Secondo capitolo della trilogia di romanzi scritti da E. L. James, rappresentato piuttosto indecentemente. Un po' Pretty woman, un po' 9 settimane e 1/2 e, siccome entrambi non sono capolavori, quel che ne esce è un patinato Harmony poco incisivo e piattamente recitato. Almeno il primo episodio godeva del beneficio della novità e di una sufficiente dose di perversione; in questo, data l'umanizzazione di Christian, siamo alla soap opera. Da salvare le forme della Johnson.
Se il primo capitolo aveva almeno un minimo di trama, qui siamo alla stagnazione totale: un tira e molla di due ore incentrato su una relazione malsana (lui si conferma degno di Criminal minds, lei butta al vento qualsiasi possibilità di indipendenza) spacciata per amore, tra conflitti risolti nel giro di dieci minuti e impacciate scene erotiche affondate dall'inesistente alchimia fra i due protagonisti. A suggellare il disastro, Kim Basinger degradata da musa dell'erotismo soft a marpiona da soap-opera con annesso repertorio di frasi fatte.
Si rincara la dose di 50 sfumature di inutilità, il BDSM (sempre innocuo e inoffensivo) un mero pretesto per presentare una imbarazzante storiella d'amore nel mondo pacchiano dei ricchi (che non piangono mai). Si tenta di osare un pochetto di più (le sfere di Kegel infilate, delicatamente, lì, che procurano alla Johnson lievi spasmi di piacere) tra feste in maschera (non per sesso ma per beneficenza) e uscite deliranti per guadagnar metraggio (l'elicottero manomesso). Note dolentissime: la Basinger farlocca Sheila Carter e la tristissima deriva di un ex grande regista.
MEMORABILE: Durante la contrazione del piacere di Anastasia alla festa close up sui sandaletti coi tacchi; L'atroce canzone tipo "Bumba bumba" durante l'amplesso.
Sequel delle grigie, anche le sfumature di nero non presentano alcun appeal. La storia resta quella di un moderno romanzo d'appendice, in cui l'erotismo morboso che dovrebbe rappresentarne l'essenza è troppo scontato visivamente per emozionare. Colpa anche della regia piatta di Foley, sorprendente in negativo. Non bastano le velleità citazionistiche (la Basinger diventata tardona svezzatrice o la festa in maschera) a rendere attrattivo un classico film di mezzo di una trilogia che sembra solo un'edizione softcore di Beautiful & affini. Poco da cinema.
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James Foley? Ho letto giusto? JAMES FOLEY? L'uomo che ha diretto A distanza ravvicinata (mio personal cult, tra l'altro), Paura, Americani e Più tardi al buio? Ditemi che e un omonimo perchè non ci posso credere! Ok, e lui, con l'avanzare dell'età non ci si guadagna. Vado a chiudermi e a disperarmi nelle mie stanze!