Ufficiale dell'esercito è accusato di aver fatto fuori un tale che ronzava intorno alla moglie. Lo difende un avvocato di mezza tacca che vede nel caso l'occasione della vita... Formidabile drammone di Preminger, uno dei migliori "processuali" del cinema, capace di avvincere e tenere alta l'attenzione nonostante una durata preoccupante. Merito di una regia salda e di un cast di vecchie lenze, fra le quali giganteggia George Scott. Valore aggiunto le musiche del sommo Duke Ellington! Da vedere
Bel film giudiziario. Il primo tempo è piuttosto lento e i dialoghi sono datati, ma la parte "processuale" che ricopre la seconda metà del film è tesa e appassionante. Straordinario James Stewart, ottimo Ben Gazzara, strepitoso George C. Scott. Nella media le musiche. Da vedere.
Uno dei migliori film giudiziari mai realizzati, Anatomia di un omicidio è essenzialmente un film sull'ambiguità. Attraverso un raffinato studio psicologico dei caratteri, i personaggi (molti) non si mostrano mai per quello che sono veramente. Molto buona la sceneggiatura (anche se il film è un po' troppo lungo), ottima la regia, il film si avvale di ottime interpretazioni che esaltano la storia. Belle anche le musiche.
Il VI emendamento garantisce negli USA il trial by jury, facendo del processo penale uno show teso non a rivelare la verità, ma alla vittoria sull'avversario influenzando istrionicamente i giurati. Da qui il successo mediatico del genere, benché pochi siano i lungometraggi, data la difficoltà di reggere il ritmo. Non fa eccezione questo film, che ha una marcia in più nella straordinaria recitazione di 5 tra protagonisti e comprimari (Stewart, Scott, Gazzara, Remick e Welch). Per il resto la trama è relativamente scontata, come pure il finale.
Straordinario dramma giudiziario fondato su temi complessi ed interessanti quali quello dell’ambiguità della giustizia e della verità (oltre che quello del potere manipolatorio della parola). Eccellente sotto ogni punto di vista: Preminger in grande forma, grande prova del cast (specie Stewart e Gazzara); ottimi, come sempre, i titoli di testa di Saul Bass, gustosa la colonna sonora di Duke Ellington. Da non perdere, specie per chi ama i legal-thriller di classe.
Il processo come lo vediamo nei film americani assomiglia quasi sempre ad una rappresentazione teatrale in cui due mattatori si contendono i favori di una dozzina di spettatori, dal cui giudizio dipende la sorte del comprimario-imputato. Non fa eccezione questo robusto dramma giudiziario, la cui originalità non risiede nella trama ma piuttosto in certi dettagli, considerati pruriginosi all'epoca. Se la visione è interessante, nonostante la durata, il merito è della professionità del regista e di tutto il cast, superbo in ogni comparto.
Uno studio sul sistema processuale in cui alla ricerca della verità - che rimane secondaria e per di più ambigua ed inafferrabile - si sostituisce l'efficacia persuasiva della parola e dell'artifizio retorico. I dialoghi sono ferrei, rigorosi, scattanti, corredati da realistiche e piacevoli digressioni e persino da riferimenti sessuali incredibilmente espliciti. Attori sublimi: in vetta i cavillosi Stewart e Scott, la sbarazzina e sensualissima Remick, il bonario giudice (anche nella vita reale) Welch e gli animi inquieti Gazzara e Grant.
MEMORABILE: Il cagnolino testimone. L'amo come segnalibro e Scott che ammette anticipatamente la propria sconfitta.
Tutti i film USA di questo tipo (dramma giudiziario), belli o brutti che siano mettono in evidenza la bontà del sistema giudiziario americano. In questo bel lavoro però, e non so se questo era lo scopo che si era prefisso Preminger o solo fare un film dove si dimostra che un piccolo avvocato di provincia ha la meglio su un famoso collega di città, si illustra come fare assolvere un assassino. Il titolo originale, con quel Murder, lascia pensare che l'intenzione sia stata quella di trovare una falla piuttosto grossa nel sistema. Appassionante.
MEMORABILE: L'amo per la pesca alle rane, lasciato a bella posta come segnalibro del volume dei processi, come metafora della pesca vincente.
Basterebbe il costruttivismo di Saul Bass sui titoli di testa jazzati da uno spregiudicato Duke Ellington per farci capire che stiamo per assistere ad un film monumentale: Preminger ci toglie il dubbio disegnando per ogni personaggio una sequenza d'apertura memorabile; inquadra i volti con un geometrismo che trascende i dialoghi in pura astrazione antropologica. Stewart, che ricostruisce ad arte le apparenze per montare la difesa, è raggiante. L'oltraggiosa, disinibita centralità del corpo femminile - lo stupro è qui il movente e non il crimine - parla di tempi, in fin dei conti, mai conclusi.
Film giudiziario di ampio respiro che ci porta dentro i meandri della dialettica giuridica, ben temperata dai tipici dialoghi brillanti hollywoodiani. Nonostante la lunghezza, la storia si segue bene grazie a un'ottima sceneggiatura: diciamo che la voglia di scoprire come l'avvocato (un ottimo Jim Stewart) riesca a vincere non appassiona, ma incuriosisce, perché non è il come va a finire che davvero interessa ma il come ci si arriverà. Un po' come è il jazz, non a caso colonna sonora preziosa di un film prezioso (con cameo di Duke Ellington).
Il classico film sul sistema giudiziario americano. Ottima l'interpretazione di Stewart, nel ruolo di un avvocato alle prese con un caso difficile. La pellicola è di buona fattura anche se soffre di qualche lungaggine di troppo nel girato. Ispiratore di molti film, tipo Doppio taglio e all'avanguardia per l'uso di vocaboli "non consoni" per l'epoca.
Nonostante la lunga durata e la monotonia della location (più della metà del film è ambientato in un'aula giudiziaria), trattasi di un legal drama riuscitissimo che incolla lo spettatore fino al verdetto finale. Bravissimo James Stewart, poco influente Gazzara. Per gli amanti del genere è un must.
Reo confesso di omicidio viene difeso da un ex pubblico ministero sulla base di un cavillo psichiatrico. La verità non conta, rimane sullo sfondo insieme al pubblico in aula e agli spettatori. E' un balletto perfettamente coreografato di schermaglie verbali e trucchi procedurali. I pezzi del puzzle non si incastrano, se non nei titoli di coda, nei quali si compone, finalmente, un inconfondibile sagoma di cadavere da scena del crimine. Grande colonna sonora (e cameo) di Duke Ellington. Concettualmente affascinante, freddo e formale, affilato e impietoso.
Anatomia di un processo, e non manca un pezzo: l'avvocato disilluso smanioso di rivalsa, l'imputato che sembra condannato in partenza, il cavillo psichiatrico, il giudice sornione, i contro-interrogatori, i testimoni a sorpresa, un'innominabile "prova regina" inspiegabilmente scomparsa che, sempre inspiegabilmente, ricompare. Ma c'è anche il jazz di Ellington, Stewart vibrante, Gazzarra enigmatico, la Remick ubriaca, spettinata e (forse) solita circolare senza mutandine! "C'è poesia nel sistema giudiziario", e anche nel più tecnico dei drammi giudiziari!
MEMORABILE: L'ironica segretaria di Stewart. La misteriosa Mary, figlia segreta della vittima. "Mai fidarsi di un bevitore di gin...".
Non siamo ai livelli di Testimone d'accusa di Billy Wilder, ma comunque è un film coinvolgente e ben fatto. La lunga durata però non gioca a suo favore. James Stewart come sempre ottimo (anche ben doppiato). Finale al limite del sorprendente.
Ottimo film giudiziario, che si avvale della certezza James Stewart, come sempre bravo e ironico, accompagnato dal rivale, almeno nel film, George C. Scott, anche lui decisamente sul pezzo. Se da un lato le due ore e mezza possono scorrere in maniera leggermente monotona per quanto riguarda la regia, dall'altro la sceneggiatura rasenta la perfezione, con dialoghi strutturati in maniera ottimale, fra messaggi tra le righe e duelli verbali sempre costanti. Grande musica di Duke Ellington, bellissimi i titoli di testa.
Certamente deve essere stato un grande film: lo si intuisce dai suoi sottotesti culturali (la musica jazz di cui l'eccentrico avvocato James Stewart è cultore al punto di duettare al piano con Duke Ellington, la vita dell'America di provincia che abitava nelle roulotte, l'ingresso scabroso della materia sessuale come oggetto di freddo dibattimento in un'aula di tribunale); tuttavia ad oggi la forza della pellicola appare molto ridimensionata. Resta godibile grazie alla qualità di interpretazioni e dialoghi, ma oggettivamente freddo e prolisso.
MEMORABILE: Ben Gazzara chiede a James Stewart: "Come possono i giurati non tenere conto di quello che hanno sentito?" -risposta: "Infatti non possono!"
Robusto judicial-thriller, racconta di un omicidio consumato per gelosia, incentrandosi soprattutto sullo sviluppo e il confronto fra difesa e accusa dell'incriminato. Dietro la storia c'è un approfondimento psicologico dei personaggi ragguardevole, sostenuto da attori di navigata esperienza (primo fra tutti la stella hitchcockiana James Stewart).
Stupefacente dramma giudiziario colmo d’implicazioni antropologiche in cui il tribunale si fa limbo, mezzo per arrivare a una verità comunque sfuggente, vicina e distante assieme, sibillina. Quindi non tanto un’opera sul senso di giustizia, ma piuttosto una profonda analisi sulla parola e il suo incredibile utilizzo; scontri verbali al fulmicotone dove le battaglie dialettali e psicologiche sono fulgidamente descritte dentro quel luogo in cui hanno più potere in assoluto: l’aula di un tribunale. Attori stellari, giganteggiano Stewart e Scott.
MEMORABILE: Lee “occhi da cerbiatta” Remick a Stewart: “Vuole entrare un po’? Può entrare se vuole”; Tutti gli scontri verbali in tribunale.
Indiscutibilmente un ottimo film, ma chi non ama i drammi giudiziari potrebbe trovarlo noioso perché nonostante la buona regia di Preminger e l'ottima sceneggiatura, una tale lunghezza non può non dar vita a una certa monotonia. Al di là della dicotomia tra giustizia e verità processuale, colpisce il coraggio nell'inserire argomenti, per l'epoca, sicuramente scabrosi. Cast stellare: se Gazzara risulta defilato e poco simpatico, Stewart giganteggia, Scott lo fronteggia con bravura, la Remick è una perfetta moglie radiosa e frivola.
MEMORABILE: Tutta la parte processuale; La diatriba sulle mutandine; L'espressione di Scott di fronte alla rivelazione fatale; Il finale.
In questo caso, per me, 2+2 fa quattro. E' come se, nonostante l'eccellenza dell'idea di base, la cura della realizzazione, la "capziosa" coerenza del dibattimento, le eccellenti interpretazioni, la sublime musica del Duca e nec plus ultra i titoli di Bass, alla fine si torni a casa con la sensazione di non essere sazi. Bel film ma lungo e stranamente troppo piano durante il dibattimento, forse troppo inappuntabile e meno entusiasmante di quanto avrebbe dovuto essere. Welch nella vita era davvero un giudice.
Preminger è un genio perché dirige questo perfetto "legal drama" girato con una precisione raramente eguagliata: non presenta una sequenza superflua e quindi si dimostra essenziale nei suoi 160 minuti; è esempio impeccabile della fusione fra il coinvolgimento logico e la spettacolarità di colpi di scena legati al processo; è madre di una suspense costante che porta lo spettatore a farsi scoppiare la vescica piuttosto che mettere in pausa. Infine, i dialoghi eccellenti ben si adattano a personaggi esemplari interpretati da un cast eccezionale.
MEMORABILE: Un James Stewart magistrale e straordinario in ogni sua espressione.
Gran bel dramma processuale, piuttosto lungo e verboso ma affatto noioso, grazie a un'attenta regia di Preminger e a dialoghi molto vivaci, fatti di botta e risposta repentini senza inutili pause. La fotografia in bianco e nero è splendida e la prova del cast davvero maiuscola (in particolare Stewart e Scott offrono performance davvero sontuose). Buona la colonna sonora jazz di Ellington (che appare, anche) e interessante il finale piuttosto amaro. Da vedere.
Film che trattano argomenti giudiziari, in particolare, quando il fulcro della storia è la causa nella quale un imputato deve essere giudicato, difficilmente sono digeribili dal grande pubblico. Ma questo "Anatomy of a murder", tratto dall'omonimo romanzo, riesce a essere un'eccezione, grazie a una solida regia e all'impegno degli attori, Stewart su tutti. Buono.
Solido, anche prezioso, dramma giudiziario; condotto dal mago Preminger con audacia e sensibilità geometrica, calibrando le forze emotive e lasciando emergere con millimetrica precisione i caratteri, le ambiguità, le sfumature morbose, i dettagli dei moti interiori nell'ingranaggio oliatissimo della vicenda. Pregevole l'interpretazione di James Stewart, domina con classe un personaggio ostico; Ben Gazzara di misurata espressività; Lee Remick ha il fisico del ruolo. La musica di Duke Ellington è la ciliegina sulla torta.
Classicone del genere giudiziario che riesce a bilanciare egregiamente dramma e ironia (spesso anche cattiva). Molto audace, soprattutto considerata l'epoca in cui fu distribuito, con abbondanza di riferimenti al sesso e terminologie specifiche a esso legate. Indimenticabile carrellata di personaggi affidati ad altrettanti ottimi volti, con Stewart e Scott in bell'evidenza. Certo, la durata e la verbosità possono mettere alla prova la costanza dell'interesse del pubblico, anche perché i colpi di scena non sono molti. Film comunque da vedere.
MEMORABILE: Una sfrontata e conturbante Lee Remick provoca Jim Stewart nel suo studio; Il finale beffardo.
Dramma processuale piuttosto prolisso ma efficace nella sua rappresentazione del sistema giudiziario americano come un gioco tattico-verbale in cui la verità resta un concetto piuttosto ambiguo. Un lungo film dominato dalla parola ma ravvivato da un ottimo James Stewart, avvocato atipico più appassionato di pesca e jazz che di sbarcare il lunario: un personaggio così lontano dai rampanti difensori dei moderni legal-thriller... Gran bianco-nero e bella colonna sonora Jazz di Duke Ellington. Riconoscibile il tocco di Saul Bass nei titoli di testa.
MEMORABILE: La discussione sulla biancheria intima della Remick; Stewart al piano con Duke Ellington; “Cionondimeno”; Il cagnolino ghiotto di birra.
Interessante pellicola di Otto Preminger girata per la maggiore nelle aule di un tribunale ove un militare viene processato per l'omicidio di chi ha violentato la di lui moglie. Il film è piuttosto lento e denso di dialoghi, ma ne esce completamente promosso grazie a una prova superba del cast (in particolare James Stewart nelle vesti dell'avvocato). Si noti poi la potenza della ricostruzione dell'accaduto, con utilizzo di termini a sfondo sessuale molto forti per l'epoca. Buon film.
Classico del thriller legale statunitense, sulla scia dei capolavori La parola ai giurati e Testimone d'accusa. Ma questo non è un dramma sulla fragilità umana dei giurati, non un giallo raffinato sulla sottile differenza tra realtà e menzogna: "semplicemente" una spassionata e scanzonata apologia del ruolo dell'avvocato difensore. Anche qui il confine tra giusto e sbagliato, tra colpevole e innocente è appeso a un filo (e spesse volte si cade dal filo), come traspare dalle ottime interpretazioni di tutti. Ma Preminger ci dipinge un memorabile Stewart che prende tutto con filosofia.
MEMORABILE: Gli scambi dialettici in tribunale tra Stewart e Scott, che fanno volare le 2 ore e 40.
Brillante legal thriller firmato da una delle personalità più autorevoli del cinema classico americano. Il film però, fin dai bizzarri titoli di testa, appare tutt'altro che classico. Infatti l'intento della produzione era quello di scardinare alcuni stereotipi del genere ragionando sul tema della manipolazione della realtà e introducendo termini ed elementi "scandalosi". Ad elevare il livello della pellicola, oltre a un cast di prim'ordine c'è una regia che garantisce un buon ritmo e allo stesso tempo dona la giusta importanza ai dialoghi.
Avviluppa dolce e irresistibile con la freschezza di un imperituro classico. Esemplare dramma giudiziario in cui Preminger inquadra con disinvolta geometria volti, pensieri, finzioni, affabulazione. La stessa componente "oscena", risibile ne La vergine sotto il tetto, qui emerge invece ancora potentissima grazie al dinamismo dei protagonisti, chiamati a cesellare personaggi altrimenti clamorosamente rischiosi. Stewart brilla d'umanità, la coppia Gazzara/Remick è un concentrato incendiario, ma Otto sa prendere minuti per caratterizzare ogni comprimario. In piedi: entra il Cinema!
MEMORABILE: Il rapporto tra Stewart e la sua segretaria Ewe Arden; L'occhio pesto della Remick; L'interrogatorio di Scott alla Grant; L'orologio del giudice.
Tenente è imputato per omicidio per aver difeso la moglie. Film giudiziario che nella prima parte analizza le basi psicologiche dei personaggi e nel dibattimento la verità dei tribunali. La sceneggiatura tiene alto il ritmo negli interrogatori, anche se alcuni battibecchi o interventi delle parti in causa sono inseriti a scopo melodrammatico. Stewart regge bene il ruolo del difensore senza tante armi e alleggerisce i toni quando può. La scelta registica è di evitare di mostrare il flashback del fattaccio parlando invece esplicitamente di indumenti intimi o di morbosità maschili.
MEMORABILE: La domanda se la Remick usasse o meno le mutandine; La relazione medica; La sentenza in aiuto.
Il film di Preminger non è solo uno degli esempi più impegnativi di thriller giudiziario. È anche un’esperienza cinematografica a 360 gradi. E, come ogni avvenimento, riesce a dare forma concreta alle parole, ai fatti e a far emergere - attraverso i volti smaniosi di tutti i personaggi- concetti di stratificazione morale e sociale ancora oggi roventi e incredibilmente attuali. Fiammeggiante Stewart, audace la Remick.
Magistrale rappresentazione del sistema giudiziario statunitense, con un evidente impianto teatrale ma non per questo privo di vette cinematografiche assolute, come la splendida fotografia noir e un montaggio talmente serrato da far volare due ore e mezza. James Stewart avvocato magnifico, ma superbo anche Scott (l'accusa). Uno dei migliori legal thriller mai girati, grazie anche a un finale affatto scontato. Un classico immancabile per ogni cinefilo.
MEMORABILE: Il cane in aula che accende la torcia; L'infinita pazienza del giudice.
Imponente pellicola di stampo giudiziario che si distingue nell’immediato per lo spessore della sceneggiatura e la buona mano del regista nel trasporla su schermo. La durata rappresenta un fattore da tenere in considerazione e potrebbe rappresentare un limite, attenuato appena dalla meticolosità e dall’attenzione ai dettagli con cui è rappresentata l’intera fase processuale. Sorprendono, in particolare, alcune sfumature dialettali, abbastanza audaci per l’epoca che aggiungono colore a un soggetto che non le manda a dire. Merita di essere menzionata la colonna sonora di Ellington.
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Rebis ebbe a dire: @ Cotola: le meravigliose musiche del film sono di Duke Ellington e non di Quincy Jones ;)
PS: grazie Stefania per avermi fatto scoprire questo gioellino! Ma prego, Rebis! A averlo saputo che era un così bel gioiellino, lo tenevo io, e a te davo "Quando le donne si chiamavano madonne", che mi sono sorbita oggi pomeriggio :)))
Stefania ebbe a dire: Rebis ebbe a dire: @ Cotola: le meravigliose musiche del film sono di Duke Ellington e non di Quincy Jones ;)
PS: grazie Stefania per avermi fatto scoprire questo gioellino! Ma prego, Rebis! A averlo saputo che era un così bel gioiellino, lo tenevo io, e a te davo "Quando le donne si chiamavano madonne", che mi sono sorbita oggi pomeriggio :)))
beh, in compenso ora tu hai due poltrone da far invidia al vicinato!
Rebis ebbe a dire: Stefania ebbe a dire: Rebis ebbe a dire: @ Cotola: le meravigliose musiche del film sono di Duke Ellington e non di Quincy Jones ;)
PS: grazie Stefania per avermi fatto scoprire questo gioellino! Ma prego, Rebis! A averlo saputo che era un così bel gioiellino, lo tenevo io, e a te davo "Quando le donne si chiamavano madonne", che mi sono sorbita oggi pomeriggio :)))
beh, in compenso ora tu hai due poltrone da far invidia al vicinato!
:D
... ma come siamo mistèrici... Veramente, non vedo l'ora di leggere il tuo bellissimo commento a questo bel film, sono contenta che ti sia piaciuto! Per le poltrone... beh, sì: l'uomo con la pelliccia di volpe della Patagonia è una miniera di tentazioni irresistibili ;)
DiscussioneGugly • 5/12/10 20:51 Archivista in seconda - 4713 interventi
Non ho capito nulla ma sono contenta pure io per voi!
Gugly ebbe a dire: Non ho capito nulla ma sono contenta pure io per voi!
...già! Urge correre ai ripari: o guardiamo anche noi il film oppure cerchiamo in internet un negozio di arredamento in Patagonia dove comprare qualche poltrona. La prima mi sembra più facile...
già già :D credo che per voi sia molto più semplice procurarvi il dvd in libreria... e accontentarvi delle comode poltrone di casa vostra. Quanto alla volpe della Patagonia, ormai è estinta. Vedeste però che pelliccia... :DDD
HomevideoRocchiola • 9/01/20 08:46 Call center Davinotti - 1278 interventi
HomevideoRocchiola • 27/01/20 08:04 Call center Davinotti - 1278 interventi
Visionato il suddetto bluray spagnolo della Sony-Columbia. Il video panoramico 1.85 è stato ripulito a dovere da spuntinature, macchie e graffi. Permane una certa granulosità di fondo che mi pare naturale per un bianco-nero d'epoca molto contrastato e brillante. La definizione è ottimale è permette di catturare molteplici dettagli di fondo superando sicuramente il buon DVD da tempo in commercio. L'audio italiano 2.0 non è mediamente potente e decisamente chiaro. I sottotitoli opzionabili sono escludibili in tutte le lingue. Assolutamente consigliato !!!!