Considerato da molti uno dei grandi capolavori del gotico italiano, L’ORRIBILE SEGRETO DEL DOTTOR HICHCOCK richiede soprattutto una preventiva disposizione alla narrazione lenta e sognante. È uno di quei vecchi horror che gioca tutto sulle atmosfere, sui lunghi movimenti di macchina, sul viso dell'immancabile regina dell’italian gothic Barbara Steele (due occhi così!), sulle scenografie sontuose della villa nobiliare teatro della vicenda (un po' sul genere della casa Usher), sulla scintillante fotografia dai colori saturi e sgargianti, contrastati benissimo. Esteticamente impeccabile, il film di Riccardo Freda (che si firma con lo pseudonimo anglicizzante di Robert...Leggi tutto Hampton come gran parte della troupe) si rivela però, come molti degli horror italiani del periodo, di una monotonia disarmante: pochissimi e scarni i dialoghi, del tutto secondari rispetto alla ricerca nel creare suggestioni, atmosfere morbose e inquietanti. È una storia di necrofilia, ma guardando il film non lo si capisce. Le innumerevoli sequenze sforbiciate della censura hanno finito con lo stravolgere il senso del film nascondendone financo le intenzioni. il dottor Hichcock rallenta con un suo siero i battiti del cuore della moglie per poterla possedere mentre è in uno stato di morte apparente, ma questo noi lo sappiamo solo avendo letto l'intervista del regista o saggi relativi all'opera. Come si può quindi giudicare obiettivamente un film in cui l’operato della censura ha reso quasi incomprensibile il senso? Allo stato delle cose il giudizio è negativo, in attesa di una “director’s cut” che ce lo restituisca così come era stato concepito. In ogni caso la recitazione e il cast sono piuttosto deficitari...
Classico del gotico italiano, oggi resiste più per le spettrali, raffinate policromie fotografiche che la storia, traballante e imbastita con i tòpoi dei romanzi neri ed elementi hitchcockiani da Rebecca (l’ossessione del marito per la consorte scomparsa) e Il sospetto (il bicchiere di latte). Il cast si adatta a rivestire personaggi fissi del genere: il mad doctor Robert Flemying, la moglie instabile e impaurita Barbara Steele, l’eroe innamorato e decisivo in extremis Silvano Tranquilli e l’ambigua governante Harriet White. Romanticismo e necrofilia in un binomio certo ardito per l’epoca.
MEMORABILE: La discesa nella cripta; viva nella bara.
Nel 1962 Freda porta sugli schermi un film contorto e crudele: L’Orribile Segreto del dottor Hichcock, che vede Barbara Steele interpretare nuovamente (dopo La Maschera del Demonio) una parte doppia. La pellicola, nella versione finale, è al centro di un forte intervento della censura, tanto da risultare, a tratti, quasi incomprensibile. L’organo di “vigilanza” italiano si scatena contro le sequenze a tema necrofilo di cui il film è, in sostanza, essenzialmente composto. Ne fuoriesce un film riuscito a metà e, a tratti, incomprensibile.
Grande horrorone di Freda che riesce a servire pietanze non proprio all'ordine del giorno sui nostri menu, a cominciare dalla necrofilia. Paradossalmente, i copioni ferrei non essendo mai stati una caratteristica del nostro cinema-bis, la confusione che parrebbe dovuta ai tagli accentua il fascino outrée dell'operazione e la Steele è magnetica come sempre. Nell'orgia di nomi farlocchi (tranne la Steele e la Medin-White) lo scenografo Franco Fumagalli si fa accreditare come Frank Smokecocks (!) e vince il premio Pseudonimo del secolo.
Il capolavoro di Freda. La regia è impeccabile sotto ogni punto di vista, la sceneggiatura ha delle varianti sul classico tema fantasmi che la rendono originale per il periodo nonchè ardita. E poi la Steele, il cui diabolico fascino non è mai stato ripreso meglio, riesce in certi casi addirittura a spaventare.
Ottimo gotico targato Riccardo Freda. Il cast oltre a contare la bellezza gotica per eccelenza Barbara Steele, può contare anche sull'ottima interpretazione di quel gentleman che era Fleming. Brava anche la Vianello e la famosa caratterista Medin; buona atmosfera, finale angosciante (nella bara!!!) e suggestioni necrofile molto audaci per l'epoca. Ottimo.
Piccolo ma riuscitissimo ed interessantissimo horror-gotico italiano che si segnala per essere uno dei migliori della sua epoca. Freda gira con grande classe quello che forse è il suo miglior film e coglie nel segno grazie al suo talento, a una sceneggiatura molto bella e coinvolgente e ad una confezione impeccabile. Molto bravi anche gli attori tra cui spicca la sempre splendida Steele, che è una vera gioia per gli occhi.
Il tema non è certo dei più invitanti, la storia di un medico pazzo, affetto da necrofilia e assassino. Diretto con estrema cura e abilità, nella perfetta ambientazione di fine ottocento, con scenografie impeccabili e bella fotografia. All'arrivo di Barbara Steele il film decolla, grazie alla straordinaria bravura ed intensità dell'interprete e ad un crescendo di tensione e mistero che avvolge lo spettatore. In alcuni passaggi il film fa davvero paura e nella parte finale acquista un bel ritmo da thriller vero.
MEMORABILE: Sequenza memorabile è la fuga tra i rovi del giardino, omaggio a quella a tutti nota di Biancaneve di Walt Disney (il miglior horror di tutti i tempi).
Larga parte del fascino che il film esercita deriva da una sapiente rielaborazione della matrice letteraria piuttosto che da quella cinematografica cui alluderebbe il titolo: a Hitchcock sono riservate gustose citazioni (da Il Sospetto, Rebecca e, marginalmente, Vertigo) ma a sostanziarlo ci sono intere pagine di Jane Eyre, Barbablù e molto Edgard Allan Poe. I numerosi tagli (non solo censori) rendono incomprensibile e sconnesso il narrato, ma stilisticamente l'opera sa come emanciparsi grazie all'uso fantastico delle luci, alle scenografie tracimanti e al rarefatto, morboso clima incubotico.
Ricordo che la prima volta che lo vidi (avrò avuto sì e no 13 o 14 anni) fui soprattutto colpito dall'atmosfera e dalle musiche più che dal vero senso della pellicola. Rivisto anni dopo e avendolo capito meglio, visto il tema trattato, lo considero un maturo e coraggioso esperimento. Purtroppo la mano della censura ha in parte snaturato la pellicola ma resta pur sempre un prodotto pregevole. Alcune inquadrature di baviana memoria e musiche sinistre di Roman Vlad. Un horror "adulto" psicologico dalle tinte gotiche.
Un film bellissimo che fa delle atomosfere e delle ambientazioni il suo punto di forza. Vero e proprio paradigma del gotico all'italiana è un tripudio di colori spettrali, stanze segrete, candelabri, sotterranei, velluti rossi. Più importante per la confezione che per la storia (una comunque morbosa e affascinante vicenda incentrata sulla necrofilia) si pone al vertice del suo genere insieme a La maschera del demonio di Bava.
Poe-tico e tenebroso horror gotico coi controfiocchi, con prima e seconda moglie (e il ritratto life-size della prima signora è assai galantemente ed opportunamente piazzato in salotto!), marito indecifrabile, governante arcigna, gatto nero, stanza inopinatamente chiusa (con severo divieto di farvi ingresso: parola di indecifrabile marito e di arcigna governante). Ma... si parlava di necrofilia, di perversioni sessuali? Non si parla, non si mostra, si allude, con quelle tinte splendidamente fosche: meglio così!
MEMORABILE: Il simpatico incontro della seconda signora col la sposa fantasma. Il teschio sul cuscino.
Gotico italiano tra i più famosi, è tutto un cliché dopo l'altro: buio, una mezza dozzina di temporali, finestre che si spalancano per il vento eccetera eccetera. Certo la storia riserva un finale di quelli veramente folli, e la regìa si inventa quello che può per non ripetersi nelle solite situazioni. Un paio di espliciti rimandi ad Hitchcock, oltre chiaramente al titolo.
Pellicola pregna, stracolma di mobilio nella villa e di vegetazione incolta nel giardino. Ricostruzione ottocentesca riuscitissima, anche nell'ospedale. Fotografia ottima. Ci sono scene bellissime come il fantasma della prima moglie vestita di bianco e il particolare delle sue scarpe. Barbara Steele qui fa la buona e la vittima, mentre la prima moglie del dott Hichcock, bionda, paffuta e piena di vita si presta a giochi necrofili: scelta discutibile, ma forse è questo che eccita il dottore. Barbara Steele è mortifera anche senza siero.
MEMORABILE: La scena in cui Cynthia cammina di notte nel giardino, di ritorno alla villa.
Fondamentale gotico della storia del cinema italiano. Riccardo Freda firma una delle pellicole classiche del genere. Temeraria la narrazione incentrata sulla necrofilia, con conseguente massacro della censura, presente in seguito in alcuni sottogeneri del filone dell'orrore. Chissà se Aristide Massacesi ha trovato spunto... Diverse le analogie con Buio omega (1979). Determinante come sempre Barbara Steele, buono il resto del cast. Consigliato!
Voleva essere un film sulla necrofilia, ma sbudellato com'è dalle cesoie censorie (scioglilingua!) tal orrido tabù ora si limita solo ad un'aleggiante suggestione, mentre si predilige la via del puro thriller, specie verso la fine, con la Steele convinta che il marito la voglia morta. Non mancano scene suggestive (l'inizio, di grande atmosfera, o il finale con l'inquietante zombie) ma, causa penosa scelta registica, il film è raffazzonatissimo, con attori sopra le righe. Non esaltante, ma tra i migliori Freda. Certo, allo pseudosequel fa un baffo!
MEMORABILE: La moglie del dottore quasi del tutto resuscitata avvolta in un velo da sposa; l'onnipresente gatto nero; le efficaci musiche; i bei colori nel castello.
Tenebroso, sofisticato ed allucinato (le espressioni dipinte sul volto del professore), prodotto dell'epoca creativa italiana. Accompagnato da un tema musicale che sa di morte/o, come una serenata al defunto e al suo odore. È una sottile nenia malata e oscura che conduce alla maledizione ed al trapasso; ma quest'ultimo viene vissuto come una esperienza eccitante e seducente. Non è esplicito (per le risapute ragioni) e per questo non trova il podio tra le pellicole antiche e disturbanti: per qualcuno un pregio, per altri un limite. Genio e sregolatezza.
Capolavoro gotico di Freda, quest'opera è un po' il manifesto di come in Italia si siano potute raggiungere vette altrettanto elevate. La trama di per sè è breve (semplificata da una stupida censura dell'epoca) e viene diluita goccia a goccia nel corso del film, sino al finale catartico. Atmosfera avvolgente e pesante (come le tende che appaiono sovente), grande dispiegamento stilistico ed estetico, ritmo lento ma claustrofobico.
Piccolo gioiello dimenticato dell'horror italiano di un tempo. Atmosfere lugubri, gatti neri, una casa spettrale... un mix che funziona e mantiene alta la tensione per tutta la durata. Terribile la scena di Cinzia nella bara: sembra soffocare anche lo spettatore, mentre trattiene il fiato per la paura. ***
La versione che ho visionato (forse non tagliata) non lascia dubbi, fin dall'inizio, sulle tendenze sessuali del protagonista. La messa in scena è curatissima e gli interpreti molto in parte (citerò anche io Barbara Steele perché merita veramente; la sua particolare bellezza fisica trova una naturale valorizzazione proprio in questo genere), però gli attori sono mossi dal regista che, assieme ad una sceneggiatura carente, non sfrutta a dovere un soggetto che pure un suo interese lo ha.
MEMORABILE: La "sala operatoria" con un'unica lampada a gas e i chirurghi senza nulla in testa, ma con la mascherina.
L'horror gotico italiano in una delle sue rappresentazioni più riuscite, capace di gelare lo spettatore con le sue atmosfere cupe e forte di una buona colonna sonora. Ottimo lavoro per Freda, stimolato anche dai bravi attori che ha avuto a disposizione. Naturalmente non possiede un ritmo elevato ma questa è una prerogativa tipica dei gotici e non è detto che il "difetto" sia poi tale, anzi la spasmodica dilatazione rende il tutto più efficace, gravandolo della giusta tensione. Piacevole riscoperta. ***
Robert Hampton (Riccardo Freda) HA DIRETTO ANCHE...
Centrale per l’originalità del personaggio di Hichcoch e l’efferato coraggio della tematica (allusa piuttosto che affrontata visti tempi e censura), ma comunque un gradino sotto i vertici de I vampiri e de Lo spettro. Prevale qui infatti il gusto romantico-decadente di Freda rispetto alla vena morboso-parossistica del film che chiuderà il dittico. Pochi i guizzi di regia, ben supportati però dallo script di Gastaldi (necrofila versione di Rebecca) e dalle musiche di Vlad. La Steel non ha la faccia da vittima, Flemying possiede l’aplomb del carnefice.
MEMORABILE: Il ritorno a casa di Hitchcock dopo 10 anni: la notte incombente e tempestosa; La finestra accesa, ”l’accoglienza” della governante (Harriet Medin).
Film coraggioso quello di Freda, che infatti ha dovuto soccombere alle censure dell'epoca, le quali hanno reso la pellicola quasi incomprensibile. Si parla di necrofilia, ma la trama passa in secondo piano (anche per i motivi sopracitati) per lasciare spazio a una fotografia gotica eccezionale, ricca di colori assurdi, aiutata da una bellissima scenografia. I dialoghi sono rarissimi perché è l'atmosfera quella che conta. Il film è d'importanza fondamentale per quanto riguarda il genere; testimoni illustri i primi horror di Argento.
MEMORABILE: I piedi visti dal buco della serratura.
Seppur girato in maniera ineccepibile da Freda, questo gotico italiano ha vari punti deboli: male alcune scenografie degli esterni chiaramente false, le luci spesso sono mal utilizzate e ha la lentezza soporifera tipica del genere. I punti forti della pellicola sono il cast molto valido, anche se la Steele rende molto meglio in bianco e nero. L'idea del dottore necrofilo è ottima, anche se poco sviluppata forse a causa della censura dell'epoca, bello e movimentato il finale. Per amanti del genere.
Gli elementi del cinema horror italiano che sta arrivando ci sono tutti: donne velate, candele, panneggi, arredi, vento, frasche, cimiteri, ma quel che emerge è l'assoluta novità della figura del pervertito protagonista e lo sconcertante tema della necrofilia, che Freda illustra con stile, ma in modo deciso. Gli anni che porta questo film si vedono, appartiene al passato, ma l'importanza che ha avuto per il cinema horror a venire non può essere ignorato. Fotografia e colore fecero scuola.
Tentativo di richiamare i cinemaniaci con un cognome altisonante nel titolo di cui purtroppo non si trova traccia da nessuna parte. Il film richiama troppo il gotico di genere inglese e soprattutto è infestato da un commento musicale (Roman Vlad) eccessivo e fastidioso (l'indigesta romanza dissonante al pianoforte). Non male la fotografia, ma col Technicolor si gioca in casa. Noioso, con il già visto e il prevedibile come se piovesse. Non male il manifesto.
Freda suggerisce più che mostrare, forse per i limiti imposti dalla censura dell’epoca la quale non avrebbe esitato a far calare la propria scure su un tema così scabroso e morboso come quello che affligge il Dottor Hichcock. La confezione rimane comunque molto buona, sebbene in alcuni momenti sia inevitabilmente lento. Abbastanza semplice anche la narrazione in cui non c’è spazio per un’introspezione e approfondimento dei personaggi. Considerato l’anno rimane una pellicola ardita a cui si può concedere un’occasione.
Senza i pesanti interventi della censura sarebbe stato senz'altro più comprensibile e, quindi, probabilmente anche migliore. Dovendo però giudicare quello che ho visto, non posso esprimere un giudizio positivo. Un film curato nelle atmosfere e nella messa in scena (veri e propri marchi di fabbrica del gotico italiano), ma troppo lento e non certo recitato benissimo (neppure l'iconica Steele offre qui una prova memorabile). Per fortuna Freda, con lo pseudosequel Lo spettro, saprà riscattarsi alla grande...
Uno dei classici del cinema gotico con la divina Barbara Steele lanciata poco prima da Bava. Lo stile di Freda riprende il grande Hitch non solo nel titolo ma in citazioni da Rebecca e Il sospetto (il bicchiere di latte). Forse l'ambiente della villa ha poco d'inglese ma Robert Flemyng è credibile nel ruolo del "mad doctor".
MEMORABILE: Il teschio sul cuscino; Il risveglio nella bara.
Chirurgo vedovo che ha sviluppato tendenze necrofile ritorna alla sua vecchia magione, gestita da una spettrale governante, in compagnia della seconda moglie... La storia, elegantemente condotta e ben ambientata, è un mix di suggestioni letterarie e cinematografiche, fra Poe, Perrault e Hitchcock, ma quello che rende indimenticabile questo gotico non è la trama ma una presenza: Steele non ha bisogno di recitare, le basta spalancare i suoi enormi occhi scuri per trasmettere inquietudine e suggerire brividi. Forse il migliore film di Freda, certo importante nella storia dell'horror nostrano.
Il rispetto dei ruoli c'è tutto (l'innocente, il dottore, la magione terribile, il belloccio, il fuoco purificatore), tanto da far dubitare non solo dell'originalità (qualche prestito da pellicole maggiori è evidente), ma anche della fama esorbitante che tale film rileva nella storia del genere. Per fortuna soccorrono la morbosa audacia sottesa per tutta la durata e una certa eleganza nell'uso del colore. Nella norma gli attori a parte Barbarella nostra, con quegli occhioni da vittima.
Chi potrebbe mai resistere in una lugubre e decadente magione, tra misteriosi sotterranei, vecchi mobili polverosi, inquietanti dipinti e amibigue governanti, tra pavimenti che scricchiolano, serrature che cigolano e ingombranti presenze notturne? Barbara Steele, ça va sans dire! Ancora una volta impeccabile regina di un gotico discretamente realizzato, più per l’originalità del tema che per la realizzazione finale (i soliti noti ci sono tutti: temporali improvvisi, folate di gelidi venti che spalancano la qualunque, teschi qua e là, bare a profusione).
Gli ingredienti ci sono (atmosfera, colonna sonora, penombra, candelabri, un gatto nero e persino un sotterraneo con tanto di porte cigolanti con sbarre). Purtroppo però, la datazione si sente; e la sceneggiatura non offre particolari spunti, o colpi di scena, escludendo l’epilogo. Comunque, ha l’indiscusso pregio di mantenere ancora un po’ di quel sinistro fascino, indispensabile in pellicole come queste. Non male, dopotutto.
MEMORABILE: "La morte ti prenderà nel sonno...un sonno profondo come la morte!".
Splendido gotico italico che sembra proprio inglese. Incredibilmente morboso, con un dottor Hichcock (valida l'interpretazione di Flemyng) divorato da una folle ossessione necrofila, che anticipa di vent'anni gli Herbert West (il siero che ferma la morte) e i Nekromantik, ma senza nulla di comico. Poi c'è la Steele, di una bravura e di una bellezza incredibili, tanto da "assorbire" ogni scena in cui compare. Visivamente raffinato (la porta rosso fuoco, l'incubo della Steele), dà più di un brivido. Peccato per gli evidenti tagli di censura.
MEMORABILE: Hichcock che nella camera mortuaria accarezza una morta; La Steele nella bara con l'apertura; Il delirio finale di Hichcock; La sposa di Hichcock.
Audacia all'italiana squisitamente folle in questo melodramma necrofilo, visionario, dai cromatismi che ipnotizzano, impreziosito dalla dedizione alla causa di attori mossi da fili magici - Barbara Steele iconica, inesorabile, impressionante. Cosa importa dell'intreccio? Quasi nulla; è l'evocativo immaginifico a tessere la tela; è la superficie smaltata di fantasticherie lugubri a colpire con esattezza espressiva - nel cerchio di genere. E infine è impossibile resistere alle curiose citazioni da Hitchcock, un divertimento stanarle.
Dopo la visione di questo gotico di Freda non possono restare che molti dubbi sulla trama, perché all’epoca in cui uscì fu abbondantemente tagliato dalla censura, che si accanì sulle scene di sesso più estreme (per l’epoca) e i dialoghi in cui emergeva la personalità necrofila del professore. È proprio la necrofilia il fulcro della storia, tematica assai spinta per gli anni ‘60 e qui poco approfondita. Rimangono tuttavia il fascino delle atmosfere sepolcrali, di una Steele nei cui occhi sembra di precipitare e di un finale horror con fantasmi e bare che stupisce ancora oggi.
Quel che manca a questa produzione italiana degli anni Sessanta è una trama pienamente comprensibile. Lo spettatore non è infatti messo nelle condizioni di capire che il protagonista - luminare della medicina - è affetto da una "passione" proibita che poi è la vera causa degli eventi. Purtroppo, il brutale taglio della censura colpisce al cuore l'opera e la rende incompleta. Finale un po' calante. Film più che sufficiente, ma poteva essere di livello molto più alto considerando le buone interpretazioni e l'ottimo comparto tecnico.
Ritratto dell'horror gotico, cesellato a perfezione negli archetipi letterari e cinematografici. Freda dirige in quindici giorni un film che non vede i suoi punti di forza nella sceneggiatura - invero esile, anche se audace - né sulla direzione del cast, quanto nella valorizzazione di scenografie davvero seducenti sotto il profilo visivo; capaci, anche grazie a una regia partecipe, di beneficiare di una natura quasi dicotomica tra orrore e sogno. Purtroppo l'ingerenza della censura inquina irrimediabilmente la fruizione. Indovinati i volti della Steele, White e Flemying.
MEMORABILE: L'iniezione andata male; La traversata onirica di ritorno alla villa; I rumori dietro la porta rossa; La fuga nei sotterranei; La bara.
Grande prova registica di Riccardo Freda che in pochissimi giorni gira un horror pressoché perfetto e trova in Barbara Steele un'interprete straordinaria. La morbosità del film (che parla esplicitamente di necrofilia), l'eleganza della regia, le deformazioni delle immagini: tutti elementi che, insieme al totale travestimento in chiave anglosassone dei titoli, costruiscono il fascino di uno dei più interessanti film del fantastico italiano.
Uno degli horror gotici italiani più belli e affascinanti. Gli ingredienti ci sono tutti, la villa tetra, la domestica altrettanto tetra, i passaggi segreti, le cripte, il fascino morboso per la morte e ovviamente la splendida Barbara Steele. Riccardo Freda gioca soprattutto sulle atmosfere, riuscite benissimo e piuttosto inquietanti nonostante l'età ormai avanzata della pellicola. Il film affronta la tematica morbosa della necrofilia, all'epoca sicuramente molto forte, come forti per l'epoca dovevano essere diverse scene horror. Un ottimo lavoro, con atmosfere tutte da gustare.
Solito gotico all'italiana, in cui per la maggior parte del minutaggio si assiste a passeggiate per il maniero con lumi di candele. Anche la trama non è che brilli troppo per spunti originali, ma a merito del film va dichiarata una cura buona cura tecnica, una bella fotografia e interpretazioni discrete (sempre brava l'immancabile Barbara Steele). Certamente il ritmo è del tutto assente e la noia rischia di far capolino in più occasioni, ma all'epoca della sua realizzazione l'effetto doveva essere (leggermente) migliore.
Caposaldo dell'horror anni '60, il film cita nel titolo una delle sue ispirazioni principali (Hitchcock) e nella locandina un'altra (Poe). Una commistione che permette di dare vita a una pellicola notevole nella confezione, che a ottime location affianca attori sublimi. Eccellente Barbara Steele e notevolissimo pure Flemying nella non semplice parte di un dottore necrofilo che è valso al film la furia della censura. Un cult dell'horror nostrano meritevole di riscoperta, ispiratore poi, nell'uso delle luci e dei colori,i nientemeno che di Suspiria.
MEMORABILE: La bara finale.
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Non lo sapevo neanch'io.
DiscussioneZender • 24/03/16 18:32 Capo scrivano - 48439 interventi
Anche Imdb dà lo spettro come sequel. In realtà non è esattamente un sequel. Anzi, basta leggere l'inizio del vecchio papiro del Marcel (quando aveva ancora accenti odiosamente snob, parlando di superficialità, dovrò presto riscriverglielo smussando) dello Spettro per capire la cosa:
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni (Ciclo:"Giallo", martedì 22 settembre 1987) di L'orribile segreto del dottor Hitchcock:
DiscussioneLodger • 22/11/19 20:40 Pulizia ai piani - 1565 interventi
In occasione del Torino Film Festival verrà proiettato venerdì 29 novembre 2019 alle ore 17:45 al Cinema Massimo. Il film sarà presentato da Barbara Steele.
Ho visto la versione disponibile su Prime Video, e direi che la "necrofilia" è ben intuibile anche se (ovviamente) mai mostrata esplicitamente. Che versione ha visto il Maestro, che dice "che guardando il film non si capisce"?
DiscussioneZender • 21/01/24 13:02 Capo scrivano - 48439 interventi
Chissà, essendo una versione antidiluviana che risale al periodo in cui trovarlo era un'impresa immagino quella ultra.cut...