Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
La pellicola è il più classico degli esempi di come si possa girare un film ad alto impatto anche con un budget ridotto. Risposta inglese della BBC al ben più famoso The day after di marca statunitense. Davvero coinvolgente e ben studiato: l'escalation viene descritta in modo diegetico attraverso i notiziari o brevi testi di telex. Ottimamente inquadrato anche il dopo. Il fall-out, l'inverno nucleare e tutto quello che concerne la sopravvivenza in un mondo ormai devastato. Agghiacciante!
Curiosa la scelta di far interpretare a Michael Douglas il ruolo di un uomo molestato da una donna, data la nomea dell'attore come sex performer nella vita. Va anche detto che come maliarda la Moore, dopo aver appena girato Proposta indecente, non è molto credibile. Ma in generale è il plot a rivelarsi debole e bene ha fatto il regista a concentrarsi più sulla parte del thriller aziendale, con riprese della nascente realtà virtuale notevoli, per allora. Anche se il tentativo di mescolare le due trame rende il film disorganico. In sintesi: buona la confezione, povera la sostanza.
Reboot dopo reboot, il Cavaliere diventa sempre più Oscuro. In questo caso il film sa il fatto suo, solo che talvolta l'oscurità diventa quasi mestizia, tirata pure per le lunghe. Per fortuna le scene d'azione, ben costruite specialmente nei corpo a corpo, ci restituiscono un Batman come si deve, sebbene alle prime armi. Pinguino ottimo, Enigmista fuori misura.
Tra gli italian giallos dei favolosi anni Settanta, sicuramente non uno dei più solidi e credibili. Tuttavia, grazie a una durata risicata e a una patina irripetibile, questa pellicola ginecologica e derivativa intrattiene e diverte a dovere, grazie anche al buon Fabio Testi e all'ambientazione nel classico collegio religioso femminile, in quegli anni sempre foriero di numerosi e allegri nudi integrali loliteschi. Colonna sonora adeguata e misteriosa ma, specie all'inizio, piazzata un po' a casaccio. Girato in Spagna, gode di una buona fattura generale. Tre pallini di stima.
Una giovane un po' fuori di testa che indossa orecchini che scottano viene sequestrata da una scalcinata banda, ma in seguito... Film della serie "buona la prima" che solo in rare occasioni riesce a strappare un sorriso: il cast non è affatto malvagio, ma nulla può fare contro una sceneggiatura approssimativa e piuttosto banale, mentre la fotografia televisiva assesta un altro poderoso colpo all'insieme già di per sé precario. Perlomeno, comunque, il ritmo abbastanza lesto aiuta ad arrivare sino al prevedibile epilogo e alcuni personaggi strampalati risultano nel complesso simpatici.
La regia è firmata da Anthony Quinn ma si sente eccome, la mano di suo suocero Cecil B. deMille, che aveva impostato il film. Le scene di massa sono infatti grandiose ma un po' troppo esibite, ci sono sentimenti forti e una trama complessa ma al tempo stesso facile da seguire. Ovviamente la parte del leone la fanno le scene d'arrembaggio, in cui si esibiscono mezzi e comparse, mentre le parti sentimentali sono statiche e troppo lunghe. Woody Stroode è a inizio carriera, farà di molto meglio.
Perché aggiungere altro, nel titolo, se effettivamente l'unica parola che può venire in mente guardando il film, oltre a quella, è forse solo "sangue"? Prendi un treno, ce li metti tutti dentro e cominci a far turbinare la mattanza. KILL sta tutto qui e non servirebbe in fondo spiegare altro. Non i motivi per cui Amrit (Lakshya) decide di prendere lo stesso treno sul quale è salita la sua amata Tulika (Maniktala), non quelli per cui il cattivissimo Fani (Juyal) sta lì insieme a una nutritissima banda di criminali che comprendono pure un ampio numero...Leggi tutto di suoi familiari...
D'accordo, diciamo che è sufficiente aggiungere che il primo vuole convincere la sua donna a non sposare l'uomo alla quale è promessa (secondo costume paterno) e che il secondo è sul treno con la sua banda per una bella rapina a mano armata (nel senso di pugnali e lame di ogni tipo, giacché le pistole sono prevedibilmente bandite o tutto finirebbe troppo presto). Così, dopo un'offerta di matrimonio (con tanto di anello) consumata non troppo romanticamente nella toilette mentre fuori si sente sferragliare, si arriva ben presto al rendez-vous tra i due antagonisti e le loro diverse fazioni folte di padri, fratelli, sorelle, cugini, amici...
Scelti (non è certo la prima volta) gli angusti scompartimenti come teatro dell'azione, si comincia un po' a basso regime, anche se già cominciano a volare calci e pugni tra i corridoi e le poltroncine (cuccette sovrapposte senza alcun separatore che le isoli dal corridoio comune). I contendenti rimbalzano da una parte all'altra gridando e già non troppo si capisce di quello che sta accadendo, anche perché perfino i volti di Amrit e Fani rischiano di confondersi tra loro. Non parliamo di chi tenta di mandare a memoria qualche nome...
Quello che ben presto si capisce è come a fare la differenza sia l'estrema violenza degli scontri, caratterizzati da pugnalate in ogni dove e sangue che scorre a fiumi, con vittime anche giovanissime e nessun rispetto per chi dovrebbe far parte della cerchia di protagonisti. Si muore a grappoli e chi c'è c'è, mentre, in sottofondo, una colonna sonora rumorosissima contribuisce a dare ritmo e regalare al film parte di quell'originalità alla quale non può consapevolmente puntare. Se infatti l'unica differenza è data dall'aumento della ferocia con cui si combatte, dobbiamo sorbirci sventramenti e sbudellamenti di ogni genere senza che siano accompagnati da dialoghi minimamente interessanti. Non che si potessero immaginare grandi scambi, né qualche tocco ironico che infatti è del tutto assente (a meno che non si voglia considerare tale qualche accoppamento grottesco in cui si testa l'inventiva degli autori)...
Ad attutire in parte l'impatto devastante di alcune scene di lotta girate in pochi metri quadrati c'è però una fotografia piuttosto buia che a lungo andare stanca e che, unita al prevedibile montaggio serratissimo, rende talvolta poco comprensibile quanto accade. Botte da orbi, insomma, moltiplicate dall'enorme quantità di persone stipate tra i vagoni e spesso impossibilitate a muoversi o quasi lungo gli stretti corridoi del treno. Una specie di THE RAID indiano, senza però la stessa raffinatezza stilistica e inventiva e invece votato a una visione puerile della lotta, mortificata da dialoghi insignificanti. Qualche scontro è comunque piacevolmente selvaggio, la tecnica c'è, il sangue non manca, la regia coglie bene la frenesia dell'azione e siamo dalle parti di quel cinema orientale al quale, per contenuti ed elementarità dello script, idealmente ci si avvicina.
A soli otto anni di distanza dalla prima volta in cui venne trasposto sullo schermo in una serie, il romanzo di Harlan Coben “Just One Look” torna a riempire altre sei puntate spostando l'azione dalla Francia alla Polonia. L'avventura, qui, è quella di Greta Rembiewska (Debska), moglie di Jacek (Lukaszewicz) con due figli, la quale un giorno trova, tra le foto portate a sviluppare, quella di un gruppo di amici; tra questi le pare di riconoscere il marito, benché molto più giovane. La foto deve...Leggi tutto necessariamente risalire a prima del loro incontro, pensa, anche perché legata a un tragico incendio in cui perirono molti giovani durante il concerto di tale Jimmy (Stramowski). Lei era presente, allora; anzi, le hanno detto che fece di tutto per salvare chi poteva (tra questi anche il figlio di un potente poco di buono, che negli anni ha sempre dimostrato di esserle grato) e che venne strappata alle fiamme per miracolo, ma di quei giorni non ricorda nulla.
La memoria se n'è andata e con essa probabilmente qualche dettaglio molto importante, legato a una lenta riapertura del caso in seguito alla scomparsa di Jacek, rapito da un sicario che ama contattare donne nelle app di incontri per andare a casa loro, legarle e installarsi lì per compiere le sue missioni. Lo fa anche questa volta, ma la vicina della vittima, che amava osservare dalla sua finestra la dirimpettaia mentre si spogliava portandosi a letto un buon numero di uomini, si accorge che alla donna è successo qualcosa. Solo un caso che la voyeur sia anche un'ottima amica di Greta?
Gli intrecci della trama sono al solito studiatissimi e complicati, spiegati non sempre senza lasciare, in questo caso, qualche buco. Non troppi però, e mai tra le risposte necessarie a completare una soluzione complessa e affascinante. Rispetto alla prima versione la storia – naturalmente molto simile nei suoi sviluppi - presenta qualche cambiamento, soprattutto nella scelta di privilegiare alcuni personaggi a sfavore di altri (vedi il padre del ragazzo morto nell'incendio nonostante il tentativo di salvataggio di Greta, qui decisamente sullo sfondo), rendendo più snello il racconto: tutti i flashback dell'incendio e l'incendio stesso sono ad esempio ridotti a pochi minuti seminati qua e là con scarsa convinzione; l'interesse è su altro.
La semplicizzazione di molti snodi aiuta la comprensione globale (al contrario dell'uso dei nomi polacchi, davvero difficili da memorizzare, in alcuni casi) e nel suo insieme la serie si segue più facilmente; è meno charmant nei personaggi, meno convinta nella recitazione (comunque valida) e le manca il colpo di scena notevole dato dalla scoperta del filmato di Greta con i ragazzi della band (sostituito da un molto più anonimo flashback). Si conferma però la qualità del soggetto - capace in sei puntate di raccontare una vicenda interessante - e quella di una sceneggiatura che, alle prese con un groviglio gigantesco di sottotrame, riesce a distenderle con abilità e discreto senso dello spettacolo. Insomma, al momento il nome di Harlan Coben rimane una garanzia; non solo per la creatività nello strutturare le storie ma anche per la professionalità con cui esse vengono rese su piccolo schermo.
Christian Clavier padre della sposa per una delle mille varianti dell'incontro tra famiglie di ceto differente, i cui figli dovranno presto concretizzare la loro relazione in qualcosa di più serio. A dire il vero nessuno dei quattro genitori è al corrente della loro volontà di unirsi in matrimonio: sanno semplicemente di doversi finalmente conoscere dal momento che comunque Alice (Coullod) e François (Pesten) hanno una relazione da tempo. Gérard (Bourdon), il padre di lui, è un concessionario Peugeot che passa il tempo a spiegare ai suoi clienti quanto...Leggi tutto le macchine francesi siano meglio di quelle tedesche, inutilmente veloci, mentre Frédéric Bouviere Sauvage (Clavier), che vive in una tenuta smisurata insieme alla moglie Catherine (Denicourt), orgogliosa delle proprie radici italiane, ha vigneti in quantità e produce un grand cru delizioso. Raggiunti i due ricchi nobili nel loro vero e proprio castello, Gérard e la moglie Nicole (Testud) si mostrano cortesi e, in attesa dell'arrivo dei figli, sembra possano stringere amicizia.
Senonché Alice, di professione chimica, ha pensato bene di fare ai quattro genitori una singolare sorpresa: insieme a François ha prelevato in gran segreto loro tracce di DNA e le ha fatte analizzare in modo da poter capire in quali paesi abbiano davvero le loro radici. Già stupiti e spiazzati dall'annuncio di un matrimonio che soprattutto Frédéric non avrebbe mai voluto ("Il figlio di un garagista!"), siedono tutti al tavolo pronti ad aprire per la prima volta le buste contenenti la verità sulle loro origini. Comincia Gérard ed è subito uno shock: per il 50% è tedesco! E' un attimo che Frédéric inizi a prenderlo in giro ironizzando pesantemente sul passato nazista del poveretto, sconvolto dalla notizia...
Il sarcasmo si spreca, e per quanto Frédéric cerchi di fargli capire che si sta solo scherzando, è inevitabile che gli animi si scaldino. Ma le sorprese ovviamente non sono finite e su questo gioca il film, anche se l'idea non è poi così straordinaria: difficile ricavare un gran numero di battute da un passato che in fondo non può troppo variare la vita di ognuno di loro. Sono solo curiosità sul proprio albero genealogico, in fondo, che tuttavia il film cerca di sfruttare per un continuo gioco ad offendersi non troppo scherzosamente. E se le mogli sono inizialmente piuttosto composte (almeno Nicole, perché invece Cathrine trasecolerà), la parte del leone spetta ai mariti, commedianti di lungo corso chiamati a dare verve a una sceneggiatura piuttosto stanca.
Lo schema utilizzato è sempre il medesimo e l'ingenuità con cui le due famiglie si affrontano (i due figli restano regolarmente in secondo piano, spalle che non lasciano certo il segno e si limitano a rimproverare, quando è il caso, i genitori) dà l'impressione di un film per famiglie dall'umorismo molto blando, mai incisivo come forse avrebbe potuto essere. La morale è ben facile da immaginare e traspare dalle frasi della figlia, che ricorda come il possedere geni di paesi diversi sia un arricchimento e non un difetto.
Bisticci e riconciliazioni quindi, frecciatine e spazio alla difficile comunicabilità tra due mondi diversi, che provoca attriti e risentimento prima di una sorta di poco credibile accettazione delle proprie radici che genera un solo momento realmente divertente: l'incontro di Gérard col padre, che svelerà buffi aneddoti del passato che il primo ascolterà sconvolto. Per il resto una commedia innocua, con rari spunti comici dai bonari contenuti razzisti (nei confronti dei portoghesi, in particolar modo) e piuttosto puerili. Si è visto di molto meglio, oltralpe.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA