il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

LA MAZURCA DEL BARONE, DELLA SANTA E DEL FICO FIORONE
le locatione esatte
ENTRA
364588 commenti | 69166 titoli | 27196 Location | 14388 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: I racconti della domenica (2022)
  • Multilocation: Santuario Regionale di Santa Maria nel Bosco
  • Luogo reale: Santuario Regionale di Santa Maria nel Bosco, Serra San Bruno, Vibo Valentia
VEDI
  • Film: La polizia ha le mani legate (1975)
  • Multilocation: Villa Reale
  • Luogo reale: Viale Brianza 1, Monza, Monza e Brianza
VEDI
  CINEPROSPETTIVE

ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Samira Lui

    Samira Lui

  • Laura Ciarallo

    Laura Ciarallo

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Muttl19741
Film eccessivo, volgare, esagerato, sopra le righe, demenziale, ma che alla fine funziona e alla grande. Il merito principale è degli attori, scelti non per le loro belle facce ma perché sono dei veri fenomeni, veri generatori di energia comica. Inoltre va a segno anche la storia leggera e in fondo tenera di un'amicizia vera, condita da situazioni talmente assurde da risultare esilaranti.
Commento di: Aco
I film politicamente corretti sono di solito dei polpettoni stucchevoli, invece questo riesce a essere divertente, mantenendo un buon ritmo narrativo, con situazioni surreali e colpi di scena. Sono presi in giro i molti topoi della provincia francese in un modo divertente senza (quasi!) sbavature iconoclaste, a parte un matrimonio molto particolare che per fortuna non dura molto e non va troppo sopra le righe. Valido il cast di attori e caratteristi.
Commento di: Siska80
Ragazzina fa amicizia con un piccolo Ochi, animale ritenuto da tutti pericoloso, ma lei non demorde e lo aiuta a... Dalla trama si evince la prevedibilità dell'insieme: non una sola scena in grado di stupire, sebbene qua e là non manchi qualche momento toccante, come spesso accade in vicende del genere: le location sono belle e vengono valorizzate da una fotografia dai colori vividi, gli effetti speciali non sono malvagi, la creatura protagonista ispira dolcezza e il cast (giovane interpreta in testa) offre una buona prova. In sostanza insufficiente, eppure merita un'occhiata.
Commento di: Capannelle
Il film ha sicuramente un suo perché è mette in mostra due caratteri a loro agio nell'interpretare il cattivo allucinato di turno e la ragazza energica, risoluta e sexy che gli contrappone. La parte centrale sbanda un po' anche perché costretta a inventarsi passaggi forzati per mantenere desta l'attenzione. Oppure ricorrere a cliché ormai unti e bisunti come quello del pollice spezzato. Nel complesso tiene e fa divertire.
Commento di: Daniela
Dopo il suicidio del suo amico più caro, una scrittrice da tempo in crisi creativa riceve dalla vedova del defunto un'offerta che non può rifiutare: prendersi cura di Apollo, un alano depresso per la morte del padrone... Un film formalmente curato e certo apprezzabile da parte dei cinefili ma poco riuscito nel complesso, con una prima parte che insiste troppo sulla mestizia della protagonista e sulla mole ingombrante del cane e una seconda resa più interessante dalla maggior presenza in scena di Murray ma sempre avvolta da una cappa di letterarietà polverosa che smorza l'empatia.
Commento di: Luluke
Per quanto geniale possa risultare, il cinema di Lanthimos tende a riciclarsi nella forma e modalità di recitazione degli attori, al punto da rendere quasi indistinguibili i tre episodi di cui si compone il film. Che in qualche modo sembra voler rappresentare i Mostri del nostro tempo, richiamando peraltro suggestioni di suoi precedenti lavori, da Dogtooth al Sacrificio. Per una specie di trattato sulla dipendenza, di durata però ipertrofica, aggravata dall'assenza di ritmo. Riprese statiche e musica ossessivamente disarmonica portano così all'inevitabile crescendo di noia. Peccato.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Si sparano i nomi di Serena Grandi e Fabio Testi in locandina, dove campeggia una loro scena a letto, ma la verità è che la storia la fanno altri, con i due semplicemente confusi tra i non troppi sospettati di omicidi piazzati all'interno di una vicenda ricavata da un reale fatto di cronaca. L'ambientazione è bulgara, tra le strade e i palazzi di una Sofia che Mogherini riprende senza riuscirne a cogliere alcun aspetto vivace o pittoresco (se non forzatamente, inserendo un orso ballerino con lo sfondo della Cattedrale di Alexander Nevsky o scene alle terme d'epoca).

In...Leggi tutto un'Europa dell'Est rinnovata, i colori (e dire che la fotografia è di Kuveiller!) sono ancora quelli stinti del tempo precedente, la musica di Gianni Ferrio legata a quella operistica, i look bislacchi, con una lunga teoria di cappelli di ogni foggia che, quando compare la squadra di polizia dopo il primo omicidio - quello della scrittrice Sonia Petrova (Dimitrova) - ci presentano i due ispettori in tutta la loro eccentricità. Il più anziano (Kamarashev), classicamente sul punto di andare in pensione, delega il caso al più giovane, il vice ispettore Ivan Zanev (Martignetti), appassionato di sassofono e dall'aria molto meno carismatica. Dovrà indagare sulla famiglia della vittima, composta dal marito attore Peter (Testi), con il quale la donna viveva senza di fatto più avere alcun rapporto (viene infatti uccisa dopo aver fatto sesso in un motel con un aitante diplomatico), la figlia Ania (Pencheva) e la sorella Tania (Grandi), anche lei attrice, italiana. Tra i presenti al funerale - e quindi probabilmente coinvolti nei fatti - ci sono i colleghi di Peter, tra cui la giovane Milena (Petrova), che si dice essere la sua "amichetta", e la più stagionata primattrice Giulia (Bolkan).

Il materiale su cui lavorare, per la strana coppia di ispettori, non manca; a differenza della tensione, completamente assente, che in un giallo di questo genere, in cui si cerca un assassino di cui vediamo solo la pistola sparare in soggettiva, si vorrebbe percepire, almeno in minima parte. Al contrario Mogherini, che una volta di più difetta nel dare ritmo alla sua storia, si accontenta di svolgere il tutto tentando vanamente di dare spessore ai personaggi (l'unico che in parte riesce a emergere è l'ispettore capo, dai tratti alla Poirot) e denotando in questo caso chiare carenze nella direzione del cast. I trascorsi da scenografo avrebbero dovuto suggerirgli di arricchire un po' la messa in scena, ma evidentemente le limitazioni del budget non glielo hanno permesso e il risultato è un giallo dall'apparenza decisamente povera, che non convince né nel dipanarsi della trama né nella scelta degli indizi su cui investigare (davvero miseri).

Artificioso il rapporto tra il vice ispettore e la figlia con problemi di deambulazione e pure quello tra le due star Grandi e Testi (con qualche atteso nudo visibile solo nell'unica, canonica e scialba scena di sesso). Insomma, siamo nella tradizione dei gialli che non possono ambire a farsi ricordare per alcun motivo, con la Bolkan in un ruolo del tutto marginale e inserita giusto per ingrossare in qualche modo le file dei sospetti.

Chiudi
Mettendo il rock in primo piano nel titolo e nella foto in locandina si crea fin da subito l’associazione con la musica, ma lo spunto di base si avvicina piuttosto - se si vuole guardare a un cinema coevo - a quel GRAZIE RAGAZZI che Riccardo Milani aveva ripreso da una più celebre pellicola francese. Lì un gruppo di detenuti allestiva uno spettacolo teatrale attraverso il quale mostrava di poter essere “rieducato”, qui a fare da collante –...Leggi tutto sempre all’interno di un carcere - è una band rock nata da una collaborazione tra detenuti e incoraggiata dal sottosegretario (De Lorenzo) che deve sovrintendere alle loro attività ricreative ed è in contatto costante con la direttrice (Crescentini).

L’anima del gruppo, colui che per primo si muove per far nascere il progetto, è Bruno Verdocchi (Lillo), chitarrista dallo stile profondamente rock finito agli arresti per aver tentato di sabotare l’esibizione della sua ex band, gli Entry Level, dopo esserne stato cacciato per eccesso di esibizionismo (assoli del tutto fuori luogo, atteggiamenti da rockstar decisamente poco consoni). Una volta in prigione, e saputo che il compagno di cella Roberto (Lastrico) ha un passato da batterista, sogna con lui di poter formare lì un gruppo e cerca di convincere la direttrice dell'operazione. Lei non ci pensa nemmeno, ma viene presto ridotta a più miti consigli dal sottosegretario appassionato di musica e il progetto infine si avvia. Vi prendono parte un burbero bassista che tutti chiamano “il professore” (Elio), un corpulento bruto (Cagnina) specializzato nello “spanciare” il prossimo, una ragazza dal temperamento palesemente instabile (Claisse) che ha ucciso il padre e che suona la batteria confinando Roberto alle tastiere e, in un secondo momento, il cantante rap K-Bone (Naska, che cantante lo è davvero). L’obiettivo è quello di partecipare a un importante contest della Capitale, ma riuscirci non sarà facile e bisognerà capire quale dovrà essere la strada più percorribile.

Se la trama non è esattamente delle più originali, ci si aspetterebbe che a brillare fosse almeno la sceneggiatura. Invece le battute si contano in numero minore del previsto e il compito di far ridere spetta soprattutto a Lillo, unico della band a ricavarsi un ruolo di primo piano: gli altri restano sullo sfondo, in ombra anche nel caso di Lastrico che pur nelle prime fasi in cella sembrava poter recitare da ottima spalla. Il solo a spiccare è Elio, musicista autentico che – per quanto poco gli sia reso possibile dalla sceneggiatura – diverte imponendosi con quella caratteristica, rigida seriosità che lo fa risultare spesso più comico di chi cerca di far ridere attraverso la battuta classica. Finisce così che a farsi notare di più sono il veterano De Lorenzo, caratterista di rango con la tendenza evidente alla macchietta, il secondino eccentrico ben tratteggiato da Valerio Aprea e l’avvocatessa alle prime armi cui dà il (bel) volto Sofia Panizzi.

Il film è poco equilibrato e, per quanto diretto con una certa verve, carente d'inventiva. Appare inoltre più poveristico di quanto in realtà sia anche a causa di un ambiente grigio e statico, ben fotografato ma limitante. Una commedia guardabile, a tratti buffa (Lillo conferma la sua predisposizione al comico e una fisicità che lo associa in questo frangente, per ovvi motivi, al Jack Black di SCHOOL OF ROCK) ma talvolta tirata via e troppo spesso insignificante, pure nelle sue fugaci parentesi familiari con la figlia e la moglie di Bruno, riempitivi che hanno l’unico pregio di dare un po’ di varietà alle scene. Ultima parte on stage con esiti prevedibili e un po’ di musica “live”, ma anche qui quasi nulla da segnalare…

Chiudi
La grande differenza rispetto al romanzo di Wiliam Adler e al film precedente è ben sintetizzata dall'eliminazione dal titolo della parola “war”, guerra. Questa nuova versione trova infatti la sua originalità, rispetto alle passate, nel fatto di essere profondamente inglese e non più americana; qui i protagonisti raggiungono il conflitto aperto solo nella fase più avanzata del film e quasi solo in ossequio a quelli che erano i punti di forza almeno della celebre GUERRA DEI ROSSES...Leggi tutto diretta da DeVito; perché è evidente che ciò che interessa, in questo caso, non è la deflagrazione del contrasto di coppia ma l'evoluzione che progressivamente ad esso conduce.

Theo (Cumberbatch) e Ivy (Colman) sono una coppia modello, almeno all'inizio. Si comprendono, si completano. Lei ha un piccolo ristorante specializzato in piatti con granchio che mantiene quasi solo per hobby, lui è un architetto di successo che porta a casa buona parte di ciò che serve per vivere. Due figli da crescere, scherzi, tracce solo sotterranee di quell'ironia tagliente che diventerà la cifra stilistica del film, lontana dalle eclatanti azioni di Douglas e la Turner. Gli inglesi (perché profondamente inglese è tutto il film, per quanto coprodotto con Canada e Stati Uniti) interiorizzano, sanno controllarsi. Ci sono due figli da crescere e chi guarda non riesce a capire come sia possibile che Theo e Ivy arriveranno a comportarsi, di fronte alla consulente matrimoniale (nella scena che si vede all'inizio ed è solo una breve anticipazione di quanto accadrà in seguito), come due persone che palesemente non si sopportono più.

Rivediamo il momento in cui i nostri si sono conosciuti, nella cucina di un ristorante (arrivando a “consumare” immediatamente nella cella frigorifera) e rivediamo anche i primi momenti difficili passati insieme. Il momento di frattura, deciso, arriva quando un nuovo progetto di Theo, architetto di successo, crolla sotto i colpi di una tempesta: il futuristico museo navale con vela che si muove al vento sul tetto cede e il video che riprende in diretta il disastro diventa virale, portando al licenziamento inevitabile di Theo e a una sua nuova dimensione, in cui è completamente dedito ai due figli (i quali diventeranno presto degli sportivi ossessionati dalla forma fisica).

Nel contempo Ivy, che riceve nel suo ristorante una celebre critica culinaria, ottiene una recensione entusiastica che d'improvviso moltiplica i clienti trasformando il piccolo ristorante in un grossissimo affare e Ivy in una donna di successo, invitata a party ed eventi e pronta a cambiare vita. Lui si rinchiude in se stesso, lei si apre al mondo: il ribaltamento dei ruoli è sufficiente per acuire ogni crisi e la situazione peggiora di giorno in giorno. Senza che mai, tuttavia, si abbia la sensazione di una rottura definitiva, perché i due mostrano a sprazzi ragionevolezza e comprensione reciproca, ed è questo a incanalare il film in un binario diverso dal precedente.

La casa nel verde che Ivy (grazie al denaro da lei guadagnato) propone a Theo di progettare per loro lasciandogli di fatto mano libera diventa l'ancora a cui aggrapparsi per salvare il matrimonio: lui vi si getta anima e corpo mentre lei prosegue espandendo gli orizzonti del suo business; alla cena con gli amici per inaugurare la spettacolare "creazione" architettonica di Theo, tuttavia, il conflitto prende una brutta piega e la sottile ironia diventa feroce confronto dialettico pubblico, aprendo alla crisi conclamata in cui ci si riavvicina alle tematiche note dell'opera precedente. Lo si fa tuttavia senza che la progressione giustifichi con sufficiente coerenza le iperboli di ferocia che vedremo, come se fosse un atto dovuto per non allontanarsi troppo da quello che era il punto di forza del film di DeVito. Il risultato è che le esagerazioni appaiono in questo modo talvolta come una forzatura, rispetto all'eleganza e all'autocontrollo tutto inglese che domina fin dall'inizio. Ciò che quindi era il valore aggiunto nel modello qui rappresenta più un “omaggio” che garantisca qualche scena da ricordare e liberi una risata liberatoria quasi slapstick (lo scontro a fuoco in casa) dopo tanti sorrisi.

Davvero straordinari i due protagonisti, attori di rango che sanno recitare al meglio sul filo dell'ironia, efficacemente spalleggiati qua e là dalla coppia di amici composta da Kate McKinnon e Andy Samberg. Bravo Jay Roach a mostrare con buona prova di realismo le conseguenze di imprevisti che possono minare la solidità di un matrimonio, pur certo senza mostrare grande originalità nell'affrontare l'argomento. Pregevoli i titoli di testa animati accompagnati dalla “Happy Toghether” dei Turtles rifatta da Susanna Hoffs e Rufus Wainwright (ripresa anche nel finale).

Chiudi

Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

SFOGLIA PER GENERE