Il modello a cui DEMON WIND s’ipira è fin troppo palese: LA CASA di Sam Raimi. Quello però che il regista Charles Philip Moore pare non aver capito è ciò che rese l’esordio di Raimi un classico dell'orrore: non fu certo la storia, né i pur riusciti effetti speciali quanto piuttosto l’abilità registica dell’allora giovanissimo autore; quel suo lanciare la macchina da presa nei voli più impossibili, l'uso da manuale della steadicam... In DEMON WIND invece la regia è piatta, ben poco virtuosistica. Ed è un...Leggi tutto peccato, perché la sinistra atmosfera che Moore era riuscito a creare nei primi venti minuti lasciava ben sperare. Appoggiato da una colonna sonora indovinata e da un'ambientazione montana inusuale, il film, recitato al di sopra della bassa media dei prodotti consimili, riesce a trasmetterci sensazioni di pura angoscia: con la scoperta dello scheletro crocifisso davanti alla casa, l'entrata bidimensionale (vista di profilo, la casa non ha alcuno spessore), la nebbia... Poi comincia la mascherata e casca il palco: gli zombi demoniaci sono penalizzati da un make-up davvero malfatto (sembra gli abbiano spiaccicato una pizza sul muso) e gli effetti luce da sovrimpressione tipica della fantascienza degli Anni Cinqunata rovinano quel po' di atmosfera creata tanto a fatica. Maschera su maschera, sangue giallo a litri, smorfie e un unico effetto divertente: lo scheletro di un uomo-alce si anima e fa partire la lingua catturando una malcapitata. Poi di nuovo orde di zombi-pizza inferociti, l'immancabile assedio, un bel po' di splatter e il finale a sorpresa (capirai!). Niente di nuovo sotto il sole. Sarà per la prossima volta. Ah, attenzione al prologo, dominato da vomitate continue di purè, aglio e quant'altro: schifoso ai limiti dell'insostenibile!
Da noi ebbe una veloce distribuzione in Home Video (vhs) per poi finire - ingiustamente - nel dimenticatoio. Il regista, invece, continuerà la sua carriera (più come sceneggiatore che come regista) sino al 2000. Demon Wind (tradotto letteralmente in italiano come il Soffio del Diavolo) è un bel film: ricco di effettacci gore e splatter, magico (puramente fantastico) che attinge a classici quali Dèmoni e Zombi per condurci nel visionario mondo dell'Inferno sulla Terra. C'è anche uno scheletrico (con testa da bovino) corpo del diavolo. Satanico.
Se si eccettua il mago imbecille che nell'incipit del film si mette a palleggiare con una lattina, questo è un buon prodotto horror. Certo, si tratta dell'Old School del genere, non privo di facilonerie e cadute di stile, ma sempre fertile nel creare un'atmosfera lugubre, mai parca di sangue, bubboni purulenti e zombi. Quindi, se siete fra quelli che apprezzano l'horror solo se è diretto da Kubrik astenetevi, se invece apprezzate quel sano splatter Anni 80, ricco di frattaglie, idee malsane e attori dalle improbabili acconciature, accomodatevi.
MEMORABILE: "Non devi andare lì, quella casa non ti appartiene, appartiene ai morti".
Horror che si rifà neanche troppo velatamente a La casa e ad altri film (come Demoni e La notte dei demoni) frullandoli in un delirio sceneggiativo che stuzzica e disgusta alla stessa maniera. Sono le lordure e i liquami giallognoli a farla da padroni (grazie al cielo), con tanto di assedio quasi romeriano dei posseduti. Senza pretese, ridicolo, soprattutto in un inizio trash da sbellicarsi (il mago e la lattina di birra). Imperdibile la resa dei conti con il demonio. Attori zombi, come si confà all'atmosfera della pellicola.
Partendo da una base ovvia come La casa, il film si sviluppa in territori altresì analoghi a La notte dei demoni o al nostrano Demoni (da cui pare copiare il make-up dei mostri). La cosa che colpisce nel film di Philip Moore è l'abbondanza parossistica di cliché del genere, che pare quasi voluta; l'esagerazione dell'insieme raggiunge livelli molto prossimi al trash puro, ma è proprio questa la carta vincente che rende il film spassosissimo per gli estimatori. Tra battute improponibili, gore e un finale delirante ci si diverte.
Il motivo per il quale avevo deciso di vedere questo film era la copertina della VHS italiana, diabolicamente affascinante (potenza della pubblicità); oggi, a conti fatti, è un tipico prodotto degli anni '80, pieno di difetti ma... effettivamente con un suo perché: dando un colpo al cerchio (La casa) e uno alla botte (Demoni), riesce ad arrivare in porto non senza qualche sussulto. Interessanti alcuni spunti incastonati in un modo di procedere quasi artigianale da parte di Moore. Un ** arrotondato a **!: promosso sì, ma con riserva.
Scarno prodotto derivativo di La casa, a cui si ispira per il soggetto. Truculento quanto basta, ma non poteva essere da meno considerata la fonte di ispirazione. Lo scontro finale però è un pastrocchio dove ci si butta dentro di tutto, fino a rasentare il ridicolo; viene inoltre tirato troppo per le lunghe. Non ha la classe giusta ed è troppo goffo e sconclusionato per lasciare un segno.
Tipico prodotto horror che nasce e muore nella decade '80, incapace di intrattenere senza sgangherati eccessi e montagne di inesattezze. Ha dalla sua un make-up non così terribile e una dose di ironia che fa capolino in più di una scena, dissipando, perlomeno, le pericolose atmosfere seriose per film di questo tipo. Peccato per l'aspetto gore abbastanza frenato; il finale, invece, sbrodola a briglie sciolte e si destreggia in notevoli combo trash che potrebbero meritare una pellicola a parte. Gradevole, se contestualizzato.
Imbarazzante per la povertà della produzione e per la fattura, ottenuta accozzando a caso idee e suggestioni sparse in altre più nobili pellicole. Accade tutto senza il minimo perché e senza la più pallida relazione con la logica: Moore confida, forse, nella letargia degli spettatori. Si tratta, insomma, del solito massacro di attori della domenica a opera di demoni o ascendenze voodoo (o quello che è). Di rilievo, per gli amanti del peggio, il pollo esplosivo e la ragazza-bambolotto.
Ultimi fuochi della grande stagione horror ottantiana. In effetti è un film che miscela tutto il meglio del glorioso decennio: la parte iniziale nelle colline desertiche (Le colline hanno gli occhi), il libro per invocare i demoni (La casa 1 e 2), l'assedio dei demoni/zombi (Dèmoni e Il giorno degli zombi). In questo gran minestrone il fan ottantiano può divertirsi parecchio, anche per un uso sfrenato del gore vecchio stile. Molto buona l'atmosfera lovecraftiana dell'inizio e ottime le musiche similcarpenteriane.
MEMORABILE: La stazione sperduta tra le colline desertiche; Il bullo americano che si becca un rampino tra gli occhi.
Inizia come un film a tematica demoniaca, poi si trasforma nel solito interminabile zombie-movie. Al solito c'è un gruppetto di ragazzi alle prese con quello che resta di una casa dove è incastrato un incantesimo malefico da affrontare. Cheap, con effetti speciali di poco conto, prevedibile, senza nessuna eleganza stilistica e soprattutto noioso, si materializza come uno di quei prodotti da evitare accuratamente.
Un tizio si porta dietro un carro di amici per scoprire cos'è accaduto anni prima ai nonni, ed è subito macello. Squinternato horror che però ha, nella fattispecie, il poco onorevole merito di strappare grosse risate: se la sceneggiatura prevede assurdità involontariamente comiche (vedasi la scena dello zombi donna a petto nudo che irretisce due ragazzi), i dialoghi sono addirittura surreali (per dirne una il protagonista, dopo aver visto un'amica venire trasformata in bambola, afferma convinto che i demoni vogliono solo spaventarli!). Finale mix tra La Casa 2 e la saga di Krueger.
MEMORABILE: L'incubo di Cory con "lato b" in bella mostra; Il prestigiatore karateka; (in negativo): il brutto doppiaggio (si salva solo la brava Boccanera).
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