il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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345793 commenti | 65512 titoli | 25935 Location | 13220 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Le ragazze non piangono (2022)
  • Luogo del film: Il prato dove Ele (Benini) raggiunge Lele (Martari), che stava scappando con i soldi
  • Luogo reale: Lago Laudemio, Monte Surino, Lagonegro, Potenza
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  • Film: Nel blu dipinto di blu - Volare (1959)
  • Luogo del film: Il luogo dove Assuntina (Ralli) domanda a Remo (Taranto), Tre Stecche (Garrone) e Peppe (Migliacci)
  • Luogo reale: Via del Foro Piscario, Roma, Roma
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Massimo Mesciulam

    Massimo Mesciulam

  • Luca Virgulti

    Luca Virgulti

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Ira72
Effetto sorpresa e colpi di scena garantiti per questa miniserie ambientata in una splendida isola, proprietà esclusiva della ricca, ricchissima famiglia abituata al lusso sfrenato, alla superficialità, a litigi e a bugie, ma non agli omicidi. Eppure. Sarà proprio il corpo privo di vita di una donna avvenente, ritrovato in quelle acque cristalline, a dare il via a una serie di sospettati da cui nessuno potrà essere escluso. Un giallo ben diretto, dal ritmo brioso, in cui troneggia un'algida e maniaca del controllo Kidman. Efficaci, comunque, anche le altre interpretazioni.
Commento di: Anthonyvm
Attrice londinese intraprende una romantica relazione con un fascinoso diplomatico americano infelicemente sposato... o almeno è quello che va dicendo lui. Divertente commedia degli equivoci su cui non pesa la pur evidente matrice teatrale della sceneggiatura, grazie alla brillantezza dei dialoghi e all'ottimo comparto attoriale (oltre all'adorabile coppia Bergman-Grant, si fa piacevolmente notare anche il cast secondario, soprattutto lo spassoso Cecil Parker), nonché a notevoli espedienti registici (l'uso furbetto e ammiccante dello split screen per le scene "hot"). Da rispolverare.
Commento di: Giùan
Intelligente piuttosto che furbo, sveglio anziché intraprendente, l'horror di Cregger recupera in dinamismo quel che il genere declina ormai (almeno per gran parte) solo in routine e luogo comune; anzi, "semplicemente" rilegge luoghi comuni e cliché del terrore muovendoli come pezzi di un puzzle apparentemente disconnesso, che lo spettatore è chiamato poi a ricomporre dialogicamente (sul piano cinematografico ma anche sociologico, terreno sul quale peraltro si registra qualche astuzia di troppo). Accurato casting con perfetta scelta dei volti: Campbell, Skarskgard, Long e Brake.
Commento di: Capannelle
Una storia che si snoda lungo il filo del desiderio di maternità calato nella vita di tutti i giorni e reso credibile dall'interpretazione della Efira, capace di rendere le varie sfumature del proprio personaggio senza mai cadere nel melodrammatico o nel superficiale. Forse la storia poteva avere qualche esito diverso, a tre quarti pare indecisa sulla direzione da prendere, ma ne va comunque apprezzato lo stile di racconto.
Commento di: Ira72
Talmente drammatico da risultare opprimente. Nel continuo concatenarsi degli eventi (il film spazia dai primi anni di vita del protagonista Favino fino alla sua tragica fine) e di salti temporali conditi da copiosi flashback (incessanti e alla lunga sfinenti), il rischio è di abusare del "raccontato" e della pazienza del telespettatore. Se poi ci si aggiunge un Nanni Moretti teatrale e poco spontaneo (ad eccezione della scena del tennis), il film risulta artificioso e, a tratti, forzato. La Morante fa la Morante (sui generis e tranchée), Favino e Smutniak in parte. Trucchi bocciati.
Commento di: Kinodrop
Sebastian è cresciuto nella convinzione che il padre sia finito sotto un treno, mentre invece questi è vivo e vegeto ed è un famoso e ricco tenore che improvvisamente ritorna nel villaggio in cui è nato, innescando una sequela di conseguenze tra il grottesco e il drammatico. Un po' debole dal punto di vista ideologico e discontinuo nella sceneggiatura con qualche punta di melo, si fa apprezzare per una certa originalità, per la fotografia (specie negli esterni) e soprattutto per la prova attoriale di un cast affiatato e convincente. Decisamente il meno vinterbergiano dei suoi film.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Quello degli shark movies è uno dei grandi segreti nascosti del cinema: non esiste alcun altro genere di film che osi tanto in termini di cattivo gusto con tale sfrontatezza. Il termine "trash", oggi tanto abusato, finisce col perdere di significato, davanti a tanta pochezza. Lo spettatore qualunque che si ponesse di fronte a un film come questo ALIEN SHARK non potrebbe che inorridire, domandandosi come sia possibile che esista chi accetta di vedere film del genere. Eppure, se continuano a girarne in tale quantità, di shark-movies, un motivo ci dovrà pur essere.
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L'amante del filone (quasi una patologia) sa già a cosa andrà incontro guardando ALIEN SHARK. Lo capisce dal titolo: sa che si scenderà nell'abisso dell'inutilità ma subisce arrendevole, curioso di capire se si riuscirà a superare ancora quel limite virtuale che separa produzioni così dal non-senso assoluto. I costi rasentano lo zero: gli effetti speciali sono quelli di chi a sette anni prova a giochicchiare col programma 3D del computer, i dialoghi e la storia sono un optional non richiesto.

L'ambientazione in questo caso è sul mare, una bella casa sulla spiaggia dove quattro ragazze hanno organizzato una festa "girls-only" nella quale tuttavia s'intrufolano pure due loro coetanei maschi. Nessuno del gruppo sa dei fenomeni anomali verificatesi in zona: all'inizio un meteorite era precipitato su di una vicina spiaggia impossessandosi di due giovani bagnanti che passavano di lì mentre poco distante un pescatore alle prese con un pesce troppo grosso (lo squalo? Boh, una pinna disegnata fa comunque capolino in acqua) era rimasto a sua volta vittima della contaminazione da parte di un'entità che ti fa brillare gli occhi di un ridicolo verde fosforescente.

Nei dintorni si aggira tale Mickey (Brannon), uno sciroccato che dice di esser stato rapito dagli alieni. E' in costante contatto con loro attraverso una radiolina che gli impartisce ordini e avrà modo di spiegare ad Aleesha (Altenbach), la protagonista, che vengono da un pianeta un tempo in gran parte composto da acqua e che ora, causa eccessiva vicinanza al sole, si sta seccando. E quindi? Si dirà. Quindi niente, ci si accontenti di questo che è già tanto, perché per il resto pare che mettere due frasi in fila di senso compiuto non riesca facile a nessuno.

Nella casa sul mare le quattro ragazze (più due) se la spassano tra un bagno, un salto in spiaggia e qualche chiacchieratina in salotto. Tre di loro sono scioccherelle, disinibite: pensano ad andare in diretta sui social, a farsi spalmare la schiena di crema, a inventare maliziosi doppi sensi... Aleesha, la quarta, è militare in licenza e unica che prova ad allontanarsi da tanta vacuità, tentando disperatamente di dare un minimo di spessore a un personaggio che proprio non ne ha. D'altra parte, alle prese con una sceneggiatura simile poco può pure lei e anzi fa sorridere, vedere qualcuno che sul set resta serio di fronte al disegno di uno squalo che volteggia nell'aria a fianco del sole infuocato. Per non dire di quando l'agghiacciante bestia animata in 3D (occhi verdi luminescenti pure lei) si spinge sulla riva, apre la bocca e da lì fa uscire una specie di cagnolino polare dalla testa di squalo (un vero pescecane insomma), che si dirige verso la casa per terrorizzarne gli occupanti.

Gli attacchi? Zero, giusto un vecchio che si butta in mare annaspando mentre l'acqua intorno si tinge di rosso. Il finale poi è quasi da fantasy, con Aleesha che alza una pistola spaziale verso il cielo, spara un raggio verde che raggiunge un'astronave giocattolo che staziona nello spazio dall'inizio e la fa esplodere causando la scomparsa nel nulla dello squalo. Non contenta, la ragazza mena a lungo fendenti a vuoto nell'aria e tra le onde dove s'agitava la bestia. Perché? Boh. Sono scene che, da quanto sono mal realizzate, non possono non lasciare allibito l'incauto spettatore; non l'appassionato del filone, però, per il quale cose del genere sono la regola. E allora si torna al punto di partenza: a chi giovano film così? Eppure continuano a farli...

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Il National Lampoon nacque come rivista satirica nel 1970 dall'idea di Douglas Kenney e Henry Beard, ma le origini vanno fatte risalire a un piccolo giornale che veniva distribuito nell'università di Harvard e in cui i nostri cominciarono a farsi le ossa. Una volta lanciati i semi di una comicità demenziale per la quale il termine "politically incorrect" sarebbe oggi estremamente riduttivo, i due ne raccolsero molto lentamente i frutti dopo aver riunito intorno a sé alcune delle migliori penne satiriche del paese; autori che non venivano pagati granché...Leggi tutto ma potevano essere certi che nessuna parte del loro lavoro venisse censurato o modificato in alcun modo. Una cosa possibile, negli Anni Settanta, e che fece tendenza. Al punto che il marchio di qualità National Lampoon cominciò a produrre prima dischi, poi spettacoli teatrali, quindi radio show e infine film. Una vena aurifera destinata a non esaurirsi così presto (la chiusura avvenne nel 1998) e che negli anni ha saputo imporsi agli occhi del mondo con un'irriverenza che ha fatto epoca.

La mente dietro a tutto era soprattutto Doug Kinney, un vulcano di idee in continua eruzione che, dopo il successo del primo film ideato dalla National Lampoon, ovvero ANIMAL HOUSE, venne assunto da Hollywood dove però seppe produrre il solo PALLA DA GOLF (con un cast di comici affezionatissimi) prima di scomparire in un dirupo alle Hawaii. Suicidio? Caduta accidentale? Omicidio? Non si saprà mai, ma l'eredità che Doug ci ha lasciato è quella di chi ha vissuto una vita "spericolata" (feste e cocaina senza sosta) regalatagli da un carattere incontenibile. Manca solo lui, tra i tanti che nel documentario si sono concessi a interviste raccontando quegli anni ruggenti, ricostruendo attraverso le loro testimonianze (e quelle di chi il film l'ha concepito, naturalmente) la storia della rivista.

Quindi i passaggi alla fase teatrale comprendente preziosi spezzoni con Chevy Chase e John Belushi sul palco, i due mattatori che spiccarono poco dopo il volo andando a comporre la spina dorsale del "Saturday Night Live", la trasmissione televisiva che tutto quel gruppo lanciò definitivamente; perché anche Bill Murray, Gilda Radner e Harold Ramis venivano dal National Lampoon, grazie al quale si erano specializzati nei primi radio show. Un manipolo ben riconoscibile di talenti comici che sbarcheranno in buona parte a Hollywood, alcuni con grande successo: una nuova generazione consacrata al demenziale e all'umorismo più iconoclasta, che non si fermava davvero di fronte a nulla.

Se però la storia della rivista è indubbiamente interessante e importante, la realizzazione del documentario non pare sempre all'altezza. Per quanto accattivante, con immagini che si alternano a fotografie con fumetti e interventi grafici che ne restituiscono bene l'impaginazione, lo stile e il tipo di linguaggio utilizzato tendono a dare troppo per scontato: chi vive o ha vissuto in America, in poche parole, sarà sicuramente avvantaggiato nella visione rispetto a chi conosce solo approssimativamente il background politico e sociale in cui la rivista nacque e crebbe. Frasi fin troppo veloci, sbrigative, immagini fugaci, una ricostruzione frammentaria non sempre facile da seguire, con la figura di Doug demiurgo a cui tutti guardano anche dopo che si è permesso di scomparire per un certo periodo di tempo lasciando al solo Henry, negli anni d'oro, il compito di dirigere tutto.

Gli aneddoti gustosi com'era prevedibile non mancano, i filmati di repertorio nemmeno e vedere Belushi, Chase, Ramis e Murray così giovani e in piena forma commuove, tuttavia nell’analisi del fenomeno ci si ferma molto prima del declino. Dei tantissimi film prodotti dal National Lampoon si citano solo ANIMAL HOUSE e per motivi diversi NATIONAL LAMPOON'S VACATION (dal quale si riprende anche l'immortale "Holiday Road”, che accompagna i titoli di coda) e ci si sofferma a raccontare come i principali collaboratori della rivista venissero costantemente assorbiti da chi li strapagava sottraendoli alla “casa madre”. Un documentario ben realizzato, illuminante, ma allo stesso tempo piuttosto pesante e verboso.

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Dovrebbe essere un thriller, sulla carta; di fatto è un sentimentale con imprevisti al cui centro sta la tormentata storia d'amore tra la protagonista Amelie Didot (Bouché), istruttrice nella sua palestra di pilates, e il ricco imprenditore della stampa Pierce Dalton (Bewley), che frequenta una lezione per capire se gli può servire e resta affascinato dalla giovane; quest'ultima ha effettivamente dalla sua un fisico davvero prestante, regolarmente infilato in abiti attillati che ne mettono in evidenza glutei perfetti e ventre piatto.

Osservato dalle allieve del...Leggi tutto corso con ammirazione (bello, ricco e charmant), Pierce pare avere occhi solo per Amelie. A uno dei primi appuntamenti si recano insieme a una festa in maschera modello EYES WIDE SHUT (ma senza orge, beninteso): è lo stesso ricevimento in piscina che s'era visto nel prologo e durante il quale capita quello che non t'aspetti. In una delle stanze viene rinvenuto disteso un cadavere colpito a morte sulla nuca: indossa guarda caso proprio la stessa maschera di Pierce e un vestito simile.

Il delitto non può non turbare i due piccionicini, i quali tuttavia approfondiscono il loro rapporto lasciando intendere chiaramente che ciò che conta, nel film, è quello, con la mdp che indugia sul corpo sinuoso della Bouché alle prese con esercizi privati "provocanti" che mandano definitivamente nel pallone il buon Pierce. Chi si frapporrà quindi tra loro, unico vero elemento che possa giustificare vagamente l'etichetta di thriller? La bionda Fran Gibbons (Eldridge), la ex di Pierce che non l’ha proprio dimenticato e anzi, è decisa a riprenderselo. Due occhi azzurri svenevoli, un atteggiamento sbarazzino e antipatico, Fran diventa presto la scheggia impazzita che metterà in ansia i protagonisti, nel frattempo dediti a incontri sempre più hot, a commento del più intenso dei quali ascoltiamo "Meet Me In The Dark" (presente anche in apertura e chiusura), interpretata dalla stessa Aubree Bouché.

Effettivamente più nota come cantante che come attrice, la Bouché non dispiace tuttavia nemmeno in quest'ultimo ruolo: un profilo imperfetto ma proprio per questo interessante, più spontanea del previsto, veste abiti di gran taglio sfruttando le curve da modella del proprio fisico (la si veda in costume da bagno in piscina) che la regista Christie Will Wolf - anche autrice unica del copione - inquadra conscia di quanto rendano su schermo.

Il problema è che il giallo, a livello di intreccio, non esiste: la storia è un banalissimo incontro a due in cui la terza incomoda viene pretestuosamente inserita per far rientrare il film in un genere poco adeguato al tono mantenuto per gran parte della sua durata. A Karlee Eldridge l'infelice compito di assumersi da sola tutta la responsabilità di movimentare la vicenda, col risultato - soprattutto nell'ultima parte - di precipitare nel comico involontario salendo sopra le righe fino a raggiungere il top in un catfight in riva al mare che lascia allibiti. Si salva solo la sceneggiatura durante i dialoghi non necessariamente mielosi della coppia protagonista, dignitosi e credibilmente interpretati dalla Bouché (molto meno espressivo Bewley). Ma per il resto non ci siamo proprio... Citazione di passaggio al film di Jean-Pierre Jeunet ("Un film vecchio ma bello, il mio film straniero preferito", "Anche il mio"), a cui l'autrice deve aver guardato per dare il nome alla protagonista.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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