Qualcosa di terribile ha cambiato la vita dei Ryman, qualcosa di inconfessabile che li coinvolge tutti e che ha generato follia ed insostenibili sensi di colpa. Finchè durerà la rappresentazione della vita di una famiglia quieta, il dolore resterà un gas venefico ma invisibile. Ma quando lo spettacolo avrà fine, ciò che era stato, così accuratamente, dissimulato si paleserà e la resa dei conti sarà inevitabile. Susan è solo un'ospite, l'elemento estraneo, è l'amore, la purezza vinta da un mondo dove tutto è dolore, inganno, ambiguità. Susan è l'utopia, i Ryman la realtà.
MEMORABILE: Gli incubi di Georges, le bambole di Jacques.
Come cinque anni prima in Fanatic, la Powers si ritrova in una magione abitata da una famiglia di pazzi… Il climax terrifico promesso dal titolo è presto verificato da un senso di claustrofobia e impotenza, da segnali inquietanti – il misterioso pianista, le bambole, gli incubi, i torbidi legami – e dall’ottimo lavoro del cast, che si impegna in personaggi da classico del gotico: il paraplegico ed eroinomane Olson in un duplice ruolo, la Scott padrona di casa troppo ospitale e madre iperprotettiva, la Lapotaire cameriera lussuriosa e sadica, Ackland cupo factotum. Con il sesso poca inibizione.
MEMORABILE: Seguendo l’esempio di Sjöstrom e precedendo Kubrick, Olson sfonda la porta con una scure; l’omicidio in piscina; la stanza delle bambole.
Ospite nella villa di un noto compositore musicale, l'ignara Susan (Stefanie Powers) si ritrova coinvolta in un'atmosfera tetra e morbosa, aggravata dalla presenza del figlio paralitico. Pellicola dalla gestazione sofferta e nata con taglio cesareo: a dirigerla avrebbe dovuto esserci nientemeno che Michael Reeves, poi la Hammer - in virtù del fiorire dello psicothriller debitore dell'archetipo Psycho - optò per una sceneggiatura nuova, riscritta da Jimmy Sangster. Purtroppo, più del testo, a rendere insignificante o, quantomeno, non memorabile il film, c'ha pensato la scialba regia di Gibson.
Maturo Psyco-thriller della Hammer. Il cast è convincente, il film morboso e soprattutto abbastanza forte per l'epoca; si sviluppa in un vero e proprio crescendo (da notare l'omicidio della cameriera ninfomane in piscina) e merita di essere visto. Ricorda molto Il rifugio dei dannati, ma sa essere originale.
“Titolo omen”: quel che promette, mantiene. Un buon crescendo di tensione, con gustose venature erotico-morbose (non del tutto inedite per l’epoca ma più audaci della media), e con una storia dagli sviluppi parzialmente prevedibili, ma ugualmente godibile fino all’epilogo. Ottimo il cast, con menzione speciale per “mamma” Scott. L’occasione mancata di fare un gran film: causa regia abbastanza anonima ed una sceneggiatura non proprio di prima mano (ma nemmeno del tutto scontata).
Il film intriga, la regia meno. Una dolce e ignara fanciulla viene invitata da una signora solo apparentemente gentile nella di lei abitazione, con lo scopo di approfondire la sua tesi sull'ex marito di questa, famoso compositore. Si ritova in un luogo pericoloso, già teatro di efferati delitti, dove regna il malsano e la perversione. Alcune sequenze sono di buon impatto (specie quella dell'omicidio in piscina) e non manca qualche notevole trovata, ma le scenografie di cartapesta in stile La primavera romana della signora Stone, sminuiscono il film.
Psycho-thriller abbastanza prevedibile ma non per questo privo di tensione e atmosfera. Una villa nella campagna francese, popolata di personaggi più o meno ambigui e un mistero che aleggia nell'aria fin dalle prime scene, un finale drammatico e non del tutto scontato.
MEMORABILE: Le bambole. L'entrata in scena di Jacques.
Psyco-thriller senza infamia e soprattutto senza lode, insomma un'occasione mancata dalla Hammer. Belle le atmosfere e la strategia della tensione che monta (in un crescendo, appunto) fino alla conclusione, però il tutto dà la sensazione di "già visto". Regia di Gibson piuttosto piatta e monocorde, in tema con la sceneggiatura. Trascurabile.
Notevole e fascinoso thriller della Hammer che gioca anche la carta dell'erotismo (la contrapposizione della virginale Powers alla spregiudicata Lapotaire) senza comunque esagerare. Anche il resto del cast fa una buona figura e la colonna sonora è davvero bella. Da recuperare.
MEMORABILE: La stanza delle bambole; I titoli di testa e coda.
Poco rilevante e però costruito con mestiere indiscutibile. I personaggi sono ben definiti, i temi che lo accompagnano dolcemente scabrosi (la droga), gli attori in parte (brava la Scott, ma anche Olson e la Lapotaire inscenano con bravura un rapporto di morbosa dipendenza). Discreti gli inserti onirici. Nuoce al film una certa sensazione di già visto. La Powers è una fuoricorso supersexy.
Fosse stato ambientato qualche decennio prima (e la Hammer nei film in costume eccelleva) probabilmente sarebbe risultato più credibile e quindi più intrigante, invece una storia del genere che si svolge in tempi moderni diventa un'inevitabile sfida al realismo. Comunque non disprezzabile, abbastanza morboso e nel finale il crescendo di tensione promesso dal titolo effettivamente c'è. Il regista Gibson e lo sceneggiatore Sangster fanno di necessità virtù, mentre i pochi attori sulla scena risultano abbastanza convincenti.
Evidentemente alla Powers doveva piacere molto ritrovarsi prigioniera all'interno di villini abitati da persone folli. In Una notte per morire era la sessuofobia religiosa di una ex diva del cinema a darle del filo da torcere; mentre qui, con toni decisamente più ovattati, è vittima del piano morboso di una donna ossessionata e squilibrata. Bel thriller Hammer che gode di lussuose scenografie e di una soleggiata fotografia.
Un bel crescendo, come promette il titolo, di tensione. Un'atmosfera che ricorda molto Il rifugio dei dannati, ben gestita da una sceneggiatura all'inizio solo morbosa poi via via sempre più inquitante fino a un finale non così inedito ma ben giocato. La regia di Gibson demerita un po', con qualche lentezza di troppo, ma la confezione Hammer funziona. Bene il cast.
Gli ultimi due film di Dracula offriranno a Gibson migliori occasioni per dimostrare il suo estro creativo. Qui, dopo un inizio promettente con la sequenza del sogno, siede a bordo piscina per illustrare un thriller dall'impostazione teatrale, con un tasso erotico piuttosto elevato anche per gli standard della Hammer ma con un ritmo poco avvincente che si riscuote solo nel gran finale. Molti riferimenti al cinema di Hitchcock da cui deriva (La donna che visse due volte e Psyco). Per certi aspetti anticipa Spasmo e il filone del thriller argentiano. Cast di solida professionalità.
MEMORABILE: La sequenza del sogno iniziale; L'arrivo alla villa; L'omicidio in piscina; La stanza dei manichini.
Pellicola dalla gestazione travagliata che alla fine la Hammer affida a Gibson al fine di rappresentare il marcio dell'alta società, ancora una volta sotto gli occhi dei riflettori per ciò che cela sotto le patinate apparenze. Oltre alla consueta spaziatura diegetica volta a far emergere gli impulsi che vagolano tra i protagonisti non manca la parte più morbosa, sia suggerita che mostrata (qualche seno nudo e mise sempre piuttosto succinte). Stefanie Powers è di una bellezza pittorica e la parte conclusiva sfocia nell'acme a cui il titolo anela. Piccolo cult col passare degli anni.
MEMORABILE: Il sogno ricorrente; La stanza nascosta; La pulizia mattutina della piscina.
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Cotola ebbe a dire: Non vorrei sbagliarmi ma credo sia andato in
onda più di recente sempre sulla rai. Forse su
rai 3 in un Fuori orario o forse ancora una volta su rai uno a tarda notte. Ma la memoria
fa facilemente cilecca quindi non fidatevi troppo del mio ricordo.
Forse ancora in tarda notte sulla Rai, ma non credo per Ghezzi...Però potrei sbagliarmi
HomevideoClaudius • 2/07/14 09:19 Servizio caffè - 215 interventi
Buiomega, hai notato che ci sono tre-quattro minuti tagliati?gran thriller, peccato sia poco conosciuto
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni (Ciclo: "Appuntamento col brivido", 25 marzo 1984 come da ricerche di Claudius) di Crescendo...con terrore