il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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361836 commenti | 68720 titoli | 27066 Location | 14285 Volti

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Location Zone

  • Film: Il segreto delle rose (1958)
  • Multilocation: Certosa di Calci
  • Luogo reale: Via Roma 79, Calci, Pisa
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  • Film: Pierino contro tutti (1981)
  • Luogo del film: Il bar abitualmente frequentato da Pierino (Vitali)
  • Luogo reale: Ristorante Gradito al Fleming, Via Flaminia 650, Roma, Roma
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Massimiliano Mazzucchi

    Massimiliano Mazzucchi

  • Daniele Nguyen

    Daniele Nguyen

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Enzus79
Si raccontano le vicende di un gruppo di sarte nella Roma degli anni Settanta: ognuna ha i suoi tormenti, segreti e amori. La storia fiacca convince pochissimo, le situazioni, alquanto banali e lunghe, annoiano. Tolte la Ranieri e la Trinca, si fa fatica a dire quale attrice convinca di più, Geppi Cucciari è "di troppo". Non manca la solita scena in cui cantano tutti. Mediocre la colonna sonora.
Commento di: Metakosmos
Leggermente meno deprimente dell'esordio di Minello (e del suo film successivo), ma resta un'opera di rara malinconia, anche questa volta di impostazione pasoliniana sulla vicenda di un ragazzo trasferitosi a Roma il cui incontro con la grande città lo porterà subito incontro a un mondo fatto di droga, criminalità, indigenza e prostituzione omosessuale; ma le sue disavventure gli faranno incontrare anche persone buone, apparentemente disposte ad aiutarlo. Tecnicamente minimale, con audio e dialetti incomprensibili in presa diretta e scenografie ma girato con tatto. Toccante.
Commento di: Il ferrini
Famigliola felice ha la solita pessima idea di recarsi in un luogo sperduto, fra l'altro per un banale picnic. Due tizi con un fucile rovineranno il piano. Sembra una semplice rapina ma non lo è, il capofamigliola ha qualcosa da raccontarci. I paesaggi della Nuova Zelanda sono splendidi, la tensione regge, anche se il motivo di tanto accanimento sull'uomo si svela presto. Affascinante il personaggio di Luafutu, silenzioso ma affatto succube del compagno. Ricorda molte cose ma non è necessariamente un difetto. Finale amaro ma con l'immagine di un'alba, per molti inizia un'altra vita.
Commento di: Valcanna
C'erano molte aspettative per questo attesissimo sequel ma... a parte un inizio promettente, la pellicola avanza tra pause infinite e ingiustificate e momenti di azione fin troppo scontati. Ci sono diverse tipologie di zombi, il che rende il tutto abbastanza arrangiato. Si prova a dare un senso di evoluzione senza però trovare un senso logico alla cosa; la nascita della bambina sana, poi, atterrisce il resto del film. Nota di merito per gli Young Fathers che scrivono una colonna sonora magistrale con un crescendo nella parte finale notevole. Il finale aperto spaventa piu del film.
Commento di: Artemio77
Film fatto della materia di cui è fatta la nostalgia. Così spassionatamente puerile la scrittura da sembrare più un buon racconto scritto da un tredicenne che un cattivo racconto scritto da un adulto. Ed è proprio per questo che cattura. Strampalato miscuglio, in salsa scenicamente ottantiana, di mostriciattoli demoniaci, evocazioni heavy metal, voragini infernali, zombi nel sottoscala e presunte apocalissi. Ma tutto ciò, unito a una sorta di grezza ma autentica tenerezza per i fragili, solitari ragazzini protagonisti, crea un curioso amalgama che funziona. Anche se non per tutti.
Commento di: Marmotta
L'avveniristica satira provocatoria di Mike Judge colpisce di forma e concetto. L'istupidimento medio dell'umanità di massa, come nel videoclip di "Evolution" dei Korn, reso comica iperbole. Con Borat fa il paio degli affondi mostruosi degli anni Zero. La scenografia mescola ambienti reali e computer grafica, fotografata in colori accesi e brillanti modellati sulle inserzioni pubblicitarie intermittenti di TV e internet. Il nuovo idioma-idiota è degli slogan e dello slang di strada. Luke Wilson è il medioman divenuto genio nello sfacelo cognitivo. Funziona bene, le sono risate acide.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

James Gunn, per questa nuova rivisitazione di Superman, recupera lo stile che l'ha fatto conoscere al mondo con i Guardiani della Galassia e, insieme a una certa dose d'ironia, infila nel film il cane Crypto, che sembra davvero uscito da quella buffa saga col tempo trasformatasi in una sagra dell'eccesso. Quando nella prima scena Superman ritorna da una missione nella quale è stato sconfitto e si ritrova stordito sulle nevi dell'Artico dopo essere precipitato violentemente, Crypto arriva correndo come un...Leggi tutto pazzo per rianimare il suo padrone e lo colpisce più volte. Già da qui si capisce il tono del film, assai lontano dalla seriosità e “sacralità” dell'originale del 1978 che in scenari simili piazzava, accanto all'icona Christopher Reeve, un certo Marlon Brando. Qui la "fortezza" di ghiaccio sorge dal nulla con effetto straordinario, è vero, ma poi dentro ci trovi quattro robottini e due genitori che proprio non lasciano il segno.

Ci si sposta in seguito a Metropolis, la città americana di residenza di Superman, dove il nostro riprende le vesti di Clark Kent e se ne va al Daily Planet; qui trova l'amata Lois Lane (Brosnahan) e ascolta cosa sta facendo quel mascalzone di Lex Luthor (Hoult): costruttore di armi, appoggia lo stato di Boravia che sta invadendo il Jarhanpur fornendo loro quantità indicibili di armamenti a costo zero. Perché? Lo si capirà, ma intanto i poveri Jarhanpuresi, già aiutati da Superman in precedenza, lo richiamano a gran voce mentre questi è alle prese invece con un mostrone gigantesco che sembra uscito dall'indimenticabile sequel di SUICIDE SQUAD, ad oggi forse la miglior testimonianza di una genialità che Gunn sembra aver smarrito. Autore unico della sceneggiatura, tedia con dialoghi che vorrebbero essere brillanti (vedasi la lunga intervista "casalinga" di Lois Lane a Clark/Superman) e inserisce - nel caos di una storia che procede a colpi di scontri ripetuti - non solo spunti demenziali degni di miglior sorte (la specialista in selfie al soldo di Luthor) ma anche un odioso bambino mostro figlio di uno dei tanti supereroi di rincalzo, che fa il paio con Crypto, il cagnolino davvero troppo presente in scena.

Poi certo, la grande crepa che si apre nel terreno e raggiunge Metropolis facendo crollare grattacieli in serie tra scene di devastazione totale garantisce lo spettacolo per cui si paga il biglietto, ma la fantasia questa volta scarseggia, l'ironia non punge, assommare effetti su effetti non è sufficiente ad eliminare quella sensazione di fastidiosa ridondanza che starborda da ogni fotogramma. Il problema è che quando lo spazio se lo ricavano i dialoghi è anche peggio, per cui le due ore e più si sentono eccome.

Superman che impedisce a un palazzo di sessanta piani di crollare fa sorridere, così come vederlo sollevare il corpo di un mostro da 8000 tonnellate; i voli a velocità supersonica sono ben realizzati e colpiscono, ma il tutto si segue senza provare grande interesse per quanto accade sullo schermo, mentre il cagnolino che vola e saltella da ogni parte in computer graphic stanca presto, fino a diventare irritante... Si rimpiange decisamente la compostezza del Superman di Reeve, che alle spalle aveva film costruiti come tali e non come una baraonda di effetti e di personaggi sovreccitati. Quanto a David Corenswet, capelli neri e occhi azzurri, si avvicina nei tratti riconoscibili a Reeve senza però averne il carisma.

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ASSASSINIO A BORDO è il titolo di un notevole episodio di Colombo ambientato su una nave da crociera dove veniva commesso un delitto. La situazione qui è simile, anche se gli ospiti del transatlantico hanno disponibilità finanziarie dalle cento alle mille volte superiori a quelle del tenente. E diverso da lui è anche l'investigatore privato che si ritrova ad occuparsi del caso. Barba e baffi folti, Rufus Coteworth (Patinkin) ricorda, nel modo di fare, molto di più Hercule Poirot, fors'anche...Leggi tutto perché tutta la vicenda è impostata secondo canoni chiaramente ispirati ad Agatha Christie, pur se rivisti in ottica moderna.

Una crociera per miliardari insomma, alla quale partecipano pochi selezionati personaggi (e altri loro conoscenti che rimarranno costantemente in ombra), in buona parte legati per qualche motivo alla famiglia dei Collier, proprietari di una grande azienda sull'orlo del fallimento che un gruppo di cinesi anch'essi presenti sulla nave è decisa a rilevare. Ci sono papà (Grant) e mamma (Atkinson) Collier, la loro figlia Anna (Patten) - in procinto di diventare CEO dell'azienda - con la di lei moglie Leila (Saremi), il figlio scapestrato Tripp (Cutmore-Scott), il legale di famiglia (Buns), un prete (Johnson) a loro vicino e poi Imogene Scott (Beane), che perse la madre quand'era bambina ed è rimasta a vivere con i Collier perché per loro la mamma lavorava, oltre ad essere saltata in aria nell'auto di fronte alla loro villa.

Non è dato sapere, sulle prime, se quel tragico accadimento, per il quale venne già al tempo chiamato a indagare Rufus Coteworth, sia collegato a quello che ora sta verificandosi in crociera. Anzi, la prima vittima (Gladis) sembra un uomo spregevole che tutti probabilmente odiavano, a bordo, un ricco e volgare vanesio che trattava male il prossimo. Tanto che Imogene - non ci vorrà molto per capire che è lei la vera protagonista - ci litiga fin da subito, entrando di notte nella sua cabina per spaccargli l'orologio da 50.000 dollari che questi aveva sgradevolmente sfoggiato poco prima. Purtroppo per lei quella stessa notte l'uomo viene ucciso, e la telecamera nel corridoio non può non averla inquadrata mentre usciva dalla cabina dell'uomo in orario più che sospetto.

Conosciuto (e portato a letto) l'addetto alla sicurezza (Garcia), Imogene s'introdurrà di soppiatto nella sala video per eliminare dal filmato la parte che la riguarda scoprendo che l'ha giò fatto qualcuno senza dirle nulla. Chi? Un primo colpo di scena che ne anticiperà tantissimi; possiamo anzi dire decisamente troppi, perché non è la quantità degli stessi a rendere necessariamente piacevole una serie gialla. Che ha nello specifico il difetto evidente di voler strafare: soluzioni narrative che favoriscono il disorientamento si assommano, insieme ai prevedibili, innumerevoli flashback (che spostano il tempo avanti e indietro in modo gratuito e irritante), altri stratagemmi utili solo a stupire sterilmente; si veda ad esempio l'inserimento nei suddetti flashback dei personaggi del presente, che interagiscono sgradevolmente con quelli del passato senza un vero perché, rendendo inutilmente confuso il tutto.

Anche nel tipo di montaggio, negli stacchi, nei riassunti a ogni inizio di episodio, si nota un tentativo di voler ad ogni costo lavorare sulla forma a scapito di una chiarezza che, all'interno di una trama tanto complessa, era la prima cosa a cui guardare. L'ossatura della storia è notevole, la caccia al misteriosissimo Viktor Sams intriga, le sorprese non mancheranno, il cast è di ottimo livello come lo sono un po' tutte le componenti. Però dieci puntate di oltre 40 minuti ciascuna sono eccessive e costringono a diluire le scene in modo sgraziato, a voler infilare nel plot troppi particolari, divagazioni inutili (la love story a Malta...), incroci da telenovela (l'immancabile falso genitore); appesantiscono la narrazione anche gli sproloqui superflui di Coteworth che si rivolge allo spettatore come stesse scrivendo un libro, mentre almeno un paio di episodi sembrano aggiunti a capocchia (quello riassuntivo e ahinoi l'ultimo, trascinato all'inverosimile). Insomma, una serie indubbiamente ben realizzata, che piacerà ma è anche caotica, spocchiosa e sfibrante, oltre che forzosamente condotta in tante sue parti.

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Quando il cinema affronta la Borsa e le relative stratificazioni d'investimento che si generano nell'ombra, il rischio è sempre quello di realizzare un film assai poco comprensibile alla massa, se non si adotta una sceneggiatura capace di individuare un filtro che traduca un mondo di cifre e numeri in frasi e concetti comprensibili anche ai non addetti i lavori. DUMB MONEY in questo senso non fa un grande sforzo, confinando il risultato in un mondo fitto di tecnicismi che possono attrarre piccoli e grandi risparmiatori, broker e trader, rischiando di alienarsi tuttavia le simpatie...Leggi tutto dell'uomo comune, che del grande disegno può cogliere solo qualche sagoma muoversi nella nebbia.

La storia da cui si parte è autentica, e racconta di una vera rivoluzione avvenuta in un campo dominato dai grandi investitori e gli hedge fund (i fondi speculativi), rappresentati in parte da un Seth Rogen misuratissimo nei panni di un colletto bianco capace di perdere fino a 6,8 miliardi di dollari senza troppo scomporsi. All'altro capo un "nerd" fin dall'apparenza, YouTuber per passione col nome di Roaring Kitty (il gatto che ruggisce). Si chiama Keith Gill (Dano), è sposato con un figlio e si è messo in testa una grande idea: rilanciare le azioni di un'azienda sull'orlo del fallimento, la GameStop. Cominciando a comprarne azioni su azioni rivitalizza il titolo grazie soprattutto ai piccoli risparmiatori che, seguendo le sue direttive e credendo in lui, fanno lo stesso portando il titolo a impennarsi. Ovviamente, intorno a questo, ruota un universo di personaggi provenienti dalle più disparate aree della finanza che tangenzialmente incrociano il fenomeno causato dall'imprevedibile crescere delle azioni GameStop, senza che si dimentichi di lasciare un po' di spazio all'uomo comune, il quale semplicemente compra immaginando che ciò possa portarlo a guadagnare.

Il film ci immerge in un gioco continuo di rimandi tra reale e virtuale dominato da collegamenti di ogni tipo, rimbalzi tra telefonini, social, trasmissioni, interviste a ritmi velocissimi, il tutto sostenuto da una colonna sonora incalzante. Ci si aggiunge anche un po' di quella volgarità che contraddistingue la nuova commedia americana e che al mondo della finanza si sposa bene da sempre, abbinabile facilmente al cinismo feroce dei "lupi di Wall Street". Il tempo, per i non addetti ai lavori, trascorre faticosamente tra l'instabilità dello short squeeze (il veritiginoso aumento di prezzo di un'azione), i movimenti per pararne l'esplosione (ma nemmeno troppi), qualche breve momento in famiglia e - dal momento che siamo in piena era Covid - un po' di mascherine e riferimenti vari a uno dei momenti più bui della nostra storia recente.

Nel complesso, in ogni caso, la godibilità del tutto è scarsa, ravvisabile solo a tratti, e il cast non è dei più memorabili, per cui anche il coinvolgimento nell'avventura è limitato, apprezzabile infinitamente di più da parte di chi questo tipo di ambiente lo frequenta abitualmente o lo bazzica per passione. Paul Dano è il protagonista, gli altri gli ruotano intorno occupando spazi minori (Seth Rogen si vede decisamente poco) senza mai troppo incidere, per quanto si intuisca la professionalità dell'operazione.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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