Caracas - Film (2024)

Caracas
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MMJ Davinotti jr
Anno: 2024
Genere: drammatico (colore)
Note: Tratto dal romanzo "Napoli ferrovia" di Ermanno Rea.

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Ennesimo viaggio mentalmente tortuoso nel ventre di Napoli dove realtà, suggestione e fantasia si rincorrono e sovrappongono in un fascinoso quanto – in questo caso almeno - piuttosto sterile esercizio di stile, condotto tuttavia con sorprendente perizia tecnica dal casertano Marco D'Amore alla sua terza regia extra-GOMORRA e sempre dedicata alla sua città d'adozione. Caracas è lui, che ama dire d’esser nato in Venezuela anche se così non è: ama il brivido (l'incipit in volo acrobatico con gli amici), il Duce (più per seguire l'onda di chi frequenta) e pure l'Islam...Leggi tutto (si vuole convertire, in qualche modo).

Vive la notte tra i vicoli inseguendo gli immigrati, rendendosi responsabile di quelle azioni che non si può dire formino esattamente al meglio; ma di fronte alla morte di un povero islamico indifeso accoltellato dal leader fascista appena celebrato al crescente urlo di "Duce, Duce", ha un moto di stizza. Anche perché con la comunità islamica è in costante contatto ed è innamorato di Yasmina (Lumbroso), tossicodipendente appartenente a quel mondo profondamente religioso che lui guarda con sempre maggiore interesse.

Un giorno Caracas incontra Giordano Fonte (Servillo), scrittore di successo che ha saputo come pochi raccontare Napoli. E qui attenzione, perché si capisce come sia forse proprio di Fonte l'occhio che fin lì ha osservato; ha osservato lui, Caracas, per raccontarne le sfaccettature, il carattere, l'appartenenza alla città, lo sposarsi di contrasti in quella mecca di contraddizioni che è da sempre il capoluogo partenopeo. Ripreso con stile, con gusto, con la competenza di chi i mezzi li conosce e che attraverso una fotografia notevole ne coglie scorci forse non originali ma suggestivi esaltando le luci della notte, le improvvise aperture sulle piazze meno battute che il sole per una volta manca di illuminare abbagliando. Non è la prima volta che Napoli si mostra quasi lugubre ma fa comunque una certa impressione, e visivamente il film (anche nella qualità con cui D'Amore gestisce le scene d'azione) non presta il fianco a critiche. Lo fa invece per il modo di condurre la storia, per le molte lungaggini evitabili che dovrebbero fare tanto cinema d'autore ma comunicano troppo poco per giustificarne l’ingombrante presenza.

La matrice letteraria (il romanzo "Napoli ferrovia" di Ermanno Rea) si rivela nelle frasi ponderate della voce fuori campo di Servillo, nella stratificazione del racconto che tuttavia la regia imposta senza grande organizzazione, confondendo troppo i piani e rendendo faticosa la visione, con fasi fumose e le eccentriche performance di due attori indubbiamente validi ma che per natura indulgono, se non tenuti a freno, in un rischioso gigionismo. Se da una parte Servillo ci illustra la sua condizione, si sofferma a riflettere su ciò che vede, si pone nel ruolo di chi assiste passivamente a quanto gli accade intorno per poterlo poi rielaborare, dall'altra D'Amore si prende la scena per descrivere i suoi incontri con Yasmina più che le scorribande per i vicoli, accompagnando il film in una direzione che non è quella del filone criminale oggi in voga ma piuttosto quella del ricordo e della nostalgia, se si vuole richiamare un altro romanzo di Rea portato di recente al cinema.

Nel turbinare degli eventi accade tutto e niente, perché solo a tratti si riesce ad afferrare fino in fondo quanto si svolge in scena, o meglio a collegarlo alla fitta rete di agganci tra passato e presente che talora può restituire la stessa sensazione di straniamento provata da Giordano quando all'interno della propria camera d'albergo conduce un gruppo di ragazzini che d'improvviso scompaiono sostituiti da vuoto e disordine. Un’operazione ambiziosa, in cui è evidente il desiderio di affrancarsi da un tipo di narrazione tradizionale in favore di uno sviluppo che proceda per sensazioni. Il tutto però a scapito della godibilità e del coinvolgimento che si fanno relativi, penalizzati da una frammentarietà a lungo andare penalizzante, di un accumulo di aggiunte talvolta pleonastiche e di una regia che ancora non può dominare al meglio un soggetto tanto sofisticato.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 2/03/24 DAL DAVINOTTI
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Reeves 16/03/24 00:02 - 2414 commenti

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Tratto da un romanzo di Ermanno Rea, è un film molto ambizioso e sospeso tra sogno, cruda realtà e ambizioni letterarie di un famoso scrittore interpretato da Toni Servillo. Il fatto è che i vari piani narrativi si sovrappongono in modo non troppo chiaro e alla fine la storia risulta un po' farraginosa. Però il raduno fascista iniziale e l'azione delle squadracce sono davvero efficaci e ben girati.

Markus 2/03/24 10:11 - 3706 commenti

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Seguitiamo a chiederci come mai il cinema nostrano si sollazzi così tanto a disegnare le città d'Italia come turbine di malavita, sudiciume e sfighe di varia natura; al di là di questa constatazione, il film in questione di D'Amore ci trasporta - tra sogno e realtà - in una Napoli perlopiù notturna, fatiscente e a dir poco multietnica attraverso una vicenda dapprima coinvolgente, ma che già dopo mezz'ora mostra la corda. Tanto buona l'estetica e l'interpretazione gigionesca di Servillo, tanto meno efficaci le così proposte dinamiche che sfociano in insofferenza.

Luluke 3/07/24 06:33 - 225 commenti

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Lentissimo, un po' ruffiano nelle scene in cui si parafrasa la sempiterna presenza della nostalgia del fascismo; disegnato in modo da rappresentare Napoli come una sorta di casbah, interpretato da un Servillo ormai un po' troppo inflazionato e, in apparenza, più che altro gratificato dall'essere inseguito per tutto il tempo dall'epiteto "Maestro". D'Amore cerca di appiccicare un'etichetta stilistica a un lavoro che si distacca dalla gomorriade, ma che alla fine te la fa quasi rimpiangere, visto che solo in quel frangente il film riesce a sollevarsi.

Pinhead80 13/07/24 11:02 - 4949 commenti

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Portare al cinema un romanzo come “Napoli ferroviaria” non era cosa semplice, ma D'Amore ce la mette tutta, sforzandosi di rendere il soggetto il più comprensibile possibile. Purtroppo il risultato non è così soddisfacente in quanto i vari piani narrativi si confondono facilmente e portano lo spettatore spesso e volentieri a essere disorientato rispetto a ciò che sta vedendo. Questo è il limite maggiore di un film sicuramente ben interpretato, che si avvale anche di un'ottima fotografia capace di regalarci un'altra prospettiva di Napoli e delle sue meraviglie. Troppo autoriale.

Cotola 13/07/24 11:17 - 9188 commenti

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Occasione mancata per D'Amore, forse per troppa ambizione o inesperienza. Dal punto di vista registico il film è riuscito: visivamente parlando, infatti, ci si può godere un apparato visivo ben realizzato soprattutto nelle scene in cui i protagonisti si addentrano nelle viscere di una Napoli buia, nera, infernale, ben resa anche grazie alla fotografia. Peccato però che manchi un percorso narrativo pienamente compiuto: la sceneggiatura è troppo confusionaria, non gestisce bene i vari binari narrativi realtà-fantasia e lacunosa lasciando molti dubbi su alcune scelte narrative.
MEMORABILE: "Come si fa a fermare questo momento per sempre?".

Galbo 21/07/24 11:01 - 12465 commenti

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Marco D'Amore dirige se stesso e Servillo in un "viaggio" nel ventre profondo di Napoli, mescolando realtà ed elementi onirici. Il film è riuscito sul versante tecnico e dell'immagine in particolare, dimostrando che l'attore possiede indiscutibili capacità professionali anche dall'altra parte della macchina da presa. Il limite sta nell'aspetto narrativo, verosimilmente anche per la difficoltà di "tradurre" in immagini il materiale letterario di partenza. Il film è lento, ostico e si segue a fatica. Buone le prove degli attori. Occasione sprecata.

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