Considerato dalla maggior parte dei critici uno dei massimi esempi di thriller d'epoca, THE SPIRAL STAIRCASE giunge a noi piuttosto sbiadito. Non certo nei contrasti della bella fotografia in bianco e nero, che evidenzia un lavoro scenografico non indifferente, quanto nella concezione stessa di thriller, ai giorni nostri troppo diversa. Sarà forse anche per l'eccessivo pietismo che suscita l’indifesa protagonista (Dorothy McGuire; probabilmente se la parte fosse andata, come doveva essere, a Ingrid Bergman, le cose sarebbero cambiate non poco), una ragazza muta e presa di mira da un maniaco poco politically correct, visto che se la prende solo con le minorate. Non fa gridare al miracolo nemmeno la...Leggi tutto regia di Robert Siodmak, che si riscatta solo nel finale vagamente hitchcockiano arricchito da un bel gioco di trucchi visivi. Per il resto la storia non riesce a focalizzare l'attenzione sul serial killer preferendo approfondire la personalità di Helen (la McGuire) e ambientando la parte centrale nella casa del professor Warren (George Brent), dove oltre alla famigerata scala a chiocciola (dal giro molto ampio, comunque) troviamo lugubri stanze e cantine in cui far montare l'angoscia con prevedibili giochi di luci e ombre. Siodmak cerca di delineare con profondità un po' tutti i caratteri presenti, in parte riuscendovi e privilegiando così l'aspetto più teatrale della messa in scena. Dal punto di vista del “whodunit” il colpevole è facilmente individuabile, da quello dell’indagine poliziesca c’è lo zero assoluto, e pur se va rimarcata una certa forza nelle immagini, come thriller è ingenuo e datato. Comunque ben confezionato. Era l'epoca di Sordi doppiatore.
Siodmak dirige un giallo efficace che indubbiamente rivisto oggi risente un po' del tempo trascorso. Comunque "La scala a chiocciola" rimane un ottimo esempio di un certo tipo di cinema, valorizzato da una splendida fotografia in bianco e nero. La tensione nella parte finale rimane alta anche se non è troppo difficile indovinare il colpevole. Negli anni '70 Peter Collinson ne girerà un fiacco remake intitolato in Italia "Delitto in silenzio" (mentre il titolo originale coincideva con la versione del 1945). Da vedere.
Abbastanza paradossalmente la cosa che più si ricorda è l'effetto straniante che viene dal sentire la voce di Alberto Sordi in un contesto che nulla ha di umoristico. Ciò detto, la pellicola risente degli anni ma conserva un certo interesse, specialmente per le interessanti, oscure ambientazioni e per la teatrale, talora spettrale, presenza di Ethel Barrymore. Non è un capolavoro, ma è un film che va conosciuto.
Un serial-killer traumatizzato e psicopatico che uccide giovani donne, il primissimo piano di un occhio dilatato dalla follia in cui si riflette una visione deformata della realtà: aspetti fondamentali per la nascita del thriller moderno. Fotografia chiaroscurale, continuo senso di paura incombente, ottime interpretazioni di Brent e della Barrymore. Palesi i riferimenti al superomismo nazista.
Eccezionale thriller che si incentra sulle gesta efferate di uno dei primi serial killer della storia del cinema, che si diverte ad uccidere donne con difetti fisici. A prescindere dal plot, che verrà poi imitato da moltissimi film sotto diversi punti di vista, l’elemento di maggior forza della pellicola è lo straordinario talento visivo del regista, corroborato da una straordinaria fotografia. Nonostante siano passati più di 6 decenni dalla sua uscita lascia ancora oggi strabiliati. Capolavoro.
Un serial killer uccide ragazze menomate: la prossima sarà una servetta muta in un vecchio maniero tenebroso. Siodmak manipola tutti gli elementi ad alto tasso di tensione (fortissimo l'occhio che spia), calandoli in un'atmosfera intrisa di soffocante paura. Lo spettatore, solidale con la futura vittima e ben conscio dell'assassino incombente, soffre nell'attesa, obbligato a dibattersi impotente come la protagonista in un ambiente inquietante, assediato dalle intemperie, che diventa a sua volta vivo e minaccioso. Imperdibile.
Su questo film va fatta una considerazione abbastanza ovvia: per essere del 1946 è innovativo e girato con gran classe (ma quella era una costante dei film dell'epoca, tutti baciati da un rigore formale ispiratissimo). Se invece la valutazione è estemporanea non si può certo dire che il ritmo sia elevatissimo. Siccome però di film moderni dal ritmo elevatissimo non so che farmene, così come degli effetti speciali e di coreografici duelli, posso confermare che questo è un ottimo film, girato con classe e innovativo.
MEMORABILE: L'assassino vede una ragazza muta specchiarsi e la immagina senza bocca.
Capolavoro del cinema noir e opera più convincente di Robert Siodmak, rappresenta il punto di partenza stilistico e concettuale di molti thriller che verranno, attraverso l'introduzione da parte del regista di una serie di archetipi (tipo il serial killer) utilizzati ampiamente in seguito. Il regista realizza con grande maestria un crescendo di tensione, anche attraverso un sapiente uso di scene, fotografia e colonna sonora.
C'è chi agisce nell'ombra eliminando donne afflitte da handicap. Pellicola suggestiva, intelligente e quantomeno agghiacciante dato l'assunto: non è difficile, infatti, riscontrare nel meschino protagonista, e in forza dell'anno di realizzazione, una chiara allusione agli ideali borghesi tendenti a destra, con particolare rimando alla repressione del "diverso", ignobilmente considerato indegno d'esistere. Sul piano tecnico Siodmak rasenta la perfezione, tanto che il film verrà citato/omaggiato/plagiato anche da autori insospettabili.
Elegante, ben recitato, con un'inquietante presenza oculare. Sono queste le armi vincenti di una pellicola, sì datata e che mostra tutte le rughe, ma c'è da dire che lo fa quasi con orgoglio, proponendoci un bianco e nero che, ancora oggi, risulta imbattibile per creare la giusta atmosfera in film come questi, dove qualcuno, dalla mente deviata, si nasconde nell'ombra di una grande casa fredda, popolata da mangia pane a tradimento, poche brave persone e tanti, pessimi ricordi, che ci vengono dall'anziana padrona, malata, ma di grande temperamento. Qua e là arranca, ma resta notevole.
MEMORABILE: "Gli alberi protendono i loro lunghi rami e, come lunghe braccia scheletriche, sembrano avviluppare la casa" dice la padrona alla serva muta.
Innovativo. Robert Siodmak sperimenta per una delle primissime volte (o forse proprio per la prima) la soggettiva dell'assassino, con conseguente distorsione delle immagini a suo piacimento, frutto delle perversioni più bieche (la protagonista senza bocca). Il film risente un pochettino degli anni nell'intreccio melò che fa da contorno al ben più incisivo repertorio noir. Superbamente evocativa la scala a chiocciola del titolo, metafora del turbine di violenza che il più delle volte abbraccia chi la scende. Notevole il sogno del matrimonio. ****
Chi uccide ragazze menomate nel New England, nascondendosi in lugubri case di campagna che ricordano tanto Poe e Hawthorne? Il tedesco Siodmak aveva ben presente il cinema patrio dei decenni precedenti e mette in scena un altro M, facendo recitare ambienti, luci e ombre come fossero personaggi. Affascinante per l'epoca e citatissimo poi l'uso del primo piano degli occhi del maniaco. La parte gialla non è poi così male, vista la presentazione ambigua degli indiziati, ma nel complesso il film mostra i suoi anni, anche causa doppiaggio d'antan.
Dorothy McGuire assiste, nell'hotel della città, alla proiezione di un film muto: Il bacio (omaggio al cinematografo, la più grande invenzione del secolo), anche lei è muta, ma per uno choc subito da bambina e quindi può udire. Nel frattempo, in una camera al piano di sopra, l'assassino sta uccidendo una donna, una donna che zoppica. Comincia così questo bellissimo thriller antesignano e riferimento per i tanti altri che verranno in seguito. Musica, fotografia, scenografia, regia ed interpreti, tutto ben calibrato per una suspense che avvince.
MEMORABILE: Quando Bianca viene uccisa in cantina, l'assassino e lei sono in ombra, sono illuminate solo le mani di Bianca che allarga disperatamente le braccia.
Altamente voyeuristico, in primissimo piano lo sguardo del serial killer, vorticoso e contorto, sguardo compiaciuto nello spiare le menomazioni delle sue vittime. La scala a chiocciola, "spiral staircase", è un'efficace metafora di quello sguardo, e nell'insieme il film non delude le aspettative. E' un ottimo thriller gotico di gusto espressionista, giocato sull'atmosfera, sugli angoli bui e sui punti ciechi di una magione vittoriana, tipicamente rifugio e trappola di Helen, vittima muta. Buon finale in tensione, memorabile!
Sono d'accordo con chi dice che questo è un thriller che ha fatto la storia, pur avendo molti limiti. L'indagine della polizia si evidenzia di meno rispetto ad altri gialli, ed è questo che mi ha sorpreso di più. Bel bianco e nero e ottime inquadrature (su tutte quelle dell'occhio). Fra le note negative il doppiaggio di Sordi.
Film seminale e ponte esemplare fra la grande tradizione espressionsita mediata dal noir RKO e l'horror-thriller a venire. Nuoce forse, a distanza di anni, la fedeltà al romanzo di Ethel Lina White e all'atmosfera tardo-ottocentesca, che impolvera i personaggi e la narrazione. Ma - come spesso nelle produzioni del periodo - quello che resta è lo stile visuale, eccellente. Albertone ammazza (metaforicamente) uno dei personaggi, grande la vegliarda un po' in stile Numero Uno di Alan Ford.
Siodmak ci regala un'altra opera dall'indubbio valore artistico. Un serial killer che uccide donne con problemi fisici e mentali mette gli occhi (è proprio il caso di dirlo viste le immagini da Peeping Tom) sulla giovane protagonista. Le atmosfere "nere" della casa e l'incredibile interpretazione di Ethel Barrymore donano al film quel qualcosa in più che è difficile da spiegare. Un classico davvero imperdibile.
MEMORABILE: La scena finale sulla famigerata scala a chiocciola.
Una serie di omicidi scuote una tranquilla cittadina di provincia: vi opera uno dei primi serial killer dello schermo, che a causa di turbe mentali è ossessionato dalle donne con qualche difetto fisico... Classico molto celebrato che, anche se oggi appare un poco datato sul versante delle interpretazioni di alcuni attori (ma non quella della formidabile Ethel Barrymore e della fragile McGuire), appare tuttora validissimo per l'atmosfera morbosa ed insinuante, l'ambientazione suggestiva, il fascino visivo di certe sequenze esaltate dalla bella fotografia.
MEMORABILE: Come il maniaco vede Dorothy McGuire; l'intervento della matriarca Ethel Barrymore
Ottimo thriller datato dalla sceneggiatura perfetta: il tema del serial killer viene trattato senza utilizzare scene di violenza gratuita o situazioni scabrose. Molto buoni anche i dialoghi che mantengono sempre alta la tensione delle scene, sostenute da un sapiente uso della soggettiva e (elemento prezioso) dell'estrinsecazione dell'immaginario dell'assassino: stupenda la scena del suo occhio che fissa nel buio e del suo pensiero in cui "vede" una ragazza muta priva di bocca.
MEMORABILE: L'assassinio di Bianca in soggettiva, la quale prima pronuncia la frase "Oh non avrei immaginato che fossi tu": già questo è da non dormirci la notte.
Archetipica e seminale favolona-incubo dark dove l’immagine ha ruolo fondamentale in quanto magistralmente e simbolicamente utilizzata per tratteggiare la psicologia deviata del serial killer, quell’iride dove la realtà si distorce, dove si concentrano tutte le fobie (e le follie) di un uomo gretto e profondamente instabile. La struttura mostra qualche segno temporale ma l’impianto visivo ammalia e inquieta per forza espressiva mentre la Barrymore è figura coraggiosa e sofferta su quella scala a chiocciola vortice infernale d'impeti e paure.
Un serial killer prende di mira donne con difetti fisici: la sua prossima vittima sarà una giovane cameriera muta. Il mistero è in secondo piano rispetto al melodramma, ma questo thriller è stato d'esempio per tutti quelli che lo hanno seguito, con la sua atmosfera ossessiva e morbosa, le riprese in soggettiva e la protagonista costretta a sospettare di tutti per sopravvivere. Le motivazioni del killer sono una chiara critica al disprezzo per il diverso che permea(va) la società. Nel cast svetta la Barrymore, matriarca fatale e tragica.
MEMORABILE: L'inizio, fra il cinema muto e l'omicidio al piano di sopra; Il finale sulla famigerata scala.
Cinema d'altri tempi e al tempo stesso moderno, contenente cifre e/o dettagli che verranno ampiamente ripresi da altri, Argento compreso. Tutto il film si regge su Dorothy McGuire, di rara bellezza ed espressività, che con la propria bravura oscura gli altri attori già di per sé non particolarmente eccelsi (a parte il cane Doggy). La sceneggiatura si caratterizza per dialoghi banalotti e un paio di personaggi piuttosto indisponenti. Buona la fotografia, anonime le musiche. Interessante a prescindere dai difetti.
Un thriller datato, che sente il peso degli anni ma si guarda con interesse. La confezione e la fotografia sono ottime, ma la trama prende piede a rilento e ha il grosso difetto di attirare solo nell'ultima parte (a metà tra thriller e orrore). Molto brava la protagonista muta, potenziale vittima di un serial killer che si aggira nella cittadina. Non è un capolavoro ma un film molto affascinante, imprescindibile per chi ama il genere.
L'occhio desidera ciò che vede, la mente si nutre dell'oggetto mirato, il corpo trema, inebriato. In questa pellicola seminale e magistrale tale parossismo è cristallizzato in esiti non seduttivi ma criminosi. Abbiamo il misterioso psicopatico e le fanciulle (quasi) indifese nella villa isolata e labirintica: una scala a chiocciola conduce in bui e metaforici sotteranei. Ha ispirato numerose pellicole successive, di seria A, B e Z.
Thriller precursore di molti altri successivi (ma posteriore ad Annuncio matrimoniale con Laurel e Hardy), soprattutto di Argento, utilizza elementi psicanalitici, sia per il personaggio della protagonista muta che per le intenzioni dell'assassino: questo fa della pellicola un'opera fondamentale. Ottime l'atmosfera della casa dove si svolge l'intera vicenda, la fotografia e le varie scene di suspense e delitti. Il difetto principale è forse qualche spiegazione di troppo nel finale.
MEMORABILE: Il volto senza bocca riflesso nello specchio.
Straordinario thriller con venature horror capace di inquietare oggi come quando uscì, al pari di poche altre pellicole coeve (Il bacio della pantera o La casa sulla scogliera, per esempio). Il set, l'uso delle luci e soprattutto delle ombre, l'intenso commento musicale concorrono alla creazione di un'atmosfera stregata ancor più dei pur eccellenti attori (fra i quali giganteggiano Ethel Barrymore e George Brent). Da vedere e rivedere, scoprendo ogni volta un'ulteriore finezza registica.
MEMORABILE: L'occhio dell'assassino nel buio; La discesa in cantina della povera Bianca.
Capolavoro essenziale per gli amanti del genere. Un film che trasuda di una morbosità e inquietudine unica, con la protagonista chiusa in una vera e propria casa degli orrori trasudante marciume, che fa da contenitore a una serie di personaggi ormai perduti e senza possibilità di salvezza. Sotto una pioggia battente ma non purificatrice l'orrore si svela, tanto che persino i pochi tocchi che vorrebbero essere lieti risultano inquietanti (vedi l'incubo a occhi aperti del matrimonio). Cast notevolissimo, gran finale.
MEMORABILE: L'occhio dell'assassino; L'immagine riflessa nello specchio; Il movente degli omicidi; La morte di Bianca in cantina; Il matrimonio-incubo; Il finale.
In meno di novanta minuti Siodmak riesce a concentrare tutti gli elementi necessari per realizzare un ottimo thriller. Da buon regista unisce a un’eleganza formale che richiama il miglior espressionismo tedesco una costruzione narrativa praticamente perfetta in cui nessun particolare è lasciato al caso. Sentori di eugenetica si mischiano a pulsioni omicide, ma protagonista silenziosa è anche la casa, inquietante e spettrale, con i suoi angoli bui e i tre piani in ognuno dei quali si consumano scene cariche di significato. Gran bel film!
Un grandissimo thriller che sfrutta abilmente l'unità di tempo e di luogo con una suspense, scaturita perlopiù dalla palpabile ambiguità dei personaggi, sempre all'erta. Indimenticabile il nefasto suono del temibile temporale, che nasconde rumori e ossessioni, imprigiona corpi e volti e sbarra porte e cancelli. Fotografia dall'estetica horror in cui luci e ombre si ammalgamo alle lussuose scenografie fino a renderle quasi spettrali. Straordinario tutto il cast, in cui spicca un'incredibile Ethel Barrymore.
Singolare che un film così datato sia il precursore di alcune soluzioni che faranno la fortuna del thriller moderno: i delitti seriali, le soggettive, l'occhio dell'assassino... Le scenografie della villa e lo splendido bianco e nero sono la conferma di un'eleganza non comune, ma l'identità del colpevole è facilmente intuibile (anche per la penuria di sospetti) e la tensione si respira a corrente alternata (soprattutto nel finale). Bravissima e anche graziosa, la McGuire muta, mentre tra gli altri attori spicca la Barrymore.
Un classico horror imperdibile dalle componenti espressioniste e illuminato dalle idee psicoanalitiche dell'epoca. C'é un serial-killer che vuole eliminare dalla faccia della terra le donne "difettate", mentre la vittima predestinata pare bloccata da un trauma senza sbocco. La scala tortuosa separa tre mondi, scatenando i peggiori incubi nella zona più sotterranea. Il migliore prodotto creato dalla fervida fantasia di Robert Siodmak.
Siodmak (il più volte inquadrato occhio dell'assassino è il suo) mette in scena un noir di rara eleganza che parte arioso e luminoso per poi lentamente inghiottire lo spettatore in una spirale - come da titolo - di pioggia e paura. La protagonista, muta come il film cui assiste all'inizio, è la prossima vittima designata d'un killer di donne disabili o comunque imperfette (siamo nel '45 e il riferimento al nazismo è evidente). Notevole la fotografia, splendidi gli abiti e Rhonda Fleming (Bianca) è davvero bellissima. Finale sorprendente.
Seminale: Siodmak firma un capolavoro del brivido la cui stupefacente atmosfera è ancora oggi validissima. L'influenza che avrà sul cinema horror e thriller a venire (per una volta non abbiamo complotti ed eredità, ma la pura e semplice follia come motrice degli omicidi: di questo, come anche della cura stilistica e quasi coreografica nelle scene dei delitti, faranno tesoro i "giallisti" italici). Benché la storia sia elementare e la soluzione del mistero palese, si tratta di un'opera imprescindibile. Grande fotografia di stampo espressionista.
MEMORABILE: L'occhio del killer nell'armadio, ripreso in Profondo rosso; La McGuire senza bocca (à la Un chien andalou); Il delitto in cantina; Il teso finale.
Thriller ambientato in una villa signorile abitata da personaggi ambigui che determinano un'aria tra il sospeso e l'inquieto, che spinge lo spettatore a chiedersi chi sarà l'autore del prossimo delitto annunciato. Si apprezza ancora per la messinscena tra il borghese e l'espressionistico, con una bella fotografia, la cura dei particolari e la bella alternanza di primi piani e insieme, via via sempre più pressante verso il finale. Un po' debole e didascalica la soluzione concentrata negli ultimi minuti e inutile il risvolto sentimentale. Il tempo è passato ma ancora ha qualcosa da dire.
Pellicola disseminata, per i la gioia di cinefili incalliti e appassionati di thriller/horror, di topoi che nei decenni a venire costituiranno un genere a parte; non manca nulla tra soggettive dell'assassino e guanti neri, anche se occorre ricordare che siamo a metà degli anni 40 e a uno spettatore moderno la mescolanza tra melò e giallo accompagnata da recitazioni impostate può risultare un po' ostica; la Mcguire, che per tutto il film deve far forza solo sulle espressioni, se la cava, sufficiente il resto del cast nei limiti detti; il doppiaggio di Sordi tange i birignao di Ollio.
MEMORABILE: L'occhio che scruta Elena allo specchio e la immagina senza bocca.
Le atmosfere spettrali tra horror-gotico e dramma da camera, l'uso incubotico della videocamera (che distorce volti e stati d’animo) e una perfetta, minuziosa caratterizzazione dei luoghi (la magione con i suoi sospettosi inquilini e il giardino sovrastato dal temporale). Didascalico nello svelamento e nella giustificazione del mistero ma preciso nel tradurre in immagini l’implacabile necrosi psichica. Ethel Barrymore spadroneggia.
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"Fra le pellicole sadico-sadiane che possono essere comprese in questo genere ricordiamo (...) La scala a chiocciola.
Nel film la perversione maniaca del protagonista agisce per quasi tutta la durata dell'opera in modo anonimo giacché solo alla fine si scopre l'assassino, cioè l'autore misterioso dell'impressionante serie di delitti sessuali.
La storia del protagonista si svolge nei due tronconi della vita diurna di buon figlio di famiglia, e di quella segreta di stupratore e uccisore di giovani donne afflitte da imperfezioni fisiche."
Alberto Sordi doppia il figlio (non il figliastro baffettato) dell'anziana riccona malata (voce inconfondibile, oltretutto, anche se, complice la datazione della pellicola e il relativo bianco e nero, se si distoglie lo sguardo, sembra proprio di sentir parlare Ollio e questo non giova molto alla credibilità del personaggio).
Un'archeologia del thriller dovrebbe tenere in alta considerazione l'influsso esercitato da questo film su molti registi anche nostrani. BIM lo propone in un'ottima edizione digitale quanto a video e audio originale inglese. Purtroppo però l'audio italiano è assai compromesso, cupo e intubato. Sono però presenti i sottotitoli opzionabili.