Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Tutto considerato la migliore tra le tante serie della Time Bokan. Un po' per lo spunto leggermente differente (buoni e cattivi sono "colleghi"), un po' per la presenza di Gekigaski che mischia le carte, un po' per la trama orizzontale decisamente più articolata, un po' per il colpo di scena finale. La struttura delle puntate è sempre la stessa (messaggio, sabotaggio, scontro, allenamento) ma fantasia e demenzialità sono sempre ad alto livello. Finale amaro (anche se...) e con un sottotesto abbastanza profondo, difficile da dimenticare.
Cristina, dopo aver lasciato la famiglia, decide di fare la escort in ambienti altolocati, quando improvvisamente i suoi clienti iniziano a essere assassinati uno dopo l'altro. Il film non lascia ben sperare già dai deliranti titoli di testa, che richiamano le peggiori telenovele sudamericane, e purtroppo il comparto tecnico ed estetico si conferma agli stessi livelli per tutta la durata della pellicola. Le grazie di Paola Senatore danno allo spettatore gli unici sussulti necessari a portare a termine la visione; curioso il fatto che le vittime qui siano tutti uomini.
Prospettiva allarmante: nel futuro neppure i morti possono riposare in pace; meglio tramutarli in efficaci macchine per uccidere prive di stipendio e nutrite con brodaglia. I ricordi della "cavia" però riaffiorano... Già soltanto per questo si capisce d'essere di fronte a un signor film, che pone un messaggio morale prima dell'azione fine a sé stessa (la quale comunque non mancherà, supportata da un tasso di violenza alto e sorprendentemente esplicito). Bella colonna sonora, effetti speciali ben realizzati, recitazione complessiva buona (lo sboccato Smith è il migliore). Notevole.
Insulso low budget film/videogame che è tutto un susseguirsi di sparatutto contro gli zombi più poveri e tristi che si possano immaginare (oltretutto stesi con effetti digitali cheap) e dialoghi soporiferi. Tredici mesi dopo l'apocalisse, si combatte per questa base militare a El Paso che non si sa a cosa serva. Tanto che prima due caccia e poi uno stealth bombardano l'area con penosi effetti digitali. Fotografia decente che sfrutta le luci naturali (il film è girato all'alba o al tramonto). Paragonato a questo, il "nostro" Zombie massacre è un blockbuster!
Hollywood quando si poteva fumare e schiaffeggiare le donne - oltre a servire razzismo islamo-fobico a palate - non ci manca per niente. Manca quella precisione nell'imbastire sparatorie e inseguimenti, per eccesso certo, ma senza un frame di troppo. Il possente e auto-ironico "Schwartzy" era meno rigido nei panni del robot e la Curtis più sexy altrove. A cavallo tra farsa (leggi barzelletta) e parodia, strappa ancora qualche sorriso grazie alla generosità di Cameron, gran affabulatore. Servivano fondi per Titanic insomma.
Nonostante la briosa marcetta iniziale e la presenza di Totò, il film non è poi così comico come ci si aspetterebbe. Narra infatti l'amara presa di coscienza di un generale a riposo, costretto ad abbandonare le rigide abitudini militari per adattarsi all'aleatorio mondo civile. Totò non delude affatto in questa veste anomala, anzi, può sfruttare a suo favore l'innata nobiltà nei gesti, risultando molto più interessante rispetto ad altre opere più amene ma di scarso valore. Un film intelligente che descrive la difficoltà del restare agganciati alla vita accettando i cambiamenti.
Ormai, soprattutto negli slasher, sequel e remake tendono a sovrapporsi: certo, questo SO COSA HAI FATTO cita apertamente il film del 1997 fino a richiamarne i due sopravvissuti e la "star" Sarah Michel Gellar per un cameo “onirico”, ma di fatto ne è nel contempo un chiaro remake, dal momento che la situazione che viene a crearsi è identica a quella di allora e il meccanismo pure.
Siamo da principio alla festa di fidanzamento di Danica (Cline) e Teddy (Withers), alla quale è stata invitata...Leggi tutto la migliore amica di lei, Ava (Wonders), e pure il ragazzo col quale quest'ultima stava ai tempi del liceo, Milo (Hauer-King). Da allora è passato qualche anno, ma ancora i ricordi sono vividi, tanto che quando alla festa i protagonisti incrociano Stevie (Pidgeon), una loro ex compagna con la quale poco avevano legato, la invitano a festeggiare insieme il 4 luglio andando sulla strada lungo il mare a godersi i fuochi artificiali. Poi una “canna” di troppo e Teddy comincia a fare lo scemo, a mettersi in mezzo alla strada, a “sfidare” gli automobilisti che passano fino a quando uno di loro, per schivarlo, perde il controllo e finisce giù dal precipizio, sugli scogli. Andare fino a laggiù a vedere che fine abbia fatto è impossibile, ma almeno si chiama la Polizia, che infatti arriva e può solo constatare il disastro.
I cinque si guardano bene dall'ammettere qualsiasi tipo di responsabilità e si ritrovano insieme un anno dopo al matrimonio di Danica, che nel frattempo ha cambiato partner. Tra i regali scartati ce ne è uno inquietante: un bigliettino anonimo sul quale sta scritto ciò che tutti immaginiamo: "I know what you did last summer" ("So cosa hai fatto l'estate scorsa"). I sospetti corrono subito a Teddy, non presente alla festa e che tutti pensano abbia il dente avvelenato per essere stato lasciato. Ma è davvero tutto così semplice? Ovviamente no, e intanto fa capolino un killer che veste come quello del 1997: impermeabile da pescatore, cappellaccio largo e in mano un uncino con cui sventrare le sue vittime. La mattanza prende ufficialmente l'avvio, costringendo il gruppo di ragazzi a contattare Julie James (Love Hewitt), che da un assassino vestito allo stesso modo si era al tempo salvata. E non molto bisogna aspettare perché ricompaia pure Ray Bronson (Prinze jr.), l'altro sopravvissuto. Poco tuttavia i due possono fare per impedire il nuovo massacro...
Formula immutata con la regista Jennifer Kaytin Robinson, anche coautrice dello script con Sam Lansky e Leah McKendrick, che replica senza gran fantasia soprattutto negli omicidi, tutti tendenzialmente identici e mancanti del necessario tasso di splatter. E se si elimina il gusto di veder sprizzare un po' di sangue, in uno slasher, cosa resta? Giusto il colpo di scena in stile whodunit, che occupa l'ultima parte dando una parvenza da thriller classico - che non dispiace - al film. Con una recitazione accettabile dell'intero cast i danni sono limitati, ma certo le situazioni in cui i nostri vengono a trovarsi sanno decisamente troppo di già visto, con l'inserimento dell'immancabile influencer estroversa e invadente esaltata all'idea di riprendere per il suo blog i veri luoghi a Southport dove si era verificato il precedente massacro.
Le dinamiche tra i personaggi funzionano a fatica, i depistaggi sono puerili e pure il killer sembra più goffo del previsto. Qualche discreta sequenza non manca, l'interazione tra passato e presente è elementare ma mantenuta con coerenza, mentre la Gellar “ammazzavampiri” si fa rivedere solo in un incubo di Danica per un paio di minuti, il tempo di sanguinare un po' in faccia. In definitiva un'operazione superflua e mai intrigante, con un paio di jumpscare telefonati e la stanca riproposizione di un canovaccio ampiamente anticipabile anche da chi non avesse visto il modello targato Williamson (che già non era proprio un granché, nonostante successo e sequel). E poi non si può vedere oggi, in uno slasher, un attacco alle spalle reso visivamente solo con lo schizzo di sangue su di un monitor...
Viaggio nel Mississippi di metà Anni Sessanta, quando ancora la condizione di Stato fortemente ostile all'integrazione razziale creava contrasti sociali insanabili. Tre attivisti per i diritti civili (due ebrei e un nero) vengono uccisi nella loro auto da alcuni poliziotti e nessuno (tranne gli autori del delitto, ovviamente) sa che fine i poveretti abbiano fatto. Per capirlo l'FBI spedisce sul posto due agenti diversissimi: da una parte il progressista Alan Ward (Dafoe), convinto di poter combattere il cancro del razzismo senza doversi mai porre sullo stesso livello d'inciviltà,...Leggi tutto dall'altra il più sbrigativo Ruper Anderson (Hackman), di tutt'altro avviso. Sorprendentemente è nel loro contrasto che il film trova alcune delle scene migliori, in una tensione che spesso esplode in conflitti aperti, benché combattano entrambi dalla stessa parte.
Anderson è originario del Mississippi, conosce quella gente ed è convinto di saperla trattare molto meglio del giovane agente che gli è superiore in grado, ma intanto il gruppo di poliziotti locali - spalleggiati da autorità che la vedono come loro (il sindaco interpretato da L. Ree Ermey, ad esempio) - fa il brutto e il cattivo tempo minacciando e attaccando i neri in modo che non si azzardino anche solo a pensare di dire qualcosa. Ma forse c'è un altro anello debole nella catena dei killer, ed è la moglie (McDormand) del vicesceriffo (Dourif), che ha testimoniato di essere stata con lui a casa, la sera del delitto, ma che i due agenti federali ritengono non abbia detto la verità.
In un crescendo di violenze e soprusi e nel vergognoso silenzio complice delle autorità, Ward e Anderson (che fanno dragare un'intera palude da centinaia di uomini chiamati lì per ritrovare i corpi dei tre attivisti scomparsi) cercano di elaborare una strategia che arrivi a incastrare i colpevoli.
Incorniciato dalla fotografia straordinaria di Peter Biziou (giustamente premiata con l'unico Oscar guadagnato dal film, ma era l'anno di RAIN MAN) e dominato da un Gene Hackman sornione, ironico, a tratti selvaggiamente infuriato che è un vero spettacolo (Hoffman gli soffiò l'Oscar ma l'avrebbe sicuramente meritato pure lui), il film di Alan Parker è una cupa avventura vissuta con grande prevalenza di esterni, recitata magistralmente da un cast folto di nomi che avrebbero fatto strada (Dafoe, la McDormand, Rooker, Dourif) e diretta da un Alan Parker che lavora benissimo sulle immagini finalizzando al meglio il lavoro di una troupe impeccabile. Se i neri sembrano troppo arrendevoli è perché si capisce come non abbiano i mezzi per ribellarsi, chiusi da un'indecisione di fondo che impedisce loro di schierarsi con maggiore decisione dalla parte dei due agenti dell'FBI, lì con il chiaro obiettivo di difenderli. La sceneggiatura di Chris Gerolmo ha ottime frecce al proprio arco e la storia procede senza incagli, arrivando alle due ore senza che se ne avverta la pesantezza. Un lavoro di grande impatto, dirompente nel messaggio e originale nel rapporto che lega i due protagonisti.
Nuovo tour per Roger Waters dopo US + THEM, dal quale mutua l'idea base di mescolare musica e invettive contro il potere attraverso messaggi giganteschi sparati sugli schermi. Il nuovo palco propone un impianto luci strepitoso e un videowall gigantesco a forma di croce che, sospeso sulle teste della band, mostra animazioni di gusto sopraffino e per l'appunto messaggi fulminanti contro le guerre e gli oligarchi che dominano il mondo, moniti a caratteri cubitali che si materializzano creando un bel collegamento con le canzoni,...Leggi tutto lasciando subito capire come Waters sia prima di tutto compositore e autore dei suoi pezzi (nonché di buona parte di quelli dei Pink Floyd).
Non c'è spazio per le mezze misure, nello show: volano gli insulti, si prendono con veemenza le difese dei popoli indifesi e degli oppressi, come se la musica servisse da semplice accompagnamento per veicolare messaggi universali di pace e di odio nei confronti di chi domina le masse (rappresentate per esempio dalle pecore di "Sheep"). L'apertura è altamente d'atmosfera, con "Comfortably Numb" rivista nella recente chiave watersiana: lo schermo gigante rimanda le immagini altamente suggestive del videoclip relativo, i tempi della canzone vengono rallentati, le chitarre di Gilmour (che davano vita a uno degli assoli più celebrati della storia del rock) rase a zero e sostituite da tappeti di tastiere che restituiscono un brano assai diverso dall'originale. La band è totalmente in ombra, mentre suona, in attesa che lo schermo a croce si sollevi e prenda la posizione che manterrà poi per l'intero concerto.
L'energia si sprigiona con la successiva "The Happiest Days Of Our Lives", a cui segue immancabilmente "Another Brick In The Wall parte 2" e, subito dopo, pure "parte 3" (come nel tour di US + THEM) in un bel sunto dei momenti più noti e trascinanti di "The Wall". Esecuzioni impeccabili, qualche ammodernamento, suoni molto meno sintetizzati rispetto al 1979. Un ottimo break, al quale segue inattesa "The Powers That Be", da "Radio Kaos" (il secondo, sottovalutato disco solista di Waters), rivista in meglio e giustamente recuperata. "The Bravery Of Being Out Of Range" riassume molto del pensiero dell'artista ed è una tappa fissa dei suoi concerti, con lo schermo che si popola di scritte, grida d'aiuto... Il brano tuttavia non è fenomenale e si dilunga oltremodo. Arriva poi l'inedito "The Bar", estesa composizione scritta durante il Covid e qui spezzata in due parti (la seconda in chiusura), in cui lo spirito più cantautorale di Waters si concretizza (come in altre occasioni) in brani poco incisivi e stanchi.
Meglio il ritorno ai Floyd di "Have a Cigar", con inevitabile ricordo di Barrett (e relativi video che passano sullo schermo), che prosegue con "Wish You Were Here" e le parti meno note della suite "Shine On You Crazy Diamond". Un breve aneddoto in cui Waters ricorda un giorno con Barrett a Las Vegas nel '68 (in realtà era il '67, Barrett lasciò i Floyd a Gennaio 1968 dopo pochi concerti in Inghilterra) quindi "Sheep" (uno degli highlights del concerto) e la consueta mascherata da "The Wall" con uniformi e martelli (si suonano "In The Flesh" e "Run Like Hell", che cantata da Waters surclassa la versione "Pink Floyd" con Gilmour e altri alla voce). Subito dopo, un ritorno al presente con "Déjà Vu" dall'ultimo disco e a seguire l'intero secondo lato di "The Dark Side Of The Moon" (nel tour di US + THEM aveva cantato solo il primo) e la presentazione dei due brani finali, "Two Suns In The Sunset" (inatteso recupero da "The Final Cut") e "The Bar" parte 2, al quale viene incollata, senza soluzione di continuità, "Outside The Wall".
Nel contesto generale, maiali che volano (pure pecore, in "Sheep"), raggi di luce, centinaia di volti che appaiono e scompaiono sul megaschermo, intermezzi di Waters che pontifica contro il nucleare o contro i dittatori di ieri e oggi in un clima acceso che mostra quanta energia l'uomo abbia ancora in corpo a ottant'anni, stemperata da siparietti amichevoli in cui Waters discorre a voce bassa con il pubblico, brinda con i musicisti sul palco, parla della moglie e del fratello recentemente scomparso. Nella scelta dei brani non si è retrocessi oltre il 1973 di "Dark Side" lasciando fin troppo spazio a cantautorate spesso anonime come l'ultima "The Bar". Detto di una scenografia spettacolare ma piuttosto monotona, non particolarmente fantasiosa e derivata, anche concettualmente, da quella del tour precedente, il concerto è piacevole ma sembrano mancare una vera spinta innovativa (ci si adagia troppo sugli schemi collaudati da US + THEM) e una scelta dei brani più oculata (chiudere con "Two Suns In The Sunset" e "The Bar" non è esattamente il massimo).
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA