il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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foto di scena inedite
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358492 commenti | 68054 titoli | 26819 Location | 14102 Volti

Streaming: pagine dedicate

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  • Film: Come può uno scoglio (2023)
  • Multilocation: Piazzetta San Parisio
  • Luogo reale: , Treviso, Treviso
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  • Film: Picciridda - Con i piedi nella sabbia (2020)
  • Luogo del film: L'edicola votiva davanti alla quale Lucia (Castiglia) prega affinché la cugina Rosamaria (Greco)
  • Luogo reale: Via G. Matteotti, Favignana, Trapani
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Davide Valle

    Davide Valle

  • Edoardo Breda

    Edoardo Breda

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Giùan
Superbamente diretto da Wyler (memorabile la complessa carrellata dell'overture, replicata poi nel finale circolare), il quale coniuga il magistero tecnico con una tensione melodrammatica che punta non su momenti clou ma piuttosto su una pervasiva destabilizzazione nei confronti dello spettatore (tanto più quello del "tempo" immaginiamo), esacerbata dal perturbante eros represso che il personaggio della Davis (naturalmente straordinaria) fa emergere con progressiva spietatezza. Ne vien fuori un noir melò coloniale in cui molti temi scomodi e scabrosi son suggeriti, implacabilmente.
Commento di: Anthonyvm
Un chimico trova una misteriosa macchina fotografica e, sviluppati gli scatti, scopre di avere tra le mani le prove di un apparente omicidio; finirà per improvvisarsi detective. Molto più rosa che giallo, questo murder mystery inglese che preferisce focalizzarsi sugli imbarazzi romantici tra i due protagonisti (i simpatici Kendall e Lupino) anziché perseguire un'avvincente storyline investigativa, senza peraltro conseguire particolari risultati neanche in campo umoristico. Peccato, perché in alcune saltuarie occasioni la regia di Vorhaus mostra valori virtuosistici inaspettati. Meh.
Commento di: Mr.chicago
Per questa sua seconda prova da regista Sean Penn stavolta si avvale del magnetismo sempre affilato di Jack Nicholson e, diciamocela tutta, la pellicola regge interamente sul suo carisma e la sua faccia. Rispetto all'esordio è comunque una storia più profonda e meglio strutturata che cattura maggiormente l'attenzione dello spettatore. Morse, che parrebbe attore feticcio per Penn, ancora una volta sembra togliere e non mettere. Bello e commovente il finale. Buon film.
Commento di: Mr.chicago
Prima prova da regista per Sean Penn che, nonostante si avvalga di un cast di altissimo livello, realizza un'opera piatta, monocorde e senza mordente. Basta leggere il testo della canzone di Bruce Springsteen e rendersi conto che a quest'ultima sono bastate poche strofe, ma incisive, per raccontare una storia di fratellanza non comune a sfondo drammatico, mentre per il film non bastano due ore per avere la stessa potenza narrativa e la stessa profondità. Al contempo, però, si percepisce un certo talento per la macchina da presa.
Commento di: Markus
Produzione italo-russa del 2019, il film ruota intorno a una storia d'amore tra Andrea Preti e la bella Olga Pogodina. Si cerca di equilibrare le aspettative di Mosca e Roma, presentando una buona dose di cliché e riferimenti al classico Vacanze romane, con immagini turistiche sostanzialmente innocue. La pellicola risulta altrettanto innocua e include una serie di guest star nazionali, suggerendo che sia stata concepita principalmente per il mercato audiovisivo russo. Estremamente basico e citazionista, il film va preso per quello che è.
Commento di: Reeves
Jean-Luc Godard più va avanti con gli anni e più è capace di proporre un cinema puro, disturbante, geniale. Qui si parla di religiosità ma anche di lotte operaie, di teatro ma anche di costruzione dello spettacolo e soprattutto di consumismo come ideologia dominante. Come detto, il suo è un cinema che non lascia spazio ai compromessi, geniale fino in fondo. Un cinema che non lascia indifferenti.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Miniserie in due puntate coprodotta tra Italia e Australia (dove è interamente ambientata), racconta le vicende di tre ragazzi di diverse età che si conoscono e crescono insieme in un orfanotrofio: Danny (Hardi) è il più grande, un adolescente, e Frances (Elliot) ha pochi anni di meno. Chi fa loro quasi da mascotte è il piccolo e dolcissimo Paulie (Gilmore), che completa il gruppo. Quando i tre vengono adottati da tre diverse famiglie, per loro comincia una nuova vita, fatta più di giorni tristi che di soddisfazioni, ma non solo per colpa dei genitori.
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Paulie sembra il più incolpevole: è chiamato a sostituire nei cuori di papà e mamma un figlio morto e fin da subito il padre, sognando possa ripetere i successi nel calcio del vero figlio, lo costringe ad allenarsi senza sosta col pallone, benché sia evidente quanto non sia quella la sua strada. Frances, invece, vive un rapporto conflittuale soprattutto con il padre (Blackwell), ma anche la moglie (Toppano) di questi fatica a entrare nelle grazie della ragazza. Particolarmente introversa, Frances trova amicizia in un'anziana libraia specializzata in occultismo (Leith), con cui condivide uno speciale potere (la telecinesi, anche a distanza!). Danny infine, ossessionato dalla ricerca della propria madre biologica (vuol sapere perché l'ha abbandonato), viene adottato da una ricchissima famiglia il cui padre (Olsen) esige da lui innanzitutto impeccabile educazione. Martha (Lyons), la nuova madre, è invece forse la persona che più riesce a comprenderlo stabilendo con lui un bel rapporto d'affetto. Il padre di lei peraltro, il vecchio Bops (Spencer), è un ex pugile che vive con loro e che subito prova simpatia per Danny, mettendosi in testa di allenarlo per farlo sfogare con i guantoni.

Tre situazioni diverse studiate senza ricorrere a banalità eccessive, piuttosto ben rese pur all'interno di un prodotto nel complesso modesto, soprattutto a causa degli inevitabili limiti di recitazione dei ragazzini: solo il piccolo Gilmore, che suscita tenerezza e mostra lodevole spontaneità, sa reggere con furbizia il suo personaggio, gli altri due si rifugiano in bronci, intristimenti, sfoghi improvvisi che non depongono certo a favore della sceneggiatura. Bud Spencer, barba lunga e occhi strizzati, non si vede quasi mai nella prima puntata ma si guadagna un suo spazio nella seconda, affiancando nell'avventura in campagna la Leith e dando un senso alla sua partecipazione.

Se però nella fase di sistemazione in famiglia la miniserie (la durata totale è di tre ore) funziona, aiutata dalla recitazione matura dei genitori, quando i rancori dei tre ragazzini nei confronti delle loro nuove famiglie si concretizzano in una fuga, il tutto comincia a perdere colpi. L'avventura nuoce a un'opera che si muoveva al meglio nello studio delle relazioni tra genitori adottivi e figli, mentre già quando i tre si ritrovavano incontrandosi tra loro si capiva che non troppo aveva da dire. I “tre per sempre”, insomma, non sembrano così affiatati come la situazione necessiterebbe e il film ne risente, per quanto venga mantenuta un'apprezzabile misura e, almeno inizialmente, non si ricada nel rischio di nuotare in un mare di melassa. Lascia più di un dubbio la scelta di assegnare lo strano “potere” a Frances, poco pertinente in una produzione che punta a raccontare drammi adolescenziali attraverso sentimenti reali. Finale commovente quanto ovviamente telefonato, e il goffissimo incontro di boxe in chiusura ce lo potevano risparmiare...




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Thriller in alta quota per Mel Gibson, il quale, dopo i progetti ambiziosi che ne hanno spesso caratterizzato la carriera da regista, scende di livello per tuffarsi in un B-movie facile facile che punta tutte le sue carte sulla tensione. Non solo quella data da un volo di difficilissima gestione, ma anche quella garantita dall'avere a bordo uno spietato killer armato di cattivissime intenzioni. Non ci mette molto il film a entrare nel vivo dell'azione: dopo un breve incipit nella camera di un motel dove Winston (Grace), il supertestimone prossimo a dare il suo fondamentale contributo per...Leggi tutto incastrare un boss, viene fermato dalla Polizia e ammanettato perché non possa fare scherzi, ci si sposta già sulla pista di un aeroporto.

La US Marshal Madolyn Harris (Dockery) sale sull'aereo privato che dovrà portarla, insieme a Winston, ad Anchorage (siamo in Alaska), da dove poi partire per Seattle. Il pilota che li accoglie (Wahlberg) si mostra scherzoso, ha voglia di parlare con qualcuno e, fin da quando decolla, non smette per un attimo di farlo. Madolyn non ne può più, mentre Winston, seduto e incatenato al suo posto poco più indietro dei sedili di guida, mostra un simpatico spirito ironico a sua volta poco apprezzato dalla donna. Qualche scossone, un uccello che si schianta sul vetro spaventando Madolyn, le ciance del pilota che, nelle cuffie che fa indossare anche alla donna per parlarle, mette in loop "Blue Monday" dei New Order: una situazione che resta comunque piuttosto nella norma fino a quando una frase del pilota mette in allarme Madolyn: sa qualcosa che non dovrebbe sapere. Come mai? Semplice: quello non è l'uomo che dovrebbe essere ma qualcuno mandato dal boss contro il quale Winston dovrà testimoniare e il suo obiettivo è uno: uccidere quest'ultimo.

La tensione esplode d'improvviso a bordo e inizia l'avventura ad altissimo rischio che non ha in sé nulla di nuovo ma si propone il difficile compito di riuscire a intrattenere per la tradizionale ora e mezza senza mai uscire dall'abitacolo dell'aereo. E' un sottogenere ben preciso, quello a location unica, e per funzionare richiede una sceneggiatura di ferro o in alternativa una regia di alta qualità in grado di mantenere alta la suspense, facendoci dimenticare le limitazioni date dall'unità di luogo. In questo caso la sceneggiatura non è certo virtuosistica, ma Mel Gibson dietro la macchina da presa ci sa fare e sfrutta bene gli spazi spostando l'attenzione da un personaggio all'altro e aggiungendovi le pericolose evoluzioni del velivolo.

La credibilità va perlopiù a farsi benedire, Wahlberg (per l'occasione mezzo pelato in testa e... senza l'utilizzo di effetti speciali, come ha tenuto a precisare: semplice rasatura), in un raro - per lui - ruolo negativo, non è sempre sopportabile per quel suo salire esageratamente sopra le righe che conduce alla macchietta. La Dockery non è troppo empatica ma fa quel che deve, Winston contribuisce alla vena ironica con qualche intervento azzeccato. Ma in questo senso chi ha buon gioco è la voce che da terra dovrà aiutare il velivolo a non schiantarsi. Le spiritose avance via radio a Madolyn sdrammatizzano e donano spesso relativa brillantezza all'azione. L'unica variante importante è data dalla scoperta che qualcuno, in Polizia, fa il doppio gioco, e Madolyn è coinvinta di sapere chi sia. Una sorpresa che a fatica regala un po' di interesse a una vicenda un po' stantia che tuttavia si segue con un buon grado di coinvolgimento. Niente di eccezionale o di originale, è evidente, ma come thriller ad alta quota si lascia guardare volentieri.

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Non solo gli americani: a visitare Roma in cerca d'amore, avventura, magari con la speranza di fare un giro in Vespa fino alla Bocca della Verità (citando apertamente VACANZE ROMANE, of course) ci sono anche i russi, che in questa coproduzione con l'Italia portano nella Capitale la loro diva Olga Stanislova Pogodina, attrice in patria di decine e decine di film e serie. Qui è Olga, dirigente moscovita della maison di moda di Vladimiro (Frassica), brand per il quale la donna si reca a Roma per lanciare una nuova campagna...Leggi tutto pubblicitaria. Si fa accompagnare da Massimo (Conticini), uno dei pochi nell'ambiente che non sia gay e che la sistema in uno splendido hotel.

Il Gregory Peck della situazione è invece Giorgio (Preti), bamboccione che il padre (Giannini) è stanco di dover mantenere. Dopo aver orgogliosamente deciso di cercarsi una strada lontano dal genitore, capisce che trovare un lavoro non è affatto facile e, dopo una serie di colloqui a vuoto, finisce a parlare con l'addetto alle risorse umane (Molteni) proprio della Vladimiro, che sulle prime, dal momento che il giovane non ha referenze, lo invita ad uscire. Quando però Giorgio, capito che chi gli sta davanti è decisamente gay, mostra il fisico e ammicca, l'uomo cambia idea e lo assume come cameriere per l'imminente party organizzato da Vladimiro. E' da qui che il protagonista capisce come quello sia per lui l'unico modo per farsi strada nell'ambiente; decide così di fingersi gay prendendo il "nome d'arte” di... Georgie.

Avvenente, alla Vladimiro Georgie attrae l'interesse di molti, e tutti fanno a gara per farselo amico e vezzeggiarlo. Tra i tanti conosce anche Olga, alla quale dice di essere un dirigente omosessuale stabilendo con lei un rapporto di complicità e facendole un po' da cicerone alla scoperta di Roma (l'immancabile giro in Vespa sarà tuttavia uno solo e molto breve). Giorgio deve intanto fare ben attenzione a non farsi scoprire dagli amici, ai quali ha taciuto la sua frequentazione di un certo mondo. L'arrivo in città della madre (Udovicenko) di Olga, alla quale quest'ultima aveva detto, per farla felice, di avere appena trovato lì un nuovo fidanzato, lo costringerà (su richiesta di lei) a spacciarsi proprio per l'amore italiano della bella dirigente russa, tacendo alla donna la sua (finta) natura omosessuale.

Una trama non certo nuova e sufficientemente intricata da creare un po' di movimento, al quale partecipano personaggi eccentrici ed effeminati (gustoso Frassica in questo senso, pur se privato delle sue battute travolgenti) e pure il cagnolino di Vladimiro, Vogue, utilizzato come classico espediente "slapstick" facendolo balzellare allegramente per il set inseguito di volta in volta da qualcuno. Si capisce chiaramente, dal tipo di impostazione, come il pubblico di riferimento sia prima di tutto quello russo (c'è pure un gruppo che canta la "Gelato al coccolato" di Pupo, artista notoriamente molto apprezzato da quelle parti). Manca ogni tipo di punta amara o caustica, tutto è volto in direzione di una forzata brillantezza e di un tipo di umorismo grossolano ed elementare che il pubblico italiano difficilmente può apprezzare.

La recitazione dei personaggi secondari è buona (ci sono anche Tosca d'Aquino, Alessandro Borghi, Flora Canto), ma quella dei protagonisti lascia abbastanza a desiderare, dando l'impressione di un film impostato per raccontare la solita banalissima storia d'amore con la straniera sedotta dall'italiano bugiardo ma affascinante e di buon cuore, mostrando nel contempo una Roma sfavillante, ideale culla romantica. Si vede qualcosa anche di Mosca (soprattutto la Piazza Rossa e la Chiesa del Cristo Salvatore, i due simboli della città), con una prevalenza di esterni che conferma la natura cartolinesca dell'operazione.

Per il resto si ironizza senza fantasia sulla predisposizione omosessuale nel mondo della moda, generando multiple macchiette stantie. La Pogodina non possiede la stessa spontaneità di una Audrey Hepburn e il film si presenta come un concentrato piuttosto rozzo e goffo di luoghi comuni sull'Italia, da sempre immaginata e idealizzata in questo modo da chi ne vive lontano. Max Nardari, restando in tema gay, farà meglio in futuro con AMICI PER CASO, allontanandosi per fortuna dai lustrini e dalla confezione patinata tipici di certe coproduzioni nate per soddisfare con tutta evidenza palati esteri.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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