In questa pellicola Hitchcock punta alla costruzione e alla descrizione dei personaggi, nel dare loro un’anima con ogni gesto, ogni sguardo, ogni parola. Meno celebrato e meno visto (almeno oggi) rispetto a La donna che visse due volte o Psyco, sempre in primo piano televisivo, è comunque da inserire fra i migliori di sir Alfred.
Scritto dal grande Ben Hecht e diretto con la consueta maestria dal Maestro del Brivido, un elegante noir con venature romantiche che la storia del cinema ci ha saputo regalare. I personaggi sono ben approfonditi e impersonati magnificamente da un cast che oggi è irripetibile. Grant è maestoso, cosi come la bellissima Bergman e la bravissima Konstantin. Ma il migliore del cast è l'indimenticabile Claude Rains nella bella parte di Sebastian, con la quale ha condiviso una meritata nomination agli Oscar.
MEMORABILE: Il bacio tra Grant e la Bergman; "Sebastian" Rains viene richiamato dai suoi superiori per essere giudicato.
Impeccabile film di spionaggio con il contorno di una storia d'amore drammatica: è uno dei film migliori del maestro inglese, nonché uno dei capolavori noir del cinema degli Anni Quaranta. È inoltre uno dei film più cupi ed amari di Hitchcock, uno dei pochi che non lascia alcuno spazio (nemmeno minimo) all'umorismo. La storia di spionaggio di stampo classico si avvale di un'ottima sceneggiatura ed è stata girata con maestria ed uso magistrale della suspance. Oltre ai due ottimi protagonisti, da segnalare la bella prova di Claude Rains.
Da riscoprire. Ottimo film di spionaggio carico di tensione, col bravo Cary Grant e la notevole Joan Fontaine. Si distingue anche Claude Rains. Azzeccati sceneggiatura, scenografia, dialoghi e introspezioni psicologiche dei personaggi. Davvero molto riuscito.
Una storia d'amore, un thriller ad alta tensione. La misura è tutta qui. Il problema è nel dosaggio, ma quando si è nelle mani di un maestro non c'è nulla di cui preoccuparsi. Tutto viene calibrato alla perfezione ed alcune sequenze (come quella della cantina) faticano a trovare rivali anche nella streminata ed accellente produzione Hitchcockiana. Fotografia lucente, interpretazioni perfette. MUST.
Buon film di spionaggio che merita sicuramente di essere visto; Hitchcock ci regala un finale teso e spietato che merita da solo il prezzo del biglietto. Ciò che rende la pellicola buona, ma non ottima, è la prima parte: si fa un po' fatica ad entrare nel meccanismo della storia, poi invece tutto fila liscio, anche grazie alla grande interpretazione degli attori principali. A mio giudizio non tra i capolavori del grande maestro, ma comunque molto valido.
Donna ingaggiata come spia per carpire i segreti della colonna nazista in Sudamerica. Bella la doppia struttura narrativa: spionaggio e sentimento che si condizionano reciprocamente. Hitchcock compone scene magistrali, imperniate su elementi minimali di normale quotidianità trasformati in sorgente di thriller. Gli ultimi 5 minuti del film sono un tempestoso concentrarsi di emozioni dei diversi personaggi in un’azione semplicissima e “banale”: geniale. Grandiosi l’apparente cinico Grant, l’apparente fragile Bergman e l’apparente glaciale Rains.
C'è molto più melodramma che spionaggio o tensione in questo Hitchcock. A fronte di un finale geniale c'è però uno sviluppo abbastanza lento della storia e troppo focalizzato sui primi piani dei due protagonisti. Gli attori sono bravi, non c'è che dire, il regista dimostra già padronanza e carattere, ma avrei preferito un respiro più ampio. Non è un Hitchcock minore, è diverso, ma che traccia un solco meno profondo rispetto ad altri suoi film.
MEMORABILE: La discesa della scala e il gioco delle parti tra i protagonisti.
A metà tra melodramma e thriller di spionaggio. Lento ma impeccabile. La Bergman è bravissima in un ruolo non facile e Cary Grant imperturbabile ed efficace. L'intreccio è curioso e anche scabroso, soprattutto pensando all'epoca (1946). Bel film, ma di sicuro Hitchcock ha fatto di meglio.
Superba commistione tra spy-story e melodramma: due dei territori più bazzicati dall'autore. Hitchcock si mostra disinteressato al lato prettamente "scientifico" dell'uranio (tant'è che il protagonista Cary Grant lo tocca, lo annusa e quasi lo assaggia!), giocando le sue carte nel ben più efficace clima di oppressione, di vigilanza dell'ignoto, mai anarchico o caotico, ma maledettamente organizzato, il perno principe del meccansimo della suspance. Due le sequenza memorabili: il party ed il finale (che ricorda Viale del tramonto). ****1/2
"La quintessenza di Hitchcock", lo definisce Truffaut. Non so se sia davvero così (Vertigo?), ma è di certo una delle sue opere migliori, e, anche se può non sembrare, una delle sue più personali. L'emozionante maestria con la quale Sir Alfred riesce a tenerci avvinti in egual modo alla storia d'amore e a quella di spionaggio è straordinaria, coadiuvato da un altrettanto straordinario trio di protagonisti in vero stato di grazia. In più, la mano del regista nel condurre la macchina da presa raggiunge qui uno dei suoi apici. Fondamentale.
Capolavoro del maestro Hitchcock, che riesce a fondere alla perfezione thriller spionistico e film romantico. Bravissimi gli interpreti, Grant nei panni della spia innamorata (che riprenderà parzialmente in intrigo internazionale) e la Bergman tormentata dai suoi doveri come agente e dall'amore per il primo; notevole anche Rains, cattivo fondamentalmente vigliacco strumentalizzato dai suoi capi. Molte inquadrature e il ritmo sono da film perfettamente moderno, imperdibile.
Fondamentale capolavoro hitchcockiano, anche se spesso sottovalutato. A mio avviso è il vero, misconosciuto prototipo occulto - più ancora di Intrigo internazionale, in un certo senso - dei film di spionaggio con elementi romantici ed elegantemente sexy, dell'agente segreto fascinoso alla James Bond insomma. Geniale l'idea di spezzettare il famoso bacio per aggirare la censura, rendendolo così, paradossalmente, molto più sensuale. Unica cosa che non mi convince è la Bergman, che non ho mai considerato una gran bellezza.
"Notorio" è il comportamento della protagonista, ritenuto scandaloso ed immorale, che ci proietta in un clima di guerra fredda, dove la paura viene anche dal nucleare. Film prototipico per classe, bellezza, tensione, ma anche romanticamente drammatico. Vive della luce ancora intatta dei suoi indimenticati protagonisti Ingrid Bergman e Cary Grant. Sessualità esplicita e regale...
Volutamente elegante nelle forme, negli abiti, nei modi, nelle ambientazioni e nei dialoghi, con personaggi appartenenti ad una classe sociale elevata, in contrasto con una sentimental-spy story che porta lo spettatore in uno stato perenne di ansia e di tristezza, anche se in fondo prevede (o spera) un finale consolatorio e liberatorio. Magistrale l'uso della MDP da parte del regista e una fotografica in un b/n che si incupisce negli interni della villa-prigione avvelenata dalle cantine ai piani superiori. Particolari curati. Ben intrepretato.
Splendida opera di Alfred, qui impegnato più sul melodramma e, ovviamente, a creare a sua tipica maniera una tensione allucinante, che il finale riuscirà a malapena a stemperare. Inizialmente il rapporto tra Grant e la Bergman è quasi scherzoso, ma lentamente il clima diverrà soffocante e le interpretazioni dei due attori sempre più centrali; soprattutto la Ingrid è davvero una gioia per gli occhi: una donna presa tra l'amore, la paura e lo scandalo. Da non dimenticare anche la prova di Rains. Capolavoro di Hitchcock, da vedere e rivedere.
Uno degli Hitchcock più belli di sempre, anche se non molti lo sanno. Nulla è lasciato al caso e pur non essendo un thriller in senso stretto (è una spy-story), contiene tantissime scene piene di tensione emotiva. Merito della bella e raffinata sceneggiatura scritta dal grandissimo Ben Hecth. La regia del maestro poi è un fuoco d'artificio continuo tanto da contenere molte scene di culto e quindi imperdibili. Eccellenti le prove del cast. Si vede e si rivede senza stancarsi assolutamente mai.
MEMORABILE: I baci tra Grant e la Bergman. Lo zoom sulla chiave della cantina. La tazzina di caffè.
Perfetto mix di sentimentalismo e thriller, grande interpretazione degli attori (su tutti la Bergman in un ruolo che la rende vittima e carnefice, spietata ma adorabile). Hitchcock parte piano, ma nella seconda parte il film prende decisamente il volo: da mozzafiato la scena della bottiglia in cantina. Ottimo e per tutti i gusti.
Celebratissimo dalla critica, rivisto oggi funziona più come somma di parti a sé stanti che preso nella sua interezza: il debole intreccio thriller-spionistico e l’invadente love-story tra l’agente FBI Grant e la “Mata Hari” Bergman non reggono il confronto con i momenti di humour (la Bergman ubriaca al volante), gli attimi di suspense (la chiave, la cantina), non superficiali cenni psicologici (l’affetto edipico tra madre e figlio) e il finale aperto. Un Hitchcock comunque non all’altezza dei suoi tanti capolavori passati e futuri.
MEMORABILE: La guida in stato di ebbrezza della Bergman; lo zoom sulla chiave.
Come trasformare una ordinaria trama spionistica in una straordinaria storia di vendetta sessuale incrociata... Cary Grant costringe la donna che lo ama e che lui disprezza a diventare la moglie di un altro, gettandola fra le braccia di Rains. Ma Rains a sua volta, pur amando la moglie, non può anteporla alla madre dominatrice (e castratrice). Inizio un pò lento, ma ripagato da un crescendo di tensione che culmina col più famoso bacio dello schermo. Finale molto bello, che lascia all'immaginazione trarre le dovute conclusioni. Capolavoro.
Per Truffaut è il più bel film di Hitchcock, dotato di una sceneggiatura perfetta. Certamente è un film abbagliante che conserva una sorprendente freschezza ancora oggi. Un gioco di realtà e di apparenze, un poliziesco che sfocia in una passionale storia d’amore sullo sfondo della denuncia politica della crudeltà del Nazismo. La disillusione di lui, la disperazione di lei: notazioni empiriche e psicologiche dentro un film che avanza come un teorema astratto ma che si nutre di un realismo dolente mai di maniera. Mac Guffin e abissi umani insondabili.
MEMORABILE: La straordinaria carrellata con zoom sulla chiave.
Rasentiamo la perfezione formale. I tempi narrativi sono perfettamente dosati, come la capacità di usare il carisma dei divi (sempre grandioso Grant, perfetta la Bergman) e la sensualità che emanano. Inoltre Hitchcock utilizza con grande sensualità il mezzo (basti pensare al dolly che scende nel salone durante la festa per capire come si regga bene questo impianto fatto di molti primi piani e rari ma inebrianti movimenti). La capacità di creare figure femminili del regista qui raggiunge una vetta. Impossibile non essere empatici con la Bergman.
MEMORABILE: Delvin annuncia la missione durante la cena in terrazzo; La Bergman inquadrata da un finestrino con griglia: è in trappola.
Un film difficilissimo da incasellare in un genere solo poiché contiene in sé molti temi e sfaccettature: si va dal thriller hitchcockiano nudo e crudo alla forte componente romantica e mélo, trattata sempre tuttavia con sobrietà dal regista che in questo film racchiude molti dei punti cardine del suo modo di fare cinema. Una bella trama sostenuta da due ottimi attori (Grant e Bergman) ci regala uno spettacolo intramontabile, che risente solo di qualche lentezza nella prima parte. Ma quando ingrana, l'emozione è garantita.
Un film che mantiene un fascino inalterato dal tempo, nonostante la lentezza della prima parte. Hitchcock riesce a gestire magistralmente l’equilibrio tra la spy story e l’intreccio sentimentale e crea un finale veramente ben congegnato, carico di tensione nonostante l’assenza di veri e propri colpi di scena. Vista 70 anni dopo la realizzazione del film, l’ambientazione di Rio de Janeiro è ancora più curiosa.
Capolavoro indiscusso del maestro del brivido. La sceneggiatura è metà dell'opera: l'intreccio è ingegnoso senza essere complicato e avvincente grazie ai numerosi colpi di scena. La trama viene presentata ottimamente dal punto di vista di Alessio oltre che da quello di Elena, coinvolgendo sempre più lo spettatore "onnisciente". La regia è essenziale nonostante qualche discutibile scelta. Da notare una mirabile Bergman e un bravo Rains che ben incarnano i loro personaggi. Davvero pochi gli errori in questa pellicola straordinaria.
MEMORABILE: La suspense nella scena della cantina.
Amore e spionaggio in trasferta "virtuale" a Rio (i falsi fondali non si contano), con Grant e la Bergman a rimpallarsi tacitamente le responsabilità per il mancato decollo della loro love story. Mirabile fusione di generi che Hitch sublima grazie a una regia impeccabile. Cary Grant professionalmente distaccato fa da ideale contraltare a una Bergman più sensuale e coinvolta, ma è la progressiva escalation di tensione a far vibrare il film, chiuso poi al meglio senza un solo fotogramma di troppo! Commuove la varietà di stati d'animo evocati.
MEMORABILE: In cantina durante il party, con doppio patatrac: imprevedibile e riparabile il primo, prevedibile e irreparabile il secondo.
A mio parere uno degli Hitchcock più sopravvalutati di sempre. Un buon film, ci mancherebbe, ma assolutamente non quel capolavoro di cui si sente parlare. La trama è molto semplice (fin troppo) e il ritmo molto lento. Alcuni snodi poi sono davvero ingenui. Per contro, grandissima prestazione della coppia Grant-Bergman, oltre alla solita regia perfetta e curata del maestro inglese. Un discreto film insomma, sicuramente guardabile ma inferiore alle aspettative.
Inizia in maniera assolutamente ordinaria, come qualunque altro film, salvo poi cambiare registro per entrare nel vivo, lentamente. Magistrale e stupefacente l’uso della macchina da presa, graduale rilascio della tensione, bianco e nero elegante e fascinoso, protagonisti superlativi e sceneggiatura costruita sapientemente senza nulla lasciato al caso, compreso la geniale idea del finale aperto. Siamo appena nel 1946, eppure il livello è elevato.
Meritevole di prender posto sul podio assoluto hitchcockiano, una pellicola che bilancia perfettamente anima e matematica perfezione, in grado di sintetizzare il meglio dell'Hitch che è stato e che sarà, in cui intrigo spionistico, sentimenti repressi, tocchi morbosi (l'ambiguo rapporto madre-figlio) e crudeltà (cupissimo il secondo tempo) si completano a vicenda impiegando sempre nella maniera meno scontata la complessità e l'ambiguità di ogni singolo personaggio. A completare il quadro bei colpi di scena e un cast prevedibilmente impeccabile.
Rivisto più volte; è una delle magie di Hitchcock, la trasmutazione del thriller in storia d'amore e viceversa. Non è perfetto perché (a mio modestissimo parere e per il mio gusto) l'aspetto melodrammatico è un po' patetico e invadente. Per il resto tutto è magnifico, coinvolgente, magistrale e (perché no?) sperimentale (penso all'uso della suspense). Comunque intramontabile.
Come anche per altri lavori, Hitchcock fonde insieme amanti e spie, giallo e rosa. Il risultato è un'intensa storia di spionaggio con un grande sottofondo sentimentale, tipico del Maestro. I due protagonisti sono bene in parte e la tensione è davvero orchestrata ottimamente, in crescendo, con un finale sofferto, degno di una trama spionistica. Non ci sono momenti di grandissimo impatto come in altre sue pellicole, però è un prodotto veramente completo e di classe.
Film atipico del Maestro e a mio avviso non fra i suoi capolavori. L'intreccio della spy-story e dell'idillio romantico è ostacolato dal livello diseguale dei dialoghi di ciascuna parte. Stiamo comunque parlando di empireo per cui il brivido e la suspence sono assicurati, assieme a una regia che come al solito non trascura nessun dettaglio e si fa esplorare con piacere. Monumentale la Bergman, di altissimo livello le recitazioni di Grant e della Konstantin, una delle figure femminili più forti dei film di Hitch. Imperdibile, naturalmente!
MEMORABILE: La guida della Bergman ubriaca; Il rapporto madre-figlio; Il finale.
Hitchcock modella questa vicenda partendo da un racconto datato e ne esce un film che farà scuola per tutti. Dall'avvelenamento scoperto (come farà l'Eastwood-soldato Jones) all'elegante e quasi asettica figura di Devlin come antesignano 007. Centrali i dialoghi e le caretterizzazioni dei singoli, la "notorious" Bergman nel duplice ruolo di libertina/moglie, il "patetico" Rains in contrapposizione con la possessiva ma più saggia madre e Grant che cede all'emotività solo sul finale. Non serve neanche il colpo di scena, è già tutto predisposto.
Figlia di una spia antiamericana verrà ingaggiata per scoprire segreti nazisti. Parallelo tra il sentimentale (con un innamoramento iniziale troppo improvviso) e la spy-story, avvincente fino all'ultima scena. Hitchcock propone suspense con inquadrature ampie che finiscono in primissimo piano e evita scene madri. Come tematiche sono presenti un velato senso di Edipo e una morale assoluta per i traditori. Bergman in una grande interpretazione mentre Grant è partecipe al minimo. Sui finti esterni si poteva essere più accurati.
MEMORABILE: La chiave nella mano; L'etichetta con l'anno diverso; La Bergman che sviene; La discesa dalle scale capolavoro nella sua lentezza.
Pur non impeccabile sotto l’aspetto narrativo, il film (che è molto più di una spy story) mostra vari tocchi da maestro nell’attenzione ai particolari, nell’uso della soggettiva, nella costruzione di un’atmosfera tesa e nella psicologia dei personaggi (particolarmente riuscite la figure di Alessio, vilain dominato dalla madre, e di Elena, per il suo complesso rapporto col padre), con ottimi interpreti: Rains riesce a evitare accenti patetici; la Bergman, pur divina, rende credibile un personaggio squisitamente terreno; Grant è tenuto volutamente e brillantemente sotto tono.
MEMORABILE: Elena ubriaca al volante; La chiave della cantina e le bottiglie di vino; “Il lato peggiore degli affari è che ci fanno prendere un’aria da vecchio”.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale la figlia di una spia viene indotta a sposare un uomo che nasconde un segreto. Hitchcock punta su fattori secondari (espressione dei volti, concitazione dei dialoghi) per creare un clima di tensione che trova nella seconda parte il suo culmine. Non è tra i suoi film più tesi ma emerge una grande attenzione ai dettagli.
Partiamo dal presupposto che ogni film di Hitchcock ha un suo perché, continuiamo dicendo che qui non siamo ai livelli di Intrigo Internazionale o Psyco. Insomma, pur trovandoci di fronte a un prodotto di indubbia qualità con alcune scene magistrali (ad esempio quella della cantina), non si può parlare di capolavoro. Bravissimi i due attori protagonisti (del resto Cary Grant e la Bergman non hanno davvero bisogno di presentazioni!).
Dietro il filtro del cinema di spionaggio Hitchcock ci insegna che un genere può dare vita ad un altro genere e così via. In Notorious dispiega le sue ali registiche in un vortice di scene madri da antologia, senza dimenticare però l’importanza della psicologia e la caratterizzazione dei personaggi. Bravissima la Bergman, che recita con spontaneità un ruolo non facile; fulminante invece Leopoldine Konstantin, madre matriarca e crudele. Morboso.
Spy e love story che s'intrecciano tra movimenti di macchina arditi (apertura della festa da totale a dettaglio sulla mano), veleni e champagne - più altre pillole di grammatica cinematografica (false soggettive, uso dello spazio filmico, alternanze) - che Hitchcock cuce in sospensione tra struggenti primi piani dell'iconica coppia Bergman/Grant (da sola vale la visione). Volendo essere severi, appare oggi didascalico nella prima parte: tutto viene presentato per vie dirette senza lasciar la storia evolvere e "respirare". Comprensibile, calcolando pubblico e censori dell'epoca.
MEMORABILE: Il travelling a stringere dalla soggettiva di Ingrid alla chiave sulla console; Ingrid che guida ubriaca; Il finale sulle scale.
Cult movie di Hitchcock. America, tempo di guerra: la figlia di una spia tedesca accetta di sposare un amico del defunto padre solo per avere informazioni sulla bomba atomica ma si innamora di un americano. Eccellente interpretazione di Ingrid Bergman e Cary Grant. Emozioni, colpi di scena, paura e fiato sospeso fino all'ultima inquadratura. Regia perfetta e impeccabile. Hitchcock e lo sceneggiatore indovinarono casualmente un elemento della vera bomba atomica e furono seguiti per molto tempo dall'FBI.
MEMORABILE: La sequenza nella cantina con Ingrid Bergman, Cary Grant e Claude Rains.
Splendido noir in cui la componente spy e quella melò trovano un equilibrio perfetto grazie a una sceneggiatura solida e all'interpretazione impeccabile dei due protagonisti. Hitchcock peraltro si rivela profetico sull'importanza dell'uranio, dato che al momento della stesura non erano ancora state lanciate le bombe atomiche in Giappone. Meno nominato rispetto ai suoi lavori successivi (Nodo alla gola uscì due anni dopo) è tutt'altro che un'opera minore e merita grande attenzione.
Soltanto un regista del calibro di Hitchcock poteva realizzare in quegli anni un film capace di mischiare il noir e il thriller con il dramma sentimentale in maniera tanto coinvolgente e intensa. Il merito, oltre che di una regia indubbiamente solidissima, è soprattutto dell'alchimia tra i protagonisti e in particolare di una Bergman molto in parte e decisamente brava. Anche la scrittura presenta elementi innovativi di linguaggio e di risoluzione di trama, e vive di un finale molto avanguardista. Un caposaldo del cinema ed esempio di come si realizza un'opera.
Cronologicamente è forse il primo capolavoro di Alfred Hitchcock. Nonostante il difetto di indugiare spesso troppo nella storia d'amore Bergman-Grant, per quanto spettacolare, il film è splendido per concezione, con un grandissimo senso della tensione e un attenzione per i particolari da gran maestro. La storia in sé non è nulla di straordinario, trattasi di semplice spy story. Ma sappiamo che nelle mani di Sir Alfred la storia più semplice diventa mozzafiato. Ottimo il trio di protagonisti, eppure quella che più si fa apprezzare è la Konstantin nel ruolo di madre castrante. Ottimo.
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DiscussioneZender • 10/11/10 13:01 Capo scrivano - 47224 interventi
Direi che ho sostituito Hepburn con Bergman. Lovejoy, che scrivesti? Dove la vedesti la Hepburn???
DiscussioneLovejoy • 23/01/11 22:48 Servizio caffè - 13 interventi
Può darsi che mi sia sbagliato a scrivere il nome. Anzi, sono sicuro. a volte scrivo di fretta.... mi scuso per l'errore e sopratutto per aver risposto con notevole ritardo.
HomevideoAlex75 • 8/09/20 14:13 Call center Davinotti - 709 interventi
Credo che nella versione italiana mancassero le due battute in cui viene citata la famigerata IG Farben, che ebbe un ruolo fondamentale nell'economia e nel sistema concentrazionario del Terzo Reich. Infatti, nella versione che ho visionato su Youtube, tali battute sono in inglese.