il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

CHARLIE'S ANGELS
episodio per episodio
ENTRA
364620 commenti | 69170 titoli | 27199 Location | 14388 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Ricchi a tutti i costi (2024)
  • Luogo del film: L'aeroporto di Minorca alla quale la famiglia Delle Fave atterra prima di recarsi nella villa affitt
  • Luogo reale: Aeroporto di Francoforte sul Meno, Germania, Estero
VEDI
  • Film: I limoni d'inverno (2023)
  • Luogo del film: La strada dove Eleonora (Saponangelo) e il marito Luca (Malatesta) prendono la decisione di separars
  • Luogo reale: Via Appia Antica, Roma, Roma
VEDI
  CINEPROSPETTIVE

ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Samira Lui

    Samira Lui

  • Laura Ciarallo

    Laura Ciarallo

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Capannelle
Una storia toccante come da tradizione del regista francese, che dirige un cast particolarmente azzeccato per rendere le sfumature dei personaggi. Personaggi che provengono da un passato non del tutto limpido ma che vengono giudicati con i soliti pregiudizi. Nelle pieghe di un film giocato sui sentimenti e sulle aspettative disattese si inserisce poi una parte thriller che viene però giustamente contenuta, senza inventarsi twist forzati o sequenze drammatiche che potevano banalizzare il tutto.
Commento di: Herrkinski
Due giovani fanno a gara per incolparsi di un rogo, pensando di far colpo sulle ragazze alle quali fanno la corte. Commedia sentimentale che si snoda intorno a un soggetto davvero bizzarro e a uno svolgimento parimenti assurdo; è d'altro canto figlio di quella comicità "alternativa" e un po' surreale degli anni '90 che oggi mette un filo di nostalgia, quantomeno per il tentativo di fare qualcosa di diverso. Non male il cast, con un Leguizamo promosso a protagonista e un Baldwin nei suoi anni migliori; meno incisiva invece la controparte femminile, pur funzionale. Non male, dopotutto.
Commento di: Jandileida
Poliziesco dal taglio ultraclassico ambientato nei feroci '70 di una sempre affasciante (almeno su celluloide) Marsiglia. Jimenez romanza la disfida tra il giudice Michel e il boss Zampa. In film del genere contano molto gli attori e Dujardin e Lellouche non deludono, dando vita a personaggi a tutto tondo. Anche la ricostruzione ambientale trova una sua dignità cinematografica. A voler cercare il famigerato pelo, si sente un po' troppo una certa influenza americana nella costruzione di alcuni passaggi con l'abbandono della gloriosa specificità "polare" tipicamente francese. Aspro.
Commento di: Dave hill
Miseria e ignobiltà in questo dramma in bianco e nero, ambientato dopo la Grande Guerra, che sembra provenire dritto dritto dall'espressionismo tedesco e... dall'inferno. "Ispirato a fatti realmente accaduti" è la parte più dolorosa. Ignoranza, illusione, aborto, infanticidio, megere, crudeltà di bimbi, ferite di guerra che deturpano corpo e anima si fondono in questo sofferente, crudo, disperato apologo sul (soprav)vivere.
Commento di: Mr.chicago
Dopo tanti video musicali, Peters esordisce con un lungometraggio abbastanza originale e, con l'aiuto di una Banks davvero in ottima forma, confeziona un "thriller" di buon gusto e ben girato. Nonostante sia facile, per uno spettatore un po' attento, scoprire chi ci sia dietro questa storia di rivalità e tempeste di fango, la storia è dopotutto ben congegnata e sviluppata, anche se i tentativi di sviare l'attenzione sembrano alquanto elementari. Ben spiegato, invece, in cosa può degenerare una concorrenza spietata e sfacciata, quando il commercio diventa troppo competitivo.
Commento di: Il ferrini
Dopo una prima parte non particolarmente originale ma che quantomeno suscita curiosità sulla natura dell'amico immaginario del titolo, il film si trasforma in un'accozzaglia trash di computer grafica. E non è neanche quello il problema principale, quanto la piega che prende la sceneggiatura, che demolisce la credibilità dei personaggi (in ispecie la signora anziana), che iniziano a comportarsi in maniera delirante. Oltretutto il finale lascia presagire che potrebbe esistere un altro orsacchiotto malvagio di nome Rufus: speriamo che resti saldamente chiuso nel baule dei giocattoli.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Si sparano i nomi di Serena Grandi e Fabio Testi in locandina, dove campeggia una loro scena a letto, ma la verità è che la storia la fanno altri, con i due semplicemente confusi tra i non troppi sospettati di omicidi piazzati all'interno di una vicenda ricavata da un reale fatto di cronaca. L'ambientazione è bulgara, tra le strade e i palazzi di una Sofia che Mogherini riprende senza riuscirne a cogliere alcun aspetto vivace o pittoresco (se non forzatamente, inserendo un orso ballerino con lo sfondo della Cattedrale di Alexander Nevsky o scene alle terme d'epoca).

In...Leggi tutto un'Europa dell'Est rinnovata, i colori (e dire che la fotografia è di Kuveiller!) sono ancora quelli stinti del tempo precedente, la musica di Gianni Ferrio legata a quella operistica, i look bislacchi, con una lunga teoria di cappelli di ogni foggia che, quando compare la squadra di polizia dopo il primo omicidio - quello della scrittrice Sonia Petrova (Dimitrova) - ci presentano i due ispettori in tutta la loro eccentricità. Il più anziano (Kamarashev), classicamente sul punto di andare in pensione, delega il caso al più giovane, il vice ispettore Ivan Zanev (Martignetti), appassionato di sassofono e dall'aria molto meno carismatica. Dovrà indagare sulla famiglia della vittima, composta dal marito attore Peter (Testi), con il quale la donna viveva senza di fatto più avere alcun rapporto (viene infatti uccisa dopo aver fatto sesso in un motel con un aitante diplomatico), la figlia Ania (Pencheva) e la sorella Tania (Grandi), anche lei attrice, italiana. Tra i presenti al funerale - e quindi probabilmente coinvolti nei fatti - ci sono i colleghi di Peter, tra cui la giovane Milena (Petrova), che si dice essere la sua "amichetta", e la più stagionata primattrice Giulia (Bolkan).

Il materiale su cui lavorare, per la strana coppia di ispettori, non manca; a differenza della tensione, completamente assente, che in un giallo di questo genere, in cui si cerca un assassino di cui vediamo solo la pistola sparare in soggettiva, si vorrebbe percepire, almeno in minima parte. Al contrario Mogherini, che una volta di più difetta nel dare ritmo alla sua storia, si accontenta di svolgere il tutto tentando vanamente di dare spessore ai personaggi (l'unico che in parte riesce a emergere è l'ispettore capo, dai tratti alla Poirot) e denotando in questo caso chiare carenze nella direzione del cast. I trascorsi da scenografo avrebbero dovuto suggerirgli di arricchire un po' la messa in scena, ma evidentemente le limitazioni del budget non glielo hanno permesso e il risultato è un giallo dall'apparenza decisamente povera, che non convince né nel dipanarsi della trama né nella scelta degli indizi su cui investigare (davvero miseri).

Artificioso il rapporto tra il vice ispettore e la figlia con problemi di deambulazione e pure quello tra le due star Grandi e Testi (con qualche atteso nudo visibile solo nell'unica, canonica e scialba scena di sesso). Insomma, siamo nella tradizione dei gialli che non possono ambire a farsi ricordare per alcun motivo, con la Bolkan in un ruolo del tutto marginale e inserita giusto per ingrossare in qualche modo le file dei sospetti.

Chiudi
Mettendo il rock in primo piano nel titolo e nella foto in locandina si crea fin da subito l’associazione con la musica, ma lo spunto di base si avvicina piuttosto - se si vuole guardare a un cinema coevo - a quel GRAZIE RAGAZZI che Riccardo Milani aveva ripreso da una più celebre pellicola francese. Lì un gruppo di detenuti allestiva uno spettacolo teatrale attraverso il quale mostrava di poter essere “rieducato”, qui a fare da collante –...Leggi tutto sempre all’interno di un carcere - è una band rock nata da una collaborazione tra detenuti e incoraggiata dal sottosegretario (De Lorenzo) che deve sovrintendere alle loro attività ricreative ed è in contatto costante con la direttrice (Crescentini).

L’anima del gruppo, colui che per primo si muove per far nascere il progetto, è Bruno Verdocchi (Lillo), chitarrista dallo stile profondamente rock finito agli arresti per aver tentato di sabotare l’esibizione della sua ex band, gli Entry Level, dopo esserne stato cacciato per eccesso di esibizionismo (assoli del tutto fuori luogo, atteggiamenti da rockstar decisamente poco consoni). Una volta in prigione, e saputo che il compagno di cella Roberto (Lastrico) ha un passato da batterista, sogna con lui di poter formare lì un gruppo e cerca di convincere la direttrice dell'operazione. Lei non ci pensa nemmeno, ma viene presto ridotta a più miti consigli dal sottosegretario appassionato di musica e il progetto infine si avvia. Vi prendono parte un burbero bassista che tutti chiamano “il professore” (Elio), un corpulento bruto (Cagnina) specializzato nello “spanciare” il prossimo, una ragazza dal temperamento palesemente instabile (Claisse) che ha ucciso il padre e che suona la batteria confinando Roberto alle tastiere e, in un secondo momento, il cantante rap K-Bone (Naska, che cantante lo è davvero). L’obiettivo è quello di partecipare a un importante contest della Capitale, ma riuscirci non sarà facile e bisognerà capire quale dovrà essere la strada più percorribile.

Se la trama non è esattamente delle più originali, ci si aspetterebbe che a brillare fosse almeno la sceneggiatura. Invece le battute si contano in numero minore del previsto e il compito di far ridere spetta soprattutto a Lillo, unico della band a ricavarsi un ruolo di primo piano: gli altri restano sullo sfondo, in ombra anche nel caso di Lastrico che pur nelle prime fasi in cella sembrava poter recitare da ottima spalla. Il solo a spiccare è Elio, musicista autentico che – per quanto poco gli sia reso possibile dalla sceneggiatura – diverte imponendosi con quella caratteristica, rigida seriosità che lo fa risultare spesso più comico di chi cerca di far ridere attraverso la battuta classica. Finisce così che a farsi notare di più sono il veterano De Lorenzo, caratterista di rango con la tendenza evidente alla macchietta, il secondino eccentrico ben tratteggiato da Valerio Aprea e l’avvocatessa alle prime armi cui dà il (bel) volto Sofia Panizzi.

Il film è poco equilibrato e, per quanto diretto con una certa verve, carente d'inventiva. Appare inoltre più poveristico di quanto in realtà sia anche a causa di un ambiente grigio e statico, ben fotografato ma limitante. Una commedia guardabile, a tratti buffa (Lillo conferma la sua predisposizione al comico e una fisicità che lo associa in questo frangente, per ovvi motivi, al Jack Black di SCHOOL OF ROCK) ma talvolta tirata via e troppo spesso insignificante, pure nelle sue fugaci parentesi familiari con la figlia e la moglie di Bruno, riempitivi che hanno l’unico pregio di dare un po’ di varietà alle scene. Ultima parte on stage con esiti prevedibili e un po’ di musica “live”, ma anche qui quasi nulla da segnalare…

Chiudi
La grande differenza rispetto al romanzo di Wiliam Adler e al film precedente è ben sintetizzata dall'eliminazione dal titolo della parola “war”, guerra. Questa nuova versione trova infatti la sua originalità, rispetto alle passate, nel fatto di essere profondamente inglese e non più americana; qui i protagonisti raggiungono il conflitto aperto solo nella fase più avanzata del film e quasi solo in ossequio a quelli che erano i punti di forza almeno della celebre GUERRA DEI ROSSES...Leggi tutto diretta da DeVito; perché è evidente che ciò che interessa, in questo caso, non è la deflagrazione del contrasto di coppia ma l'evoluzione che progressivamente ad esso conduce.

Theo (Cumberbatch) e Ivy (Colman) sono una coppia modello, almeno all'inizio. Si comprendono, si completano. Lei ha un piccolo ristorante specializzato in piatti con granchio che mantiene quasi solo per hobby, lui è un architetto di successo che porta a casa buona parte di ciò che serve per vivere. Due figli da crescere, scherzi, tracce solo sotterranee di quell'ironia tagliente che diventerà la cifra stilistica del film, lontana dalle eclatanti azioni di Douglas e la Turner. Gli inglesi (perché profondamente inglese è tutto il film, per quanto coprodotto con Canada e Stati Uniti) interiorizzano, sanno controllarsi. Ci sono due figli da crescere e chi guarda non riesce a capire come sia possibile che Theo e Ivy arriveranno a comportarsi, di fronte alla consulente matrimoniale (nella scena che si vede all'inizio ed è solo una breve anticipazione di quanto accadrà in seguito), come due persone che palesemente non si sopportono più.

Rivediamo il momento in cui i nostri si sono conosciuti, nella cucina di un ristorante (arrivando a “consumare” immediatamente nella cella frigorifera) e rivediamo anche i primi momenti difficili passati insieme. Il momento di frattura, deciso, arriva quando un nuovo progetto di Theo, architetto di successo, crolla sotto i colpi di una tempesta: il futuristico museo navale con vela che si muove al vento sul tetto cede e il video che riprende in diretta il disastro diventa virale, portando al licenziamento inevitabile di Theo e a una sua nuova dimensione, in cui è completamente dedito ai due figli (i quali diventeranno presto degli sportivi ossessionati dalla forma fisica).

Nel contempo Ivy, che riceve nel suo ristorante una celebre critica culinaria, ottiene una recensione entusiastica che d'improvviso moltiplica i clienti trasformando il piccolo ristorante in un grossissimo affare e Ivy in una donna di successo, invitata a party ed eventi e pronta a cambiare vita. Lui si rinchiude in se stesso, lei si apre al mondo: il ribaltamento dei ruoli è sufficiente per acuire ogni crisi e la situazione peggiora di giorno in giorno. Senza che mai, tuttavia, si abbia la sensazione di una rottura definitiva, perché i due mostrano a sprazzi ragionevolezza e comprensione reciproca, ed è questo a incanalare il film in un binario diverso dal precedente.

La casa nel verde che Ivy (grazie al denaro da lei guadagnato) propone a Theo di progettare per loro lasciandogli di fatto mano libera diventa l'ancora a cui aggrapparsi per salvare il matrimonio: lui vi si getta anima e corpo mentre lei prosegue espandendo gli orizzonti del suo business; alla cena con gli amici per inaugurare la spettacolare "creazione" architettonica di Theo, tuttavia, il conflitto prende una brutta piega e la sottile ironia diventa feroce confronto dialettico pubblico, aprendo alla crisi conclamata in cui ci si riavvicina alle tematiche note dell'opera precedente. Lo si fa tuttavia senza che la progressione giustifichi con sufficiente coerenza le iperboli di ferocia che vedremo, come se fosse un atto dovuto per non allontanarsi troppo da quello che era il punto di forza del film di DeVito. Il risultato è che le esagerazioni appaiono in questo modo talvolta come una forzatura, rispetto all'eleganza e all'autocontrollo tutto inglese che domina fin dall'inizio. Ciò che quindi era il valore aggiunto nel modello qui rappresenta più un “omaggio” che garantisca qualche scena da ricordare e liberi una risata liberatoria quasi slapstick (lo scontro a fuoco in casa) dopo tanti sorrisi.

Davvero straordinari i due protagonisti, attori di rango che sanno recitare al meglio sul filo dell'ironia, efficacemente spalleggiati qua e là dalla coppia di amici composta da Kate McKinnon e Andy Samberg. Bravo Jay Roach a mostrare con buona prova di realismo le conseguenze di imprevisti che possono minare la solidità di un matrimonio, pur certo senza mostrare grande originalità nell'affrontare l'argomento. Pregevoli i titoli di testa animati accompagnati dalla “Happy Toghether” dei Turtles rifatta da Susanna Hoffs e Rufus Wainwright (ripresa anche nel finale).

Chiudi

Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

SFOGLIA PER GENERE