NOTTI E NEBBIE DEL GIAPPONE
Spettrale, disperato, feroce, viscerale, carnale, folle, nichilista, spietato, crudele...Insomma, gli aggettivi si sprecano per questo piccolo gioiello di rara potenza visionaria e emotiva
51 anni sul groppone e non sentirli, ancora attuale (anzi, attualissimo) che non ha perso di un grammo la sua furia devastante
Si viene subito immersi in un atmosfera agorafobica e sudicia, tra la fiaba (nerissima) e le lande sperdute e abbandonate di un post-atomico
Due samurai fuggono (feriti) in uno sterminato campo di canneti (che sembrano vivere di vita propria, come i futuri campi insanguinati kinghiani), braccati da due uomini a cavallo. Improvvisamente vengono trafitti da una lancia...A ucciderli senza pietà due donne (nuora e suocera) che li depredano e poi li gettano in un pozzo. Incipt da antologia, praticamente senza parole, ma sottolineato dal possente score di Hikaru Hayashi
Basterebbe questo prologo (così feroce, così terrifico, così alla luce del sole-come alla luce del sole venivano a galla gli orrori ancestrali della
Casa Dalle Finestre che Ridono di
Non Aprite quella Porta e di
Non si sevizia un Paperino-e ben poca differenza a questa sperduta pampa giapponese sia con il delta del Po avatiano sia col Texas hooperiano e con la lucania fulciana) a consegnare questa gemma ai posteri
Poi, le due donne, che vivono in una spelonca sperduta in mezzo ai canneti, rivendono ciò che hanno sottrato ai samurai uccisi ad uno strozzino per qualche sacchetto di soia.
Il tran tran omicida (la guerra imperversa implacabile, quasi come in un dopo bomba) viene interroto da un disertore, che accenderà nella ragazza una voglia irrefrenabile di sesso (il sesso esplode in tutta la sua furia, tra amplessi sotto la pioggia, nei campi, nella capanna, rincorrendosi nudi come negli esotic movie italiani degli anni '70), suscitando nella "vecchia" (che comunque per il sottoscritto era di una sensualità selvaggia dirompente, molto di più della ragazza giovane) gelosie e risveglio dei sensi (di culto la scena in cui la "vecchia" spia i due amanti fare all'amore e poi, presa dal bollente desiderio, va a stofinarsi contro un albero)
Prima instilla nella giovane superstizione e dannazione (chi fà sesso fuori dal matrimonio brucerà all'inferno), poi ruberà la maschera di un demone ad un samurai che si era perso nel labirintico campo di canneti, che una volta caduto nella fossa, verrà depredato dalla vecchia.
Con indosso la maschera del demone, la vecchia, spaventa la giovane nelle sue uscite notturne per incontrare il suo uomo, si palesa a lei tra i canneti come la vecchia cadaverica baviana de
La goccia d'acqua, terrorizzandola...
Ma il diavolo si sà, fà le pentole e non i coperchi, e la maledizione del samurai ucciso (tramite la maschera) farà scaturire disperazione e follia, condannando la vecchia, fino ad un finale che difficilmente si dimenticherà per ferocia e crudeltà.
La maschera che non si toglie più, le mazzate per romperla, la vecchia che impazzisce dal dolore, il volto deturpato come nei migliori horror gotici , la disperata fuga notturna nel canneto, la fossa...
Insomma,
Onibaba prende i visceri e l'encefalo e sconquassa le emozioni
Supportato dalla magnifica fotografia in b/n di Kiyomi Kuroda (che predilige i chiaroscuri e regala tracce neorealistiche a volte, fiabesche in altre) e dall'imbruttimento allo stato selvaggio dell'essere umano, mozza il fiato per la sua agorafobia e per momenti puramente baviani e terrifici.
Forse un pò ripetitivo in alcuni frangenti, ma Shindo racconta senza sbavature, immergendo il suo narrato in un atmosfera umidiccia, spettrale, sozza e putrida.
La vecchia che ci prova con l'uomo che vuole portarle via la nuora, la fossa con i resti dei cadaveri, la vecchia che gira a seno nudo come un amazzone, le corse notturne tra i canneti della ragazza, il samurai che porta la maschera del demone perchè troppo bello per mostrarsi agli altri e che con la sua bellezza potrebbe ammaliare, la maschera stessa, le apparizioni notturne-e baviane-del demone tra i canneti, il finale folle e feroce, la fossa in mezzo al campo, le due donne che per furia omicida femminea mi hanno ricordato le due sorelle zitelle di
Una Candela per il Diavolo (là la locanda e le turiste scosciate, qui una capanna e i samurai dispersi), l'ossessione del sesso, le superstizioni, la brutale uccisione del cane per nutrirsi, i corpi ansimanti e sudati delle due donne avvinte dall'afa e dalla lussuria, le tracce quasi fiabesche in mezzo a tanta miseria, la solitudine, l'agghiacciante stop-frame finale come negli horror americani settantiani a venire (Craven insegna) tutti tasselli di un opera che può davvero definirsi un cult movie a tutti gli effetti.