il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

L'ULTIMA CASA A SINISTRA
e i suoi mille tagli
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364216 commenti | 69096 titoli | 27175 Location | 14360 Volti

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  • Luogo del film: L'hotel dove Fiorio (Scamarcio) incontra Walter Rohrl (Bruch) e lo convince a provare la 037
  • Luogo reale: Albergo storico Cascata del Toce, SS 659, Formazza, Verbano-Cusio-Ossola
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  • Film: Ricchi a tutti i costi (2024)
  • Luogo del film: L'area archeologica dove Nunzio (Bruschetta) propone ai suoi futuri parenti di scattare una foto ric
  • Luogo reale: Ciutadella de Menorca: Pedreres de s'Hostal, Km 1 del Camí Vell, Spagna, Estero
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Robert Dancs

    Robert Dancs

  • Paolo Braghetto

    Paolo Braghetto

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Pinhead80
Ancora una volta Constant Girel nel suo viaggio in Giappone cerca di cogliere elementi caratteristici della popolazione a livello folcloristico. In questo caso riprende una sorta di danza dei ventagli ma il risultato non è assolutamente soddisfacente. Questo presumibilmente a causa di una sorta di incomprensione tra le protagoniste del cortometraggio, in quanto le donne in prima fila invece che muovere le braccia e il corpo rimangono immobili utilizzando il ventaglio come parasole. Dietro invece le altre ce la mettono tutta. Peccato perché l'idea non era delle peggiori.
Commento di: Gugly
Film diviso in due come Caravaggio, un ottimo Scamarcio intenso tra peccati sin troppo terreni e sublimazione artistica: da una parte la narrazione di una vita tormentata illuminata dagli squarci di luce dei dipinti, dall'altra la narrazione d'ambiente, efficace ma un po' troppo densa di personaggi interpretati da attori in "partecipazione speciale" che si perdono nell'insieme e scompaiono di fronte al carisma del protagonista; "l'Ombra", anziché il simbolo di una Chiesa inquisitrice, appare come un altro aspetto della personalità del pittore a cui sarà pagato necessario tributo.
Commento di: Markus
Sequel d’ordinanza, seppur non troppo ravvicinato al capostipite, in cui l'uomo qualunque interpretato da Bob Odenkirk picchia chiunque lo infastidisca. La trama si sviluppa durante una vacanza in famiglia in un parco divertimenti, che si trasforma in un teatro di pestaggi e morti trucidati a profusione. L'azione non è particolarmente originale, ma riesce a intrattenere in modo basilare ed efficace. È un trionfo di citazioni e situazioni già viste, ma in definitiva funziona.
Commento di: Anthonyvm
Inteso come una sorta di sequel de La passione di Cristo, il che si evince pure dal realismo violento (ma ben lontano dagli eccessi di Gibson) del crudo context narrativo, il film di Reynolds desta interesse per il suo inusuale approccio mystery al tema, sviluppandosi in tempi e metodi propri di una detective story, col tribuno romano ombroso e insoddisfatto (un bravo Fiennes) che, tra complotti e minacce, finirà per scoprire la verità e redimersi in stile Burton. La seconda parte, più scontatamente faith-based, non convince del tutto, ma l'insieme resta una dignitosa opera pasquale.
Commento di: Bullseye2
Il buon Mattei, mascherato con pseudonimo polacco per imitare Borowczyk, realizza una delle sue opere migliori con questo gioiello del cinemabis più sordido, maggiormente debitore (nonostante il tema) al fumettaccio nero-erotico della Edifumetto piuttosto che al classico di Manzoni. Elegante seppur poveristico, con un cast di gran culto in cui spiccano il sempre bravo Garofalo e il sottovalutato Cutini, si fa notare per (parecchie) sequenze da antologia del cinemabis più selvaggio e delirante, oltre che per il suo clima estremamente putrido e malsano. Sottovalutatissimo, da recuperare!
Commento di: Il ferrini
Coppia si trasferisce in una vecchia casa. C'è morto qualcuno? Certo che sì. La vicina inquietante? C'è. La scala buia che scende nel seminterrato? Diamine. Sangue che esce dai muri? È il minimo. Fa paura? Mai, nemmeno per un secondo, al limite fa un po' ribrezzo. Gli attori non sono niente di che, la regia invece qualche buona idea la tira fuori ed è apprezzabile anche la musica. Ma il comportamento dei protagonisti è delirante e il "messaggio" (se c'è) della sceneggiatura giunge poco e male. Buoni gli effetti.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Seconda avventura a Cinecittà World per i paesani di Pellizzano in trasferta. Che poi, vista la quantità di romani presenti nel cast, bisognerebbe forse chiamare trasferte quelle in val di Sole, non queste... Di nuovo le attrazioni del parco di Cinecittà vengono abbondantemente pubblicizzate (i titoli di testa assomigliano a un vero e proprio spot), così come si sprecano le panoramiche del parco dall'alto. L'ambientazione meno originale e suggestiva rispetto alle verdi vallate del Trentino, tuttavia, non inficia sul risultato finale, che invece rende più...Leggi tutto “confidenti” gli attori, più a loro agio in un contesto familiare come quello romano.

Rispetto al capitolo precedente si perde però Massimo Ceccherini, che dei nuovi acquisti era quello che più aveva reso vivace e brillante l'operazione; a “sostituirlo” troviamo Alessandro Di Carlo nel ruolo di sceicco fasullo, la rediviva Gegia in quello di Jasmine (la di lui moglie) e l'attraente, davvero splendida Samira Lui come accompagnatrice dei due. E' allo "sceicco" che Madame Leroy (Cléry), la proprietaria al 51% del parco, ha venduto le proprie quote, lasciando a Don Donato (Salvi) e soci il 49%. Non proprio una bella notizia per i nostri, che stavano già organizzando di rimettere in sesto la chiesetta del posto (ci pensa Don Gabriele/Garbotti) e a organizzare una bella festa di Capodanno con Johnny Depp versione Jack Sparrow (Rodi)...

Il rapporto con lo sceicco e i suoi uomini, che cominciano a vendere tappeti in loco facendo irritare il gruppo di Pellizzano, diventa uno dei leitmotiv del film, per il resto adagiato sui soliti rapporti spinosi tra coppie. La Gina (Stafida) infatti, tutta presa dal figlio che le sta per nascere, trascura il povero Edoardino (Milano); Luna (Murgia) sogna di farsi mettere incinta da Luigi (Dianetti) e per questo lo ha trasformato in una sorta di sex toy; Olivia (Marchione) si ritrova tra i piedi la figlia adolescente (Guarino) e per lei ignora Ragusa (Di Renzo); Angelo (Mattioli) - gemello del vescovo, qui presente solo in un paio di telefonate da Pellizzano – non fa che urlare dietro alla sua giovane compagna Zara (Massera), che risponde da par suo in un romanesco esasperato. Piccole sottotrame che movimentano una storia minimale in grado di offrire poco ma che conferma il rinnovato affiatamento tra i protagonisti, aiutati di nuovo dalla regia spigliata di Raffaele Mertes.

Le gag affiorano piuttosto a fatica e in minor numero rispetto al precedente episodio (al quale questo è ovviamente strettamente collegato), Mattioli - che di fatto qui non si sdoppia - si prende spesso la scena strabordando e facendoci rimpiangere quando si conteneva di più nella parte del vescovo (meglio inserita la Massera, un vero torrente in piena). Salvi, al contrario, sembra aver trovato la misura perfetta per il suo ruolo e convince più di tutti, con le tre attrici solide in personaggi che ormai conoscono a menadito. E alla fine, senza che si possa gioire granché per il risultato (soprattutto pensando al deprimente finale “horror” con truffe annesse), con una Cléry solo di passaggio e una Gegia eccessivamente invadente, la trasferta romana sembra concludersi qui. Se non altro, comunque, si respira più vita rispetto agli ultimi stanchi capitoli in Val di Sole...

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“Gli inizi” ci vengono a dire il vero raccontati con qualche flashback a mo' di documentario nella primissima parte del film: una missione spaziale con a bordo i quattro (non ancora) eroi è finita male e il loro DNA ne è uscito modificato con le conseguenze che tutti sappiamo: Johnny (Quinn) si accende a piacere come una torcia, Ben (Moss-Bachrach) è un'enorme massa pietrosa antropomorfa, Reed (Pascal) si allunga a piacimento e Sue (Kirby) può farsi invisibile e spostare giganteschi volumi di materia attraverso una forza che viene visualizzata da...Leggi tutto uno spettro cromatico appena percettibile. Insieme si sono presi l'incarico di proteggere il mondo e – lo vediamo in un veloce riassunto - hanno sconfitto svariati nemici che avevano l'ambizione di dominarlo.

Ora Sue è incinta di Reed e proprio quando si avvicina l'ora del parto una nuova minaccia si avvicina alla Terra: annunciato dal “metallico” Silver Surfer (Garner), qui in versione femminile tanto per variare un po', sta per giungere a noi il temibilissimo Galactus, il divoratore di mondi la cui statura colossale è forse l'effetto meglio reso del film. Per arrivare a parlarci, i nostri devono compiere un viaggio spaziale attraverso una sarabanda di coloratissimi effetti speciali entro cui sfreccia Silver Surfer. Una volta al suo cospetto, Galactus pone le sue condizioni: la Terra sarà salva (e lui quindi eviterà cortesemente di papparsela) se gli verrà consegnato il magico figlioletto nato da Sue e Reed, destinato a suo dire a un futuro incredibile. Non sia mai! Consegnare il loro pupo in cambio di qualche miliardo di anime è improponibile, per i Fab Four: va escogitato un sistema diverso, per salvare il mondo! Tornati con le pive nel sacco e presi a male parole da interi popoli che pretenderebbero di sacrificare non senza una certa ragione il nascituro, i Quattro cominceranno a studiare un sistema di teletrasporto che potrebbe salvare capra e cavoli.

Non molto da segnalare in un film che azzera quasi del tutto le esibizioni della neo coppia di genitori (Reed ha un paio di buoni momenti nella lotta finale e poco altro, Sue anche meno), lasciando a Ben Grimm la maggior parte delle scipite gag e consegnando alla Torcia Umana il compito di far risplendere gli effetti speciali. Che quando c'è lui funzionano, a dire il vero, ma ancora meglio colpiscono quando a fare sfracelli tra i palazzi di New York arriva Galactus il quale, secondo modalità  “godzillesche”, sfascia grattacieli e auto lungo il cammino. Davvero un essere gigantesco, del quale la regia riesce a restituire le inusitate dimensioni trasformandolo nel vero polo d'attrazione del film.

Quando invece c'è da passare alle scene di semplice quotidianità o quando i protagonisti devono elaborare una strategia difensiva casca il palco: Reed con la sua espressione perennemente corrucciata da grande studioso si contrappone all'ingenuità di Johnny e alle sdrammatizzazioni di Ben, mentre Sue pensa al bambino e mostra gli splendidi occhioni azzurri senza che mai si rinvenga tra le pieghe della storia qualche spunto interessante. Il protezionismo nei confronti del piccolo Franklyn, insidiato dal tremendo Galactus, diventa centrale, con dialoghi "familiari" stucchevoli e i Quattro tratteggiati spesso come bamboccioni privi di qualsiasi spessore drammatico, ai confini del cartoon.

La qualità dell'umorismo è modesta quanto i dialoghi e i lunghi passaggi in astronave tra fiumi di colori e torrenti di fuoco sono un riempitivo uguale a troppo di ciò che si può trovare in qualsiasi film con futuristiche esplorazioni planetarie. Insomma, dare smalto al quartetto su grande schermo si conferma operazione non facile, nonostante le potenzialità per farlo esistano. Si è comunque ristabilita, rispetto al primo film, una medietà che permette di godersi lo spettacolo senza troppi rimpianti, aiutati dal solito ritmo vivace che in produzioni simili diventa asset fondamentale.

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Bob Odenkirk, che già col numero uno aveva dimostrato di ambire legittimamente ad affiancare mostri sacri del genere come Jason Statham, Liam Neeson o Keanu Reeves, in virtù di una fisicità ideale e una monoliticità espressiva in linea con i "migliori", cambia passo. Il budget sale e il film, oltre a permettersi un regista tra i più promettenti dell'action orientale come Timo Tjahjanto e la conferma di Connie Nielsen (la moglie), Chistopher Lloyd (il padre) e RZA (il fratello), chiama come...Leggi tutto nuove star Sharon Stone (nel ruolo della cattivissima Lendina) e John Ortiz (il nemico che poi cambierà fazione).

Lo schema lo conosciamo tutti prima ancora che ci sia bisogno di sedersi in sala, ma fin da subito lascia perplessi una regia che, nel gestire le scene non d'azione, sembra quasi trovarsi in imbarazzo: le giornate in famiglia passano nell'anonimato, con lei che lavora o nuota e lui che mena come un fabbro per recuperare i soldi di un debito gigantesco che ha contratto mandando in fumo i miliardi dei russi. Certo, nulla da dire sul feroce scontro in ascensore, diretto con mano esperta, ma persino lì manca quella scintilla in grado di lasciare il segno.

Quando finalmente si parte, ci si accorge che papà Hutch Mansell (Odenkirk, per l'appunto) ha organizzato un viaggio di famiglia in un lontano parco di divertimenti come un perfetto Clark Griswold: ci era andato col padre da bambino nel loro unico viaggio insieme e lì Hutch vuole accompagnare moglie, figli e lo stesso, anziano padre, in una bella vacanza da passare tutti insieme per dimenticare lo stress quotidiano. Possibile che tutto vada liscio? Ovviamente no, e infatti già in sala giochi, il primo giorno, il figlio si accapiglia con un coetaneo. Mamma e papà calmano gli animi, ma quando il padre dell'altro rifila un piccolo scappellotto alla figlia di Hutch, quello prima cerca di trattenersi e se ne esce, poi ci ripensa, torna da solo e il tutto finisce in rissa (violentissima, come sempre).

In seguito arrivano gli attriti col poliziotto locale (Colin Hanks, è il figlio di Tom), quindi il faccia a faccia in Centrale con il superiore di quello (Ortiz) e poco più tardi lo scontro totale che prevedibilmente si scatena senza che in sceneggiatura nessuno si sia preso la briga di strutturare la storia in modo che non appaia buttata lì come capita. Si sa che in film del genere non è richiesta gran coerenza né verosimiglianza (anzi, è proprio il distruggere ogni traccia di quest'ultima a divertire, di norma), ma sarebbe utile che almeno i personaggi centrali (la Stone) non saltino fuori dal nulla gigioneggiando a più non posso senza un perché. O che ci si spiegasse perché Hutch d'improvviso decide di sbaragliare un'intera falange armata... Invece no: dialoghi di nessuna presa, ironia che sembra rifarsi addirittura ai film di Spencer e Hill (la zuffa in barca, i due eroi che di fronte al poliziotto che li minaccia nel finale al luna park sembra quasi che debbano rispondere: "Altrimenti? Altrimenti... ci arrabbiamo!"), ma con interpreti inadeguati e ironia che perde tutto il mordente del primo capitolo.

Certo, il ritmo è sempre elevato, la resa di alcuni corpo a corpo è spettacolare, ma spesso si sconfina in paradossi irritanti (si pensi alla Nielsen che prima rimprovera il marito per il suo modo di fare per affiancarlo fiera, subito dopo, sposandone il modus operandi e uscendosene fuori nel finale come una perfetta “bad girl”). RZA con le sue katane c'entra come i cavoli a merenda, Lloyd non aggiunge nulla e il lungo finale con trappole orchestrate al luna park si era visto da poco già in RAMBO: LAST BLOOD. E poi i nemici vestiti in nero da corpi speciali sono veramente troppo statici e inetti in ogni frangente, per poter sembrare una minaccia tangibile: in cento non sparano un colpo al momento giusto e lanciati allo sbaraglio sembrano un alveare di api impazzite che non sanno mai dove andare, offrendosi regolarmente ai nostri eroi inscalfibili come patetici agnelli sacrificali.

Di tanto in tanto la trovata che fa alzare un sopracciglio, la mazzata feroce che la regia rende al massimo, ma poi quando c'è da sorbirsi le scenette familiari o le mossette della Stone (mal doppiata) la sensazione netta è che non si sia posta alcuna cura, nella stesura del copione; che si punti solo a muovere i personaggi – senza gran fantasia, peraltro – infischiandosene di dar loro un briciolo di spessore e pensando solo a far rumore con esplosioni, fucilate, mine e via dicendo. Guardabile ma decisamente trascurabile, con punte selvagge non indifferenti che però ormai non fanno più notizia.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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