Coacervo di luoghi comuni, derivativo all'enesima potenza, ma teso come una corda di violino che dispensa suspence (quella vera) per tutti i dannati 81 minuti.
Ennesima riconferma di "non e cosa si racconta, ma come si racconta", della straordinaria regia del "magiaro" Nimrod Antal, che insegna come si gira un thriller con i controcosi (su tutti, le varie angolazioni della MDP che riprende la coppia litigiosa all'inizio, nell'abitacolo della loro BMW), che sfrutta gli spazi aperti (il cielo stellato alla Spielberg), la strada notturna che porta al nulla, gli esterni del motel, lo straordinario pre-finale alla luce del sole (come quello di
Non aprite quella porta)
Antal, intelligentemente, rifugge il gore (se non verso la fine, con lampi di schegge splatter), e si concentra sulla minaccia (tangibile), la paura arcaica, l'assedio carpenteriano, la paura che cresce sempre di più (la botola del bagno che dà su tunnel infestato da topi, e da dove "loro" arrivano silenti e feroci), la bestialità umana, e con picchi di crudeltà che lasciano il segno (il contenuto dei video "snuff", con ragazze martoriate e uomini che implorano pietà, nonchè impiccati sadicamente o accoltellati come bestiame da macello).
I rimandi sono molteplici, da
Psycho (vabbè), per passare da
Motel Hell, fino a
Identità, non tralasciando
Non aprite quella porta, per arrivare a
Halloween (gli assassini implacabili e silenti, con maschera e tuta da meccanico alla Michael Myers), ma su tutti
The Zero Boys misconosciuto piccolo cult dell'elvetico Nico Mastorakis, dove un gruppo di ragazzotti appassionati di soft-air se ne andava a passare il week-end in montagna e nella cascina da loro affittata rinveniva un video snuff, e venivano braccati nei boschi dagli autori del video della morte, armati di trappole e fucili alla
Deliverance
Di culto, poi, il laido Frank Whaley, viscido e unto, crudele e psicopatico come pochi, che sembra il fratello meno scemo (e più feroce) di Chop Top Sawyer e cugino nontroppoallalontana dello sciroccato Judd di
Quel motel vicino alla palude.
Da antologia l'arrivo del camionista al motel ("
E roba buona, fidati"), che spezza ogni speranza di salvezza, nonchè l'eliminazione dello sceriffo (piuttosto sveglio, ma impacciato per l'età)
Tra blatte, topazzi di fogna, stanzette marcissime , urla isteriche (nonchè di dolore), fughe che tengono costantemente sulle spine, crudeltà e cieca quanto assurda violenza, Antal firma un piccolo gioiellino che sembra uscito direttamente dagli anni '70, senza fronzoli e inutili orpelli, dove Antal-grazie a dio-regala una regia classica e d'antan, lontana mille miglia dalle ipertrofie da Mtv.
Ottimi i titoli di testa saulbassiani, così come la musica di Paul Haslinger e la sempra ottima fotografia di Andrzej Sekula, con ottimi cromatismi argentiani.
Gran pre-finale tutto girato alla luce del sole, con tempistiche filmiche da antologia, tra devastanti colpi in arrivo e colpi bassi del miglior psycho-thriller, che regala ricordi e sapori degli esordi hooperiani.
Per il sottoscritto una piacevole sorpresa che e già un piccolo cult.