(BABY VINTAGE COLLECTION) Contrariamente a quanto si sarebbe portati a pensare osservando il nome del protagonista, e cioè quel Paolo Villaggio felicemente approdato al cinema meno usa e getta grazie al rilancio felliniano de LA VOCE DELLA LUNA, il film non lo fa lui ma i piccoli alunni della scuola elementare De Àmicis (come pronunciano a Corzano, paesino nei pressi di Napoli). Sono loro le vere sorprese di un'opera girata con garbo dall'esperta Lina Wertmüller e ispirata solo vagamente al best-seller omonimo di Marcello D'Orta. In realtà il vero modello è MERY PER SEMPRE...Leggi tutto, dalla cui idea la produzione dev’essere partita pensandone quasi una versione juniores. Lasciando perdere alcune incongruenze (Villaggio parla ai bambini di otto anni usando una terminologia da liceo classico) e molte scelte fuori lungo (la musica di Louis Armstrong, jazzista, ha poco a che vedere con l'universo partenopeo), possiamo però goderci un film brillante, a tratti divertente e che si giova di una spontaneità corale notevole. I giovani attori sono quasi tutti formidabili (e non solo il celebrato Pantaleo), mentre un inedito Villaggio mostra di poter esprimere una dolcezza non comune, perfettamente a suo agio anche in un contesto così atipico. Certo si dirà che serpeggiano nella sceneggiatura forzature fastidiose, che si è cercato di privilegiare come sempre l'happy ending ad ogni eventuale sforzo neorealista, ma IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO è un film che va preso per ciò che è: un prodotto senza troppe pretese all'insegna del già visto ma nobilitato da un imprevedibile cast di potenziali, dolcissime star.
Operazione mediocre ma non ignobile, a differenza dell'osceno libercolo da cui è tratto, il cui "autore", anziché insegnare a quei poveretti a parlare e a scrivere nella lingua del loro Paese, preferì speculare turpemente, giocando sul "colore locale" (lo "scarfoglismo" di cui parlava Flaiano?). Qui ovviamente non c'è - o c'è sceneggiato, quindi servito un po' meglio - il campionario di sconcezze, ma una commediola agrodolce e tutto sommato garbata, con un Villaggio che si impegna e con qualche riuscita caratterizzazione.
Film Wertmulleriano che della regista non ha nemmeno l'apparenza. Titolo che, nonostante sia la trasposizione di un caso letterario che ben evidenzia cosa s'intenda per "lèggere in Italia", finisce per non esser abominevole. Villaggio riesce a staccarsi la maschera dal volto e recita discretamente. La storia che ne segue è leggera, con piccolissimi spunti di riflessione ma, ad ogni modo, godibile nella sua semplicità. Perderselo non sarebbe un dramma, ma non lo è neppure darci un occhio!
Da uno strepitoso (quanto eccessivo) successo letterario di Marcello D'Orta, un film di Lina Wertmuller che per l'occasione rinuncia quasi totalmente agli elementi personali del suo cinema, per mettersi al servizio della pagina scritta, affidandosi ad un Paolo Villaggio che preme il pedale del sentimentalismo e della tenerezza, accantonando l'aspetto più caustico e perfido della sua comicità. Il risultato è una commedia innocua, a tratti divertente, ma che per lo più scorre senza lasciare traccia.
È l'ultimo film degno di tale nome della Wertmuller. Il motivo di maggiore interesse è vedere Villaggio alle prese con questo personaggio per lui inusuale, ma piuttosto simile al suo essere persona. Paolo zittisce tutti fornendo una prova convincente e smentendo chi ormai lo aveva bollato come caricatura di se stesso dimostrandosi attore con la A maiuscola. Molto bravi e carini tutti i bambini (tra cui Spillo del telefono azzurro) mentre è poco verosimile la rappresentazione di Corzano, descritto alla stregua della più fetida favela sudamericana.
Furbetta operazione tratta da un istant book di successo, il quale trova subito il proprio sbocco cinematografico grazie a quella vecchia volpe di Ippolito. Al di là di tutto, il film funziona, Villaggio è bravissimo e finalmente dimostra, a coloro che non lo sapevano, che è un ottimo attore; la Wertmuller (su commissione, ovviamente) confeziona il tutto con garbo e mestiere. I piccoli napoletani fanno il resto. Si ride e ci si commuove, sapendo in fondo di essere stati un po' truffati anche noi con un doppio mattone. Ma lo si sopporta volentieri, stavolta.
Non troppo riuscito a mio avviso. Anche Paolo Villaggio (almeno a me) non risulta troppo convincente e i bambini sono insopportabili. Il cast secondario non aiuta molto e la regia della Wertmuller è svogliata. A mio avviso si può anche evitare.
Film accettabile con un Villaggio digeribile e credibile nel ruolo del maestro alla guida di una manica di bambini molesti. Molto lontana dalla celeberrima opera omonima, la pellicola non affonda mai il colpo anche quando ve ne sarebbero le condizioni, rimanendo più spunto per le riflessioni superficiali dell'italiano medio che opera di denuncia sulle disagiate condizioni di certe aree del napoletano. Passabile.
MEMORABILE: Il ceffone di Villaggio al bambino arrogante non è male, sarei saltato anch'io nello schermo a prenderlo a calci da quanto è strafottente.
Da un libro nauseante non poteva che uscirne fuori una pellicola di tal genere. Piena dei luoghi comuni più biechi e folcloristici sulla “napoletanità”, cerca in maniera terribilmente furbesca e ruffiana di “conquistare” il cuore dello spettatore attraverso le sventure di un gruppo di ragazzini. Trasuda volgarità e qualunquismo da tutti i pori.
Il film alla fine si basa sugli attori bambini, molto bravi e veramente simpatici. Poi c'è un insipido Paolo Villaggio, completamente fuori luogo e pessimo come attore, la solita sceneggiatura strappalacrime piena di buoni sentimenti e scontatissima, che poteva esserci risparmiata, e una regìa piuttosto piatta. Per non parlare della scena finale, dove viene inserita "What a wonderful word" di Armstrong, funzionale soltanto a far scoppiare in lacrime i più sensibili. Insomma, come già avevo detto, il film si basa sui suoi attori bambini.
Visto per l'ultima volta parecchi anni fa; interessante spaccato della realtà scolastica napoletana della Wertmüller (che per una volta propone un titolo dalla lunghezza accettabile). Paolo Villaggio, per grazia divina, vuole e riesce a mettere nell'armadio Fracchia/Fantozzi e si cala a piombo in un ruolo che gli si confà: peccato sia rimasto un caso isolato.
Film di Lina Wertmuller con un Paolo Villaggio barbuto che fa l'insegnate elementare. Ai divertenti e coloriti temi, che fanno parte del libro che dà il titolo al film (portato anche in scena a teatro da Ferruccio Amendola e da alcuni bambini), si passa alla difficile vita di Napoli, con i suoi pro e i suoi contro. Paolo Villaggio, smessi i panni di Fantozzi, se la "cava", aiutato dai bravi attori Paolo Bonacelli e Isa Danieli. Forse, si eccede un po' nel buonismo (troppe volte si sente la canzone di Louis Armstrong), ma può andare.
Curioso vedere Villaggio in un ruolo diverso dal solito e ancora più strabiliante notare che se la cava anche piuttosto bene. Il resto lo fanno i simpatici bimbi partenopei, veri protagonisti di una commediola della Lina decisamente senza pretese, con qualche giusta frecciata alle ingiustizie del sud ma che non vanno mai troppo in profondità. Il libro di D'Orta è usato come mero pretesto e non c'è una gran storia dietro, però ci si diverte e commuove, in un raro esempio di riuscita commedia all'italiana moderna.
MEMORABILE: "Na tuccat' è rusulia!"; "Lei è il dottor...?" "Nicolella, per servirla!"
Ispirato dal simpatico quanto ipocritamente furbo libro di Dell'Orta, il film narra le vicende di questi bimbi partenopei e risulta totalmente una macchietta, durante la quale sorridere ma soprattutto indignarsi di fronte ad un'Italia in cui regna l'ignoranza. Villaggio non aggiunge nulla alla narrazione, anzi risulta troppo bonario per me che l'ho sempre visto ironico e cinico.
La Wertmüller rielabora in modo originale e personale il best-seller di Marcello D'Orta, indovinando molte trovate ma incespicando in inaccettabili cadute di tono (per quanto bellissima, "What a wonderful world" cantata da Louis Armstrong c'entra con la vicenda come i cavoli a merenda). Villaggio, Bonacelli, la Danieli e la quasi centenaria Ester Carloni sono inarrivabili, ma i bambini non sono da meno (Esposito e Pantaleo su tutti). Graffiante e commovente, è una pellicola mai compresa sino in fondo, che merita sicuramente una visione.
MEMORABILE: Vincenzino: "E mio padre dice sempre: ma che cazzo ce 'stamo a fare in sto paese 'e merda? (in riferimento a Corzano)".
Sulla scia del successo dell'omonimo libro, la Wertmüller si consegna al testo e alla bieca mercé del cinema-consumistico (ma nella pellicola c'è anche un po' la moda di quel periodo di fare del neorealismo Anni Novanta). Villaggio si prende un po' troppo sul serio e perciò è stucchevole; i bambini, invece, sono naturalmente spontanei ma abbozzati e pensati più per assecondare le esigenze commerciali di un altezzoso e impellicciato pubblico settentrionale, infarcito di stereotipi sui "guagliuncelli" napoletani.
Film anomalo, a partire dal fatto che c'entra pochissimo col libro cui è (molto lateralmente) ispirato e che è difficile attribuirlo a un genere definito. Il film parte a stento e si chiude male, ma nella parte centrale azzecca qualche colpo, per merito di un composto Paolo Villaggio e di nugolo di ragazzini che in alcun casi funziona bene e in tutti gli altri raggiunge largamente la sopportabilità. C'è Ester Carloni, mancata poi nel 1998 a centoun'anni! L'unica scena in cui la Wertmüller non riesce a frenarsi è quella dell'arresto. Vale **
Tanti anni prima di Benvenuti al Sud, qualcuno aveva già provato ad affrontare il tema dell'emigrazione "al contrario" dal nord al meridione. E curiosamente i due film si perdono nello stesso difetto, ovvero l'eccessivo uso di stereotipi e luoghi comuni (tanto sul nord che sul sud). Eppure, vuoi per la bravura del protagonista, vuoi perché i bambini sono davvero simpatici, il film decolla e si impone, a mio parere, come una delle migliori pellicole del Villaggio extra-Fantozziano. Niente male!
Dal libro speculazione di D'Orta un film che, fortunatamente, una volta sceneggiato ha da spartire col libro solo il titolo. Bravo Villaggio, a riprova che gli attori comici in vesti drammatiche sono anche più convincenti degli altri. Ma il vero centro dell'attenzione sono i bambini, ottimi davvero ad impersonare lo spirito partenopeo oltre che a saper esprimere appieno il disagio che si respira. Buon contorno della Danieli e di Bonacelli. Finale ruffiano e scontato ma di sicuro effetto.
Un insegnante ligure finisce per sbaglio in un paesino campano, dove si confronterà con una realtà per lui inusuale. Il film di per sé è molto divertente, anche se sono evidenziati all'eccesso alcuni stereotipi. I bambini trasmettono allegria e gioia di vivere grazie alla loro spontaneità e questo è il miglior pregio, per un film che rischia spesso di essere troppo banale. Il linguaggio del film è quello usato dai bambini e fa tenerezza perché riesce a raccontare in maniera innocente realtà difficili e dure da accettare.
Villaggio si spoglia dei panni del ragionier Fantozzi per interpretare "o' professor", come viene definito dai bambini della scuola elementare di Corzano, provincia di Napoli, in cui viene mandato a insegnare per errore. Una città che imparerà presto a conoscere per il degrado, la criminalità e l'incuria in cui i bambini crescono. Un film che fa parte dell'infanzia di ogni piccolo partenopeo (tratto dall'omonimo libro del maestro Marcello D'Orta) ispirato, purtroppo, a una triste realtà.
MEMORABILE: "A me mi piace solo l'Italia. Anzi solo metà, perchè io quelli del nord li schifo e li odio perchè ci trattano come le bestie".
Una periferia napoletana da quarto mondo in cui tutto è stereotipo dà l'occasione a Paolo Villaggio per riscattarsi dopo anni di fantozzate (con ovvie eccezioni) offrendo una prova di un'umanità che colpisce. E' grazie a lui se il film, pur nei suoi luoghi comuni, riesce a sedurre, coadiuvato da un gruppo di piccole macchiette partenopee che mettono sempre espressioni o battute giuste al momento giusto. L'estetica volutamente grezza (primi piani rozzi alla Pasolini per far neo-neorealismo?) non soffoca il tocco leggiadro e il film funziona.
Da un libricino piccolo piccolo, un film mediocre ricco di luoghi comuni e, per giunta, rappresentati in maniera becera. Villaggio da solo non può salvare la baracca; c'è lungo tutto il film la sensazione sgradevole di vedere qualcosa che aggravi oltre modo una realtà difficile come quella di Napoli, con situazioni al limite del parossismo (la scena dei toponi sul letto della bambina). Rivoltante esempio di cinema che, da buon napoletano, consiglio assolutamente di buttare.
Un maestro genovese per errore si ritrova trasferito in una stereotipata provincia campana. Sin dall'inizio viene marcato il divario tra il nord e il sud, soprattutto a livello scolastico, dove il maestro Villaggio si ritrova ad avere a che fare con colleghi troppo permissivi e lascivi, bidelli che vendono la carta igienica e alunni che si atteggiano da piccoli Tony Montana. Un più che buon prodotto ben confezionato, con un ottimo Villaggio diverso dal cliché fantozziano, che palesa le sue ottime doti. Spontanei e simpatici i piccoli protagonisti.
MEMORABILE: Il maestro Sperelli che va a prendere gli alunni per il paese; Il finale con "What a wonderful world".
La Wertmüller sforna un film per niente stupido, che ha il pregio di analizzare il grave stato in cui versava il sud (non così diverso da quello odierno) con tratti documentaristici, senza annullare quella leggerezza propria della commedia. Villaggio si mostra pacioccone e adorabile, mentre i bambini, che spesso sono odiosi e banali nelle pellicole, qui non si rivelano tali, facendo sorridere più di una volta lo spettatore. Simpatico il finale ed esemplari le battute fra il maestro e gli adulti. Non una grande pellicola, ma è comunque piacevole.
MEMORABILE: La foto di Cossiga sul muro dell'aula, involontariamente ridicola.
Bravi i bambini, particolarmente simpatico Mario Bianco (quello che nel film mangia sempre cornetti e che di mestiere adesso li fa davvero, a Torino). Discreto Villaggio ma senza virtuosismi, sempre piacevole Paolo Bonacelli (l'avvocato di Johnny Stecchino), poco credibile il bidello, Gigio Morra. Per il resto la trama è inconsistente, la regia abbastanza incolore e si esagera un bel po' con gli stereotipi, o almeno lo spero. Anzi: io speriamo che sia solo un film.
MEMORABILE: Villaggio che va a prelevare i bambini che lavorano per portarli a scuola.
Tra i vari film del (parziale) rilancio novantiano in chiave autoriale di Villaggio si segnala questa trasposizione dal noto libro omonimo, invero abbastanza adattata allo stile da commedia "sociale" di stampo televisivo, non fosse per una fotografia di buon livello che lascia intravedere begli scorci del Sud Italia (non è tutto girato a Napoli). Se Villaggio in veste semi-seria tutto sommato convince e i piccoli attori a tratti divertono, è difficile scrollarsi di dosso la sensazione di un film carico di cliché e invero poco avvincente.
Commedia agrodolce, ben diretta dalla Wertmuller, che mette in evidenza il disagio di una provincia inventata (ma tipica) del napoletano con i suoi pregi e i suoi difetti. Bravissimi i bambini protagonisti, spontanei e simpatici, ma ancor più valore aggiunto è l'interpretazione sentita e naturale di Paolo Villaggio, lontano dalla comicità fantozziana ed estremamente umano. Notevole.
Forse la più famosa pellicola in cui Villaggio dismette le sue due maschere di maggior successo (Fracchia e Fantozzi) e viene chiamato a interpretare un ruolo sospeso tra dramma e umorismo meno volgare, al netto del turpiloquio presente in buona parte del film. Ogni tanto sembra che il Ragioniere desideri uscir fuori dal corpo del maestro Sperelli, ma tale brama non viene mai appagata. Il risultato è un film gradevole, emozionante, magari con qualche eccesso di miele. Efficace il cast di contorno, su tutti Bonacelli, la Carloni e la Danieli.
MEMORABILE: Lo schiaffo a Raffaele; I duetti con Mazzullo e zia Esterina; L'aggressione alla suora.
Maestro elementare ligure finisce in Campania per un banale errore burocratico; l'impatto sarà notevole e la differenza fra due mondi che diffidano reciprocamente verrà fuori in maniera evidente. Un Villaggio serio, pacato, misurato, capace di rispondere ai suoi detrattori con una prova completa. Migliori in campo i bambini, capaci di vivere e far vivere condizioni di vita nelle quali ogni cosa è difficile e preziosa. Finale velato di un'aura apocalittica.
Onesto tentativo di fare un film difficile, con una dozzina di bambini quasi sempre in scena a dire la loro su tutto, con parole prese dai temi di una classe elementare napoletana, resi famosi dall’omonimo libro. E in effetti i ragazzini recitano come se leggessero, mentre Villaggio “controcanta” con molta partecipazione, dando un quid di autenticità a un personaggio ad alto rischio santino. La difficoltà sale considerando il contesto di disagio sociale, reso in modo un po’ sbrigativo. Arduo andare oltre i **, con tutto il rispetto.
Pur essendo zeppo di luoghi comuni a volte anche fastidiosi e pur utilizzando un tema abusato come l'incontro nord-sud, il film risulta molto piacevole e racconta in maniera abbastanza diretta la realtà dei luoghi in cui la storia è ambientata. La pellicola mostra inoltre ancora una volta il grande valore attoriale di Paolo Villaggio, che va oltre i ruoli per cui lo si conosce principalmente. Simpatici i bambini. La mano di Lina Wertmüller si sente. Buon film.
Per chi non conosce la realtà descritta nel film è difficile capire quanto ci sia di cinematografico e quanto no. Senza dubbio il problema scolastico generato da una situazione di disagio sociale non appartiene soltanto a determinati contesti. Tuttavia, al netto dei messaggi e della morale, si tratta pur sempre di una commedia che punta molto ai buoni sentimenti, non pretendendo di andare troppo oltre. Il risultato è comunque gradevole e fa piacere vedere Villaggio in un ruolo diverso, circondato da bambini senza dubbio simpatici.
Una commedia niente male, che affronta con leggerezza il problema dell'istruzione di alcuni giovani scolari. A cambiare le cose arriva il maestro Paolo Villaggio, che avrà non pochi problemi di ambientamento. Il film scorre senza problemi, grazie soprattutto alla bravura del protagonista e all'impegno dei giovani attori (su tutti Ciro Esposito, il più teppista del gruppo). Non un capolavoro, ma un film riuscito che si riguarda con piacere.
MEMORABILE: La gita alla Reggia di Caserta; Le lezioni del maestro Sperelli.
La Wertmüller torna a parlare di Sud attraverso la penna di Marcello D'Orta, maestro elementare autore di un bestseller molto sui generis. Probabilmente le esigenze di produzione hanno frenato la mano della regista lucana che ci rende una periferia napoletana piuttosto stereotipata, in cui i blandi tentativi di critica sociale si perdono nei meandri del "volemose bene". Buona la prova di Villaggio e del resto del cast, con un compassato Bonacelli e una schiera di bambini abbastanza credibili. Belle le ambientazioni pugliesi, che danno veridicità al racconto. Guardabile e niente più.
MEMORABILE: Il tentato furto del furgoncino; Il dialogo fra il maestro e Raffaele nel finale.
Sulla base di un fortunato libro, la Wertmüller si cala in un Meridione “sgarrupato”, visto con gli occhi dei bambini, in equilibrio precario tra denuncia delle carenze dello Stato (qui amplificate fino al paradosso) e facile e insidioso folklore. Nell’insieme il film funziona, grazie alla simpatia e alla spontaneità dei piccoli protagonisti, ed è un piacere vedere Villaggio quasi del tutto emancipato dai tic visti in troppi film. Le “perle” dei temi sono calate nella vicenda in modo non pretestuoso, e questo è un merito.
MEMORABILE: “Scuola Immondo De Àmicis”; “Il Terzo Mondo è molto più terzo di noi”; Lo schiaffo a Raffaele; Il dottor Nicolella; L’allucinante corsia d’ospedale.
Ad un maestro ligure viene assegnata per errore una cattedra nel napoletano. Da un caso letterario si cerca di dare al film una piega alla De Amicis, con l'insegnante che mette sulla retta via degli scugnizzi scapestrati. Partenza che fatica ad ingranare per via degli adulti che scimmiottano un fare colorito; dai ragazzini poco si può pretendere e alla lunga diventano ripetitivi. Villaggio riesce a contenersi nella scena del furto ed è penalizzato dalla costruzione di una storia poco complessa. Conclusione bonaria in linea coi propositi iniziali. Bonacelli sembra sprecato.
MEMORABILE: Lo schiaffo al ragazzino; Il tema sulla Svizzera; L'ambulanza privata.
Partendo dalla famosa raccolta di temi del maestro D’Orta, Lina Wertmüller integra e carica come da suo stile un quadro sociale meridionale che le è caro fin dall’esordio. Punto forte la straordinaria vivacità espressiva dei piccoli attori che colorano un'Arzano, diventata cinematograficamente Corzano (chissà cosa avranno pensato nella cittadina in realtà bresciana), non sempre edificante. Per una volta Villaggio fa da spalla. Sarà anche zeppo di cliché sulla napoletanità, ma tant’è che furono costretti a spostare le riprese a Taranto per evitare le richieste della camorra.
MEMORABILE: Il tema sulla Svizzera; Rosinella che sbatte gli occhioni; La madre di Vincenzo.
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Appena ho un po' di tempo farò un confronto delle due edizioni, indicando gli eventuali tagli. Dando una breve visione ho notato l'assenza dei due riferimenti a Maradona e la scena dove appaiono i bottari nella gita alla Reggia di Caserta. Posso già dire che: - Versione straniera ha una durata di 1.29.07 - Versione italiana ha una durata di 1.32.06 Prendendo come riferimento comune la scritta Fine.
Ho fatto un confronto tra le due versioni, ecco le scene mancanti nella versione straniera, rispetto a quella italiana.
1)Sistemazione valigie Manca la battuta nel quale Cecchina (Lieto) chiede al Prof. Sperelli (Villaggio) se vuole che gli sistemi i vestiti dalla valigia in un dialetto molto stretto. 2) Orecchino Maradona Manca la scena della lite tra bambini dopo la battuta sul fatto di portare l'orecchino come Maradona. 3) Curiosità politica Manca la domanda della preside (Dainelli) al Prof. Sperelli della sua appartenenza politica. 4)Lezione di napoletano Assente la lunga scena dove il Prof. Sperelli, mentre stira una camicia, prende lezioni di napoletano dal Sig. Mazzullo (Bonacelli). 5)Un mezzo sigaro Tagliata la scena nel quale l'anziano chiede al Sgi. Mazzullo un sigaro dopo la cena e Zia Esterina (Carloni) chiede a Mazzullo perché "Vincenzo" è triste. 6)I mesi preferiti e le stagioni Manca parte della scena all'interno della classe dove i bambini descrivono i loro mesi preferiti. 7)La mamma Sempre all'interno della classe tagliata la scena dove i bambini descrivono il loro pensiero sulla figura della donna e della mamma. 8) I bottari Manca la scena dove dei suonatori si esibiscono nel parco della Reggia di Caserta. 9)Discorso su Napoli Manca il discorso serale sul terrazzo tra il Prof. Sperelli e l'anziano di casa.
Ho fatto un confronto tra le due versioni, ecco le scene mancanti nella versione straniera, rispetto a quella italiana.
1)Sistemazione valigie Manca la battuta nel quale Cecchina (Lieto) chiede al Prof. Sperelli (Villaggio) se vuole che gli sistemi i vestiti dalla valigia in un dialetto molto stretto. 2) Orecchino Maradona Manca la scena della lite tra bambini dopo la battuta sul fatto di portare l'orecchino come Maradona. 3) Curiosità politica Manca la domanda della preside (Dainelli) al Prof. Sperelli della sua appartenenza politica. 4)Lezione di napoletano Assente la lunga scena dove il Prof. Sperelli, mentre stira una camicia, prende lezioni di napoletano dal Sig. Mazzullo (Bonacelli). 5)Un mezzo sigaro Tagliata la scena nel quale l'anziano chiede al Sgi. Mazzullo un sigaro dopo la cena e Zia Esterina (Carloni) chiede a Mazzullo perché "Vincenzo" è triste. 6)I mesi preferiti e le stagioni Manca parte della scena all'interno della classe dove i bambini descrivono i loro mesi preferiti. 7)La mamma Sempre all'interno della classe tagliata la scena dove i bambini descrivono il loro pensiero sulla figura della donna e della mamma. 8) I bottari Manca la scena dove dei suonatori si esibiscono nel parco della Reggia di Caserta. 9)Discorso su Napoli Manca il discorso serale sul terrazzo tra il Prof. Sperelli e l'anziano di casa.
Ottimo lavoro, Fede! Resta il dubbio sul perché abbiano sforbiciato questi passaggi (non fondamentali ma pur sempre parti integranti dell'opera); tanto più considerando che non paiono momenti particolarmente "problematici" o censurabili in rapporto allo specifico mercato statunitense. L'unica spiegazione valida che mi viene in mente è che lo abbiano fatto per vili motivi tecnici di compressione per il supporto digitale: quel paio di minutini in più avrebbero forse costretto i distributori a ridurre bitrate e qualità dell'immagine? boh, valli a capire...
Ho fatto un confronto tra le due versioni, ecco le scene mancanti nella versione straniera, rispetto a quella italiana.
1)Sistemazione valigie Manca la battuta nel quale Cecchina (Lieto) chiede al Prof. Sperelli (Villaggio) se vuole che gli sistemi i vestiti dalla valigia in un dialetto molto stretto. 2) Orecchino Maradona Manca la scena della lite tra bambini dopo la battuta sul fatto di portare l'orecchino come Maradona. 3) Curiosità politica Manca la domanda della preside (Dainelli) al Prof. Sperelli della sua appartenenza politica. 4)Lezione di napoletano Assente la lunga scena dove il Prof. Sperelli, mentre stira una camicia, prende lezioni di napoletano dal Sig. Mazzullo (Bonacelli). 5)Un mezzo sigaro Tagliata la scena nel quale l'anziano chiede al Sgi. Mazzullo un sigaro dopo la cena e Zia Esterina (Carloni) chiede a Mazzullo perché "Vincenzo" è triste. 6)I mesi preferiti e le stagioni Manca parte della scena all'interno della classe dove i bambini descrivono i loro mesi preferiti. 7)La mamma Sempre all'interno della classe tagliata la scena dove i bambini descrivono il loro pensiero sulla figura della donna e della mamma. 8) I bottari Manca la scena dove dei suonatori si esibiscono nel parco della Reggia di Caserta. 9)Discorso su Napoli Manca il discorso serale sul terrazzo tra il Prof. Sperelli e l'anziano di casa.
Ottimo lavoro, Fede! Resta il dubbio sul perché abbiano sforbiciato questi passaggi (non fondamentali ma pur sempre parti integranti dell'opera); tanto più considerando che non paiono momenti particolarmente "problematici" o censurabili in rapporto allo specifico mercato statunitense. L'unica spiegazione valida che mi viene in mente è che lo abbiano fatto per vili motivi tecnici di compressione per il supporto digitale: quel paio di minutini in più avrebbero forse costretto i distributori a ridurre bitrate e qualità dell'immagine? boh, valli a capire...
Per le parti in dialetto la cosa sarebbe anche comprensibile, magari lo stesso traduttore non ci capiva nulla, o semplicemente tradotte in lingua avrebbero perso molta della loro forza espressiva. Altre parti possono essere troppo legate al contesto locale o nazionale per risultare comprensibili (orecchino, discorso su Napoli) mentre altre ancora poco opportune (appartenenza politica e figura della mamma/donna). Per le rimanenti parti non ho idea, probabilmente le hanno trovate solo poco interessanti.
Devo dire che la versione "Ciao, professore!" per così dire "tagliata" o "straniera" rispetto alla versione "Io speriamo che.." non perde nulla, nonostante i tagli "mirati". Le scene assenti non creano confusione nel film. Non credo che all'estero le scene avrebbero potuto scandalizzare o mettere in crisi il traduttore: il film è più in dialetto che in italiano e la battuta sull'accento su De Amicis, presente in entrambe le versioni, ha senso solo in italiano. Mi chiedo come mai quei tagli per risparmiare soltanto un paio di minuti, come detto prima forse era una questione di formato standard differente.
Giusto per accendere la discussione metto qui la cover de "Ciao, professore!" e "Io speriamo che...".
Nel primo è possibile leggere che è disponibile il dialogo in italiano ed ha una durata di 93 minuti, mentre nel secondo la durata ha una durata di 95 minuti. Quindi molto probabile che la versione YT sia, molto probabilmente, la versione straniera con dialogo in italiano. Sempre su YT ho trovato anche una versione lunga con diagolo italiano + russo, dove il dialogo SOLO in italiano coincide con le scene tagliate.
Devo dire che la versione "Ciao, professore!" per così dire "tagliata" o "straniera" rispetto alla versione "Io speriamo che.." non perde nulla, nonostante i tagli "mirati". Le scene assenti non creano confusione nel film. Non credo che all'estero le scene avrebbero potuto scandalizzare o mettere in crisi il traduttore: il film è più in dialetto che in italiano e la battuta sull'accento su De Amicis, presente in entrambe le versioni, ha senso solo in italiano. Mi chiedo come mai quei tagli per risparmiare soltanto un paio di minuti, come detto prima forse era una questione di formato standard differente.
Giusto per accendere la discussione metto qui la cover de "Ciao, professore!" e "Io speriamo che...".
Nel primo è possibile leggere che è disponibile il dialogo in italiano ed ha una durata di 93 minuti, mentre nel secondo la durata ha una durata di 95 minuti. Quindi molto probabile che la versione YT sia, molto probabilmente, la versione straniera con dialogo in italiano. Sempre su YT ho trovato anche una versione lunga con diagolo italiano + russo, dove il dialogo SOLO in italiano coincide con le scene tagliate.
Io ho visto entrambe le versioni, in momenti diversi. Del resto ho passato molti anni dalle parti di Corato, dove è girata una parte del film e conosco quei luoghi pietra per pietra. Ho amato molto anche il libro di Marcello D'Orta e devo dire che la mia prima visione mi è sembrata "straniante" in quanto nel mio immaginario le location che riconoscevo erano improponibili, non riuscendo a guardarle come un comune spettatore del film che le vedeva per la prima volta sullo schermo. Nei giorni delle riprese ero da quelle parti ma le evitavo accuratamente perché all'epoca avevo un orientamento culturale piuttosto underground e consideravo quel tipo di cinema come spazzatura (errori di gioventù). Ho riguardato di recente la versione straniera (Ciao, professore!) ed ho commentato quella. Circa la ragione dei tagli ho solo formulato una mia ipotesi, senza concrete cognizioni di causa perché non ricordo esattamente tutte le scene tagliate e non sono in grado di valutarne la bontà o meno. Può essere che tu abbia ragione, per quanto addentrarsi nelle ragioni dei tagli "da esportazione" nel cinema sarebbe impresa titanica quanto interessante, anche dal punto di vista socio-culturale. Lo stesso si può dire delle traduzioni dei titoli, che in alcuni casi hanno fatto la fortuna o l'insuccesso di un film.
Per le parti in dialetto la cosa sarebbe anche comprensibile, magari lo stesso traduttore non ci capiva nulla, o semplicemente tradotte in lingua avrebbero perso molta della loro forza espressiva. Altre parti possono essere troppo legate al contesto locale o nazionale per risultare comprensibili (orecchino, discorso su Napoli) mentre altre ancora poco opportune (appartenenza politica e figura della mamma/donna). Per le rimanenti parti non ho idea, probabilmente le hanno trovate solo poco interessanti.
Come ipotesi induttive sono anche plausibili, ma seguendo il principio di opportunità/inopportunità di alcune scene, i tagliuzzatori della Miramax, più che soffermarsi su cavilli e particolarismi di sceneggiatura, avrebbero a questo punto dovuto iniziare a sfoltire sequenze ben più "maliziose" e sensibili di quelle espunte: ad esempio le parti in cui la servetta minorenne Cecchina viene apertamente sessualizzata (vedasi il momento in cui lei provoca il maestro Sperelli strusciandosi col petto su di lui in modo ammiccante al termine di una tavolata); oppure il passaggio in cui il maestro Sperelli si ritrova in bagno con la piccola Tommasina. In quest'ottica censoria da pelo nell'uovo, le forbici americane avrebbero dovuto abbattersi in primis su tali punti. Naturalmente le mie sono considerazioni estremizzate da avvocato del diavolo, fatte cioè immedesimandomi nei panni (e nei piani) indecifrabili dei distributori statunitensi :)
Naturalmente le mie sono considerazioni estremizzate da avvocato del diavolo, fatte cioè immedesimandomi nei panni (e nei piani) indecifrabili dei distributori statunitensi :)
Indecifrabili, dici bene. Per me tagliare un film e renderlo diverso da come l'ha concepito il regista, per qualsiasi ragione lo si faccia, è un delitto. Comunque a proposito dei tagli della Miramax riporto integralmente da Wikipedia un aneddoto che vede coinvolto Harvey Weinstein, allora col fratello Bob "patron" della Miramax.
"Si dice che quando Weinstein fu incaricato di curare la distribuzione statunitense di Princess Mononoke, ricevette una lettera da Hayao Miyazaki con una spada samurai. Sulla spada c'era un messaggio: "Niente tagli". Miyazaki ha commentato a proposito dell'incidente: "In realtà è stato il mio produttore a farlo. Sebbene io sia andato a New York per incontrare quest'uomo, tale Harvey Weinstein, e sono stato aggredito, con tutte quelle richieste per dei tagli. L'ho sconfitto". Weinstein ha sempre insistito che quei tagli servivano per rendere il film il più finanziariamente sostenibile. "Non taglio per divertimento", ha detto Harvey Weinstein in una intervista. "Taglio perché quella merda funzioni. In tutta la mia vita ho servito un solo maestro: il film. Amo i film"
A parte l'ossessione napoletana per la Juventus, gli altri luoghi comuni ci sono tutti.
DiscussioneLodger • 28/11/22 12:11 Pulizia ai piani - 1569 interventi
Il 2 dicembre 2022 al Torino film festival sarà proiettato in anteprima "NOI CE LA SIAMO CAVATA" un documentario sugli attori che parteciparono nel 1992 a questo film.