E’ il classico esempio di serie di successo. C’è da dire che è praticamente impossibile non apprezzare il giovane protagonista (faccia da bambolotto, fantastiche espressioni e battuta pronta). Lui e il fratello vengono dal ghetto e dovranno abituarsi (Arnold ci riuscirà meglio) a una vita e a un ambiente totalmente nuovi, dove tutto sembra più facile, ma solo in apparenza. Simpatici anche la sorellastra e il loro tutore, che ha il difficile compito di educarli. Episodi quasi sempre frizzanti e ben studiati, non perdendo giustamente mai di vista il fatto che i due fratelli vengano dal ghetto.
Altro telefilm classico della mia infanzia; tutto è talmente falso ed ipocrita che ci sarebbe il rischio concreto di farsi venire una crisi di bile; eppure le puntate sono scritte così bene che ci si passa sopra alla grande. Senza contare Gary Coleman ovviamente, che era (ed è) il motivo principale per il quale assistere alla serie. I suoi duetti verbali col signor Drummond sono entrati nella storia della televisione, indubbiamente.
Pezzo forte di questo telefilm prodotto dalla fine degli anni 70, e'il piccolo (solo fisicamente e non anagraficamente come si scopri' in seguito) protagonista afroamericano che fa la parte del leone in questa famiglia allargata e (novita'piuttosto clamorosa per l'epoca) multirazziale. Episodi divertenti e situazioni paradossali ben rese da un buon cast bene assortito.
Bianco e ricco adotta due ragazzi neri. La tv tenta la sit-com interrazziale e ci riesce alla grande grazie a un terzo elemento aureo del successo: il bambino tenero e intelligente. Il protagonista in questione, in realtà, è semmai una volpe e un fuoco d'artificio, tanto saggio quanto spietato nei suoi rapporti con gli adulti e nelle sue azioni. Ma quel che conta davvero è la straordinaria bravura dell'interprete Gary Coleman, che scatena un'irresistibile simpatia lungo tutti gli episodi. Imperdibile.
Altra serie che non sono mai riuscito a digerire. Mai un episodio divertente od originale (opinione personalissima ovviamente). Sarà per il cast a mio avviso poco convincente, le storie, ma codesta serie per me non è mai stata cult, semmai scult. Evitabile.
Gradevolissima serie televisiva che ebbe gran successo anche in Italia agli inizi degli anni '80. L'ingrediente di maggior spicco è dato dall'interpretazione di Gary Coleman nel ruolo del piccolo Arnold (ruolo che creerà comunque non pochi problemi all'attore): la sua celebre battura "Che cavolo stai dicendo, Willis?" è tuttora famosissima. Pur senza essere niente di eccezionale, la serie garantiva un buon livello qualitativo e un discreto divertimento.
Arnold era forte all'inizio, quando lui e suo fratello Willis venivano accolti in casa del signor Drummond. Poi, dopo che Drummond adotta i due, iniziano le storie più morali, anche più pesanti della serie. Il gradino più basso del serial, secondo me, è quando Drummond si sposa con l'ex-moglie di un cantante country, Maggie, la quale si porta dietro il suo bambino odioso, Sam. Arnold diventa il fratello maggiore di Sam, ma i riflettori non sono più puntati su di lui. Ancora mi chiedo il perché.
MEMORABILE: Arnold a suo fratello: "Che cavolo stai dicendo, Willis?"
Non lo ricordo come entusiasmante. L'attore Coleman ha una presenza energica, una forte carica di umorismo, poteva essere un incorreggibile Gian Burrasca. Invece, mi pare che questo telefilm non lo valorizzi, che sia sempre riportato "dentro le righe" e contaminato da una certa melensaggine di fondo. Il padre, la sorella e la governante mi erano antipatici, troppo impegnati a dare lezioncine. Mediocre, ma guardabile.
Quando ero più giovane trovavo irresistibile il piccolo Arnold, non mi perdevo una puntata. Visto oggi e con gli occhi da adulto trovo questa serie un pò ripetitiva e diciamo piatta. Posiziono il mio giudizio nel mezzo quindi. Gary Coleman certo meriterebbe 4 pallini lui solo ma il contorno non è allo stesso livello e non regge il passo con i tempi tanto da non poterlo definire un cult a pieni voti. Il successo di pubblico della serie ha fatto sbandare, nella vita, Willis e Kimberly, finiti piuttosto male il primo, malissimo la seconda.
Sit-com dotata d’un certo umorismo sottile. Vi si narrano le mille vicende di due fratellini di colore provenienti dal misero quartiere newyorkese “negro” di Harlem, adottati da un ricco signore di Manhattan. Storielle spensierate e scacciapensieri che il pubblico senza pretese e per lo più infantile degli Anni Settanta e Ottanta gradì. Rivisto oggi quasi inguardabile. Finita la serie, alcuni degli attori finirono in disgrazia e morte: una sciagura multipla che ha fatto storia!
Per l'epoca e la prospettiva italiana sul tema, la famiglia allargata e multietnica dei Drummond era piuttosto rivoluzionaria. La serie era molto divertente, almeno per un ragazzino di 12/13 anni che poteva immedesimarsi nel protagonista, dalla verve incontenibile tanto da mettere in secondo piano tutto il resto del cast. Rivista oggi, probabilmente, la serie apparirebbe datata, destino comune peraltro a buona parte delle produzioni televisive.
Arnold ha segnato un'epoca, non si può non ammetterlo. Certo, si tratta di un telefilm solo per bambini/ragazzi iper buonista, ma era anche molto originale per l'epoca (un ricco americano bianco che vive con la governante e adotta due fratellini neri portandoli a vivere nella sua bella casa con la sua bella figlia bionda...). Dispiace pensare alla brutta fine di Arnold e di Kimberly...
A suo modo è un cult. Oggi risulta un po' appannato ma resta ancora godibile. Molti i momenti e le battute memorabili e cast affiatatissimo. L' indimenticato Gary Coleman è assolutamente memorabile nel ruolo del giovane protagonista e il momento in cui fa la smorfia con cui apostrofa Willis (ma anche altri...) dicendo la famosa frase "Che cavolo stai dicendo Willis?" è leggendaria. Ottimi anche Bain, Bridges e la Plato. Bella la sigla d'apertura, cantata da Alan Thicke, poi protagonista di Genitori In Blue Jeans.
Serie che mi ha sempre fatto venire l'orticaria. Il piccolo Arnold viene "salvato" da Harlem e portato a Manhattan: a fronte della deliziosa ingenuità del bambino, pare proprio che i retaggi linguistici e culturali del suo quartiere di provenienza facciano morire dal ridere il pubblico e di imbarazzo quel sant'uomo del padre adottivo (vedovo wasp). Arnold è trattato come un malato che deve essere guarito, con una bella cura di ipocrisia bianca. Le disgrazie (reali) del cast appaiono oggi quasi una nemesi degli zuccherosi personaggi.
Un vero evergreen! Si cerca già a fine anni '70 di mettere ko il razzismo con una serie che meglio di nessun'altra parla di integrazione razziale; il prodotto, soprattutto nelle prime serie, scorre molto bene e con grande freschezza; perderà un po' della sua verve all'arrivo della nuova moglie di Drummond con il suo irritante bambino, anche perché spesso lo stesso protagonista era assente ingiustificato delle ultime puntate. Buono il cast, soprattutto il povero Coleman, Bain e le domestiche Rae e Volz! Vale sempre la pena guardarlo. Ottimo!
La popolare serie di Arnold, con tutte le sue piccole avventure di bambino povero catapultato in un mondo benestante, non era tra le mie preferite in assoluto ma la seguivo con discreto interesse. Purtroppo oggi, e senza nulla togliere agli attori di allora, devo ammettere che non mi piace più come in passato. A differenza di altre sitcom che rivedo con entusiasmo questa la riscopro abbastanza inverosimile, forzata, superficiale. L'unico elemento più o meno valido resta il tema "multirazziale".
Da ragazzino lo adoravo, ma ora la storia di Arnold e Willis non mi appassiona più e gli preferisco (di gran lunga) sia I Jefferson che I Robinson; questo perché, oltre ad affrontare tematiche più adulte, hanno l'immenso vantaggio di avere ottime spalle con cui duettare (George Jefferson con Florence, Robinson un po' con tutti), mentre qui non troviamo spalle adeguate al bravo Coleman né con Bridges né con la Plato, mentre ottimo è Conrad Bain. È invece da premiere la lungimiranza nel mostrare il concetto di famiglia allargata interraziale. ***
Imapreggiabile e indimenticabile telefilm tra i più famosi giunti in Italia, con un cast di attori decisamente divertenti e superbi. Gary Coleman nei panni di Arnold è di una simpatia strabordante e rimane nella memoria collettiva. Menzione per il bravo Conrad Bain nei panni del padre. Peccato per le ultime due serie decisamente sottotono, ma il giudizio resta comunque alto.
Serie cult apripista per tutto il concetto di famiglia aperta e interraziale, piuttosto d'impatto negli States e quasi folle nella bigotta Italia. All'inizio le gag sono ben riuscite proprio perché si è meno politically correct, poi l'effetto bontà finisce per annacquare tutto e render spesso le situazioni patetiche. Certamente Arnold è il punto di forza di tutta la serie e anche l'unico che può dare lo sprint e la risata, ma come dicevo l'effetto novità dopo un po' finisce e si guarda giusto per riempire una mezz'oretta.
Telefilm della mia infanzia "ottantiana": le avventure nei quartieri alti e "wasp" di questo piccoletto linguacciuto erano godibili soprattutto per la fucina di battute sparate in ogni episodio, ma talvolta non è mancata una stoccatina ai pregiudizi razziali (ancora oggi presenti, ahimè: vi immaginate un Arnold reloaded?); rivisto con l'occhio attuale si diventa malinconici pensando al triste destino di parecchi protagonisti; chissà, l'avessero predetto a Coleman probabilmente avrebbe tirato fuori la sua celebre battuta.
Una delle primissime sitcom interraziali di successo, che tratta i temi della fratellanza, dell'amicizia e del razzismo. Consacra Gary Coleman come divo della tv, ma che rimase perennemente imprigionato nel suo mitico tormentone "Che cavolo stai dicendo Willis?". Rivista a distanza di quasi 40 anni riesce ancora a divertire e far riflettere, con la sua spontanea genuinità.
MEMORABILE: L'episodio in cui Arnold vorrebbe diventare campione di videogiochi; Arnold mago che scompare per andare nel cornicione.
Ricordavo i primi episodi come molto 70s e poi, forse, via via col titolo più morbido e meno significativo di quel "Harlem contro Manhattan" che all'epoca "non comprendevo". Sicuramente oggi più che il valore degli episodi hanno fatto breccia i ricordi delle visioni, spesso in famiglia. Comunque anche quella era una bella famiglia felice e il piccolo Arnold ci rendeva tanto allegri, all'epoca. Quel che ho rivisto mi ha fatto un po' rammentare quanto era intensa la felicità di quel tempo ormai (troppo) lontano. Sentimentale...
Gary Coleman, arrestato varie volte, investì una persona e ne picchiò un paio, Todd Bridges arrestato per tentato omicidio e traffico di armi, Dana Plato arrestata per rapina a mano armata. A ben vedere è molto più interessante la vita reale degli attori che quella dei personaggi che interpretano in questo telefilm piuttosto prevedibile e rivolto esclusivamente a un pubblico di ragazzini. Tuttavia è innegabile che Arnold sia una serie cult, alla quale va riconosciuto il merito di aver affrontato il tema del razzismo con una certa ironia.
Con I Jefferson ed I Robinson una delle sit-com che ha portato, con tutti i limiti e le fisiologiche reticenze del caso (si vedano le incredibili vicende del privato dei protagonisti) a sensibilizzare, nell'Italia da bere degli anni '80, sulle tematiche razziali. Lo faceva con un angolazione del tutto particolare quale quella dell'adozione e del divario sociale, più contraddittoria e meno banale di quanto spesso segnalato, pur con declinazioni che troppo spesso indulgevano al sentimentalismo più facile e in definitiva ipocrita. Ma anche in sto caso: cosa cavolo stai dicendo Giùan?
MEMORABILE: Dana Plato; Mr Drummond; Miss Garrett.
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Addio Arnold o meglio Gary come tu volevi che ti chiamassero! la tua vita e' stata tanto sfortunata, e la natura ti ha girato le spalle fin da bambino con la malattia, e ti ha preso in giro facendoti credere che guadagnare tanti soldi da bambino ti poteva dare la felicita', e invece ti ha distrutto, e Hollywood ti ha dimenticato per sempre.
Discussione124c • 31/05/10 12:00 Contatti col mondo - 5193 interventi
Ruber ebbe a dire: Addio Arnold o meglio Gary come tu volevi che ti chiamassero! la tua vita e' stata tanto sfortunata, e la natura ti ha girato le spalle fin da bambino con la malattia, e ti ha preso in giro facendoti credere che guadagnare tanti soldi da bambino ti poteva dare la felicita', e invece ti ha distrutto, e Hollywood ti ha dimenticato per sempre.
Non scorderò mai la sua partecipazione a due episodi del telefilm "Buxk Rogers", nel ruolo di un ragazzo-genio del XX° secolo che, come Buck, viene rivegliato nel XXV° diventando il presidente di un pianeta pacifico.
DiscussioneZender • 17/01/13 20:04 Capo scrivano - 48839 interventi
Eh sì, il signor Drummond è stato una vera icona della mia infanzia. A 89 anni si può anche morire comunque, mlto peggio è andata ad Arnold e Kimberly, purtroppo.
Nella puntata doppia "Urrà Hollywood" (stagione 6, episodi 16/17) Arnold si reca negli studi di registrazione di Supercar e finisce in una macchina carica di esplosivo (sarà proprio il mitico Michael Knight a salvargli la vita nel finale adrenalinico).