A Roma, durante il regno dell'imperatore Tiberio, il nobile patrizio Marcello viene inviato in Palestina nel momento della condanna a morte di Gesù. La tunica ha un'importanza storica in quanto primo film realizzato in Cinemascope, con incremento notevole della "spettacolarità" delle immagini. Il film è un melodramma storico realizzato con molta professionalità, scene di ampio respiro e un cast carismatico. Piuttosto retorico ma ottimo esempio di spettacolo cinematografico adatto ad ogni tipo di pubblico.
Il tribuno Marcello, che ha comandato il manipolo di soldati incaricato di crocifiggere Cristo e ne ha vinto ai dadi la tunica, si converte al cristianesimo seguendo l'esempio dello schiavo Demetrio. Messa in scena sfarzosa ed innovativa dal punto di vista cinematografico per il formato Cinemascope, a cui corrisponde un contenuto piuttosto povero nella sua retorica da catechismo illustrato. Nel cast, a parte la prestazione impeccabile di Burton, ruolo importante per Mature che girerà un seguito, santini viventi (Rennie) e cattivi mediocri che fanno rimpiangere il Nerone di Ustinov.
La valenza del film è prettamente storica: è stata la prima pellicola girata in cinemascope. Il valore invece è decisamente deludente: solito film “storico-religioso” con ampio budget a disposizione e che può contare quindi su un cast (ovviamente sprecato) ricco di nomi, una confezione opulenta ma fine a se stessa (vincitrice di oscar per le scenografie) e per il resto davvero poche emozioni.
L'opulenza cinematografica, tipica dei kolossal anni '50, non sempre assicura un risultato artistico di grande spessore, ma questo film, non del tutto riuscito, merita davvero una visione. Gli interpreti sono grandi attori che sanno sempre cosa fare e la loro è un'ottima interpretazione, ma sotto un aspetto prettamente artistico ho molto apprezzato Robinson/Caligola che, pur non essendo accostabile a Peter Ustinov, offre una performance fatta di movenze, espressioni e sguardi da pazzo furioso. Meravigliose le musiche di Alfred Newman. ***1/2
MEMORABILE: Lo sguardo "ispirato" di Demetrio quando Marcello prende in mano la tunica.
Tipica grande produzione americana anni Cinquanta a sfondo religioso. Malgrado la fastosità di scenografie e costumi a distanza di tempo alcuni particolari pesano in negativo. Le recitazioni sono impostate e danno un senso di artificioso e di eccessiva pomposità. A non convincere è lo scritto stesso, troppo combattuto tra diversi generi per poter assumere una qualsiasi valenza storiografica. La componente religiosa finisce, di rimando, per essere scontata e piuttosto dozzinale, compromettendo irrimediabilmente il giudizio finale dell’opera.
Prodromo ai kolossal religiosi che verranno come Ben-Hur o La Bibbia, questo film ha il grosso peccato di aver puntato più sul contenitore che sul contenuto. La sceneggiatura infatti non solo è abbastanza ingenua ma anche troppo fantasiosa e, a tratti, persino anacronistica. Ad alcune scene girate con perizia se ne contrappongono altre dove i fondali posticci e disegnati sono fin troppo evidenti. E' vero che era il '53, ma qualcosa in più era pure lecito aspettarselo. Cast non entusiasmante con Mature a volte superiore anche a Burton.
Non male l'inizio di questo film storico/religioso; purtroppo nel prosieguo diventa sempre più puerile nel voler dimostrare la fede in Cristo, fino a raggiungere un finale davvero banale. Certo è un kolossal americano e i grandi mezzi impiegati si vedono: la breve parte girata a Capri è la più affascinate scenograficamente. Gli attori che interpretano i cattivi hanno l'aspetto che rende bene la perversione degli imperatori romani; soprattutto Caligola interpretato da Jay Robinson, ma anche il meno folle Tiberio è ben reso da Ernest Thesiger.
Lussuoso ma non troppo coinvolgente kolossal d'ispirazione religiosa, narra la tormentata conversione al Cristianesimo dello stesso soldato romano che trafisse con la lancia il corpo di Gesù. Come sempre impressionano le numerose comparse e la solennità del comparto scenografico, specie nelle sequenze ambientate a Roma e Capri, mentre la prolissità filo-proselitista della seconda tranche si manda giù accompagnata da qualche sbadiglio, scadendo a più riprese nel melodramma pomposo. Resta il decoro irrecuperabile delle grandi produzioni da vecchia Hollywood, prezioso cast incluso.
MEMORABILE: Nel palazzo di Tiberio; L'improvviso cambio di clima alla morte di Cristo; L'effetto della tunica quando indossata da Burton; Il finale paradisiaco.
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