Dal saggio "L'Estraneo dietro lo schermo" di Stefano Mazza, in Studi Lovecraftiani n.4 (2007):
"... Mentre
La città dei mostri risentiva chiaramente di atmosfere gotiche, che del resto si possono individuare anche nel soggetto di origine, più fantascientifico è il secondo adattamento lovecraftiano dell’epoca:
La morte dall’occhio di cristallo (Die monster die, 1965) di Daniel Haller del 1965, che si ispira a
The color out of space, sebbene vi siano numerose differenze con la storia di partenza. Un particolare salta subito agli occhi nei titoli di testa del film di Haller: per la prima volta nella storia del cinema appare il nome di H.P. Lovecraft ed il titolo del racconto da cui il film è tratto. Un altro dettaglio degno di nota è la prima sequenza che cita chiaramente e generosamente
L'arrivé e d'un train à la Gare de la Ciotat (1895) dei fratelli
Lumière, essendo ad esso quasi uguale per soggetto, taglio dell’inquadratura e persino durata. Anche il gesto di apertura della porta da parte di Nick Adams è uguale a quello del passeggero in primo piano del cortometraggio dei Lumière. Curioso dunque il fatto che poco dopo aver citato il nome di Lovecraft si veda arrivare proprio lo stesso treno che settanta anni prima terrorizzò le prime platee del cinematografo, come abbiamo ricordato nell’introduzione.
Il film di Haller nacque sull’onda del successo de
La città dei mostri e si possono riscontrare diverse similitudini fra le due pellicole. Innanzitutto anche questa storia si svolge in una Arkham decadente, nebbiosa, desolata e abitata da cittadini scontrosi quanto spaventati da orrori di cui non vogliono sapere nulla. L’estetica de
La morte dall’occhio di cristallo rimane decisamente gotica nei paesaggi e nelle architetture e viene mantenuto anche il tema della suggestione da parte di un avo, in questo caso Corbin Witley, le cui gesta vengono ripetute dal successore, Nahum, il quale ne perpetra quindi le colpe, poiché mantiene vivo un antico e orribile segreto che però viene scoperto da un estraneo. A questi temi tipicamente horror si aggiungono diversi elementi fantascientifici, come il meteorite nascosto in cantina e i mutanti genetici, che emergono soprattutto nella seconda metà del film e che aderiscono maggiormente alla fantasia lovecraftiana con una forza visiva del tutto nuova e sbalorditiva per l’epoca: gli esseri mostruosi nascosti nella serra di Nahum sono davvero inquietanti e sembrano usciti da un’illustrazione di
Karel Thole. Interessantissimo, oltre che ben rappresentato, risulta l’essere luminescente in cui si tramuta Karloff-Nahum dopo essere stato contagiato dal meteorite. Per l’appassionato lovecraftiano è certamente bella ed emozionante la vista della "Landa Folgorata", che nessun altro film fino ad ora ha più rappresentato. Gli orrori scatenati dall’energia sconosciuta che Nahum cerca di domare e le sconfortanti degenerazioni che ne derivano sono un messaggio di preoccupazione verso gli effetti dell’energia atomica e degli esperimenti di irradiazione dell’allora nuova ingegneria genetica, le cui possibilità hanno sempre generato timore ed angoscia per gli esiti nefasti che possono generare sui corpi e sul comportamento degli esseri viventi. Unico connotato negativo di questo straordinario esordio alla regia di Haller è l’infelice scelta degli attori, Karloff a parte, che evidentemente non erano all’altezza dei ruoli affidati e a tratti riescono a limitare il ritmo e la credibilità della storia."