Commediola niente di che, anzi furbescamente aggrappata al treno di Don Camillo/Peppone+film sulla Resistenza. Dire che i protagonisti sono bravi? Esornativo. Dobbiamo invece notare con grande piacere il ruolo non marginale di un giovanissimo Origene Soffrano alias Jimmy il fenomeno nel ruolo di un netturbino alquanto agitato. Tra i nazisti del finale il caro Gérard Herter, di spaghettiana memoria (ma c'è anche ne La grande guerra).
Nel pieno del loro successo, Fernandel e Gino Cervi, diretti da Giorgio Bianchi, mettono su un filmetto poco convincente che forse piacerebbe di più oggi rispetto al passato. Ed effettivamente la loro presenza è l'unica cosa che non manda il pop-corn di traverso. Al di là di certe vistose forzature, però, anche la loro maestria non può nulla contro la pochezza di un film che, nato come commedia, oggettivamente non fa ridere ma è comunque utile per rammentare come si faccia in fretta a cambiare colore per tornaconto personale.
Una commedia sulla Resistenza poco divertente, che sfrutta la coppia Cervi/Fernandel senza dotarli di una sceneggiatura degna. I due sono comunque bravi e grazie al loro mestiere qualche volta si sorride, mentre la storia si fa subito ripetitiva con i vari spostamenti di cadavere e i cambi di potere. Poco aggiunge il resto del cast, così come la regia di routine di Bianchi.
La priorità era quella di mettere Cervi e Fernandel uno di fronte all'altro per sfruttare il successo della saga di Don Camillo (anche se questa volta è il secondo a fare il sindaco), ma esauritasi quasi subito l'idea di fondo, resta una vicenda prolissa e poco interessante, sceneggiata senza troppa cura. Qualche risata scappa grazie al talento dei protagonisti, ma il film non decolla mai e la ricostruzione storica è troppo macchiettistica mentre il peso degli anni passati si sente tutto. Una pellicola che si può anche tralasciare, se non si è particolarmente appassionati del genere.
Da Brescello a Ardea, la coppia Cervi/Fernandel, sull’onda lunga della saga ispirata da Guareschi, si ricicla in un dualismo non più repubblicano, ma ancora ambientato in un Ventennio agli sgoccioli. Lo sbarco americano preannuncia un cambio di padrone, obbligando a ricalcolare i rapporti sociali. Questa svolta viene tradotta da un ritmo stanco e compassato che vaga a tentoni tra la satira, il romantico, la commedia macabra e il giallo. Non affonda il colpo da nessuna parte, anzi, tende ad avvitarsi ripetitivo su sé stesso. Le cartucce sono poche e si esauriscono presto.
MEMORABILE: Il corteo funebre dietro il bidone della spazzatura; Il saluto romano con lisciata di capelli.
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A quanto dice Aldo Florio, Leone diresse le riprese delle prime settimane. Qua, a 0'50": https://www.youtube.com/watch?v=ayZhuwppLT0
DiscussioneDaniela • 20/10/20 17:52 Gran Burattinaio - 5945 interventi
B. Legnani ebbe a dire:
A quanto dice Aldo Florio, Leone diresse le riprese delle prime settimane. Qua, a 0'50": https://www.youtube.com/watch?v=ayZhuwppLT0
Leone ne accenna in C'era una volta il cinema, subito prima di passare a parlare di Sodoma e Gomorra di Aldrich. Si tratta appunto solo di un accenno: In che modo ha partecipato al Cambio della guardia? Ho girato una settimana per dare una mano al produttore, in attesa che Giorgio Bianchi si liberasse per portarlo a termine. Era una proposta assurda, come quel film adattato da un romanzo di Charles Exbrayat. Gli italiani erano rappresentati come delle caricature per turisti. Ho provato a sistemare le cose. Ma non me ne sento l’autore.