Per anni è stato il film manifesto delle notti “fuori orario” di Enrico Ghezzi: un incubo in bianco e nero girato a mille all'ora dove l'estetica cyberpunk si fonde egregiamente col lavoro incredibile del regista tuttofare Shin'ya Tsukamoto. Non scambiamo TETSUO per un semplice videoclip, anche se a prima vista i punti in comune sono tanti; perché TETSUO può anche essere visto come un vero e proprio film di fantascienza, che attinge a piene mani dal vecchio L’ASTRONAVE ATOMICA DEL DR. QUATERMASS riprendendo l'idea della contaminazione corporale che si espande sempre più fino a ricoprire la sua vittima per...Leggi tutto intero. Ma non è immune dalla lezione del David Lynch di ERASERHEAD, col quale condivide il famoso e interminabile incipit muto col protagonista che si aggira tra misteriose macchine che quasi lo assordano. Tuttavia si tratta prima di tutto di un film profondamente giapponese, quindi guidato da una logica per noi incomprensibile e quasi mai parlato (alle voci si sostituiscono smorfie e grida di terrore o di piacere). Il protagonista finisce vittima di ogni sorta di mutazione meccanica (compresa l'apparizione tra le gambe di un enorme fallo-trivella) e combatte con un suo simile altrettanto bizzarro, che corre a velocità pazzesche e si ricopre di spuma (?). E’ il trionfo della stop-motion, tecnica oggi sorpassata capace però di mantenere qui un fascino unico, che fa sembrare il film come una sorta di quadro in perenne, nevrotico movimento. Veniamo bombardati da un numero impressionante di immagini che si susseguono a velocità folle mentre musiche techno elettroniche commentano il tutto con coerenza memorabile contribuendo a creare una vera opera d'arte avanguardistica. Tipicamente giapponese (anche per la sua concezione puerile).
Tetsuo è metallo misto a carne. Tetsuo non si può descrivere né spiegare. Forse non si deve neppure cercare di capirlo. Primo lungometraggio di Tsukamoto il film, quasi kafkiano, descrive la metamorfosi di un uomo in macchina. Incredibili i flashback dell'individuo attraverso il televisore. Stupefacente il trapano. Definitivo. Purtroppo non esiste un pallinaggio superiore al cinque.
L’ologramma del cervello di chi ha partorito l’idea e il personaggio (Shinya Tsukamoto) andrebbe esposto di diritto in un museo. Certo, se si limitasse a questo non sarebbe comunque sufficiente a farne un capolavoro. Ma il visionario regista dall’indiscutibile talento completa l’opera mostrandoci il più incredibile autoassemblaggio mai visto, dove a poco a poco la carne viva viene posseduta dal metallo, fondendosi e dando vita a un essere senziente, ma intrappolato in un delirio del corpo e della mente tale da precipitare anche noi nel gorgo della sua follia biotecnologica. Formidabile!
Dopo un corto che è un banco di prova, Tsukamoto entra direttamente dell'olimpo dei registi con quest'opera cyberpunk, estremamente innovativa e dalla colonna sonora strabiliante. Girato in bianco e nero e con tecniche ultra complesse, come l'inseguimento tra le vie nel finale, è un piacere per gli occhi. Metafora eccezionale dei tempi moderni, di una generazione meccanica. Capolavoro.
Il film che ha rivelato al mondo Tsukamoto e che fa sembrare Cronenberg un blando nerd col pallino dell'anatomia. Non è, indubbiamente, per tutti i palati la storia a passo-uno di questo giovanotto alle prese con diversi problemi pratici (dal logorio della biancheria intima alla pettinatura), ma è innegabile il fascino visivo, nel cortocircuito (e te credo) fra ultra-modernità e preistoria (a momenti sembra un Meliés in acido). Quello che non va è la durata, ancorchè di poco superiore all'ora: l'effetto-saturazione sopravviene ben prima.
Magari qualcuno ha visto Nightmare Detective o -più probabile dato il recente DVD- l'inquietante Haze. Fatto sta che non immagina, se non è un estimatore del cinema orientale, che l'allucinato Tetsuo (proposto dal brillante Ghezzi su Rai 3, Fuori Orario in anni non sospetti) ed il suo seguito siano opera dello stesso regista. Esemplare tipo di film totalmente estraneo al mercato occidentale, frutto d'una mentalità prettamente giapponese: l'uomo e la macchina (Actarus e Goldrake, li ricordate?), la carne ed il metallo.
Un film non spiegabile a parole, quasi non giudicabile. Un flusso ininterrotto di immagini cupe, allucinate, violente, commentate da una colonna sonora degna dei migliori Throbbing Gristle. Non a caso l'unica etichetta che mi viene in mente per catalogare questa pellicola è "industrial". Il tema della carne e del metallo è affrontato in maniera estrema, senza mezze misura, con uno stile unico per potenza ed intransigenza. Da vedere almeno una volta.
Premessa: non adoro il cyber-punk. Tetsuo è senza ombra di dubbio affascinante, ha certe scene e certe musiche che non possono non lasciare esterrefatti, ma ha, pure, dalla sua una lunghezza (appena 65 mins) esagerata. Per meglio spiegarmi trovo faticosissimo giungere al termine per quanto sia innegabile l'arte visionaria del regista. Tetsuo tange il progresso, il sesso, l'alienazione, il sogno e lo fa come utilizzando il suo pene-trivella: entrandoti dentro. È un'opera d'arte ma di difficile fruizione a mio giudizio! 3 palle e 1\2.
Uno dei molti film che, visto in un'estenuante notte di Rai Tre, mi ha tenuto incollato al divano. Come non sobbalzare nella truculenta scena della penetrazione metallica? Certo, non è un film per tutti, ma la carica innovativa di alcune sequenze e la spregiudicatezza del plot meritano un plauso. La trasformazione del protagonista (il frammento sulla pelle infettato di pus) mi ha ricordato quella della Mosca e altri snodi narrativi (la degenerazione fisica, la suddetta trasformazione) rimandano alle tematiche Cronenberghiane. Contaminato e consigliato.
Metamorfosi di un uomo in mostro metallico costruito per aggregazione di materiali vari. Eccellente film sperimentale dalla vorticosa andatura di un videoclip lisergico, dallo spirito cyberpunk, dalle atmosfere macabro-erotiche e dai rimandi alla tradizione nipponica dei mostri distruttori. Affascinante l'atmosfera di disfacimento postindustriale e inquietanti gli scorci non di grattacieli futuribili ma di squallide periferie che rendono più prossima a noi la vicenda di un'umanità inglobata nei rifiuti industriali. Un incubo agghiacciante.
Delirante e angosciante film giapponese. Merita un buon posto nel genere fantascientifico, l'atmosfera è sporca malsana e una certa inquietudine non abbandona lo spettatore se non solamente alla fine. Da citare la lenta trasformazione, il finale apocalittico. Da vedere.
Cronenberghianamente parlando, tra La mosca e Crash. Regia assolutamente non convenzionale, piuttosto delirante, coadiuvata da un montaggio psichedelico e "farraginoso" e da una colonna sonora elettronica. Allucinato, onirico; le immagini vengono proiettate violentemente negli occhi dell'attonito ed inquietato spettatore. I personaggi in "passo-uno" non camminano, per l'appunto, ma scivolano e fluttuano. La breve durata sostiene la causa. Effetti speciale strabilianti. Carne contaminata, corrotta, deflorata. Capolavoro.
Estremo, metamorfico, unico. Trivellato dalle musiche industrial-foetusiane di Chu Ishikawa e risucchiato da uno schizofrenico turbinio di immagini da videoclip, un incubo surreale di metallo ribollente che perfora, ingoia e rigetta – mutata – una realtà urbana tetra, aggressiva e disumanizzante. Alle spalle, una solida tradizione giapponese (mostri assemblati e parossismo), i deliri palpitanti di Lynch e Croneneberg e, con buona probabilità, le degradate contorsioni sadomaso di Kern. Il regista-factotum ha curato anche gli straordinari effetti speciali.
Tetsuo rappresenta tutto ciò che sembra essere il mondo di oggi: in stile cyberpunk e ad una velocità elevatissima l'uomo si fonde alla macchina (carne/metallo) diventando metafora appunto della società postmoderna che vuole sempre di più assemblare l'uomo alla tecnologia digitale. Tsukamoto in oriente (come Cronenberg in occidente), rappresenta alla perfezione la mutazione della carne.
Come ha giustamente detto qualcuno è un film che "ti entra dentro", non c'è che dire. Certe sequenze e l'accordo tra suono e immagini vanno a pieno merito di Tsukamoto e non c'è da stupirsi che ci volesse un giapponese per partorire tanta allucinata sperimentazione. Certo, a lungo andare il ripetersi delle mutazioni e la gragnuola di immagini stancano e diminuisce l'effetto stupefacente. ***
MEMORABILE: Il pene rotante e la sua imprevedibilità.
Sconvolgente a livello visivo, potente metafora della società odierna meccanica/passiva/ripetitiva e allegoria di un mondo in cui l'uomo perde la propria essenza. L'atmosfera è allucinante, complice anche lo stile registico assolutamente schizofrenico di Tsukamoto (pochissime inquadrature statiche, dinamismo martellante, forte uso di primi piani), i pochi dialoghi e la felicissima scelta del b/n che rende l'aria ancora più irrespirabile ed oppressiva; nichilista fino al midollo e con un finale per nulla piacevole. Capolavoro assoluto.
MEMORABILE: La scena del fallo meccanico (anche solo per l'idea), l'intera sequenza dell'inseguimento in metropolitana, il finale.
Incubo cyberpunk/industrial dalla velocità a mille. Estremamente jappo nel suo essere poco parlato e molto mimato (la mimica facciale e la tv come strumento di terrore verranno poi ripresi in tante altre pellicole, basti pensare a The Ring). Lo stile concitato da videoclip e le scene splatter, mosse e "aggrovigliate" ne rendono la fruizione piuttosto faticosa, tanto che anche per quei pochi che gradiranno l'esperimento, la durata già modesta di 67' potrebbe risultare eccessiva. Resta comunque un capolavoro dell'estetica di genere.
MEMORABILE: La tecnica sperimentale che pervade tutta la pellicola.
Spesso si parla di cult-movie a proposito di film che hanno avuto un rilievo a prescindere dal loro effettivo valore. In questo caso l'appellativo è strameritato in tutto. "Tetsuo" è una tappa obbligata nella mappa dell'immaginario cinematografico: è un capolavoro di lucida follia visionaria, che travolge ogni pretesa di sceneggiatura e linea narrativa per affondare lo spettatore in un delirio tecno-antropologico di stupefacente e terribile bellezza.
Coraggioso "esperimento"di Ghezzi mi viene da pensare. In fondo in tv non sarebbe potuto passare per evidenti problemi, ma fuori orario dimostrò che tutto era possibile. Ora per amor di paradosso direi che Tetsuo si legò a fuori orario generando un nuovo mostro televisivo. Le atmosfere claustrofobiche, l'uso magistrale del b/n, la trama che spazia tra l'onirico e il cyberpunk irrobustiscono il tutto. Cult movie anni 90.
Esperimento ultramoderno a metà tra il fantascientifico e l'horror. A tutti gli effetti sembra un lungo clip dal montaggio frenetico, con un abbinamento audio quasi obbligato (rumori di macchine metalliche) e una storia difficilmente leggibile che passa in secondo piano di fronte ad ambientazioni cibernetiche ricche di cavi metallici, fili e quant'altro. Ottima l'idea di rapportare le sensazioni umane a qualcosa di "metallico" ma, a dirla tutta, un po' troppo oltre per la mia concezione di cinema.
Tsukamoto genio del simbolismo surreale, precursore del genere cyber-punk (che adoro) in questa sua primigenia opera quanto universalmente unica, riversa sulla pellicola il marasma emotivo di una realtà nipponica complessa e drammatica, condensata in una crescente automacerazione della carne come dell'io, che lascia spazio ad un cumulo informe di metallo, in un susseguirsi compulsivo e convulso di falsh in stop-motion di mutazioni e mimiche esasperate. Visionario riflesso di una realtà. Perfetto!
Sicuramente non lascia indifferenti ma anzi disturba e sconcerta quest’incubo ad occhi aperti allucinato ed allucinante diretto da un regista di grande talento. Un’esperienza visiva unica e rara, un tour de force visivo impegnativo ed estenuante che in molti potrebbero non digerire. L’uomo e la macchina, la carne e il metallo. Pur con influenze occidentali (Lynch su tutti) è un film giapponese fino al midollo e per questo motivo non per tutti i gusti
Bellissimo l’incipit, l’atmosfera è ben curata. Impossibile non pensare al cinema di Cronenberg: Tsukamoto rimescola gli ingredienti col suo stile personalissimo e sperimentale. Nella prima mezz’ora mi son goduto la regia allucinatissima, deviata e delirante: alcune scene, con queste musiche incalzanti, il ritmo velocissimo, il montaggio più che frenetico, ti rimangono dentro. Nel prosieguo però, il fascino che mi stava trasmettendo la pellicola (grazie agli elementi sopracitati) si è trasformato in frustrazione: difficile arrivare al termine. Stordisce.
MEMORABILE: Il protagonista che facendosi la barba scopre un frammento di ferro che spunta dalla sua guancia. Il taglio registico.
Un ignaro uomo qualunque scopre che la trasformazione phyrexiana della carne in metallo è tutto fuorché indolore. Opera cyberpunk dal fascino morboso, girata in un b/n sporcato in un'ambientazione cupa e postindustriale, con una tecnica che trasferisce al pubblico il senso di vertigine e angoscia del protagonista. Tetsuo è un incubo di contaminazione che lascia presagire un futuro di perfezione inorganica. Colonna sonora eccelsa, finale apocalittico. Cinema estremo.
MEMORABILE: Il circuito fra i peli della barba; la penetrazione metallica.
Non sono riuscito a stargli dietro. Troppo criptico, isterico, velocizzato, sperimentale e rintronante. Un bombardamento continuo di immagini folli e surreali, con cui si fa fatica a stare al passo. L'operazione ha i suoi meriti e Tsukamoto ha idee (anche se preferisco quello più "classico" di Hiruko, senza dubbio), tra omaggi a Lynch, Raimi e Cronenberg. Forse sono io ignorante della nuova onda del cyber punk, ma questo cinema fatto di rumori, visioni splatter punk e metallo che si fonde con la carne non mi ha fatto impazzire. Spravvalutato.
MEMORABILE: Il pene trivellone e smembratore; lo scontro finale tra i due mostroni di metallo, un mix tra i robottoni stile Mazinga e un incubo lynchiano.
Ok, è pesantissimo e indigeribile. Però è anche un capolavoro di artigianato, una visione senza compromessi strettamente legata al passato dell'autore nella Tokyo della ricostruzione, con la città che poco alla volta rende schiavi i corpi. I migliori momenti sono proprio quelli piu frenetici, con una perfetta alchimia fra musiche industrial e immagini allucinanti.
MEMORABILE: La scena della lotta per strada, con i corpi che fluttuano e il montaggio schizofrenico.
Il manifesto più radicale sulla "nuova carne" (l'inorganico quale peste mostruosa che attacca l'umano), al di là di Videodrome (che la preannunciava) e al di qua di nessun altra cosa. L'importanza concettuale sovrasta i meriti artistici (che pure ci sono: montaggio sporco e frammentato, score industrial, le continue invenzioni teratomorfe): più che un film è un calderone demoniaco ove ribollono pulsioni, simbologie e universali paure postmoderne (il che non esclude peculiarità dell'immaginario nipponico). A tratti insostenibile, ma inevitabile.
Coppia investe un uomo che si innesta pezzi metallici nel corpo. Da quel momento l’uomo si tramuterà in una macchina. Trama che non sarebbe complicata ma viene centrifugata a velocità folle, tra flashback e splatter industriale e con una deriva finale da conquista del mondo. Sorta di Elephant man con espiazione alla giapponese e critica sociale di automazione incontrollata. Musiche stordenti con giusto un filo di ironia.
MEMORABILE: La fidanzata uccisa col pene metallico; Il gatto che diventa metallico; L’inseguimento a piedi velocissimo; Le riprese della strada a velocità folle.
Per quanto sia un abusato luogo comune, non è un film, ma un'esperienza: un'esperienza distruttiva, peraltro, che porta agli estremi le capacità ricettive di ogni senso, annullandole in un incessante bombardamento nucleare di input visivi e sonori (mai troppe lodi al maestro Chi Ishikawa, autore dell'eccellente soundtrack industriale). Welcome to the new world, l'ibrido perfetto, la macchina centometrista, il feticista nichilista. Metallo su pelle. Metallo su sudore. Metallo su sangue. S'io fossi metallo distruggerei lo mondo (ed infatti).
MEMORABILE: L'inserzione del tubo di metallo sul femore: a causa di questa scena, per anni non ho più avuto il coraggio di rivedere il film.
Nevrotico dall'inizio alla fine, questo film di Tsukamoto stimola ogni tipo di senso: da quello visivo, attraverso un montaggio frenetico ai limiti della follia, a quello uditivo, grazie all'invasiva colonna sonora e ai ricorrenti suoni metallici. La trama è pressoché incomprensibile, ma è difficile non rimanere affascinati dalla forza brutale di questo prodotto audiovisivo. Probabilmente si fa fatica a catalogarlo come film vero e proprio, perché sembra di assistere a un videoclip estremamente dilatato, ma poco importa, il risultato c'è.
Esperienza cinematografica unica: 67 minuti a perdifiato in un'esplosione continua di immagini, idee, trasformazioni, sesso estremo, violenza e robot alla Mazinga Z. Un bianco e nero alla Eraserhead abbacinante e splendido, una regia incredibile, che filma a velocità forsennata tanto da far sembrare compassato il Raimi migliore. La fusione di carne e metallo qui raggiunge livelli "letterali", superando il maestro in materia Cronenberg. Ottimi sia Taguchi sia lo stesso Tsukamoto. Apocalittico finale tipicamente Japan.
MEMORABILE: L'iniziale "operazione" alla gamba; La trasformazione di Tetsuo e il fallo meccanico; I forsennati spostamenti sulle strade; La fusione finale.
A distanza di tanti anni dalla sua uscita, la storia di quest'uomo che gradualmente si "metallizza" diventando un agglomerato informe non ha perso un'oncia del suo impatto disturbante: è un incubo partorito da una mente folle in pieno delirio. Criptico nella trama quasi priva di dialoghi, sconnesso nel montaggio e ipercontrastato nella fotografia, ributtante oltre il sostenibile in molte sequenze di trasformazione e compenetrazione fra carne e metallo: Tsukamoto al suo esordio nel lungometraggio firma un capolavoro, il più estremo e rigoroso del cinema cyberpunk.
Un freddo incubo nipponico di innesti metallici e sangue in cui la sintesi corpo-macchina si dipana in settanta minuti di orride sequenze dal gusto cyberpunk. Ultra sperimentale e di non facile comprensione, fa gioire la caparbia mobilità del regista qui anche scrittore, produttore, montatore e fotografo in pieno controllo di una visione originale e fuori dagli schemi. Stupisce e intontisce, innervosisce quando cede al criptico, ma di certo non lascia indifferenti.
Tetsuo è un delirio post-industriale sulla metamorfosi, che in una brutale lettura del ballardiano rapporto uomo-macchina, fonde il suo protagonista in un mostro di cavi e acciaio. L'intreccio è esiguo, ma funzionale. La forma totalmente selvaggia e avanguardistica: si guarda alla tradizione occidentale (Lynch, Cronenberg, Raimi), filtrandola in una sgranata e satura estetica nipponica (Akira, Moriyama, Matsumoto). Il risultato è un violento, trivellante (letteralmente) e originalissimo shock visuale, dove ci si muove velocissimi in un tripudio d'immagini senza un attimo di fiato.
MEMORABILE: Il trapano; Le grate; Gli occhiali; L'uso dello stop-motion.
Terrificante incubo a base di atmosfere fatiscenti, pulsanti musiche e suoni industriali (talvolta pare di trovarsi dentro un videoclip dei primi Die Krupps), urla e soprattutto masse di metallo a profusione. Tanto allucinante e allucinato quanto impattante, un trionfo della stop motion estremizzata, degenerante vortice senza via di fuga per il malcapitato protagonista, il quale tra l'altro si ritroverà presto perseguitato da un suo simile... Sempre più veloce, sempre più metallico, sempre più stroboscopico, fino ad un roboante finale in salsa tipicamente giapponese. Angosciante.
MEMORABILE: Sbarra nella coscia; L'incontro con la donna alla stazione; Il pene/trapano; Il fanatico che "surfa" sulla strada in follemente rapido stop motion.
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