto con il primo Febbre da cavallo lo rivela un po' spento nel ritmo e nei contenuti. Proietti è sempre Proietti, questo è fuori da ogni dubbio, ma la mancanza quasi totale sulla scena di un Montesano vecchia maniera paralizza l’emotività di uno spettatore sempre alla ricerca di nuovi stimoli.
Seguito tutto sommato godibile e frizzante a distanza di 26 anni dal precedente episodio. Il cast è capitanato da un ottimo Proietti che ci regala alcune perle ed è supportato dal duo Laganà (bravo)/Ascolese (acerbo). Poi come ulteriore supporto arrivano Nancy Brilli e Carlo Buccirosso (a loro agio) e in un cameone si inserisce Enrico Montesano: il film guadagna ritmo.
Davanti a questo film mi sovviene lo stesso sconforto provato nel vedere L'allenatore nel Pallone 2. Gli originali erano film in linea coi tempi e con il mondo di allora, questi sono prodotti scaduti che non hanno una ragione artistica di esistere. Film stanco e stancante nel quale Montesano appare imbolsito ed è impiegato a mezzo servizio, Ascolese-Buccirosso-Laganà sono inguardabili e svaniscono al ricordo di Carotenuto, Celi, De Rosa e il resto del cast (comparse incluse). L'unico a salvarsi è Proietti, ma è una magra consolazione.
Seguito acclamato a furor di popolo, onesto nelle intenzioni ma oggettivamente inutile. Quando si cerca di bissare un successo, soprattutto dopo tanti anni, inevitabilmente si perde qualcosa per strada. Proietti e Montesano non hanno più la verve e la spontaneità di un tempo, ma anche le loro spalle non sono il massimo. Difficilmente verrà ricordato.
Dopo altri illustri esempi di sequel a grande distanza dal mitico originale, il mercato chiama anche il cult assoluto per gli amanti dell'ippica: Febbre da cavallo, che ha continuato a crescere nel tempo dopo un'uscita non esaltante. Inutile cercare sintomi piretici legati al predecessore poiché qui i protagonisti appaiono stanchi e imbolsiti, mentre si registrano ottime new entries (la Brilli, Buccirosso). Script non curatissimo che strappa comunque qualche risata, regia onesta senza colpi di genio. Una simpatica commedia con poche pretese.
MEMORABILE: "Faccio Padre Pio ma pijo poco" (Proietti alla Brilli).
La regia per il sequel del mitico Febbre da cavallo passa da Vanzina padre a Vanzina figlio e il risultato è davvero sorprendente anche perché, a essere sinceri, le aspettative erano piuttosto basse. Proietti è ancora in grande forma ma purtroppo non ha dei comprimari che riescano a tenergli testa ed è questa la grande differenza rispetto al primo film; lo stesso Montesano entra tardi e male. Nonostante tutto il film funziona e diverte al punto giusto. Per la categoria "20 anni dopo" è sicuramente tra i migliori; almeno non è malinconico...
Il seguito del mitico film di Steno è davvero deludente e mostra la differenza che passa tra Vanzina padre e i suoi figli. La satira di costume è sostituita da una comicità di bassa lega. Proietti propone scontate gag d’avanspettacolo senza la verve di un tempo e l’improbabile ricomparsa di Montesano offre perlomeno un breve momento di malinconica solidarietà tra perdenti. Meglio alcuni comprimari come Buccirosso e la Brilli.
MEMORABILE: La ricomparsa del Pomata al cimitero; L'orologio di Aurelia perso al gioco delle tre carte.
Mezzo punto in più per la simpatia e per l'antenato illustre. Perché, oggettivamente, il tentativo di rifare Febbre da cavallo non è riuscito, la tris King-Soldatino-D'Artagnan non esce due volte di seguito. Quel film era un esempio di bizzarra serendipity per cui si parte per girare una commediola di routine e si ottiene un cult memorabile. Questa è una rifrittura senza infamia e senza lode, ma di certo senza i guizzi, i vertici dell'originale. Nel cast manca (tanto) Montesano, mentre la Brilli riesce bene nel suo ruolo.
Uno si attende la catastrofe e invece poteva andare decisamente peggio. Sicuramente vive di rendita, sfruttando i meccanismi collaudati del film di Steno, ma qualche risata la strappa. Ci sono diverse cadute di stile, soprattutto dopo la "resurrezione" der Pomata, ma la bravura di Proietti riesce a nobilitare l'operazione, anche quando la sceneggiatura si regge ormai soltanto su tormentoni e ammiccamenti (i dialetti vengono imitati tutti). Sorprendente la Brilli, molto a suo agio, discreto Laganà, il resto del cast è dimenticabile.
Non vale il capostipite causa lo stile cinematografico dei fratelli Vanzina, molto più levigato e spuntato di quello del loro padre Steno. I protagonisti della "Mandrakata", con qualche eccezione, sono personaggi anemici di docile standard comico televisivo privi di quell'impronta realistica e di quella forza vitale posseduti dai sanguigni "eroi" del primo film. La pellicola è comunque gradevole e fornita di diversi spunti comici, ma la scansione narrativa manca di quegli scatti nervosi, di quei graffi e di quelle zampate che hanno reso irripetibile l'altro film.
MEMORABILE: Proietti e Montesano confermano la loro verve recitativa; Convincenti gli inserimenti di Rodolfo Laganà e, soprattutto, di Carlo Buccirosso.
Buon sequel di un film che non ebbe grande successo alla sua uscita ma diventò di culto essendo stato proiettato con grande assiduità dalle televisioni private. Incentrato soprattutto su Gigi Proietti, ha un buon ritmo e un certo sapore del "cinema che fu", quello dei grandi caratteristi e delle trovate che si susseguono. Funziona soprattutto l'idea della truffa vissuta quasi come nevrosi dai protagonisti.
Considerando l'importanza e il peso specifico del primo capitolo, diretto in maniera impeccabile da Steno, il tentativo di realizzare un sequel da parte del figlio Carlo sembrava un' impresa impossibile. Al contrario, il film regge bene per tutta la sua durata, grazie ad un Proietti sempre più mattatore e ad un cast che, seppur rinnovato, contribuisce a dare una certa originalità alla commedia.
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DiscussioneCangaceiro • 16/11/08 17:32 Call center Davinotti - 740 interventi
No,purtroppo Ennio Antonelli è passato a miglior vita nel 2004,all'età di 77 anni.Risale allo stesso anno anche la dipartita di un altro protagonista del film del '76,il povero Francesco De Rosa,che morì suicida.
Gugly ebbe a dire nelle curiosità: Nei titoli di coda si segnala che gli abiti indossati nel film da nancy Brilli sono di...Cavalli! eheeehhe beh uno stilista ....appropriato :)
Nel ruolo dello stalliere di Pokemon, cavallo che Proietti & co. scambiano con un brocco per "la mandrakata", c'è l'attore/doppiatore Renzo Stacchi...Noto ai fan degli anime per essere stata, negli anni'80 la voce di Aran Banjo in "Daitarn III".
Natale Tulli, il noto caratterista (quello che in "Giallo napoletano" teneva appeso Mastroianni sul cornicione del terrazzo), in un'intervista a Marco Giusti (per "Stracult") ha rivelato che durante le riprese Proietti e Montesano non si rivolgevano la parola.
Tale freddezza nei rapporti potrebbe spiegare il fatto che la partecipazione di Montesano si limiti a un cameo nel finale e che i due recitino insieme solo per una scena.
Anche in questo film Montesano non manca una volta che viene chiamato al cellulare di imitare una segreteria telefonica facendo prima un rumorino di sottofondo tipico dei nastri audio delle cassette degli anni 70 ma assurdi per una segreteria di un cellulare moderno.
Padel ebbe a dire: Anche in questo film Montesano non manca una volta che viene chiamato al cellulare di imitare una segreteria telefonica facendo prima un rumorino di sottofondo tipico dei nastri audio delle cassette degli anni 70 ma assurdi per una segreteria di un cellulare moderno.
Nei titoli di coda tra gli attori secondari è citato l'inesistente Gianni Francolisa Gritti. In realtà si tratta di un errore di chi realizzato i titoli e si è dimenticato di inserire il trattino tra i nomi di Gianni Franco e Lisa Gritti: