il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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362589 commenti | 68858 titoli | 27101 Location | 14319 Volti

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Location Zone

  • Film: Amore amaro (1974)
  • Luogo del film: La casa di Renata (Gastoni)
  • Luogo reale: Piazza Ariostea 26, Ferrara, Ferrara
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  • Film: Non mi uccidere (2021)
  • Multilocation: Il palazzo di Corso Vittorio Emanuele II 229
  • Luogo reale: Corso Vittorio Emanuele II, Roma, Roma
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Luca Molteni

    Luca Molteni

  • Valentina Di Simone

    Valentina Di Simone

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Cerveza
Terry non accetta che le donne vengano giudicate in base all’aspetto fisico, così, dopo aver consigliato a un’amica di scegliere con chi uscire in base all’auto che possiede, decide di fingersi un ragazzo per vedere l'effetto che fa. Se voleva essere una screwball comedy aggiornata agli anni '80, l'unico aspetto simile è la pesante forzatura degli eventi, ma, visto il generale tono leggero, questo sarebbe il male minore. Il peggio è infatti rappresentato dalla loro stanca ripetitività. Una volta innescato l’equivoco madre, non si va molto oltre… fino al disvelamento shock.
Commento di: Myvincent
Il pianeta è in pericolo a causa di un virus letale con cui un sedicente gruppo vuole infettare negli acquedotti, ma c’è l’agente Kristal che darà filo da torcere. Parente povero ispanico del più sofisticato 007, il film contiene pupe in abbondanza, tutte simili, tanto da confondersi fra buone e cattive. Azioni, dialoghi e sviluppi al limite del ridicolo, toilette femminili terribilmente kitsch. Insomma, terribile.
Commento di: Cotola
Ritratto psicologico di un chimico, appassionato di musica sperimentale, con problemi relazionali probabilmente legati ai rapporti irrisolti con la madre e col padre. Guardandolo si pensa, in senso positivo, al cinema di Bergman, anche se qui il grado di profondità e complessità è inferiore. Non lo è invece l'amarezza che permea i rapporti umani che la sceneggiatura sa rendere bene, così come è ben descritto lo smarrimento emotivo di un uomo difficile ma non anaffettivo. Buon film, nobilitato anche da un cast che se la cava più bene, specie il protagonista.
Commento di: Magerehein
Found footage molto simile al precedente Hungerford (l'invasore di turno non differisce molto). A differenza di diversi film a tema, ha il non indifferente merito di dare fuoco alle polveri quasi subito, risparmiando fasi preparatorie di dubbia utilità, però quanto segue non esibisce una scrittura propriamente brillante (sebbene certi omicidi a sangue freddo possano sorprendere) e patisce un montaggio assai ballerino atto a nascondere la povertà della CGI. Al netto dei difetti la vicenda riesce comunque a farsi seguire, anche perché derivativa. Finale aperto a un possibile sequel?
Commento di: Gold cult
Tra noir e poliziesco, sarebbe un classico b-movie anni 50: trama solida e asciutta, ben strutturato e con qualche buona intuizione. Peccato che confezione e regia siano piuttosto anonimi: in 67 minuti non vi è un guizzo, un movimento di mdp o una musica degni di nota e tutto rimane piuttosto piatto, seppur generalmente piacevole. I personaggi, poi, sono poco umani e non guadagnano la nostra affezione, anzi, sembrano fare a gara in antipatia (eccettuata la recluta, che comunque non è che faccia venire i brividi). Il ridoppiaggio moderno lo svecchia. Sul totale perde mezzo pallino.
Commento di: Trivex
Il low-budget si vede e si sente pure, in quanto i dialoghi a volte sono imbarazzanti. Senza pretese, senza troppa passione, guardabile dagli specialisti, ma il giudizio è sotto la sufficienza, complessivamente. Sceneggiatura superficiale, alla fine poi si tenta il "colpo gobbo", ma il medesimo non stupisce e non rende alcun valore aggiunto al prodotto. Scene splatter mediocri, mentre i ragni inquadrati da vicino possono impressionare gli aracnofobici, ma le riprese si dilungano troppo e la tentazione di soprassedere sovviene presto. Il tema musicale è discreto.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Nuovo tour per Roger Waters dopo US + THEM, dal quale mutua l'idea base di mescolare musica e invettive contro il potere attraverso messaggi giganteschi sparati sugli schermi. Il nuovo palco propone un impianto luci strepitoso e un videowall gigantesco a forma di croce che, sospeso sulle teste della band, mostra animazioni di gusto sopraffino e per l'appunto messaggi fulminanti contro le guerre e gli oligarchi che dominano il mondo, moniti a caratteri cubitali che si materializzano creando un bel collegamento con le canzoni,...Leggi tutto lasciando subito capire come Waters sia prima di tutto compositore e autore dei suoi pezzi (e di buona parte di quelli dei Pink Floyd).

Non c'è spazio per le mezze misure, nello show: volano gli insulti, si prendono con veemenza le difese dei popoli indifesi e degli oppressi, come se la musica servisse da semplice accompagnamento per veicolare messaggi universali di pace e di odio nei confronti di chi domina le masse (rappresentate per esempio dalle pecore di "Sheep"). L'apertura è altamente d'atmosfera, con "Comfortably Numb" rivista nella recente chiave watersiana: lo schermo gigante rimanda le immagini altamente suggestive del videoclip relativo, i tempi della canzone vengono rallentati, le chitarre di Gilmour (che davano vita a uno degli assoli più celebrati della storia del rock) rase a zero e sostituite da tappeti di tastiere che restituiscono un brano assai diverso dall'originale. La band è totalmente in ombra, mentre suona, in attesa che lo schermo a croce si sollevi e prenda la posizione che manterrà poi per l'intero concerto.

L'energia si sprigiona con la successiva "The Happiest Days Of Our Lives", a cui segue immancabilmente "Another Brick In The Wall parte 2" e, subito dopo, pure "parte 3" (come nel tour di US + THEM) in un bel sunto dei momenti più noti e trascinanti di "The Wall". Esecuzioni impeccabili, qualche ammodernamento, suoni molto meno sintetizzati rispetto al 1979. Un ottimo break, al quale segue inattesa "The Powers That Be", da "Radio Kaos" (il secondo, sottovalutato disco solista di Waters), rivista in meglio e giustamente recuperata. "The Bravery Of Being Out Of Range" riassume molto del pensiero dell'artista ed è una tappa fissa dei suoi concerti, con lo schermo che si popola di scritte, grida d'aiuto... Il brano tuttavia non è fenomenale e si dilunga oltremodo. Arriva poi l'inedito "The Bar", estesa composizione scritta durante il Covid e qui spezzata in due parti (la seconda in chiusura), in cui lo spirito più cantautorale di Waters si concretizza (come in altre occasioni) in brani poco incisivi e stanchi.

Meglio il ritorno ai Floyd di "Have a Cigar", con inevitabile ricordo di Barrett (e relativi video che passano sullo schermo), che prosegue con "Wish You Were Here" e le parti meno note della suite "Shine On You Crazy Diamond". Un breve aneddoto in cui Waters ricorda un giorno con Barrett a Las Vegas nel '68 (in realtà era il '67, Barrett lasciò i Floyd a Gennaio 1968 dopo pochi concerti in Inghilterra) quindi "Sheep" (uno degli highlights del concerto) e la consueta mascherata da "The Wall" con uniformi e martelli (si suonano "In The Flesh" e "Run Like Hell", che cantata da Waters surclassa la versione "Pink Floyd" con Gilmour e altri alla voce). Subito dopo, un ritorno al presente con "Déjà Vu" dall'ultimo disco e a seguire l'intero secondo lato di "The Dark Side Of The Moon" (nel tour di US + THEM aveva cantato solo il primo) e la presentazione dei due brani finali, "Two Suns In The Sunset" (inatteso recupero da "The Final Cut") e "The Bar" parte 2, al quale viene incollata, senza soluzione di continuità, "Outside The Wall".

Nel contesto generale, maiali che volano (pure pecore, in "Sheep"), raggi di luce, centinaia di volti che appaiono e scompaiono sul megaschermo, intermezzi di Waters che pontifica contro il nucleare o contro i dittatori di ieri e oggi in un clima acceso che mostra quanta energia l'uomo abbia ancora in corpo a ottant'anni, stemperata da siparietti amichevoli in cui Waters discorre a voce bassa con il pubblico, brinda con i musicisti sul palco, parla della moglie e del fratello recentemente scomparso. Nella scelta dei brani non si è retrocessi oltre il 1973 di "Dark Side" lasciando fin troppo spazio a cantautorate spesso anonime come l'ultima "The Bar". Detto di una scenografia spettacolare ma piuttosto monotona, non particolarmente fantasiosa e derivata, anche concettualmente, da quella del tour precedente, il concerto è piacevole ma sembrano mancare una vera spinta innovativa (ci si adagia troppo sugli schemi collaudati da US + THEM) e una scelta dei brani più oculata (chiudere con "Two Suns In The Sunset" e "The Bar" non è esattamente il massimo).

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Thriller sardo dal titolo intrigante che palesa fin da subito qualche difficoltà nella gestione della presa diretta, con la voce off della detective Anna Carreras (Piras) coperta parzialmente da musiche che ne compromettono la piena comprensione. In seguito il problema, pur non risolto del tutto, rientra, mentre alcune belle riprese dall'alto, intanto, nascondono i limiti di un budget assai ridotto.

Il prologo con l'omicidio di una giovane nel bosco, con l'assassino vestito di nero in tenuta da SO COSA HAI FATTO...Leggi tutto, sembra a tratti quasi una parodia involontaria del genere, anche se fortunatamente la fotografia, piuttosto ricercata (pur se filtrata in modo esagerato), conferisce un aspetto professionale alla scena. A quanto pare si tratta del secondo delitto del serial killer di turno, che uccide ragazze appendendole a testa in giù e legandole con corde e nastri colorati. La citata Anna Carreras, chiamata a indagare sulla morte di sua sorella Claudia (la ragazza dell'incipit), prende con decisione in mano le operazioni. Figlia di un poliziotto a sua volta ucciso misteriosamente tempo prima, la donna si fa notare subito per il piglio risoluto e l'incapacità di smorzare i toni anche con il suo secondo, Fiorenzo Vargas (Muscas), convinto che lei non sia la scelta migliore per le indagini, coinvolta com'è nella vicenda.

Anna ostenta impassibilità, mentre spiega al suo team (e a noi) le coordinate del caso: sguardo che non si abbassa mai, espressione di ghiaccio, si sente in realtà colpevole per non aver saputo prendersi cura della sorella, finita alla deriva e una volta addirittura recuperata (come vediamo in un flashback) mentre dormiva sotto un ponte. I primi interrogatori non sono l'esempio massimo del collaborazionismo, da parte di chi di fatto si rifiuta di fornire elementi utili all'indagine, e mette in evidenza le problematiche dovute all'assenza non solo di prove ma pure di indizi validi. Forse c'è qualcuno che ha visto un fuoristrada allontanarsi dalla scena del secondo delitto ma è ancora troppo poco, anche se poi il possibile proprietario dello stesso, che mantiene un fratello con gravi ritardi mentali, spinge Anna a credere di avere in mano il colpevole. Glielo dice l'istinto, che a quanto sostiene rappresenta l'80% della probabilità di azzeccarci, per chi ha grande esperienza nel campo come lei. Vargas la asseconda di nuovo poco convinto, proponendosi come l'elemento più “sano” e misurato della coppia.

Mirko Zaru, autore unico della sceneggiatura, dirige un film che cerca di lavorare soprattutto sull'approfondimento psicologico della protagonista. Non potendo contare su una recitazione complessiva troppo soddisfacente (nella maggior parte dei casi è anzi piuttosto scarsa), si affida a una Maria Chiara Piras che, spesso in tenuta nera alla Carrie-Anne Moss, mostra comunque una bella convinzione, azzeccando il personaggio. Non basta però, perché molte scene durano costantemente più del necessario e il tempo utilizzato per le pause e i silenzi non si concretizza in uno sperato accrescimento dello spessore. Detto di una storia che a livello di intreccio giallo vola bassissimo, risolta con un colpo di scena telefonato quanto improbabile, restano di buono una colonna sonora di bella resa e la fotografia superiore alla media di questo tipo di produzioni. Però le lungaggini, gli inciampi nella recitazione, l'artificiosità con cui vengono portati in scena molti dialoghi penalizzano non poco il lavoro di chi comunque potrebbe in futuro dimostrare di avere delle frecce al proprio arco.



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Spetta alla diversa sensibilità di ognuno giudicare un film tanto intimista e introspettivo, nel quale alle parole molto spesso si sostituiscono i silenzi dei campi lunghi che si aprono sui paesaggi innevati di Yanji, cittadina cinese ai confini con la Corea del Nord. THE BREAKING ICE è la storia di un'amicizia che trascende in amore e si confonde, che muta aspetto per riprendere i connotati di un rapporto a tre, da sempre calamita per un certo tipo di cinema che ama giocare con l'ambiguità dei sentimenti.

Nana (Zhou), guida turistica che accompagna in pullman...Leggi tutto chi desidera visitare i dintorni, sogna di pattinare sullo specchio gelato dei vicini laghi ghiacciati, di scivolare da sola su quelle superfici per fuggire dalla meccanicità di un lavoro che non ama e dal quale evade condividendo le sue serate con Xiao (Qu); è lui l'amico di sempre, a sua volta chiuso in un ruolo tutto da interpretare, ricco di sfumature che non permettono di capire fino a dove potrebbe spingersi il suo sentimento per Nana. Ma fin da subito irrompe nella loro vita il coetaneo Haofeng (Liu), giunto in zona per un matrimonio al quale lo vediamo partecipare nelle prime scene. Quando da una balconata nota il pullman di Nana, decide di aggregarsi al gruppo di turisti. Perde anche il cellulare, suscitando la solidarietà della ragazza che legge in lui una solitudine e forse un accenno di depressione che la spinge a invitarlo ad uscire con lei e Xiao. Da qui i tre cominciano a frequentarsi, a vivere nello stesso appartamento fino a quando - inevitabilmente - subentrano l'amore e il sesso, scompaginando le relazioni e costringendo a rivedere l'intreccio che regola il rapporto tra loro.

L'abilità di Anthony Chen sta nel cogliere la poesia in sequenze accompagnate da una delicata e fondamentale colonna sonora, trovando non solo momenti di grande intensità girati con padronanza tecnica superiore ma anche una sensibilità che gli permette di cogliere immagini di forte suggestione (si pensi alla scena notturna di pattinaggio, in cui i contrasti di luce sono straordinari, favoriti da una fotografia di alto livello). Un po' più ruffiani invece altri passaggi, in cui si indulge in un simbolismo di maniera, o altri che comunicano meno di quanto vorrebbero (l'avvicinamento dell'orso), mentre l'insieme non sembra nel complesso oltrepassare la soglia del film d'autore appesantito da ritmi soporiferi che non trovano sufficiente giustificazione nel messaggio che trasmettono.

Non sembra insomma che il film - al netto di alcuni tratti di pregevole fattura che potranno con merito sedurre gli appassionati - abbia troppo da dire né che lo dica servendosi di personaggi memorabili o particolarmente interessanti. A restare impresse nella memoria sono soprattutto le riprese naturalistiche, le location scelte ad hoc per trasmettere un concetto ancor meglio delle parole o degli sguardi.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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