Sergio Corbucci tenta di lanciare l'ennesimo eroe solitario dei suoi western: Johnny Ora ha il volto (e gli occhi, soprattutto) di Mark Damon ed è fissato con l'oro (come spiega anche la canzone in apertura: "Non gli importava dell'amore a Johnny Oro / Il suo unico amore era l'oro / Solo per un po' di oro... uccide... uccide"). Inoltre ha un gran senso della giustizia, tanto che quando lo sceriffo (Ettore Manni) lo spedisce in prigione lui decide che ne uscirà solo quando questi lo riterrà opportuno. Lo sceriffo però ha i suoi principi: potrebbe liberare Oro e salvare Coldstone dal perfido Juanito Perez che, alleatosi con gli apache, minaccia...Leggi tutto di radere al suolo il paese se non gli verrà consegnato l'odiato bounty killer responsabile di avergli terminato mezza famiglia, ma non lo fa: Oro è in prigione sotto la sua tutela e lí dovrà rimanere. Cominciano le sparatorie... Caratterizzare il solito pistolero semimuto e velocissimo trasformandolo in un feticista dell'oro poteva essere una buona idea, ma la storia non è centrata sul personaggio quanto sulla tensione crescente tra Perez e lo sceriffo, con Johnny Oro chiuso in prigione ad aspettare il suo momento. La sceneggiatura rivela così la sua inconsistenza, condannando il film di Corbucci all'anonimato nonostante un paio di buone intuizioni. Nonostante le premesse nemmeno ci si diverte, e seppure Damon con i suoi mezzi sorrisi susciti simpatia, non è certo abbastanza per salvare JOHNNY ORO dalla noia: sparatorie d'ordinanza, gag prevedibili, personaggi fiacchi (Oro a parte). E anche la regia non brilla.
Corbucci tenta il crossover fra eroe all'americana (Manni) e all'italiana (Damon). Non riesce benissimo, un po' perchè Manni è lesso, un po' perchè a furia di farlo integerrimo il suo personaggio è insopportabile, onde si tiferebbe per i cattivi, purtroppo anch'essi un po' tirati via (impagabile Cianfriglia indiano di Ostia). La delirante canzoncina del film però vale da sola il biglietto ("Non gl'importava dell'amore, a Johnny Oro: il suo unico amore era l'oro..."). Il bambino del film Loddi ha doppiato Timothy Oliphant in Deadwood
Questo film di Sergio Corbucci diciamo subito che è gradevole ma niente di più. Non raggiunge il livello di opere quali Django, Il Grande Silenzio e tutte quelle uscite postume, però nonostante tutti i suoi difettucci rimane piacevole da vedere. Indiani e messicani, purtroppo, si vede lontano un miglio che hanno poco da spartire con quelli veri(sono tutti italianissimi ed anche un po' fricchettoni), e un altro difetto sono i messaggi per lo sceriffo, scritti tutti in italiano. Bravo Damon: solare, gioioso e guascone.
Con originalità e inventiva, Corbucci propone uno dei bounty-killers dalla moralità più dubbia, che uccide solo per un po’ di oro, impeccabilmente interpretato da Damon, nerovestito come Django, ma sarcastico, beffardo ed eccentrico – nonché munito di armi segrete – come Sartana. La piacevole storia coniuga ironia e divertimento (con Starnazza carcerato moroso) e improvvisa violenza (uccisioni a sangue freddo, una testa colpita da un tomahawk, il grandioso assedio finale).
Mi dispiace per Corbucci, ma probabilmente questo è il peggior film western della storia. Prevedibile, fiacco e forse anche un po' troppo ridicolo. Girato su un set che è stato quello di tutti i western "B" compresi gli orrori di Fabio Testi. Salverei solo Damon, nonostante gli orridi baffi finti. Per il resto il film è una pagliacciata con tanto di indiani trasteverini doc, resi indiani dalla pomata di carnevale delle gloriose feste scolastiche degli Anni Ottanta, evidentemente già in commercio nei Sessanta... Chi non ha fatto l'indiano almeno una volta?
Dopo aver visto questa sciocchezza con protagonista dal baffetto quasi disegnato amante dell'oro e con "frasona" pronta, viene spontaneo lanciare la campagna "Tuteliamo gli spaghetti western, nascondiamo bene Johnny Oro". Se il regista voleva azzerare paesaggisticamente, mentalmente e dal punto di vista della credibilità, il western all'italiana, missione compiuta. Il parco attorico di questa pellicola gli ha indubbiamente dato una mano, ma anche lui c'ha messo del suo, seguendo una sceneggiatura che oscilla tra lo scemo, il banale e il penoso. Velo pietoso sull'indiano fai da te.
MEMORABILE: L'emblema di questo film: la peggior canzone western "A Johnny Oro piace solo l'oro...", con incorporato ridicolo fischio per chiamare il cavallo.
Ben modesto western corbucciano, che affonda per un cast che non regge i ruoli. Pazzesco Cianfriglia che fa l'Apache, ma quelli di secondo piano, truccati alla meno peggio, certo non sono meglio; c'è pure Nino Vingelli che, al solo vederlo, fa pensare al Vesuvio. La pellicola cerca, senza trovarla, la via dell'umorismo e inanella risvolti ingenui e piste risapute. Alcune fasi, lunghe o ripetitive, servono solo a fare metraggio. Della chiesa ho già detto nelle location.
Si scorge che la regia non è di serie B ma questo non basta; non c'è nemmeno la decantata ironia di cui dice Giusti su Stracult. Il film è davvero esile, un po' all'americana (Starnazza è un po' Stampy di Un dollaro d'onore, Manni un po' Gary Cooper di Mezzogiorno di Fuoco) molto all'italiana. Ma di tutti i western di Corbucci resta giustamente il meno ricordato. Colpa della povertà della storia, colpa di un Damon poco sopportabile, che dovrebbe creare un personaggio di culto con le stesse colt di Fonda in Warlock; troppo inconsistente...
Non l'ho trovato così brutto come si dice; probabilmente il film sconta pesantemente il paragone col classicissimo Django, girato dallo stesso Corbucci poco più tardi. Resta comunque un lavoro più che discreto, scorrevole e godibile, anche grazie a una punta d'ironia mai invasiva. Ci sono ingenuità (gli "indiani", i messaggi dei messicani scritti in italiano, la canzone del titolo), riscattate però dalla buona atmosfera e dalle belle location. Pregevole la fotografia, dai toni caldi e saturi, che esalta anche le scene in interni.
Un bandito si allea con gli indiani per vendicarsi dell'uomo che ha ucciso suo fratello. Forse il western meno riuscito di Sergio Corbucci, che nel genere è uno dei migliori. Seppur in modo altalenante intrattiene e non annoia. Non ci sono momenti degni di nota e Mark Damon sembra fuori ruolo. Discreta la colonna sonora, scadente invece la canzone cantata dalla Fabrizi.
Corbucci procede per linee rette e sembra quasi prendere le misure per il ben più robusto Django, che girerà subito dopo. La storia c'è e, anche se non proprio originale, si segue fino alla fine, ma la sceneggiatura sembra scritta in fretta e furia e tracima di banalità, nonostante le citazioni "americane" che non sfuggiranno agli appassionati del genere. Il budget spartano costringe a reclutare gli indiani a Trastevere, ma anche gli interpreti principali non sembrano particolarmente coinvolti, a parte Starnazza. Una buona regia garantisce in ogni caso un prodotto dignitoso.
Pur essendo lontani chilometri e chilometri dal capolavoro, si tratta di un western che pur con una trama piuttosto scontata e diverse cose poco credibili (lo sceriffo che manda allo sbaraglio il figlioletto con il rischio che gli indiani lo prendano, per esempio) si lascia guardare con piacere, perché scorre senza pausa tra una sparatoria e l'altra, e non dà mai l'idea di prendersi troppo sul serio. Buona la dose di ironia, che non sconfina mai nel ridicolo. Il cast non è proprio il massimo, mentre è buona la fotografia. Tra gli spaghetti-western minori si può benissimo guardare.
I mezzi sono limitati, la recitazione è quello che è, la canzone dei titoli di testa è tremenda e le ingenuità non mancano (incredibile: tutti i biglietti del film sono scritti in italiano...). Però la mano del regista Sergio Corbucci si vede eccome, soprattutto nella crudeltà che esce fuori prepotentemente quando i cattivi uccidono a sangue freddo il prete. Insomma, un film da vedere in controluce, come un fiore che sta per sbocciare.
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Sull'autorevole sito internet -SPAGHETTI WESTERN DATABASE(S.W.D.B.)- Quentin Tarantino lo ha citato citato come uno dei film e delle fonti di ispirazione che più di ogni altro hanno influenzato la sua carriera registica.
Patrick78 ebbe a dire: Sull'autorevole sito internet -SPAGHETTI WESTERN DATABASE(S.W.D.B.)- Quentin Tarantino lo ha citato citato come uno dei film e delle fonti di ispirazione che più di ogni altro hanno influenzato la sua carriera registica.
Il che, come avrai notato, QT dice di almeno altri 758 films.... :-)