il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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360556 commenti | 68492 titoli | 26985 Location | 14222 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Gli amanti devono imparare (1962)
  • Luogo del film: La strada dove Julius (Olivier) litiga con Lauren (Lane) e Daniel (Bernard)
  • Luogo reale: Via Sottoriva 8, Verona, Verona
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  • Film: Napoli - New York (2024)
  • Multilocation: Incrocio tra Vico della Noce a Fonseca e Vico Cimitile
  • Luogo reale: , Napoli, Napoli
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Lorenzo Bava

    Lorenzo Bava

  • Alessandra Raichi

    Alessandra Raichi

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Digital
Diciotto anni dopo, torna con un nuovo capitolo la saga horror ideata dal duo Boyle-Garland e lo fa con il botto! La storia, seppur non esattamente di prima mano, è raccontata mirabilmente, con un’attenzione alla psicologia dei personaggi, tutti ottimamente tratteggiati e una ricostruzione ambientale di un futuro distopico assai efficace. Anche il cast offre performance di alto livello, a cominciare dal giovane Haynes (una vera rivelazione) passando per Taylor-Johnson e la Comer. Confezione impeccabile. Peccato per la parte centrale eccessivamente lenta, ma è un "difetto" perdonabile.
Commento di: Pigro
Le schermaglie seduttive nel salotto altoborghese si manifestano a passi di danza. Dall’omonima commedia di successo nei teatri parigini, ecco un estratto particolarmente efficace dal punto di vista filmico (peccato per la perdita del sonoro): un pezzo di suggestiva fisicità, che va da una gestualità dai tratti coreutici moderni alla classica polka. E anche se non sono chiare le identità dei personaggi e le loro relazioni, è tuttavia forte la tensione sensual-sbarazzina del gioco, vivacemente condotto dalla magnetica protagonista.
Commento di: Sonoalcine
Raimi, con un budget decisamente più alto, dimostra senz'altro di aver maturato lo stile e firma una vertiginosa corsa tra orrore e slapstick, fondendo gore e comicità con un’estetica visionaria. Bruce Campbell è magnetico, trasformando l’incubo in un balletto grottesco di sangue. Un’esplosione di creatività tecnica, con una regia audace e una messa in scena che sfida le regole del genere. Una gemma cult che ridefinisce il confine tra paura e parodia. Forse non ai livelli del primo, ma poco ci manca.
Commento di: Daniela
Quando il proprietario di una piccola sartoria artigianale assume un nuovo apprendista, la moglie si mostra inizialmente ostile, intuendo l'attrazione che l'uomo prova verso il giovane... Dal Marocco, la storia pudica e sensibile di un legame coniugale che mostra tutta la propria forza nei momenti critici: le difficoltà economiche, l'aggravarsi della malattia di lei, l'impossibilità per lui di continuare a tenere nascosta alla moglie la propria omosessualità. Ritmo lento, cura dei dettagli e concentrazione sui volti dei bravi protagonisti: un film che richiede pazienza ma ripaga.
Commento di: Mr.chicago
Secondo lavoro per Carteni che, dopo la buona prova dell'esordio, si cimenta in questa commedia agrodolce intrisa di cinismo e misoginia che non sarà un capolavoro ma ha quel quid di originale che la rende almeno vedibile. Fabio Volo perfetto nel suo ruolo. In generale l'intero cast tiene bene le redini del film, senza mai perderne il controllo, portandolo con scioltezza dritti alla meta. Azzeccate le musiche, stona una fotografia troppo "spenta", anche se parrebbe una scelta, che rende il film troppo atono e piatto.
Commento di: Galbo
Per il suo film, Alfieri sceglie la strada del remake di una pellicola iberica. La vicenda parte della morte di una ricca industriale farmaceutica della quale viene sospettato il marito quando il cadavere scompare misteriosamente. Un film dalle atmosfere cupe e claustrofobiche nel quale il personaggio dell‘ispettore (interpretato dall’ottimo Battiston) gioca al gatto e al topo con il sospettato del delitto. Nonostante qualche forzatura della sceneggiatura e anche grazie al colpo di scena finale, inaspettato per chi non conosce l‘originale opera spagnola, un film ampiamente godibile.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Nel rievocare la storia dei gangster Frank Costello e Vito Genovese, amici fin dall'infanzia e ritrovatisi l'uno contro l'altro (o quasi) nella seconda parte della loro vita, l'idea è quella di farli impersonare dallo stesso attore. Non uno qualsiasi, naturalmente, ma Robert De Niro, vale a dire incontestabilmente il più grande, nel genere. Non solo: alla sceneggiatura troviamo Nicholas Pileggi, l'uomo che con Martin Scorsese scrisse addirittura QUEI BRAVI RAGAZZI e CASINÒ...Leggi tutto, ovvero due dei più amati noir di sempre. Perché allora il film non raggiunge nemmeno lontanamente le vette di quei classici? Non si può dare la colpa solo a Barry Levinson, la cui regia comunque non si segnala per virtuosismi o per particolare efficacia (e non è la prima volta, purtroppo), ma certo se c'è da cercare un responsabile...

Già la scelta di utilizzare De Niro per due figure dal carattere tanto diverso non si rivela troppo felice: nonostante il make-up diverso, a volte il rischio di confondersi esiste; un po' per il modo di recitare, in entrambi i casi facilmente riconoscibile, un po' per le espressioni e i tratti somatici che dietro le apparenze emergono prepotenti e un po', per noi italiani, pure per via del doppiaggio, con il pur bravissimo Stefano De Sando che fatica a differenziare le due voci. Ma al di là della possibile confusione, è anche una certa monotonia nel modo di recitare che nega al film la necessaria varietà.

La struttura è quella di ogni gangster movie, con i tempi che si mescolano e la rievocazione del passato che torna soprattutto attraverso la composizione di immagini tratte da fotografie in bianco e nero. Poi frequenti balzi in avanti, con Costello che racconta quanto accaduto nel periodo analizzato, immediatamente susseguente a quella che era parsa un'esecuzione in piena regola: qualcuno spara a Frank e lo centra in testa mentre sta per entrare in ascensore. Com'è possibile, ci si chiede, che sia allora lui a fare da narratore fuori campo? Siamo in zona VIALE DEL TRAMONTO? No, semplicemente il colpo per miracolo non ha leso parti vitali del cranio e Frank torna presto in sella più vivo che mai, pronto a fronteggiare colui che fu un tempo suo inseparabile amico e che - lo si scopre in pochi minuti - è il mandante del tentato omicidio.

Vito, ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, aveva dovuto riparare in Italia lasciando il campo libero a Frank: gli aveva ceduto l'intero potere consegnandogli di fatto le chiavi del racket a New York, ma una volta tornato pretende che quanto un tempo donato gli venga restituito. Frank è leale, solo spiega che non sarà un'operazione facile e che ci sarà da decidere come spartire il tutto: i tempi sono cambiati, ora l'antiproibizionismo è stato sostituito da una ben più feroce caccia al narcotraffico...

La prima parte è di assestamento, votata in gran parte alla ricostruzione della vicenda e a un attendismo non entusiasmante. E' nella seconda che per fortuna il film si riprende, delineando bene la figura di Frank Costello (il vero protagonista) e mostrandocene l'aspetto decisamente più umano e sornione, rispetto all'intransigente carattere impulsivo di Vito, uomo d'azione che non accetta le mezze misure. Il fulcro della storia, che si svilupperà meglio nella seconda parte, è ben studiato e a suo modo interessante, ma è intaccato da divagazioni superflue, flashback e flashforward che appesantiscono aggiungendo poco e disperdendo l'attenzione, mentre in ogni caso i ritmi sono bassi e pochi gli interventi davvero ficcanti (si ricorda l'eccellente break in cui Vito attacca in auto il suo tirapiedi che gli racconta come sono nati i mormoni, in cui si rivede l'eco dei tempi migliori). La tensione accumulata per un finale molto ben preparato si stempera in un poco di fatto che lascia l'amaro in bocca... Il titolo? The Alto Knights è il nome del locale che compare come punto di riferimento nelle diverse epoche.

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Un film televisivo come lo era il simile THE DAY AFTER, che però dava l'impressione di poter contare su più mezzi e un cast superiore. Gli inglesi, però, nell'ipotizzare un terrificante attacco atomico (una minaccia, soprattutto in quegli anni, ben presente), superano in ferocia e cinismo gli americani, confezionando una seconda parte realmente agghiacciante.

Scandito da didascalie che annotano i giorni (e gli anni, perché l'arco di tempo analizzato è ampio) in cui l'apocalisse...Leggi tutto procede, il film di Mick Jackson lascia montare il clima di tensione internazionale attraverso i tanti notiziari che si ascoltano, spesso sullo sfondo di scene che raccontano altro. Di tanto in tanto le news si prendono il centro dell'attenzione - così da spiegare meglio l'acuirsi della crisi tra Stati Uniti e Unione Sovietica partita da uno scontro in Medio Oriente (l'Iran come credibile focolaio primigenio) - e mostrano le diverse reazioni della popolazione alle notizie: qualcuno le prende sottogamba, altri ne capiscono da subito la grave portata.

Esiste anche una coppia che sembrerebbe guadagnarsi il ruolo di protagonista, due giovani in procinto di sposarsi dopo che lei (Meagher) ha scoperto di essere incinta, ma sono cronache effimere di un quotidiano di scarso spessore, perché il racconto procede coralmente, abbracciando l'intera di città di Sheffield, in Inghilterra, che sostituisce quindi la Kansas City di THE DAY AFTER. Assistiamo all'improvviso proliferare di manifestazioni (pro e contro la guerra), alle prime cacce di scorte alimentari che conducono verso il progressivo esaurimento della merce nei supermercati, agli avvisi del governo che cominciano a spiegare come ci si deve comportare in caso di catastrofe nucleare, all'attrezzamento dei bunker, sempre in un clima che punta a mostrare tuttavia la relativa normalità del quotidiano.

Nel frattempo le notizie dal fronte si fanno sempre più cupe, si moltiplicano le esercitazioni, si verificano i primi incidenti diplomatici e si capisce come si stia correndo a gran velocità verso il baratro. Poi il fungo atomico, improvviso, che si staglia nel cielo lasciando attoniti. E tutto cambia, come facilmente previsto da ogni studio.

Costantemente supportato da immagini di repertorio mescolate a filmati che ricostruiscono la catastrofe e i suoi effetti, il film mostra da qui la sua seconda natura, quella documentaristica, che ha il preciso scopo di atterrire, sperabilmente di dissuadere dall'utilizzo dell'arma nucleare. La forza di THREADS stra soprattutto nel modo in cui comunica il messaggio, senza arretrare di fronte a immagini scioccanti, di devastazione e silenzio, di fuoco e di cenere. Non c'è di fatto nulla di nuovo in quello che si racconta ma cambia il come; la continua mescolanza e interconnessione tra fotografie, approccio documentaristico, fiction, bianco e nero, colore, diventano un caleidoscopio di orrori che non risparmia nessuno.

Se però nella forma il valore dell'opera trova punte anche altissime, relativo è il coinvolgimento. Forse perché ormai assuefatti da sviluppi simili che portano ad analoghe, inevitabili conseguenze, attendiamo che esse si concretizzino senza grandi sorprese. A lungo andare l'imbarbarimento programmatico, illustrato anche con la dovuta glacialità, procede in modo piuttosto piatto. Nessuna precisazione sull'andamento della guerra nel mondo, poche notazioni di carattere medico: si sceglie la via di una narrazione che privilegi l'emozione senza però riuscire troppo a comunicarla.

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Ancora orrori per Jaume Balagueró, che ormai nel genere ha trovato la sua strada e i suoi estimatori; perché uno stile ce l'ha, le qualità per fare buoni film anche, però poi sembra perdersi nell'inseguire strade tortuose che s'avvolgono su se stesse dimenticando quell'empatia che permette a lavori così di coinvolgere davvero.

Ester Exposito, comunque, è davvero bella e non lo si vede solo quando si muove a danzare come cubista in discoteca. E' Lucía, che finito il turno prende dal suo armadietto un borsone e se ne sta...Leggi tutto per uscire quando viene fermata dal guardiano, che pretende di vedere cos'abbia dentro, visto che indossa gli stessi abiti di quando danzava. Dentro, infatti, c'è una gran bel quantitativo di droga in pasticche, e per impedire di esser fermata, la giovane spruzza uno spray urticante negli occhi del guardiano, il quale per tutta risposta le pianta un coltello nella coscia. Lucía riesce però a fuggire, e trova rifugia proprio a Palazzo Venus (Edificio Venus, in spagnolo), un alto condominio dove vive la sorella Rocío (Cremonte) con la figlia Alba (Fernandez), dolce bimbetta amorevole e dall'aria matura.

Tra le due sorelle non corre buon sangue, anche perché Rocío sa benissimo che Lucía non perde occasione per cacciarsi in problemi da cui poi non sa come uscire. E quando capisce che quella si porta dietro un pesante carico di pillole blu rubate... va su tutte le furie. Ma poi che vuoi farci, non può che ospitarla in casa, è pur sempre sangue del suo sangue (letteralmente) e va curata.

Da un impianto quasi da noir ci si sposta lentamente nei territori dell'orrore, perché Palazzo Venus qualcosa nasconde, al suo interno. Chi è ad esempio la misteriosa domestica alla quale Alba fa riferimento, che le regala oggetti inquietanti e che pare abitare all'ultimo piano? E gli inquilini dal fare ambiguo, secondo antiche regole polanskiane, non finiscono qui; comprendono pure un gruppo di anziane signore un po' bizzarre. Si procede quindi seguendo un doppio binario: da una parte la ricerca di Lucía da parte dei gangster "legittimi" proprietari delle pillole, che comprendono anche un giovane con cui evidentemente la ragazza aveva degli accordi relativi al furto stesso, dall'altra gli strani rumori e le impalpabili manifestazioni soprannaturali del palazzo, che sembrano attaccare l'inconscio di chi vi abita.

Balagueró non lesina sangue nella seconda parte, mentre la prima sembra più un thriller drama, con la tensione tra le due sorelle che sale fino a quando Rocío scompare lasciando Lucía sola con la nipotina e mille dubbi. Qualche buona scena sotto il profilo noir (ben caratterizzato il boss che ama i churros e deve pensare a far parlare le colleghe di Lucía per capire che fine abbia fatto), una valida direzione del cast ma anche una gestione del ritmo deficitaria, con inutili lungaggini, tocchi estetizzanti a volte un po' goffi e qualche stramberia non sempre centrata. Insomma, questo VENUS prometteva meglio, mentre nel finale tende a spegnersi chiudendosi poi in modo inaspettato con un finale molto eccentrico sui cui titoli di coda Mina canta "Nessuno".

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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