Se non vieni a vedere questo film ammazziamo il cane - La storia del National Lampoon - Documentario (2015)

Se non vieni a vedere questo film ammazziamo il cane - La storia del National Lampoon
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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Il National Lampoon nacque come rivista satirica nel 1970 dall'idea di Douglas Kenney e Henry Beard, ma le origini vanno fatte risalire a un piccolo giornale che veniva distribuito nell'università di Harvard e in cui i nostri cominciarono a farsi le ossa. Una volta lanciati i semi di una comicità demenziale per la quale il termine "politically incorrect" sarebbe oggi estremamente riduttivo, i due ne raccolsero molto lentamente i frutti dopo aver riunito intorno a sé alcune delle migliori penne satiriche del paese; autori che non venivano pagati granché ma potevano essere certi che nessuna parte del loro lavoro venisse censurato o modificato in alcun modo....Leggi tutto Una cosa possibile, negli Anni Settanta, e che fece tendenza. Al punto che il marchio di qualità National Lampoon cominciò a produrre prima dischi, poi spettacoli teatrali, quindi radio show e infine film. Una vena aurifera destinata a non esaurirsi così presto (la chiusura avvenne nel 1998) e che negli anni ha saputo imporsi agli occhi del mondo con un'irriverenza che ha fatto epoca.

La mente dietro a tutto era soprattutto Doug Kinney, un vulcano di idee in continua eruzione che, dopo il successo del primo film ideato dalla National Lampoon, ovvero ANIMAL HOUSE, venne assunto da Hollywood dove però seppe produrre il solo PALLA DA GOLF (con un cast di comici affezionatissimi) prima di scomparire in un dirupo alle Hawaii. Suicidio? Caduta accidentale? Omicidio? Non si saprà mai, ma l'eredità che Doug ci ha lasciato è quella di chi ha vissuto una vita "spericolata" (feste e cocaina senza sosta) regalatagli da un carattere incontenibile. Manca solo lui, tra i tanti che nel documentario si sono concessi a interviste raccontando quegli anni ruggenti, ricostruendo attraverso le loro testimonianze (e quelle di chi il film l'ha concepito, naturalmente) la storia della rivista.

Quindi i passaggi alla fase teatrale comprendente preziosi spezzoni con Chevy Chase e John Belushi sul palco, i due mattatori che spiccarono poco dopo il volo andando a comporre la spina dorsale del "Saturday Night Live", la trasmissione televisiva che tutto quel gruppo lanciò definitivamente; perché anche Bill Murray, Gilda Radner e Harold Ramis venivano dal National Lampoon, grazie al quale si erano specializzati nei primi radio show. Un manipolo ben riconoscibile di talenti comici che sbarcheranno in buona parte a Hollywood, alcuni con grande successo: una nuova generazione consacrata al demenziale e all'umorismo più iconoclasta, che non si fermava davvero di fronte a nulla.

Se però la storia della rivista è indubbiamente interessante e importante, la realizzazione del documentario non pare sempre all'altezza. Per quanto accattivante, con immagini che si alternano a fotografie con fumetti e interventi grafici che ne restituiscono bene l'impaginazione, lo stile e il tipo di linguaggio utilizzato tendono a dare troppo per scontato: chi vive o ha vissuto in America, in poche parole, sarà sicuramente avvantaggiato nella visione rispetto a chi conosce solo approssimativamente il background politico e sociale in cui la rivista nacque e crebbe. Frasi fin troppo veloci, sbrigative, immagini fugaci, una ricostruzione frammentaria non sempre facile da seguire, con la figura di Doug demiurgo a cui tutti guardano anche dopo che si è permesso di scomparire per un certo periodo di tempo lasciando al solo Henry, negli anni d'oro, il compito di dirigere tutto.

Gli aneddoti gustosi com'era prevedibile non mancano, i filmati di repertorio nemmeno e vedere Belushi, Chase, Ramis e Murray così giovani e in piena forma commuove, tuttavia nell’analisi del fenomeno ci si ferma molto prima del declino. Dei tantissimi film prodotti dal National Lampoon si citano solo ANIMAL HOUSE e per motivi diversi NATIONAL LAMPOON'S VACATION (dal quale si riprende anche l'immortale "Holiday Road”, che accompagna i titoli di coda) e ci si sofferma a raccontare come i principali collaboratori della rivista venissero costantemente assorbiti da chi li strapagava sottraendoli alla “casa madre”. Un documentario ben realizzato, illuminante, ma allo stesso tempo piuttosto pesante e verboso.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 19/09/24 DAL DAVINOTTI
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