il Davinotti

Curioso survival d'autore, se così si può definire, che vede Redford come unico interprete in un film praticamente muto, ambientato in mezzo all'oceano; il confronto tra l'uomo e la forza implacabile della natura non è certo un tema innovativo, tuttavia il regista riesce a costruire un lavoro dal taglio quasi documentaristico e che vive sul potere delle immagini, capaci di rendere partecipe lo spettatore. Certo, tenere in piedi un film con così poche possibilità narrative non era facile e ogni tanto pare girare un po' a vuoto, resta però un'esperienza immersiva e atmosferica.

Uno dei migliori documentari musicali. Quasi nessuno conosce gli Anvil e capirete il perché. Una storia di passione, resilienza, perseveranza, sfortuna, ma principalmente di underground musicale: ci si emoziona, si fa il tifo per questi canadesi che forse ce la fanno o forse no. Nudo e crudo, senza edulcorazioni: niente viene romanzato, visto che la telecamera segue realmente i protagonisti nelle loro vite da persone umilissime e normali come la maggior parte di noi. Consigliato a tutti quelli che vogliono capire cosa si cela dietro la passione dei musicisti, quelli "sfigati".

È tornato o non se n’è mai andato? Sociotest commediografato, granata satirica lanciata con l’eleganza di un prestigiatore armato di Storia, follia e riflessione, Mein Kampf riscritto con penna hellzapoppiana. Realtà vestita da autoparodia più vera della cronaca, rifrazione d’un presente annegato nell’indifferenza, nell’ignoranza e nel revisionismo, situazionismo che svela l’orrore di un oggi sosia di ieri. Ogni risata è un tic nervoso, una lama alla gola. Masucci rianima Hitler con tale precisione, carisma e inquietudine da srotolare il dna della Storia – e il nostro di conseguenza.

L’accoppiata Lino Banfi/bellona di turno - qui la splendida Bouchet doppiata in piemontese - è già garanzia di risate. Se poi si aggiungono comprimari di grande mestiere, come Vargas, Santonastaso, la Chelli o Teocoli, il risultato è un prodotto di sicura efficacia comica. Seppure inferiore al successivo Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio e alla sua sceneggiatura a orologeria, il film firmato da Sergio Martino funziona, per merito di un ritmo serrato e del talento straripante di Banfi, intorno al quale ruotano tutte le vicende.