Serratissima ricostruzione dell'inchiesta sulla pedofilia dilagante in ambito ecclesiastico condotta dal Boston Globe nei Duemila, racconta di come una parte della redazione - chiamata Spotlight - venga spinta dal nuovo capo (Schreiber) ad approfondire un tema colpevolmente lasciato galleggiare dal team. Guidato dall'abile Walter Robinson (Keaton), lo sparuto gruppo di giornalisti si mette in moto partendo dalle testimonianze di alcune persone in gioventù molestate da un prete della locale Arcidiocesi. L'inchiesta ben presto si allarga a macchia d'olio (pur continuando in regime di segretezza per non allertare la concorrenza) andando a toccare avvocati, cardinali e decine di altri personaggi collegabili...Leggi tutto al fenomeno. L'abilità della sceneggiatura (premiata con l'Oscar) sta nel mantenere le redini della vicenda senza divagare, visto che già non è facile districarsi tra una gran quantità di nomi da memorizzare: anche seguendo il corso dell'indagine passo passo il rischio di perdersi per strada qualcosa esiste. Nella complessità e nelle ampie ramificazioni del caso (poco correttamente ribattezzato Spotlight dal titolo italiano, come se le accuse fossero rivolte al gruppo di giornalisti del Boston Globe e non alla Chiesa) è comunque bravo a destreggiarsi il regista Tom McCarthy, che non concede il minimo spazio all'umanizzazione della vicenda o alle istanze clericali per concentrarsi invece sui fatti e sul progressivo disvelamento degli stessi. Nemmeno dei protagonisti viene raccontata la quotidianità, lasciando che lo spessore degli stessi sia dato dalle semplici interpretazioni: Michael Keaton conferma di essere attore superbo, ideale per un ruolo da coordinatore che va dritto al punto, Liev Schreiber (doppiato al meglio da Pino Insegno) mantiene un'imperturbabilità che lo eleva caratterialmente da chi lo circonda, Mark Ruffalo riveste correttamente e con la necessaria enfasi la parte del “detective” più attivo; e se anche Brian D'Arcy James, l'elemento più in disparte del “gruppo Spotlight”, fa quel che deve, entusiasma meno solo la Sacha di Rachel McAdams, banale nell'espressività e più indicata forse per il sentimentale. Enorme ancora una volta Stanley Tucci (qui con capelli) nel ruolo dell'avvocato del primo gruppo di vittime e perfetto anche il suo “collega” Billy Crudup, suadente e sogghignante avvocato che aveva avuto il compito di mediare tra la Chiesa e i “molestati”. Ma i personaggi chiamati in causa sono davvero tantissimi e l'importanza dell'argomento trattato, ovviamente ricavato da una storia vera, trova una sua perfetta godibilità cinematografica grazie agli incastri esemplari di una sceneggiatura che ha – come detto - l'unico difetto di trovarsi a citare un po' troppi nomi. E' stimabile l'aver saputo costruire la storia senza impaludarsi in inutili scene di contrizione da parte degli uomini della Chiesa affrontando l'inchiesta esclusivamente dalla parte di chi la compie. Montaggio efficacissimo che non fa pesare le oltre due ore di durata, notevole chiarezza espositiva, qualche sottile innesto ironico che testimonia della validità dei dialoghi.
Che gli americani ci sappiano fare quando si cimentano con questo tipo di film è indubbio: sono infatti molti gli esempi, riusciti, di inchiesta giornalistica portata su grande schermo. Spotlight si inserisce alla perfezione in questo filone: non rinnova nulla ma punta su elementi collaudati (lo spirito di gruppo, gli ostacoli) per fornire un quadro chiaro delle vicende che sconvolsero la cattolica Boston all'inizio del nuovo millennio. Forse un po' troppo verboso e con alcuni personaggi che sfiorano lo stereotipo ma di sicuro un buon film di denuncia.
Non era semplice rinverdire i fasti del cinema di inchiesta giornalistica che conclamati capolavori ha regalato al cinema americano. McCarthy lo fa con quella che è correttamente scolastico definire un'opera benemerita, sia per la scelta di un soggetto ad alto tasso di combustione omertosa (la società e il cinema italiano lo san bene), sia per l'utilizzo d'uno stile asciutto ma incalzante, che non ciurla nel manico scandalistico, riservando la sua forza narrativa nella denuncia incisiva delle interdipendenti connessioni d'un male sottile ma pervasivo.
Analisi di un classico reportage col dato caratteristico che la Chiesa, come istituzione, si trova smaccatamente dalla parte del torto anche grazie al silenzio di molti. Toni equilibrati nell’esibire il dramma delle vittime e nel togliere man mano gli strati alla vicenda senza ricorrere a facili sensazionalismi. Lo sdegno affiora come una vergogna a cui ognuno darà poi il giusto eco. Buone interpretazioni (spicca Ruffalo).
Storia vera del reportage del Boston Globe sull'insabbiamento delle notizie su vari abusi sessuali su minori da parte di preti. Adottando uno stile minimalista il film è una ricostruzione minuziosa dell'inchiesta, non lascia spazio a facili sensazionalismi ma si concentra sulla storia che deve raccontare. Ottimi sceneggiatura e cast.
Narrazione robusta ma sempre calibrata grazie a una valente sceneggiatura e una regia che lascia spazio alle capacità del parco attori. Molto focus è sul team di reporter e sulla loro strategia atta a neutralizzare i molti segnali contrari alla loro azione. Tutto avviene in maniera precisa senza ricorrere a espedienti melodrammatici e mettendo in evidenza la pluralità di approcci che una vicenda del genere comporta. Una coralità vincente.
Sulla scia del contemporaneo La grande scommessa, ma con molta più intensità in sceneggiatura e una regia che non cede a facili spettacolarizzazioni per mostrare tutto con uno stile quasi documentaristico e preciso. Il ritmo è veloce, non ci si stanca e la storia colpisce per umanità e indigna quanto deve. Grandissimo il cast, in cui eccelle la coppia Keaton/Ruffalo ma dove nessuno è da meno. Bene regia e fotografia. Imperdibile.
Un cast di prim'ordine (la cui recitazione viene esaltata da un doppiaggio italiano eccellente), alle prese con un racconto giornalistico, sobrio, robusto nella sua trama di fondo e mai "urlato". Il tema è scottante, quanto mai attuale e la conclusione fa riflettere: può essere la pedofilia in ambito ecclesiastico, non soltanto un fenomeno degenerativo marginale ma piuttosto una vera e propria patologia psichiatrica con una sua nosografia? Non perdetevelo.
Poche mele marce o frutti conseguenziali gelosamente nascosti in mezzo al paniere? Partendo da un caso apparentemente isolato, un gruppo di cronisti di Boston scoperchia una terribile realtà di abusi sessuali, coperti dalle gerarchie ecclesiastiche con manovre su più livelli: manipolatorie nei confronti delle piccole vittime e delle loro famiglie, di complicità omertosa con i poteri locali. Utile come un documentario ed appassionante come un thriller, un film che non ha bisogno di colpi bassi per colpire duro. Sceneggiatura incisiva, confezione impeccabile e grande prestazione corale del cast
MEMORABILE: "E' credibile il numero di 13 preti coinvolti?" "No, non è credibile, sono molti di più..."
Pellicola che si inserisce nel solco della migliore tradizione dei film sul giornalismo investigativo americano. L'inchiesta sui sacerdoti pedofili scuote la coscienza di una città intera e il film (e questo è uno dei suoi meriti maggiori) riesce a mostrarlo in modo realistico ed anti-spettacolare. La chiesa ne esce con le ossa rotte ma non figura migliore fa la perbenista società bostoniana. Sceneggiatura di ferro e grande interpretazione del cast, con Keaton e Ruffalo su tutti. Da vedere.
In pellicole come questa la prova degli attori è fondamentale; e qui, fortunatamente, tutti danno il loro valido contributo. L'argomento è tra i più sgradevoli e ignobili che ci possano essere, tanto che insabbiare, a un certo punto, sembrerebbe quasi la soluzione più "cristiana". Qui però, risvegli di coscienze sopite e giornalisti che non mollano la presa porteranno alla luce uno scandalo di proporzioni "bibliche", restando in tema. Certo, lo spettatore deve prepararsi a una valanga di discorsi da sanguinamento dei padiglioni auricolari, ma non poteva essere altrimenti. Decisamente riuscito.
MEMORABILE: Persino il famigerato 11 settembre sembra remare contro il giornale; La nipote fa leggere l'articolo alla nonna devota (la scena più crudele).
Tutto era scritto negli annuari delle diocesi di Boston, bastava saperlo leggere. Il caso della pedofilia nella chiesa cattolica fa senz'altro sensazione e il film ha dalla sua un soggetto molto forte da portare sugli schermi. Ma come nell'indagine vera da parte dei componenti di Spotlight del Boston Globe, che devono portare alla luce il caso nel modo giusto perché non si vanifichi il risalto che deve avere, la sceneggiatura del film è giocata sulla massima chiarezza e sul senso di realtà indispensabili nei film di questo genere.
MEMORABILE: Le sconcertanti ammissioni del sacerdote, ripreso poi dalla sorella; La chiesa che insabbia con la complicità della "buona società"; Il musical score.
Regia che non si mostra e quasi non si vede, lasciando tutto lo spazio del caso a sceneggiatura e interpretazione della tensione nella stessa da parte del buon gruppo di attori. Il racconto si stende sopra la costruzione di un'inchiesta circa la pedofilia dilagante nella Chiesa, a partire da una manciata di casi a Boston. Si ha qualche difficoltà nel tenere traccia dei nomi, ma il pathos monta bene e il film lascia un gran bel sapore (quello amaro di un documovie che scoperchia il classico vado di Pandora).
Davvero un ottimo film. Il rischio era quello di cadere in facili e pietosi patetismi, con primi piani di bambini e abbracci di mamme in lacrime. Niente di tutto questo: la narrazione è asciutta, la fedeltà ai fatti quasi documentaristica e ad arricchire il tutto ottime prove attoriali, Ruffalo su tutti. Il tema è spinoso ma viene trattato da McCarthy con rigore e senza sconti. L'Oscar come miglior film è del tutto meritato.
Il film racconta un caso giornalistico in modo pressoché simile al capostipite Tutti gli uomini del presidente. Nel cast chi brilla è Keaton, più lontana da lui la McAdams e sprattutto Ruffalo e Schreiber. La confezione è standard, non si riscontrano prodigi fotografici o registici; anzi, il taglio dato sembra quello dell'esaltazione della semplicità. Per una sceneggiatura assai complessa tale scelta non è sbagliata, tuttavia McCarthy così facendo ci lascia un film immobile, di soli fatti narrati e quasi mai mostrati e tutto cade nell'oblio.
Film di solido impianto classico, quello di McCarthy, ottimo nel non perdere la barra del timone e stare concentrato sulla rotta (la incredibile rete di omertà e connivenze cittadine) senza lasciare che l'argomento (lo scandalo preti pedofili, facilmente sensazionalistico) faccia scantinare verso colpi bassi, per quanto legittimi. Ottima sceneggiatura e strepitoso cast (Keaton, Ruffalo, Tucci e un burbero Schreiber su tutti) fanno il resto. Etico e importante.
La Chiesa ha somatizzato il noviziato in una malattia incurabile: la pedofilia. Nel 2001, Spotlight - che non è "il caso" ma un team del Boston Globe... – riapre l'inchiesta sui preti denunciati e rimossi per abusi nei confronti di minori. La ricostruzione è serrata, limpida, antispettacolare – sul modello di tanto cinema civile americano – e fa dell'approccio razionale, della deposizione analitica e del dato algebrico il senso stesso del ritmo, che cresce come un diagramma cartesiano verso un'iperbole insopprimibile. L'umanità è tutta nell'ottima prestazione del cast. Incazzato, ma con stile.
Decisamente non sono un amante dei film d'inchiesta, specie quelli di ambientazione giornalistica; questo però ha saputo tenermi incollato dall'inizio alla fine senza stancarmi. I dialoghi sono molto ben studiati (sempre realistici e non ce n'è uno di troppo), la storia procede in modo lineare e i vari indizi sono centellinati quel tanto che basta a tenere sempre viva l'attenzione. Un plauso anche ai protagonisti, molto convincenti. Un buon film.
Il film di McCarthy conosce la giusta misura e descrive con credibilità l'efficace lavoro del team "Spotlight" del giornale Boston Globe, che all'inizio del 2002 porta alla denuncia dei numerosi casi di abusi sessuali su minori perpetrati da preti della diocesi di Boston a partire dagli anni settanta, tenuti coperti dai vertici della Chiesa e dall'establishment cittadino. Importante contributo del cinema a un tema scabroso, che la Chiesa di Papa Francesco sembra stia tentando finalmente di far emergere. Ottimo tutto il cast.
Pellicola sul giornalismo d'inchiesta che indaga su casi di pedofilia compiuti da diversi preti nella città americana di Boston. Il film è costruito molto bene, sia per quel che riguarda fotografia che per quel che riguarda i dialoghi. Il cast di prim'ordine ha sicuramente aiutato a vincere l'Oscar. Una di quelle pellicole che vanno seguite dall'inizio alla fine: se si perde un passaggio si rischia di non capire più niente. Un bel film, ma non un capolavoro.
E sia: è un film importante, punta i riflettori là dove il sole non ha mai voluto saperne di battere (il monomio equivalente tra parte del clero e pedofilia) e si fa lingua che batte dove il dente dovrebbe dolere non fosse che è stato novocainizzato (l'unicum di omertà e correità). Sia pure che per quel che è l’impianto (para-televisivo nel tacchinare l’inchiesta giornalistica) è bene complessionato, ma nell’insieme tira aria viziata di neutralità (specie a babordo interpretativo) e di scarsa coesione tensiva. Ne va del coefficiente emozionale, e a spuntarla sull'interesse son gli sbadigli.
Per chi è al corrente dell'altra faccia del Vaticano il film non dirà niente di nuovo. Al "gregge" lascerà letteralmente lo sgomento che potrebbe provare un cieco totale davanti alla luce. Degno di lodi per l'ordine cronologico dei fatti e tratto da una storia vera, non è passato inosservato all'Academy. Giornalismo (troppo?) investigativo innestato su un tema che scotta: un incredibile fenomeno di massa che i più hanno sempre ignorato e che solo per questo merita considerazione non solo dal punto filmico. Necessario.
Una famosa e clamorosa inchiesta giornalistica, filmata con rigore eastwoodiano: fronzoli ridotti al minimo (anche meno), tempi perfetti, sceneggiatura implacabile. In un film così classico, la scrittura è quasi tutto e qui siamo a livelli altissimi. Anche il cast è ottimo, con menzione per Keaton e McAdams, mentre Ruffalo ogni tanto esagera (con la smorfia fissa come se avesse sempre in bocca una presa di tabacco pronta da sputare). Un difett(in)o? Avrei approfondito il tema del rimorso di Keaton.
Spotlight fa luce laddove la stessa ha da filtrare solo attraverso opulenti rosoni. Certo il tema evidenzia ciò che già sappiamo, ma non per questo lascia indifferenti, anzi. Pellicola che eccellentemente resta a metà strada fra un mockumentary e un legal thriller, bombardandoci più di nozioni, parole e sotterfugi che di azione. Impressiona un maturo Keaton che par migliorare sempre più col tempo, ma anche il resto del cast va alla grande. Agghiacciante più l'omertà di una perbenista Boston che la chiesa stessa. Dio ci salvi!
Un valido film di denuncia che ha il coraggio di scoperchiare un pentolone carico di scandali e abusi. Pellicola prettamente dialogata che si segue con notevole interesse, visto anche l'argomento trattato. Ottimo il cast, che regala intense interpretazioni (personalmente ho apprezzato Ruffalo). Finale consolatorio a metà, viste le sovrascritte al termine.
Solido film di stampo giornalistico, che vanta una sceneggiatura ben scritta e un cast molto funzionale nel racconto di una vicenda spinosa e importante. Girato con mano sicura e supportato da una degna colonna sonora, il resoconto dell'indagine giornalistica dei cronisti del Boston Globe sui crimini di pedofilia della locale curia è riportato con il rigore tipico dei film d'indagine degli anni '70. Keaton e Ruffalo su tutti.
Giornalismo d'inchiesta e true story: un connubio sempre valido per una sceneggiatura vincente. Peccato che la narrazione altalenante e il gran numero di personaggi e intrecci rendano a tratti la trama poco fruibile. Inoltre, per come è concepito il film, l'attenzione si riversa più sui giornalisti che sul problema. E il succo dell'inchiesta (la pedofilia) a malapena si respira durante la visione, se non attraverso qualche sporadico racconto. Gran cast, comunque, dove l'unico a non risplendere è uno strano Ruffalo non sempre in sintonia.
MEMORABILE: La naturalezza della confessione del prete avanti la porta di casa e la reazione della sorella.
Questa inchiesta giornalistica ci permette di far luce su di un tema inquietante come la pratica di nascondere sistematicamente gli abusi perpetrati per decenni da preti nei confronti di bambini. Già la questione di per sé è micidiale, se si aggiunge ciò che emerge da quest'opera si rimarrà di stucco. L'azione è nell'incessante mole di informazioni che rivela il satanico meccanismo di insabbiamento delle prove. È un film scomodo ma necessario, che a tratti può risultare lento ma che non lascerà indifferenti per il suo contenuto.
Da un soggetto potenzialmente esplosivo Tom McCarthy tira fuori un film dall'andamento piuttosto blando, chiaro e lineare nell'esposizione ma registicamente incolore. Come già in analoghi film "giornalistici" si cerca l'attenzione puntando più sulla gravità del fatto di cronaca in sé che su un linguaggio cinematografico in grado di caricare il materiale narrato. Il risultato è tutto sommato soddisfacente e pure sorretto da buonissime interpretazioni, ma ci vuole qualcosa di più delle solite didascalie finali per dare un senso di appagamento.
Cosa è più terribile? L’abominio della pedofilia, l’omertà codarda, la sottovalutazione colpevole? La scelta di affidarsi alla cronaca rigorosa a discapito di un’emozione (presumibilmente) temporanea fa sì che lo sdegno per assurdo si sedimenti più a fondo, che l’appiglio alla realtà sia roccioso e stabile, che volti e storie rodano lentamente il proprio interno. In questo regia e sceneggiatura sono blindate, gli attori in toto fan dimenticare di esserlo. Non è il capolavoro del decennio, ma la coscienza è smossa.
Nonostante lo scabrosissimo tema trattato, questa indagine (giornalistica) non riesce né a suscitare particolare interesse, né ad accentuare l'indignazione per i fatti accaduti. Questo perché la regia sceglie un taglio documentaristico fatto di parole, elenchi, statistiche e allusioni a eventi e istituzioni che compaiono solo come sfondo, avvicinandosi così allo stile seriale televisivo. Niente da eccepire invece per la scelta del cast e per la bella e misurata colonna sonora. Conclusioni purtroppo affidate alle solite didascalie nei titoli di coda.
MEMORABILE: La concorrenza del quotidiano per accaparrarsi l'esclusiva "della morale corrente".
Inquadrato nella migliore tradizione del cinema d'inchiesta americano, Il caso Spotlight è un film impeccabile, con una sceneggiatura solida che non concede mai un eccesso ma allo stesso tempo riesce a non annoiare. Le pagine di cronaca vengono raccontate con precisione e i personaggi (specie i non giornalisti) vengono ritratti con grande veradicità. Ha come pecca un carattere tipico del genere: un certo senso della morale giornalistica un po' posticcio, quasi appunto moralistico, che porta a ritrarre l'insieme come una crociata semplicistica.
MEMORABILE: Le reazioni di tutti gli uomini più o meno vicini alla chiesa al sapere dell'inchiesta in atto.
Più che sul merito (il “sistema” di protezione dei pedofili da parte della Chiesa) il film fa luce sul metodo di investigazione, ossia la grande scuola americana del giornalismo d’inchiesta. La squadra di cronisti rappresenta un esempio per la sua capacità di interpretare i bisogni di una comunità e di perseguire la ricerca della verità. Buona ricostruzione, anche se l’eccessivo profluvio di nomi e riferimenti sembra rispondere più a un’esigenza documentaristico-storica che non alla volontà di far comprendere tutto anche ai non esperti.
Sviluppi ed esiti dell'inchiesta giornalistica che portò alla luce un enorme scandalo sessuale all'interno della Chiesa cattolica. McCarthy dirige con un taglio preciso e documentaristico, ma mai freddo, dimostrandosi attento all'introspezione dei personaggi almeno quanto lo è nei riguardi dell'oggettiva narrazione degli eventi. Uno script di fattura certosina e un cast perfettamente in parte riescono a non far pesare più di due ore di fittissimi dialoghi. Visione più che consigliata. Probabilmente, se fosse uscito qualche anno prima, sarebbe oggi considerato una pietra miliare.
MEMORABILE: I racconti dei superstiti; Il prete che ammette con ingenua tranquillità di aver abusato di ragazzini, senza però averne tratto mai davvero piacere.
Lo scandalo della pedofilia nella diocesi di Boston (ma i numeri elencati sui titoli di coda ci ricordano che è solo il paradigma di una piaga diffusa nella chiesa cattolica di tutto il mondo) portato alla luce dall'inchiesta di un gruppo di cronisti del Boston Globe. Corretto, verosimile nella ricostruzione delle investigazioni eppure avvincente come un thriller, con alle spalle precedenti illustri ma anche recenti (si pensi a Zodiac, da cui viene lo stesso Mark Ruffalo) e un cast corale in cui prove mature (Keaton, Tucci, Slattery) emergono senza strafare.
Un film sicuramente di impegno civile, ma molto costruito, molto telefonato, esplicitamente fatto per raccogliere l'Oscar (come è puntualmente avvenuto) sfruttando l'ondata di giusta indignazione per quanto è emerso dall'inchiesta sulla pedofilia. E' stato paragonato ai film degli anni Settanta ma qui si respira molta meno spontaneità. Forse l'intento era lodevole, ma suona un po' falso, come una campana incrinata.
Film d'inchiesta (premiato agli Awards) basato su fatti realmente accaduti, di buona fattura. Coinvolgente e con buoni ritmi, affronta un tema scottante (la pedofilia nella Chiesa) in modo da non far mai scemare l'interesse. Regia e fotografia più che efficaci. Dell'intero cast nessuno delude: Keaton e Tucci una spanna sopra gli altri. Buona la colonna sonora.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
a me non è proprio piaciuto: neutro, a tratti anche fiacco, troppo lungo, attori che non travalicano il bel compitino anodino, animato/trascinato da quel che da filminchiesta-tv80seguiràildibattito che lo rende ancor più ingessato. peccato perché in sé e per sé il tema è di tutto riguardo, e se lo si finisce è in vece dell'interesse per esso. ma cinematograficamente forse, è più incuneante el club, anche se non so quanto sia sensato compararli.
DiscussioneZender • 17/05/16 15:38 Capo scrivano - 48333 interventi
Dici? a me non sembra proprio un film di quelli a cui "seguirà dibattito". E' anzi molto veloce e moderno nel montaggio, difficile scambiarlo per un film d'altri tempi.
ha un'impianto quasi da camera che è dura definire cinematografico. l'ho avvertito più vicino alla tv. comunque troppo adeso all'impronta giornalistica instant di stampo tv. certo è che ho fatto un po' fatica ad arrivare al termine.
DiscussioneZender • 17/05/16 15:53 Capo scrivano - 48333 interventi
Mah lo ricorderò male ma l'impianto da camera (che pure c'è) mi sembrava tutt'altro che televisivo. Poi se hai faticato ok, ti posso anche capire.
Schramm è come se tu avessi visto un altro film, cioè l'ho rivisto oggi e sarei tentato di alzare il voto a 4.
Attori primari e secondari da lodare, Ruffalo su tutti ma anche Keaton, Tucci e Schreiber giocano bene.
Posso capire quando dici dell'impianto da camera ma è quasi obbligato visto il tema.. cos'altro potevi mostrare? Gli abusi no. Le solite scene dibattimentali col giudice che si erge a protagonista o le scene di piazza con i fan delle opposte parti?
E' proprio il bello del film offrire un montaggio e un crescendo degli eventi ineccepibili, nonostante rimanga fermo alla narrazione dei fatti reali e si conceda poche divagazioni. Un film televisivo invece avrebbe inserito sul piatto clichè e personaggi retorici.
Tutt'altro che televisivo, a mio parere. Mi sembra la quintessenza del cinema impegnato americano anni '70, il paragone più calzante è con Tutti gli uomini del presidente
DiscussioneDaniela • 16/12/16 10:52 Gran Burattinaio - 5937 interventi
Galbo ebbe a dire: Tutt'altro che televisivo, a mio parere. Mi sembra la quintessenza del cinema impegnato americano anni '70, il paragone più calzante è con Tutti gli uomini del presidente