Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
La materia trattata, la storia, i riferimenti, tutto era molto interessante e curioso. Lo svolgimento, al contrario, banale, didascalico, sciatto. Vero è che condensare ed esplicitare le teorie di Dan Brown (bislacche, seppure basate su circostanze reali) in un film era ben più arduo che non in un libro, ma il buon Richie Cunningham dimostra qui di non averne la stoffa. Male pure gli attori, nonostante i nomi di spessore, poco convinti. Quasi nulla da salvare, nel complesso. Da evitare: due ore e venti possono essere utilizzate molto meglio altrove.
I fratelli Cairnes danno vita a un film estremamente originale, passibile di varie interpretazioni. Il presentatore di un programma notturno ha come principale obiettivo quello di aumentare a tutti i costi gli indici d'ascolto, anche facendo patti col diavolo. Il film, tutt'altro che banale, si basa soprattutto sul non fare mai percepire allo spettatore quello che può accadere. È tutto un crescendo di situazioni sovrannaturali, che il protagonista accetta di buon grado, perché il suo programma potrebbe avere un successo clamoroso fino ad arrivare alle conseguenze più estreme.
Ampio respiro per le location, in quanto si va spesso in giro per strutturare una vicenda a volte un po’ caotica e sviluppata senza avere il “piede pesante”. Fabio Testi è l'attore giusto per rappresentare l’avventuriero bello e sempre a “caccia”, ma che finirà catturato dai sentimenti. Discrete le scene d’azione, realizzate con concretezza, adeguati mezzi e a volte realistiche. I problemi sono, soprassedendo sul ritmo lento, la mancanza di grinta e di spinta complessiva per far decollare il film, forse più “noir” che "action". Ma l’amante del genere non rimarrà deluso.
Commedia che si ambienta nel ristretto spazio della produzione teatrale, rinunciando a un respiro più ampio, ma che ugualmente riesce ad acquisire un certo stile giostrando bene i personaggi. Castellitto istrionico fa quasi da chioccia, alcune caratterizzazioni (Lombardi, Cucciari) funzionano e la Fogliati si espime bene anche se il suo personaggio si ritrova destinato a smorfie e situazioni poco credibili. Dialoghi a corrente alternata, buone le note musicali.
E se Lanthimos e Anderson si risvegliassero con distopico doposbronza a casa Polanski reinventando il Cluedo e imponendo il gessato a Beniof/Weiss in un Succession ecologista? Lady Cronenberg celebra il sogno antinatalista 90‘s della Church of Euthanasy ("salva il pianeta, ucciditi“) in un Knives out ipotermico. Lungi dalla sovrastrutturazione (occorre dribblare i coni d’ombra paterni e fraterni) è più interessata alla trappola Ikea per miliardari in crisi esistenziale e zoppica come se avesse perso un tacco. Il necroburocrate Colantoni risolleva malesorti, sbranandosi film e platea.
Film che traccia con rozza efficacia i canoni del filone "rape & revenge", per quanto limitato da evidenti cadute di tono e di logica. Craven mostra comunque una certa abilità nel dosare la tensione e la violenza (lasciandone all'immaginazione gli esiti più cruenti) e uno sguardo sardonico e pessimista sulla società e sulla morale che non risparmia nessuno. David Hess destabilizza sia come interprete (per affabilità e ironia combinate con una nauseante brutalità) che come compositore (per una colonna sonora basata su serene ballate folk).
Giallo di poche pretese, ha almeno il merito di evitarci la solitamente immancabile scena che nell'incipit - senza aggiungere nulla - ci catapulta in avanti per poi tornare indietro. Più lineare nello svolgimento, la storia comincia in famiglia, con Helen Parker (Holden), architetto piuttosto in gamba, che sta preparando una cenetta per festeggiare un premio conferito a suo figlio Taylor (James), sedicenne ottimo scolaro fissato coi videogiochi e tendenzialmente asociale. Insieme a loro l'altra figlia Gia (Christie) e Judy (Isack), una vicina di casa amica di Helen, insieme al proprio...Leggi tutto figlio Miles (Williams). Mancano i padri, presenze di norma assenti o marginali in questo tipo di film, ma il gruppo è affiatato e tutto sembra andare per il meglio. Anzi, Taylor pare abbia finalmente conosciuto una ragazza, anche se solo via chat, con cui scambia dolci messaggini. Parlano della festa per i sedici anni di Sophia (Rowe), a cui andranno tutti (madri escluse), senza sapere che quella sarà una serata maledetta: Sophia, infatti, verrà trovata qualche ora dopo cadavere in un parco e Taylor incriminato del delitto.
Quando la polizia bussa alla porta per arrestare suo figlio, Helen trasecola: sa che Taylor non può essere il vero omicida, ma spunta la registrazione da una telecamera della zona che mostra proprio Taylor uscire quella notte di casa e tornare poco dopo. Lui nega recisamente di aver ucciso Sophia e sua madre gli crede, mentre intanto compare in scena un collega (Cermak) di quest'ultima, che con lei si dimostra gentile e servizievole. Un tipo piuttosto ambiguo però: è in buona fede o nasconde qualcosa?
Ci sarà ancora tempo per aggrovigliare ulteriormente una matassa assai intricata, studiata con una certa abilità soprattutto con il chiaro intento di celare la soluzione. Ciò non toglie che una regia (di Soran Mardookhi) troppo fiacca non riesca mai a far decollare il film. Un po' per i personaggi inconsistenti interpretati senza grande convinzione (fa eccezione Gina Holden, professionale e non a caso scelta per il ruolo centrale), un po' per le debolissime scene in famiglia che li vedono interagire in modo piuttosto artificioso, è proprio difficile appassionarsi alla storia. Che invece, nella seconda parte, qualche buona sorpresa la riserverebbe, spiazzando (relativamente) e riuscendo a incuriosire.
Bandita ogni traccia di azione, è assente del tutto pure la suspense, al punto che indicare come thriller il genere questa volta riesce piuttosto difficile. Tutto scorre piatto senza che CATFISH MURDER (il titolo fa riferimento alle false identità che si creano online ed è buffo che il tema sia molto meno centrale di quanto possa si possa immaginare all'inizio) riesca ad emergere rispetto alla bassa media di questo tipo di film. Si apprezza la volontà di rimanere nei ranghi senza voler strafare, offrendo nel contempo una confezione decente, ma soprattutto i giovani - peraltro tutti apparentemente molto più adulti dell'età dichiarata nella finzione - non riescono a far presa, rendendo il tutto più anonimo e inconsistente di quanto meriterebbe...
Torna alla regia il toscano Andrea Muzzi, attore in un buon numero di film tipicamente legati alla sua regione. Una commedia che lo vede come protagonista nei panni del solito bamboccione perditempo (vive col padre, Marco Messeri) che si suppone abbia grandi idee ma non i mezzi per realizzarle. Lo vediamo infatti fin da piccolo armeggiare con un razzo al quale ha agganciato una gabbia con un gatto, convinto di poter spedire la povera bestiola sulla Luna. Lo assiste l'inseparabile amico Fulvio, poco convinto di un'operazione spazio che finirà infatti col micio schiantato al piano...Leggi tutto di sotto del palazzo.
Cresciuto, Sergio non ha perso l'iniziativa, ma i soldi proprio non arrivano e vive alle spalle del padre (la madre è morta). Ogni tanto vede il figlio avuto da Clara (Cecchi), da cui si è separato, e l'ha convinto (dal momento che il ragazzino gioca a calcio in porta) di aver conosciuto e di frequentare ancora il grande Dino Zoff. Ma intanto c'è da sbarcare il lunario. Mentre Fulvio (Galligani) qualche soldo lo tira su con piccoli lavori da meccanico, lui cerca ancora la grande idea che mai riesce a concretizzare. Finché, sfruttando lì a Chiusi (Siena) un piccolo spazio malandato di cui è proprietario, si mette in testa di aprire con Fulvio un'agenzia che aiuti il prossimo a ritrovare il sorriso e che chiamano “Felici e contenti”.
Inaspettatamente i clienti arrivano: chi perché ha un nuovo telefonino spettacolare ma nessuno che lo chiami (Handel), chi perché si sente grassa (Morozzi) e non sopporta di vedere la collega di lavoro “secca e allampanata” ammirata da tutti... Sergio e Fulvio hanno una soluzione per tutti. Magari alla buona, a volte scarsamente funzionante (come quando vengono assunti per comunicare a un padre di famiglia che il loro figlio è gay) ma che un po' di soldi comincia a fruttare. Tanto che il nuovo compagno (Bruschetta) di Clara, un macellaio abituato a considerare l'ex di lei un fallito e da questo rinfrancato, inizia a innervosirsi. La trama non dice molto di più, aggiungendovi l'amicizia (interessata) del padre (Messeri) di Sergio con la bella vicina di casa (Poggi).
Il cast conta molti volti noti (c'è anche un cameo – in ospedale - del veterano Sergio Forconi) e qualche personaggio spassoso, come l'autistico ragazzone del bar (Mancini) che sciorina dati inutili in sequenza. Si seguono le vicissitudini dei clienti dell'agenzia (Daniela Morozzi è la migliore, davvero brava), la vita rassegnata di Sergio e nel complesso non ci si annoia, il che è indice di una regia comunque discreta (con Muzzi, dietro la macchina da presa, c'è Riccardo Paoletti). Hendel, che viene appositamente chiamato su richiesta al cellulare dal protagonista nei momenti meno indicati (un po' come il Raniero di Verdone), si vede poco ma è piuttosto divertente, Bruschetta e Messeri garantiscono una recitazione di livello, la Poggi è ancora splendida e luminosa e c'è pure Dino Zoff nei panni di se stesso che compare nell'ultima scena per dare qualche amorevole consiglio al figlio di Sergio.
La sceneggiatura (alla quale ha collaborato anche Ugo Chiti) non offre chissà quali dialoghi ed è chiaro come si punti soprattutto sulla simpatia e l'affiatamento del cast, quindi sul consueto clima amichevole e brillante comune alle tante produzioni toscane low budget. Una commedia con qualche buon momento, moderatamente divertente, nel complesso superiore a tanti prodotti analoghi ma ancora carente nella messa in scena e poco strutturata.
Nella corsa a ficcare gli squali in qualsiasi zero budget movie che possa anche solo sfruttarne il nome nel titolo e nel disegno della locandina, si iscrive abusivamente anche questo SHARK GIRL, che lambisce il tema per trasformare in squalo (“bianco”, non si sa in virtù di cosa) un'avvenente biondona influencer, Heidi (Johnston). “Trasformare” poi è una parola grossa: ci si limita a piazzarle in bocca una dentatura simile a quelle draculesche utilizzate a Carnevale per farle poi fare esattamente quello che Dracula (e nessuno squalo) fa.
Dopo un'introduzione...Leggi tutto caotica in cui si capisce solo che dev'essere esploso qualcosa in qualche centrale sul mare, vediamo Heidi posare in spiaggia per il suo fidanzato fotografo (Bertroche), intenzionata a moltiplicare i suoi follower. E' lui a spingerla a tuffarsi dove nessuno fa il bagno causa inquinamento delle acque. Lei, pur riluttante, lo fa e... scompare, mentre il fidanzato alza le spalle e non vedendola più se ne va pensando ok, l'aspetterò a casa. La sera stessa, a Venice Beach (California), una coppia di innamorati viene sbranata sulla sabbia proprio da Heidi, che sfoggia la suddetta dentatura draculesca (senza canini, ma cambia poco) e attacca al collo le sue vittime. Tornata dal fotografo, poserà per lui insieme a un'altra influencer (Hogan) chiamata dallo stesso prima di divorarsi entrambi senza che nessuno si chieda che fine abbiano fatto. Sienna (Ameerah), l'amica del cuore di Heidi, ignara di tutto, è solo contenta che lei sia tornata single e progetta grandi vacanze, ma quella pensa solo a mangiarsi chi le capita a tiro.
Di squali nemmeno l'ombra, e la cosa non cambierà fino alla fine: presenze nominali richiamate esclusivamente dalla supposta natura di Heidi e dalla sua dentatura. Si parla insomma di una semplice ragazza da curare, alla quale penserà un professore (Guest) di Sienna ormai in pensione, ormai datosi all'alcol ma che conserva un siero creato – ma guarda un po' – proprio per far rientrare gli istinti omicidi di chi si è trasformato in squalo bianco (evidentemente fatto piuttosto comune, in zona). Ora basterà rintracciare Heidi e spararglielo in vena come da istruzioni, cosa tuttavia non semplice.
Cercando vanamente di dare spessore alla protagonista, i due registi (e sceneggiatori) provano a farle venire qualche scrupolo quando sulle prime vorrebbe mordere a sorpresa la povera Sierra “demordendo” subito dopo, ma sono spunti davvero miseri. I personaggi sono sbozzati male, in modo quasi primitivo come nei peggiori shark-movie, e la confezione (al di là di una fotografia quasi accettabile, rispetto alla media) è classicamente povera, da produzione ultra-indipendente che non ha nemmeno voglia di abbozzare una trama che vada al di là del contagio vampiro-zombesco tirato avanti da un unico portatore.
Effetti speciali che si riducono a un po' di sangue al momento del morso. L'unico personaggio di vaga importanza, al di là delle due ragazze (quella buona e quella cattiva), è un sedicente giornalista youtubbaro che affianca Sienna in tutta l'avventura, convinto di fare lo scoop della vita. Qua e là riempitivi di prolungate danze a ritmo di musica moderna e un po' di ragazze in bikini. Il finale si apre con chiarezza a un temibile sequel. Associabile al filone animali assassini solo se si vuol considerare Heidi uno squalo bianco come ci viene detto nel film...
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA