Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Una delle migliori tra le parodie western di Franco & Ciccio, anche perché ci sono protagonisti del western "serio" (Mimmo Palmara sceriffo narcotizzato, George Hliton pistolero con il poncho e poi tutti i caratteristi tipici del genere) e perché Simonelli, al suo ultimo film, sa come girare le situazioni più tipicamente da pochade ed è bravo anche nelle scene d'azione. Divertente.
Se prima di questo film la scelta più stupida di un turista in Australia era muoversi alla ventura nel suo outback, rischiando di incontrare il Mick Taylor di turno, McLean qui ti fa capire che ancora peggio è imbarcarsi su una bagnarola che attraversa un fiume infestato di coccodrilli lunghi una decina di metri. Ai quali basta un colpo di coda per farla affondare, per poter poi divorare uno a uno i traghettatori. Replay in piccolo dello Squalo, che si fa apprezzare per la tensione che riesce a mantenere; meno per il modo con cui alla fine l'eroe per caso risolve i problemi.
Thriller a basso costo firmato Mollner raccontato tramite un'interessante narrazione non lineare divisa in capitoli mostrati in ordine non cronologico. Non tutti i twist sorprendono, ma la narrazione tiene lo spettatore incollato al video grazie al ritmo e a un Mollner che sfrutta bene l'ottima fotografia e l'eccellente sound design. Cast di livello dove brillano i due bravissimi protagonisti, finale beffardo perfettamente riuscito.
Un'indole pacifica e incline al dialogo, provoca solo guai a un professore. Mentre lui riesce a gestire le proprie frustrazioni mixando filosofia e whisky, gli altri sfogano le loro approfittando della sua passività. Un Olivier dalla perenne espressione alla George McFly ci conduce in una scuola difficile, fra bulli spocchiosi (chi meglio di Stamp?) e adolescenti mitomani (una Miles in crescendo). Ma a casa non è meglio (Signoret, meravigliosa dominatrice fragile). Alla fine il contesto lo obbligherà a uniformarsi. Notevole, anche se la narrazione poteva essere più tagliente.
Forse nell'adattamento dal romanzo si sarebbe potuta espungere la parlata calabrese, che rende Sordi un po' ridicolo e forse Vanzina (che qui recupera il suo vero nome, come fa nelle occasioni importanti) avrebbe potuto tagliare qualcuna delle lunghe scene nelle quali Sordi non capisce cosa stia succedendo. Purtroppo nessuna delle due cose si è verificata e così il film risulta lento e pesante. Mezzo punto in più per il giudizio sugli Stati Uniti, che ne escono giustamente come un paese violento.
Lo sfondo grottesco rende il film più avventuroso che poliziesco o drammatico, anche perché questo violinista dalla doppia attività si trova coinvolto, per via del fratello minore, nel terrorismo più mirato e violento e diviene ricercato a sua volta quasi come se la mente fosse lui. I colpi di scena si susseguono, nei vari interrogatori, con le varie spie o contatti; fioccano colluttazioni, flirt occasionali; tutti i personaggi creano empatia, perfino il commissario con lo sguardo plumbeo, cosicché alla fine dispiace non tanto per il finale, quanto perché il film non può continuare.
Nel rievocare la storia dei gangster Frank Costello e Vito Genovese, amici fin dall'infanzia e ritrovatisi l'uno contro l'altro (o quasi) nella seconda parte della loro vita, l'idea è quella di farli impersonare dallo stesso attore. Non uno qualsiasi, naturalmente, ma Robert De Niro, vale a dire incontestabilmente il più grande, nel genere. Non solo: alla sceneggiatura troviamo Nicholas Pileggi, l'uomo che con Martin Scorsese scrisse addirittura QUEI BRAVI RAGAZZI e CASINÒ...Leggi tutto, ovvero due dei più amati noir di sempre. Perché allora il film non raggiunge nemmeno lontanamente le vette di quei classici? Non si può dare la colpa solo a Barry Levinson, la cui regia comunque non si segnala per virtuosismi o per particolare efficacia (e non è la prima volta, purtroppo), ma certo se c'è da cercare un responsabile...
Già la scelta di utilizzare De Niro per due figure dal carattere tanto diverso non si rivela troppo felice: nonostante il make-up diverso, a volte il rischio di confondersi esiste; un po' per il modo di recitare, in entrambi i casi facilmente riconoscibile, un po' per le espressioni e i tratti somatici che dietro le apparenze emergono prepotenti e un po', per noi italiani, pure per via del doppiaggio, con il pur bravissimo Stefano De Sando che fatica a differenziare le due voci. Ma al di là della possibile confusione, è anche una certa monotonia nel modo di recitare che nega al film la necessaria varietà.
La struttura è quella di ogni gangster movie, con i tempi che si mescolano e la rievocazione del passato che torna soprattutto attraverso la composizione di immagini tratte da fotografie in bianco e nero. Poi frequenti balzi in avanti, con Costello che racconta quanto accaduto nel periodo analizzato, immediatamente susseguente a quella che era parsa un'esecuzione in piena regola: qualcuno spara a Frank e lo centra in testa mentre sta per entrare in ascensore. Com'è possibile, ci si chiede, che sia allora lui a fare da narratore fuori campo? Siamo in zona VIALE DEL TRAMONTO? No, semplicemente il colpo per miracolo non ha leso parti vitali del cranio e Frank torna presto in sella più vivo che mai, pronto a fronteggiare colui che fu un tempo suo inseparabile amico e che - lo si scopre in pochi minuti - è il mandante del tentato omicidio.
Vito, ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, aveva dovuto riparare in Italia lasciando il campo libero a Frank: gli aveva ceduto l'intero potere consegnandogli di fatto le chiavi del racket a New York, ma una volta tornato pretende che quanto un tempo donato gli venga restituito. Frank è leale, solo spiega che non sarà un'operazione facile e che ci sarà da decidere come spartire il tutto: i tempi sono cambiati, ora l'antiproibizionismo è stato sostituito da una ben più feroce caccia al narcotraffico...
La prima parte è di assestamento, votata in gran parte alla ricostruzione della vicenda e a un attendismo non entusiasmante. E' nella seconda che per fortuna il film si riprende, delineando bene la figura di Frank Costello (il vero protagonista) e mostrandocene l'aspetto decisamente più umano e sornione, rispetto all'intransigente carattere impulsivo di Vito, uomo d'azione che non accetta le mezze misure. Il fulcro della storia, che si svilupperà meglio nella seconda parte, è ben studiato e a suo modo interessante, ma è intaccato da divagazioni superflue, flashback e flashforward che appesantiscono aggiungendo poco e disperdendo l'attenzione, mentre in ogni caso i ritmi sono bassi e pochi gli interventi davvero ficcanti (si ricorda l'eccellente break in cui Vito attacca in auto il suo tirapiedi che gli racconta come sono nati i mormoni, in cui si rivede l'eco dei tempi migliori). La tensione accumulata per un finale molto ben preparato si stempera in un poco di fatto che lascia l'amaro in bocca... Il titolo? The Alto Knights è il nome del locale che compare come punto di riferimento nelle diverse epoche.
Un film televisivo come lo era il simile THE DAY AFTER, che però dava l'impressione di poter contare su più mezzi e un cast superiore. Gli inglesi, però, nell'ipotizzare un terrificante attacco atomico (una minaccia, soprattutto in quegli anni, ben presente), superano in ferocia e cinismo gli americani, confezionando una seconda parte realmente agghiacciante.
Scandito da didascalie che annotano i giorni (e gli anni, perché l'arco di tempo analizzato è ampio) in cui l'apocalisse...Leggi tutto procede, il film di Mick Jackson lascia montare il clima di tensione internazionale attraverso i tanti notiziari che si ascoltano, spesso sullo sfondo di scene che raccontano altro. Di tanto in tanto le news si prendono il centro dell'attenzione - così da spiegare meglio l'acuirsi della crisi tra Stati Uniti e Unione Sovietica partita da uno scontro in Medio Oriente (l'Iran come credibile focolaio primigenio) - e mostrano le diverse reazioni della popolazione alle notizie: qualcuno le prende sottogamba, altri ne capiscono da subito la grave portata.
Esiste anche una coppia che sembrerebbe guadagnarsi il ruolo di protagonista, due giovani in procinto di sposarsi dopo che lei (Meagher) ha scoperto di essere incinta, ma sono cronache effimere di un quotidiano di scarso spessore, perché il racconto procede coralmente, abbracciando l'intera di città di Sheffield, in Inghilterra, che sostituisce quindi la Kansas City di THE DAY AFTER. Assistiamo all'improvviso proliferare di manifestazioni (pro e contro la guerra), alle prime cacce di scorte alimentari che conducono verso il progressivo esaurimento della merce nei supermercati, agli avvisi del governo che cominciano a spiegare come ci si deve comportare in caso di catastrofe nucleare, all'attrezzamento dei bunker, sempre in un clima che punta a mostrare tuttavia la relativa normalità del quotidiano.
Nel frattempo le notizie dal fronte si fanno sempre più cupe, si moltiplicano le esercitazioni, si verificano i primi incidenti diplomatici e si capisce come si stia correndo a gran velocità verso il baratro. Poi il fungo atomico, improvviso, che si staglia nel cielo lasciando attoniti. E tutto cambia, come facilmente previsto da ogni studio.
Costantemente supportato da immagini di repertorio mescolate a filmati che ricostruiscono la catastrofe e i suoi effetti, il film mostra da qui la sua seconda natura, quella documentaristica, che ha il preciso scopo di atterrire, sperabilmente di dissuadere dall'utilizzo dell'arma nucleare. La forza di THREADS stra soprattutto nel modo in cui comunica il messaggio, senza arretrare di fronte a immagini scioccanti, di devastazione e silenzio, di fuoco e di cenere. Non c'è di fatto nulla di nuovo in quello che si racconta ma cambia il come; la continua mescolanza e interconnessione tra fotografie, approccio documentaristico, fiction, bianco e nero, colore, diventano un caleidoscopio di orrori che non risparmia nessuno.
Se però nella forma il valore dell'opera trova punte anche altissime, relativo è il coinvolgimento. Forse perché ormai assuefatti da sviluppi simili che portano ad analoghe, inevitabili conseguenze, attendiamo che esse si concretizzino senza grandi sorprese. A lungo andare l'imbarbarimento programmatico, illustrato anche con la dovuta glacialità, procede in modo piuttosto piatto. Nessuna precisazione sull'andamento della guerra nel mondo, poche notazioni di carattere medico: si sceglie la via di una narrazione che privilegi l'emozione senza però riuscire troppo a comunicarla.
Ancora orrori per Jaume Balagueró, che ormai nel genere ha trovato la sua strada e i suoi estimatori; perché uno stile ce l'ha, le qualità per fare buoni film anche, però poi sembra perdersi nell'inseguire strade tortuose che s'avvolgono su se stesse dimenticando quell'empatia che permette a lavori così di coinvolgere davvero.
Ester Exposito, comunque, è davvero bella e non lo si vede solo quando si muove a danzare come cubista in discoteca. E' Lucía, che finito il turno prende dal suo armadietto un borsone e se ne sta...Leggi tutto per uscire quando viene fermata dal guardiano, che pretende di vedere cos'abbia dentro, visto che indossa gli stessi abiti di quando danzava. Dentro, infatti, c'è una gran bel quantitativo di droga in pasticche, e per impedire di esser fermata, la giovane spruzza uno spray urticante negli occhi del guardiano, il quale per tutta risposta le pianta un coltello nella coscia. Lucía riesce però a fuggire, e trova rifugia proprio a Palazzo Venus (Edificio Venus, in spagnolo), un alto condominio dove vive la sorella Rocío (Cremonte) con la figlia Alba (Fernandez), dolce bimbetta amorevole e dall'aria matura.
Tra le due sorelle non corre buon sangue, anche perché Rocío sa benissimo che Lucía non perde occasione per cacciarsi in problemi da cui poi non sa come uscire. E quando capisce che quella si porta dietro un pesante carico di pillole blu rubate... va su tutte le furie. Ma poi che vuoi farci, non può che ospitarla in casa, è pur sempre sangue del suo sangue (letteralmente) e va curata.
Da un impianto quasi da noir ci si sposta lentamente nei territori dell'orrore, perché Palazzo Venus qualcosa nasconde, al suo interno. Chi è ad esempio la misteriosa domestica alla quale Alba fa riferimento, che le regala oggetti inquietanti e che pare abitare all'ultimo piano? E gli inquilini dal fare ambiguo, secondo antiche regole polanskiane, non finiscono qui; comprendono pure un gruppo di anziane signore un po' bizzarre. Si procede quindi seguendo un doppio binario: da una parte la ricerca di Lucía da parte dei gangster "legittimi" proprietari delle pillole, che comprendono anche un giovane con cui evidentemente la ragazza aveva degli accordi relativi al furto stesso, dall'altra gli strani rumori e le impalpabili manifestazioni soprannaturali del palazzo, che sembrano attaccare l'inconscio di chi vi abita.
Balagueró non lesina sangue nella seconda parte, mentre la prima sembra più un thriller drama, con la tensione tra le due sorelle che sale fino a quando Rocío scompare lasciando Lucía sola con la nipotina e mille dubbi. Qualche buona scena sotto il profilo noir (ben caratterizzato il boss che ama i churros e deve pensare a far parlare le colleghe di Lucía per capire che fine abbia fatto), una valida direzione del cast ma anche una gestione del ritmo deficitaria, con inutili lungaggini, tocchi estetizzanti a volte un po' goffi e qualche stramberia non sempre centrata. Insomma, questo VENUS prometteva meglio, mentre nel finale tende a spegnersi chiudendosi poi in modo inaspettato con un finale molto eccentrico sui cui titoli di coda Mina canta "Nessuno".
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA