il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

LE MALIZIE DI VENERE
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360305 commenti | 68435 titoli | 26971 Location | 14207 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Attacco allo Stato (serie tv) (2006)
  • Multilocation: Via Antonio Chinotto 1
  • Luogo reale: Via Antonio Chinotto 1, Roma, Roma
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  • Film: Lezioni di volo (2007)
  • Luogo del film: Il secondo albergo nel quale Apollonio (Miglio Risi) e Curry (Karumathy) dovrebbero pernottare
  • Luogo reale: Jodhpur: Umaid Bhawan Palace, Circuit House Road, India, Estero
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Daniele Rienzo

    Daniele Rienzo

  • Enrico Dezan

    Enrico Dezan

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Artemio77
L'impressione è che una gestazione lunga e una produzione attenta al soldo abbiano impedito al film di spiegare le ali. Ma non del tutto. Il makeup del lupo che rievoca Waggner, il tema tragico di un "cambiamento" pseudopatologico che minaccia le persone che si amano (rappresentato in modo lento e degenerativo quasi a la Cronenberg) si può cogliere. E l'Oregon ripescato in Nuova Zelanda è una cornice notevole. Pochi cedimenti nel ritmo, la parte "bestiale" e grondante sangue ha il suo spazio e l'uso del digitale (la vista del Lupo) è intelligente. Whannel resta autore interessante.
Commento di: Apoffaldin
L'anarchico internazionalista Giulio Manieri è arrestato insieme ai compagni durante un disorganizzato tentativo di moto rivoluzionario. Viene condannato prima a morte e poi al carcere a vita. Film che parla a nuora (il tardo Risorgimento) perché suocera (l'Italia di oggi) intenda che il velleitarismo politico confuso non conduce a niente. Diviso in tre parti, è affidato soprattutto alle notevoli qualità espressive di Brogi e a molti monologhi. La regia dei Taviani, nella sua apparente essenzialità, offre molti preziosismi degni di nota. Non può e non vuole essere un film per tutti.
Commento di: Fabbiu
La nostra esistenza è fatta di performance continue, l’identità personale non è che un fluire di maschere e ruoli, quale parte di noi è una recitazione e quale è reale? A questi - ma probabilmente molti altri - temi punta Leos Carax in un'opera surreale che ipnotizza lo spettatore o gli fa porre dubbi attinenti: nel caso in cui non esistesse una parte reale di noi quale sarebbe il senso, lo scopo, chi guida cosa? Il tutto è visto sotto la lente più illusoria di tutte, quella del cinema stesso in quanto linguaggio di rappresentazione.
Commento di: Dave hill
Con budget all'osso e attrici prese dalla strada (vere prostitute), Henelotter gira un film divertente, surreale e provocatorio a partire dal titolo. Non originale ma molto gore la storiella dello studente di medicina Franken che pensa bene di rianimare e riassemblare la fidanzata morta tragicamente scegliendo le parti migliori di ignare donatrici da ricercare nei bassifondi newyorkesi tanto cari al regista, popolati da spacciatori, papponi, prostitute fatte di crack, derelitti. Imparerà, a sue spese, che chi fa da sé fa per tre!
Commento di: Bibi
Tutto ruota attorno al personaggio di un regista, interpretato da un Mastroianni che è un'icona del cinema felliniano. Qui è un regista a cui manca la creatività e l'ispirazione per portare a termine un film che vede coinvolti una serie di personaggi i più svariati e diversi possibile. L'ispirazione non manca a Fellini, che dirige un film fortemente autobiografico tenuto insieme da scene che altro non sono che poetici frammenti molto suggestivi in cui prevalgono il bianco e le figure femminili. Il problema è che questa anarchia narrativa rende il film criptico e non regala emozioni.
Commento di: Bibi
E' l'unico film ambientato durante la guerra dei Trent'anni ed è un'ambientazione molto accurata. La sceneggiatura non risparmia scene di cruda violenza ed evidenzia il fanatismo e il bigottismo della religio (latino) vista come superstizione. Da evidenziare la buona prova di un Caine, a cui è affidato il ruolo di un personaggio complesso con varie sfaccettature, a differenza dei tanti ruoli da comprimario che avrà in seguito. Non sfigurano neppure Sharif e la Bolkan. La regia di Clavell è decorosa. Peccato per i colori dell'epoca che, di certo, non giovano alla visione del film.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Non un sequel questa volta ma, visto anche un Keanu Reeves a mezzo servizio (e anche meno), uno spin-off, che s'intrufola nel mondo di John Wick sfruttando tangenzialmente l'idea del Continental (la catena di hotel di lusso in cui è proibito uccidere) e con più decisione quell'estetica laccata e raffinata mescolata all'azione turbolenta che sono marchi indelebili della saga. Reeves lo s'infila come marchio di garanzia certificato, presente molto di sfuggita (e semimuto) in una scena nella prima parte e in modo più decisivo e importante nell'ultima, quando...Leggi tutto agisce da “mediatore”.

Il prologo è poco centrato, con siparietti banalmente melodrammatici in cui padre e figlia si divertono sulla spiaggia e il carillon con la ballerina che appare insistentemente imponendosi come immagine simbolo del film. Quando poco dopo subentra l'azione esplosiva, con l'arrivo - nel castello dove i due vivono - di un manipolo di uomini in nero armati fino ai denti al servizio del losco Cancelliere cui dà il volto Gabriel Byrne, si rientra finalmente nel mondo "vero" di John Wick, nel quale da sempre si spara, si trucida, si bombarda, si vola e ci si mena a più non posso. Ma ancora il film non decolla: tutto troppo già visto, piatto... Bisogna aspettare la fatidica didascalia che ci riporta al presente (o meglio al 2019, a cavallo tra gli eventi del terzo e quarto capitolo) e l'entrata in scena della De Armas (la stessa bambina dell'incipit ormai diventata una donna, Eve Macarro) per cominciare a ingranare.

Le prime fasi sono tuttavia ancora un lungo percorso di iniziazione durante il quale la protagonista si allena a diventare una "ballerina" della Ruska Roma, scuola di danza - gestita da un donnone carismatico (Huston) - dove in realtà ci si trasforma in "guardie del corpo" molto particolari, con chiara licenza di uccidere. L'ha portata lì il buon Winston (McShane), il direttore del Continental di New York che l'ha aiutata dopo che nell'agguato iniziale il padre di lei era morto. Non le ci vorrà molto prima di incontrare sulla sua strada un uomo che sul braccio porta lo stesso simbolo di quello che Eve aveva visto sul braccio degli assassini di papà, al castello. Partirà alla volta di Praga, dove ha scoperto che le stanze del Continental ospitano un altro killer affiliato alla stessa “setta”, e da qui si ritroverà nello splendido paesino austriaco di Hallstatt (il nome esatto viene mantenuto anche nel film), dove si rifugia il Cancelliere, l'uomo a cui Eve ha giurato vendetta.

Tutta la seconda parte del film è ambientata sotto la neve nel magnifico borgo, i cui abitanti verranno sterminati allegramente dalla "Ballerina" in quella che si trasformerà in breve nella consueta carneficina esagerata. Il livello dell'azione salirà a livelli parossistici e tutto rientrerà con decisione, dopo una sparatoria selvaggia in un'armeria che ci aveva fatto pregustare la violenza selvaggia e sanguinaria tipica della saga, nei consueti binari dello spettacolo brutale di indicibile ferocia: un delirio di corpi maciullati, bucherellati, accoltellati, impiccati, fatti esplodere e massacrati a ritmo di videogame. Il finale coi lanciafiamme alza ulteriormente l'asticella e - almeno al cinema - le scene valgono il prezzo del biglietto.

La De Armas non ha modo di brillare granché al di là della prestanza fisica, gli altri fanno quel che devono e la regia tiene viva l'attenzione senza concedere un attimo di tregua (memorabile anche un comico scontro ravvicinato con piatti spaccati in testa). Gli appassionati della saga gradiranno, pur se qui latita parzialmente quella poesia rafforzata da una sorta di misticismo che si accompagnava a uno stile esteticamente elegantissimo e alla grandiosità scenografica, ritrovata in questo caso solo grazie ai suggestivi scenari sul lago ad Hallstatt.

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Ad attirare ogni attenzione non può che essere la livida Vienna del dopoguerra, fotografata con un bianco e nero sublime da Robert Krasker (meritatissimo l'Oscar). L'abilità del regista Carol Reed nel coglierne scorci architettonicamente straordinari, allargandoli con grandangoli che ne abbracciano la ricchezza delle decorazioni o le prospettive impossibili (si pensi alle riprese sotto la ruota del Prater), riempie gli occhi, rendendo difficile non distrarsi da una storia che al contrario non ha nulla di troppo eccezionale, un noir spionistico convenzionale retto da un Joseph...Leggi tutto Cotten corretto ma niente più.

Nel film Cotten è Alga Martins (in originale Holly Martins, chissà cosa è saltato in testa ai nostri traduttori), scrittore di romanzi d'avventura di poche pretese, chiamato nella capitale austriaca dal suo amico d'infanzia Harry Lime per un lavoro di cui nulla è dato sapere. Né si saprà in seguito, dal momento che Martins scopre come Harry sia appena stato trovato morto dopo essere stato investito da un'auto. L'uomo presenzia al funerale di Harry e viene messo al corrente dalla Polizia che il suo caro amico non era esattamente uno stinco di santo. Non glielo conferma però l'amante di questi, Anna Schmidt (Valli), ancora innamorata dello scomparso, che non tiene per nulla in considerazione le chiare avance di Martins.

Martins prova come può a indagare su alcune circostanze poco chiare relative alla morte di Harry. Ad esempio viene a sapere che, oltre alle due persone che avevano portato via il corpo, sul luogo dell'incidente era presente un terzo uomo (da cui il titolo), la cui identità sembra a tutti sconosciuta. Anzi, gli altri due negano sia mai esistito, questo terzo uomo... Intorno a questa figura misteriosa ruota una storia che non manterrà poi il segreto troppo a lungo, svelando progressivamente la soluzione. Nel frattempo alla Valli viene concesso ampio spazio per dare corpo a una figura melodrammatica che l'algida attrice è brava a non far scadere nel melenso.

E' chiaro poi che la comparsa in scena di Orson Welles diventa d'improvviso centrale, contribuendo a dare varietà alla vicenda e permettendo al grande uomo di cinema di confezionare per se stesso un celeberrimo monologo (inutile citare una volta di più la frase sull'Italia che in un'epoca di orrori e odio seppe far nascere Leonardo e il Rinascimento al contrario della Svizzera, alla quale il placido benessere permise di donare al mondo solo... l'orologio a cucù!). Ma ancora e sempre a lasciare meravigliati sono gli scenari studiati in ogni inquadratura soprattutto per i tanti esterni, ancor più fascinosi quando girati di notte, con contrasti di luce che ne mettono in risalto le forme e i particolari.

Si respira modernità nella caratterizzazione di molti personaggi, ambigui e beffardi, meno nello sviluppo della storia, penalizzata da una regia piuttosto compassata che si sviluppa arenandosi in pause non richieste e lungaggini inutili (e l'invadente chitarra acustica di Anton Karas in colonna sonora, quando dilaga, diventa snervante), con l'uso però della lingua tedesca che, non comprensibile al protagonista, ne restituisce in molti casi lo spaesamento. Molte le scene passate alla storia del cinema, ma ancora una volta più per la loro resa grafica (l'inseguimento nelle fogne, la caccia notturna al "terzo uomo", il finale lungo il viale alberato del cimitero) che per il significato delle stesse all'interno del film. Comunque un classicissimo da conoscere.

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Dal Nuovo Galles del Sud, in Australia, il rude sergente della polizia Scobie Malone (Taylor) se ne volerà fino a Londra, dove lo aspetterà una missione decisamente non facile: dovrà riportare in patria - per conto del primo ministro - nientemeno che sir James Quentin (Plummer), alto diplomatico australiano con il quale il politico è in contrasto. L'agente non ne avrebbe alcuna voglia, ma non può evitare di partire.

Appena arrivato nella capitale inglese, Malone si imbuca a un ricevimento organizzato da sir James durante il quale comunica a quest'ultimo...Leggi tutto cosa sia venuto a fare lì, spiegandogli come in Australia dovrà rispondere di essere scappato dal paese poco dopo l'uccisione di sua moglie, della quale è sospettato. L'uomo si mostra comprensivo, corretto, ma spiega che prima dovrà concludere degli importantissimi colloqui di pace che gli impediranno di lasciare Londra se non dopo due o tre giorni. Malone si irrigidisce, spiega come lui debba eseguire degli ordini ma intanto, all'esterno della villa del ricevimento, qualcuno cerca di far fuori sir James, salvato dallo stesso Malone che si lancia all'inseguimento del killer.

I rapporti tra il poliziotto e il diplomatico presto migliorano; ospitato in villa, il primo conosce la moglie del secondo e la sua bella segretaria (Sparv), ma non solo; anche altri personaggi che non si capisce bene quale ruolo avranno nella vicenda, speziata di spionaggio internazionale e a tratti piuttosto confusa. Ad ogni modo la storia si segue e contrappone Malone a uomini che mostrano di avere la seria intenzione di eliminare sir James. Dopo un'introduzione che ce lo mostra alle prese con ladri da quattro soldi nel deserto australiano, in un clima decisamente afoso (si notano le tragiche, sudatissime ascelle di tutti), Malone mostra già la risolutezza di un carattere granitico a colloquio col ministro. Non gli basterà per evitare la trasferta londinese, durante la quale la sua personalità avrà modo di imporsi attirando le attenzioni delle belle donne che ronzano intorno all'elegantissimo, rispettoso e corretto sir James, cui Plummer regala tutta la sua classe. In villa anche Clive "fin qui e non oltre" Revill nel ruolo del maggiordomo poco avvezzo ai comportamenti non sempre “ortodossi” dell'australiano.

La sceneggiatura ha buoni momenti ed è scritta con mano piuttosto felice, ma a difettare è la regia di Ralph Thomas, non fiacca ma priva di scene che riescano a catalizzare l'attenzione. Anche in quella "hitchcockiana" sul Grand Centre di Wimbledon (dove si sta svolgendo un'importante partita di tennis) non si riesce a respirare la necessaria tensione, col risultato di trovarsi di fronte a un action spionistico piuttosto spento, rigidamente british, che nonostante un buon lavoro d'insieme scarsamente coinvolge.

Rod Taylor ha comunque la faccia giusta per il ruolo, quella del poliziotto un po' rozzo e fuori luogo ma che sa come comportarsi nell'alta società senza sfigurare, grazie all'acutezza e alle pronte risposte. Qualche scazzottata di troppo (in cui Malone spesso le prende), una femme fatale dagli occhi di fuoco come l'israeliana Daliah Lavi (volto baviano e rondiano di un 1963 italiano per lei memorabile), un flavour fine Sessanta molto chic ma una storia condotta in modo anonimo e asettico, ben recitata quanto anodina.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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