Premettiamo subito che il titolo non deve portare fuori strada: di case infestate o maledette non se ne parla affatto (ma nemmeno di numeri 7 o di Hyden Park, se è per questo). Alberto De Martino (celatosi sotto lo pseudonimo americaneggiante di Martin Herbert) confeziona invece un semplice psicothriller utilizzando vecchie situazioni tipiche del thriller soft erotico Anni Settanta (alla Lenzi di PARANOIA, per capirsi): matrimoni d’nteresse, subdoli intrallazzi giocati alle spalle della povera protagonista paralizzata, amori falsi e qualche spruzzatina di sano splatter (soprattutto rasoiate, date con la violenza di VESTITO PER UCCIDERE...Leggi tutto, e mazzate mortali a colpi di candeliere in piena fronte). Non siamo in presenza di un capolavoro dell’ormai defunto spaghetti thriller, ma De Martino riesce comunque a dare una compiutezza al suo lavoro, rendendolo se non altro vedibile senza particolari rimpianti. Buoni gli attori, con un David Warbeck serio e compassato che però esce alla distanza con una performance finale ottimamente caratterizzata. La storia è quel che è, il colpevole si auto-svela quasi subito facendoci capire di non essere in presenza del solito “whodunit”, il regista sa giocare bene con i suoi tre o quattro ambienti e le luci. Nell'insieme un discreto lavoro di squadra (anche le musiche di De Masi sono apprezzabili), con qualche alto e molti bassi. La parentela con l’horror (suggerita anche da una locandina in puro Fulci’s style) è marginale, giustificabile solo dallo shock traumatizzante vissuto dalla protagonista quand’era era ancora una bambina e da qualche splatterata. Un mediocre psicothriller o poco più. Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Strano pastrocchio diretto da un regista solitamente discreto (Holocaust 2000, Extrasensorial) che utilizza un attore-feticcio fulciano (David Warbeck) e lo proietta in un delirante thriller che scavalca le regole (l'assassino si scopre sin dall'inizio) pur utilizzando un titolo di comodo ("La Casa", in quegli anni, attirava pubblico) reso sinistro da un numero nefasto (il 7). Molto bello il manifesto, siglato dal veterano Sciotti, praticamente replicato dal film di Bava (La Casa con la Scala nel Buio).
Discreto thriller con venature quasi horror che si inserisce perfettamente nello stile del genere nostrano anni '80. La trama e il suo svolgimento sono scontati quasi fin dalla prima inquadratura; appare quindi saggia la decisione di svelare la macchinazione con largo anticipo, concentrandosi nella mera osservazione del raggiro che si sta compiendo ai danni della povera protagonista. Omicidi abbastanza efferati mitigati purtroppo da un finale (con l'assassino che non si decide a morire) che scade nel ridicolo.
Filmetto thriller che rivela fin da quasi l'inizio l'assassino. Belli gli omicidi sanguinosi e anche il cast (Warbeck e Brazzi soprattutto) offre buone interpretazioni. La trama però latita e il finale è reso quasi al limite dell'incredibile, l'intrigo non cattura più di tanto, ma merita comunque la sufficienza.
La "casa" del titolo non c'entra niente, ma si tratta di un ottimo film dell'orrore. Un uomo tenta di far impazzire una donna usando una bambola che gli rammenta uno stupro subito anni prima da un falso prete... Ci sono diversi omicidi (molto violenti) e Warbeck si destreggia bene. Simpatica la trovata della bambola con filastrocca macabra...
Ho acquistato questo film insieme a Manhattan baby, entrambi della label Avo Film. Non so quale dei due reputare peggiore. De Martino (qui si firma con lo pseoudonimo Martin Herbert, sia in regia che in sceneggiatura), di solito buon regista e sceneggiatore (Holocaust 2000), questa volta toppa in pieno regalandoci, oltre ad inquadrature davvero pessime, una trama esile, pochi colpi di scena preannunciati, pochissime scene splatter e attori al limite.
Difficile difendere un film in cui tutto o quasi è intuibile dopo pochi minuti ed in cui il regista non sembra minimamente interessato a nascondere le intenzioni dei suoi personaggi. La parte finale poi sfocia francamente nel ridicolo mentre l'ultima scena sembra rimescolare le carte e, forse, riaprire il mistero. Piccole briciole di interesse qua e là ma non basta a rendere digeribile la "zuppa".
La regola primaria del whodonit è tosto violata e De Martino srotola un immaginario sterile e derivativo - complotti, paraplegiche raggirate e braccate, traumi infantili, incubi sanguinolenti, bambole ghignanti, omicidi splatter, falsi preti assassini - che giunge ad un finale ridicolissimo, trascinato oltre ogni limite di credibilità e decenza. Scimmiottando il Nicholson di Shining, Warbeck vanta l’interpretazione migliore insieme ai camei di Brazzi e Bosic; inguardabile la Nagy urlante.
Poteva essere meglio questo giallo di De Martino; se infatti la vicenda è svolta discretamente, con un bel colpo di scena dopo la prima mezz'ora e qualche apprezzabile scena splatter, purtroppo è invece la tensione a latitare. Il film, dopo aver rivelato il malfattore, sembra perdere quota e stagnare in situazioni già viste e in lungaggini francamente superflue, togliendo ritmo a una pellicola altrimenti più che discreta, grazie alla regia corretta di De Martino e ad un cast convincente. Professionale, ma non entusiasmante. Titolo fuorviante.
Non malaccio questo thriller De Martiniano; forse viene meno la regia "americana" dei suoi precedenti lavori, ma è pur sempre godibile. A parte l'odiosità della Nagy, ci sono degli omicidi piuttosto feroci, quelli dei due preti (uno sgozzato, l'altro preso a colpi di mazza), splatterose rasoiate stile De Palma, la Nagy che sogna un prete barbuto che vuole infilzarla con un forcone. Battute finali in stile Halloween e finale da sogno premonitore. Warbeck eccelle in follia. Forse c'è una certa povertà di pecunia, ma vale una visione.
MEMORABILE: L'inizio, con la bambina inseguita dal maniaco per le scale, con la testa della sua bambola che rotola, al ralenty, giù per la scalinata.
Tardo-argentata a basso costo dall'avvio interessante, introdotta da un bel repertorio thrilling di traumi infantili, sedie a rotelle, preti bacati e bambole senza testa. A lungo andare però il film si ritorce su se stesso, impegolandosi in frequenti cambi di rotta poco plausibili (i progetti omicidiari di Warbeck) e sboccando in un coup-de-theatre conclusivo risibilmente esagitato. Belle le musiche di De Masi, che riarrangia in tono nostalgico il leitmotiv de Lo squartatore di New York. La "casa maledetta" del titolo è solo una postilla fraudolenta messa li per lucrare sul cult di Raimi.
MEMORABILE: L'incubo splatter-visionario col prete che cerca di infilzare col forcone la protagonista, abbandonata sulla sua sedia a rotelle in un parco pubblico.
La scelta di rivelare fin da (quasi) subito l'identità del killer, se da una parte risulta piuttosto originale dall'altra va a vanificare la suspense, ridotta ai minimi termini. La confezione è veramente misera (e il pessimo dvd italico non aiuta certo a migliorare la sensazione di povertà) e anche il cast, tolto il bravo David Warbeck, è assai anonimo. Qualche omicidio cruento e le belle musiche di De Masi non bastano per far emergere questo thriller, che si colloca tra i dimenticabili. **.
De Martino conferma ancora una volta il suo solido mestiere in un thriller che inizia con flashback infantile alla Argento per poi abbandonare, dopo la prima mezz'ora, il giallo whudonit in favore delle ironiche peripezie di un serial killer un po' alla Frenzy (con attore - che almeno qui non sveliamo - fin troppo gigionesco), tra omicidi cruenti ed equivoci beffardi. Al di là di qualche caduta nell'ironia involontaria, un thriller-noir ingiustamente frainteso, anche a causa del titolo troppo horror e di un trattamento homevideo spesso indegno.
MEMORABILE: L'incipit; I tocchi ironici nel mostrare l'assassino che cambia abito per spaventare la vittima.
Strano film di De Martino, a tratti davvero folle e inquietante. Poi chi è il cattivo lo si capisce subito e la sceneggiatura non lascia comunque troppo spazio all'immaginazione, ma non si tratta di stabilire l'identità del colpevole, perché gli elementi salienti sono altri. Il film "pecca" invece nel finale: sbilanciato, esagerato, assolutamente improbabile. Ma se si completa la visione e si cerca di fare un'analisi complessiva, la pellicola forse asseconda questi elementi irrazionali, assumendo un po' l'assurdo come base per l'intera storia.
MEMORABILE: La "vittima" nel finale, nonostante la situazione, invece di chiamare il 911 telefona insistentemente al dottore (che sta suonando il piano con le cuffie).
Tra i tanti prodotti che cercavano di attirare pubblico inserendo nel titolo la parola casa (senza che c'entrasse nulla) agganciandosi al capolavoro di Raimi, questo l'ho trovato uno dei più interessanti. La storia rimane angosciante anche quando cominciamo a comprendere chi sia a manovrare l'inganno. La figura del prete maniaco era già stata presentata diverse volte nel panorama cinematografico anche a livello italiano e quindi non era facile sorprendere. Assolutamente da riscoprire.
MEMORABILE: Il brutale omicidio in chiesa; Il prete che scende le scale con la bambola insanguinata.
Una ricca donna paraplegica viene perseguitata dal suo scioccante passato che sembra non darle tregua in alcun modo, ma il destino non è ipotecabile. Bel giallo alla Hitchcock per le drammatiche tematiche "nuziali", dove il disvelarsi dell'assassino a metà film non intacca assolutamente il senso del mistero e la meccanica dei colpi di scena. C'è del Fulci nel respiro internazionale dell'ambientazione e il tutto lo rende un b-movie di serie A.
Si rinvengono omaggi, echi e antichi bagliori del thriller all'italiana. La morbosità e il mestiere di allora, tuttavia, risultano come sbiaditi: a metà anni Ottanta De Martino era già démodé come tutto quel cinema. La trama più che semplice è pedestre, le ombreggiature psicologiche raffazzonate (la bambola, ancora!), la recitazione appena sufficiente alla bisogna. C'è il sangue e anche il redde rationem (un po' forzato: va bene così), ma sembra ottemperare a una stanca maniera invece che a uno stile o a una convinta professionalità.
In procinto di congedarsi dal cinema, De Martino riprende gli elementi che hanno fatto la fortuna del thriller all'italiana: il trauma e l'efferatezza dei delitti tanto cari a Argento, l'intreccio di matrice lenziana. La sceneggiatura scopre le carte persino troppo in fretta e la resa dei conti finale viene probabilmente prolungata più del dovuto, ma il prodotto (malgrado un budget evidentemente ristretto) viene girato con una certa professionalità e anche gli attori non demeritano. Non malaccio le musiche di De Masi.
Come in molte pellicole di genere anche qui un'eredità è causa scatenante di morti violente. De Martino si trova tutto sommato a suo agio con un soggetto ben sviluppato, seppur stravisto. Certo ormai i tempi del genere sono morti e sepolti, però il film è a tratti interessante. Nel cast pressoché sconosciuto e a basso costo compare l'immarcescibile Warbeck, protagonista dell' indimenticabile L'aldilà di Fulci. Le ambientazioni sono americane come in altre pellicole del regista. Musiche non pervenute.
Un thriller poco convincente, fuorviante sin dal titolo italiano che lascia presagire un panorama differente e che invece abbandona il povero spettatore a una storia torbida nella quale la paura viene più dal cinismo dei personaggi. Alberto De Martino (qui con lo psudonimo di Martin Herbert) ha fatto di molto meglio. Non molto diverso il discorso riguardante il cast che, al di là dell'impegno, non riesce proprio a imporre svolte decisive.
Lavoro interessante questo di De Martino, un thriller ai limiti dello slasher in alcuni momenti, che riesce a fondere in maniera dignitosa sia il tipico approccio italiano che certe atmosfere vagamente noir americane supportate da alcune riprese in location a stelle e strisce. Diciamo che l'andazzo lo si capisce subito e si può intendere quasi immediatamente il ruolo di certi personaggi, ma nel complesso la visione è abbastanza godibile, grazie anche alle belle scene di violenza e gli omicidi. Doppiaggio in alcuni casi non adatto (la Nagy).
Horror di De Martino veramente indigesto; creazione della suspense che va a farsi benedire ben presto, scelte registiche poco comprensibili e quando il film dovrebbe entrare nel vivo, durante lo scontro finale, anche in quel caso il tedio regna sovrano per via di una lotta mal coreografata. I tre personaggi principali sono monoespressivi. A livello di noia, rimanendo in ambito horror, rivaleggia con Non entrate in quella casa di Paul Lynch.
Dal titolo parrebbe di trovarsi di fronte a un horror sulle case infestate, in realtà si tratta di un thriller appena sufficiente. Sfortunatamente si intuisce fin troppo presto quale sia il bandolo della matassa e un pochettino la visione ne risente, ma forse per l’ambientazione americana, gli omicidi cruenti e qualche spunto discreto disseminato qua e là, una valutazione indecorosa non la merita. De Masi ricicla melodie utilizzate altrove e anche il resto si vede che è fatto in economia, ma in giro c’è di molto peggio.
Titolo fuorviante (anzi, addirittura truffaldino) per un thriller demodé a base di allucinazioni, intrighi, maniaci in clergyman, bambole decapitate e carillon che intonano nenie infantili. De Martino azzecca saltuariamente qualche inquadratura stramba (grandangoli, riflessi specchiati) con ovvi echi da Bava e Lenzi, ma il modello più vicino (complice anche l'ambientazione americana, autentica a metà) è quello del Fulci coevo, cioè svogliato.
Tra inquietanti preti “avatiani“, guanti neri e rasoiate “argentiane”, cantilene ossessive e teste di bambola che rotolano, il film non scorre così male. Di originale non c’è nulla, si è pescato un po’ qua e un po’ là, ma come si suol dire: carta vincente non si cambia. E così la pellicola una sufficienza la porta a casa, non fosse che per il richiamo, appunto, a grandi thriller del precedente decennio. In quanto allo svelare, sin dall’inizio, i protagonisti della trama ordita, è in fondo onesto (tanto si sarebbe comunque intuito dal secondo fotogramma). Finale splatter trascinato.
De Martino cerca di nobilitare un po' la pellicola con una regia attenta, ma è impresa disperata visto che lo script risulta banale e gli attori (aiutati da un doppiaggio non certo eccelso) non brillano per la loro prova. Lasciamo perdere che il whodunit sia già risolto in partenza, visti i pochi personaggi in gioco, tanto che neanche a metà pellicola lo stesso regista mette in chiaro le carte; ma da quel punto in poi il film si fa ripetitivo e cerca di trovare uno sbocco in un finale che vorrebbe, senza minimamente riuscirci, sorprendere lo spettatore. Fiacco e inutile.
Thriller poco sapido e piuttosto noioso dal titolo fuorviante (di maledetto non c'è nulla). Di buono ci sono un incipit e un primo omicidio di argentiana ispirazione invitanti, in aggiunta a una colonna sonora adeguata nell'esaltare i momenti più cupi. Buono anche l'utilizzo degli ambienti. Il resto è abbastanza banale; rivelare presto l'identità e le dozzinali motivazioni dell'assassino qui non giova alla vicenda (l'interesse cala presto), inoltre egli passa nel giro di poco da metodico a goffo ingenuo, rendendo poco credibile tutto lo "scontro" finale. Mediocre.
MEMORABILE: L'incipit infantile; La confessione in chiesa con sorpresa.
In tutta onesta l'unica vera sgradevolezza che gli si può attribuire è il titolo truffaldino, per il resto il "giallo" di De Martino è tra i migliori recuperi del genere, in un periodo nel quale fuori tempo massimo si girarono troppe nefandezze. Così non solo l'utilizzo dei topos è risaputo ma sapiente (il trauma in particolare è ben gestito), ma vi sono pertinenti variazioni sul tema (l'handicap), scelte rischiose (la subitanea uscita allo scoperto dell'assassino) e, quel che più impressiona, uno sviluppo tensivo in grado di giocare sapientemente al rialzo. In parte il cast.
MEMORABILE: La prima notte tra la Nagy e Warbeck con la Blumenberg origliante; L'efferatezza degli omicidi; La colonna sonora di De Masi.
Un giallo pieno di sangue e di perversioni psicologiche in cui Alberto De Martino si ispira alla grande tradizione thriller italiana, anche se tradito da un titolo completamente apocrifo. Però la storia funziona, c'è un po' di sano splatter a condire il tutto e gli attori sono credibili e ben diretti, in particolare il veterano Andrea Bosic con le sue straordinarie espressioni ambigue.
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Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (anno 1988) di 7 Hyden Park-La Casa Maledetta
consiglio a tutti gli amanti di questo film di procurarsi la versione della Shameless con l'audio commento divertentissimo e romanissimo del direttore della fotografia, Gianlorenzo Battaglia che all'inizio non ricorda un bel niente del film, inoltre la villa dell'olgiata lui la chiama Villa Recchi e racconta la storia del padrone che uccise la moglie in un raptus di gelosia....voi vi ricordate di questa storia???