Tra le prove più straordinarie dell’Alberto Sordi attore non può non rientrare questo fondamentale film di Dino Risi, scritto per intero da Rodolfo Sonego e capace di abbracciare alcuni tra i momenti più importanti del nostro Dopoguerra visti attraverso gli occhi di un inguaribile idealista. Sottilmente ironico ma ben lontano dalla commedia all'italiana classicamente intesa, UNA VITA DIFFICILE analizza con vigore le pulsioni che animarono chi all'epoca credette in qualcosa. Silvio Magnozzi si inventa giornalista partigiano e finita la guerra prosegue la carriera in un quotidiano di sinistra dove crede di poter perseguire le sue lotte per la giustizia e uguaglianza. Non si ferma nemmeno di fronte...Leggi tutto alle allettanti proposte corruttrici mettendo in crisi un matrimonio (con Lea Massari) nato già all'insegna dell'austerity. Il sogno di un romanzo (che si intitolererebbe proprio “Una vita difficile”), le pressioni per un lavoro magari più “normale” ma meglio retribuito, le difficoltà di una vita di ristrettezze. Tutto passa, nelle sceneggiatura intelligente e spietata di Sonego, tutto si anima nell'interpretazione di un Sordi che non cede mai ai suoi tormentoni e che si concentra per donare al suo Silvio Magnozzi uno spessore e una credibilità memorabili. Risi, che inizialmente pare non trovare subito il giusto ritmo perdendosi un po' dietro ai racconti partigiani, trova le corde giuste e dirige con garbo e ammirevole dedizione, puntando a lasciare il segno con un ritratto a tutto tondo giustamente entrato a far parte del nostro cinema più rappresentativo. Perché è una storia che pare non finire mai, cambiare e ripetersi allo stesso tempo. C'è qualche momento stagnante, ma sono pure tanti quelli carichi di una drammaticità commovente. Un film che pesa.
Un Alberto Sordi strepitoso disegna un personaggio memorabile: il giornalista fiero e un po' mascalzone Magnozzi, un uomo che preferisce spezzarsi sotto i colpi della povertà piuttosto che piegarsi alla caduta degli ideali. Ma se idealista è, è anche uomo di sentimento, votato alla riconquista della propria donna. Il tutto è raccontato con tutta l'ironia di cui sono capaci Risi e Sordi, amara sì, ma sottile e dolcissima, calda quanto la pulsione vitale del protagonista.
MEMORABILE: "Signora, sta bene, è dimagrita, perché non tenta col cinema?" alla moglie del ristoratore e la scena a tavola, a casa degli aristocratici.
Sono quasi imbarazzato nel dirlo e nello scriverlo, ma non mi fa, globalmente, impazzire. Certo: Sordi è bravissimo, certi momenti (specialmente quelli con Gora, ammirevole come sempre) sono quasi perfetti, ma nella seconda parte si perde un po', con situazioni un po' esagerate (lo studio). Lea Massari di bellezza e intensità impressionanti. Da rivedere (e rivalutare o ri-valutare?).
Semplicemente uno dei migliori film mai realizzati in Italia, è il frutto di un'ottima sceneggiatura di Sonego che (come spesso è accaduto) disegna per Sordi un personaggio memorabile che percorre l'Italia bellica e dell'immediato dopoguerra, cercando, con molte difficoltà, un percorso di coerenza personale che paga a caro prezzo e con dignità. La sceneggiatura percorre parallelamente le vicende italiane e il film, oltre che dal bravo Sordi, è interpretato da eccellenti interpreti, come Lea Massari.
Con questa pellicola Risi ci regala uno dei film più belli in assoluto del cinema nostrano, oltre che uno dei più impegnati ed importanti. Al suo interno tratteggia un eccezionale affresco del dopoguerra e dei suoi eventi più significativi, oscillando perfettamente tra ironia e amarezza, grazie ad una sceneggiatura esente da difetti. Numerosissime le scene memorabili e divertentissime. Alberto Sordi è stratosferico nel ritrarre un personaggio indimenticabile. Un capolavoro che, purtroppo, non ha la fama che meriterebbe.
MEMORABILE: Molte le scene che si imprimono nella memoria. Una su tutte quella della cena a casa degli aristocratici in attesa dei risultati referendari.
Nella dicotomia tra la fedeltà agli ideali in un mondo dove sono moneta fuori corso e la sicurezza economica oltre che sociale, si gioca la storia del giornalista partigiano Magnozzi (un Sordi superlativo), sceneggiata alla perfezione da Sonego e diretta da un Risi in stato di grazia. Brava Lea Massari aspirante sciura, convincenti i comprimari (Fabrizi, Gora), c'è pure un cameo per Gassman e la Mangano. Il volto gretto dell'Italia del boom trova qui la sua fotografia più fedele: ma la catarsi finale tiene viva la speranza.
Una delle migliori commedie italiane di sempre, in cui c'è davvero da ridere poco. Chi non ha avuto un sussulto di piacere al momento del ceffone, quando il Magnozzi - giornalista ex partigiano con un residuo di dignità - compie un gesto liberatorio, che mette una pietra sopra a compromessi e viltà? Momento illusorio, dato che - col senno di poi e guardandosi attorno - c'è l'impressione che il Magnozzi e chi come lui in piscina ci hanno buttato piuttosto la pietra. Sordi insuperabile, brava Massari, Fabrizi e Gora perfetti volti da boom.
Gran bel film di Risi, anche se a livello personale ho trovato il finale poco coerente. Comunque, la storia di Sonego è quasi perfetta, e molte situazioni sono descritte in modo davvero doloroso, mentre Sordi, che bravo era bravo, purtroppo in alcuni momenti esagera e scivola nella sua tipica macchietta; soprattutto quando si doppia da ubriaco. Notevole, in ogni caso.
Una commedia più amara e strutturata rispetto alla media del periodo, in cui Sordi compie un sensibile processo di maturazione proponendo un personaggio, quello del Magnozzi, assai articolato. Qualche momento di pausa nella parte centrale, ma nel complesso Dino Risi arriva con bravura ad un punto di sintesi tra spunti ironici, disillusioni e riflessioni sociologiche.
Dino Risi ha il pregio di saper raccontare una storia travagliata e difficile con garbo e ironia e senza annoiare. Nel film il regista passa da un registro drammatico ad uno semi-comico con estrema facilità e maestria, dirigendo un Sordi che sembra fatto su misura per impersonare il personaggio di Silvio Magnozzi. Picchi durante le sequenze del primo incontro tra Silvio ed Elena, a casa dei filo-monarchici, al bar a Viareggio e a casa del commendatore. Risi fa scuola.
La storia dell'italia post-bellica, i fatti più importanti degli anni '40-'50, la prefigurazione del magnate (chi ha detto S.B.?): tanti tasselli che fanno sì che la pellicola di Risi sia un vero e proprio must sia nella carriera del regista che in quella dell'Albertone nazionale.
Interessante già come spaccato di vita del dopoguerra, con tutti i problemi che ne seguono. Se poi si aggiunge un Sordi ispirato (e non solo lui), ecco che la pellicola decolla, mantenendosi a notevoli livelli, sia nella prima metà, col nostro eroe (giornalista dai sani principi e sognatore) alle prese con gente gonfia di soldi, ma senza coscienza e con una moglie e una suocera che lo vogliono laureato e benestante; che nella seconda, dove il novello Spartaco tenterà di spezzare le catene della responsabilità con risultati non proprio eclatanti. Il finale è un po' buttato lì, ma non è grave.
MEMORABILE: Dal carcere, al telefono con la moglie: "Oggi è arrivato un ministro. Poi è partita na pernacchia e io me trovo di nuovo in cella di rigore".
Autentico capolavoro del cinema italiano. Uno spaccato dell'Italia che va dalla Resistenza fino al boom economico visto attraverso le vicende (più o meno tragiche) del protagonista Silvio Magnozzi interpretato da un eccezionale Alberto Sordi. Gli ideali del protagonista si infrangono contro una società cinica ed arrivista, cui purtroppo il nostro eroe dovrà sottomettersi.
Ottimo il lavoro degli sceneggiatori, che hanno sapientemente arricchito di contraddizioni e di chiaroscuri un protagonista ad alto rischio di diventare un santino, questo Silvio Magnozzi che invece, per fortuna, risulta a tratti puerile, ingeneroso, esasperante nel suo essere refrattario ad ogni compromesso, fin da quando si accorge che un passato da partigiano è una moneta fuori corso, non spendibile in un'Italia che è già cambiata, mentre lui restava uguale a se stesso. Poi, la scelta di un attore anti-eroico come Sordi per un personaggio eroico... un film spiazzante, amaro, sincero.
MEMORABILE: La cena a casa degli aristocratici, la sera del referendum. "Pastore, tu sei felice?" "Ma va' a letto, 'mbriaco!"
Eccezionale ritratto dell'Italia del dopoguerra, diretto magnificamente da Dino Risi su una delle migliori sceneggiature di Sonego. Sordi è perfetto nei panni del giornalista che, pur di non rinunciare ai suoi ideali, accetta di vivere nella miseria. La Massari gli fa da contraltare alla grande, ma anche Fabrizi nel ruolo dell'amico facilmente corruttibile si fa notare. Bella la colonna sonora, tanti i momenti indimenticabili. Una commedia sì, ma piena d'amarezza.
Storia ventennale di un "uomo contro", narrata parallelamente ai principali fatti storici del paese. La sua continua ribellione in nome dei suoi ideali e principi è rappresentata come netto contrasto rispetto a ciò che lo circonda: corvaccio nero (anche nel vestiario) in mezzo ai bagnanti gaudenti, povero tra i ricchi, sgradevole rompiscatole, disturbatore in mezzo ad una maggioranza ottusa, indifferente e silenziosa. Assieme al Sorpasso rappresenta l'apice della carriera di Risi.
MEMORABILE: Al night club tocca ai poveri camerieri sedare la rissa innescata dal protagonista: i neo-ricchi continuano a ballare nella più assoluta indifferenza.
L'odissea di Silvio Magnozzi, un partigiano fervente che una volta finita la guerra constata amaramente che per i suoi ideali non c'è più spazio. Nell'Italia del dopoguerra chi vuole "emergere" deve accettare un compromesso, altrimenti si è esclusi dalla vita sociale ed economica. Il più bel film di Risi, con un Sordi meraviglioso, spontaneo e mai accademico. Bravissima Lea Massari nel ruolo di sua moglie.
Uno dei film, per citare Fofi, che segna il sincero tentativo dell'Albertone (anti)nazionale di rappresentare una sorta di "italica positività". Sordi si cala infatti con generosa credibilità in un personaggio (scritto con passione da Sonego e diretto col malinconico cinismo del Risi migliore), la cui ingenua probità altrove avrebbe (e aveva) contribuito a sbeffeggiare. Parabola e paradigma di un commedia ancora in piena sintonia con gli umori più "sani" del proprio pubblico. Scene da antologia, sempre all'interno però di una trama compatta e sintetica.
MEMORABILE: I vaneggiamenti di Sordi all'uscita del night club, uno dei "rivelatori" soliloqui di Sordi, capace di tirar fuori il peggio (meglio) di sè.
Il miglior film di Sordi e il miglior film di Dino Risi! Uno spaccato di vita del nostro dopoguerra vissuto attraverso il grande Alberto Sordi (Silvio Magnozzi nel film) con poca, ma carica ironia e molta malinconia. Gli ideali del protagonista purtroppo non riescono a prevalere contro l'incontrastabile società del paese. Indimenticabile dall'inizio alla fine. Un capolavoro tutto italiano, da vedere, rivedere e da far studiare anche a scuola! Si imparerebbe moltissimo!
Ah quando il cinema italiano aveva la C maiuscola! Uno stupendo spaccato dell'Italia diretto da un ottimo Dino Risi e interpretato magistralmente da Alberto Sordi e Lea Massari. È un film che "rapisce" lo spettatore dall'inizio alla fine con risate amare e momenti drammatici. Impareggiabile.
MEMORABILE: La cena mentre viene comunicata la vittoria della Repubblica; Sordi ubriaco nel viale.
Assieme al Sorpasso e a In nome del popolo italiano questo splendido film rappresenta lo zenith della filmografia del grande Dino Risi. Attraverso la storia di un uomo "controcorrente", ossia Fulvio Mingozzi, il regista lombardo descrive in modo preciso e senza grinze il nostro Belpaese nel periodo del dopoguerra, soprattutto nei vizi e nelle cattiverie. Uno dei punti di forza del film è indubbiamente la magnifica interpretazione di Alberto Sordi, spontaneo e mai forzato. Bravissima anche Lea Massari.
MEMORABILE: Mingozzi (Sordi) che sputa verso gli automobilisti e inveisce contro dei turisti stranieri; La cena aristocratica; Il finale.
Qual è la “vita difficile” del giornalista Silvio Magnozzi? Quella della Resistenza, della fame del dopoguerra, dell’esclusione, per fedeltà alle proprie idee, dalla festa del boom economico al quale tutti partecipano avidamente oppure quella che scaturisce dall'aver riposto gli ideali in soffitta ed essere diventato il portaborse di un pezzo grosso dell’editoria? Commedia di vocazione civile, organizzata per episodi staccati, un po’ manichea e di scarsa sottigliezza stilistica ma ricchissima di situazioni satiriche brucianti come l'olio bollente.
MEMORABILE: La cena dei monarchici; Magnozzi (Sordi) che sputa alle automobili parcheggiate sul lungomare dopo essere uscito dal night club; Il ceffone liberatorio.
Una vita difficile è sempre stata quella di chi si trova a dover scegliere fra l'onestà nei confronti delle proprie idee e il pane (in senso letterale, non metaforico). Magnozzi, il protagonista, è un idealista, un uomo pronto a sacrificare la sua famiglia pur di non sottomettersi ai ricatti della borghesia truffaldina. Ma la pellicola è anche una storia d'amore e la sua drammaticità è stata volutamente smorzata dalla scelta (non proprio felice) di porre Sordi come protagonista nonché di aggiungere qualche scena leggermente comica e dal finale.
Straordinaria satira al vetriolo di Risi, magistralmente interpretata da un Sordi in stato di grazia. Il suo Silvio Magnozzi, partigiano e idealista che si scontra con la dura realtà dell'Italia in pieno boom economico, è rimasto nella storia del cinema. Ottimi anche la Massari, Fabrizi e il potente corrotto Gora. Una pietra miliare che si apprezza sempre di più a ogni visione.
MEMORABILE: La cena dai monarchici; Sordi a Viareggio sputa sulle automobili che passano; L'acqua di seltz.
Notevole pellicola di Dino Risi, tra le più mature del regista, in cui un bravissimo Alberto Sordi veste i panni di un uomo che non vuole abbandonare i propri principi anche a costo di rimetterci. Sordi vale da solo il film, a partire dal rapporto problematico con moglie (la brava Lea Massari) e suocera, passando per i problemi legati al lavoro. La prima parte è la migliore (la resistenza; monarchia o repubblica; il ritorno a Roma) mentre nella seconda si tira un po' per le lunghe.
MEMORABILE: La cena dai nobili; L'esame all'università.
Una vita difficile è il C'eravamo tanto amati di Risi ma con tredici anni di anticipo. Al solito Sonego traccia un ritratto fedele dell'Italia e dei cambiamenti che attraversa: la Resistenza, il referendum per la Repubblica ma anche la morte di Stalin, fino al "Boom" (che Sordi affronterà con De Sica). Silvio Magnozzi è un personaggio memorabile, partigiano irriducibile, disposto a metter da parte i propri ideali solo per amore e sarà soltanto un attimo. Ottima la Massari, divertente Fabrizi, Gassman e la Mangano in camei di loro stessi.
Con Il sorpasso è il capolavoro di Risi. Classico esempio di commedia all'italiana perfetta nel miscelare satira sociale, comicità e amarezza. Un Sordi più controllato del solito offre un'interpretazione magistrale nei panni di uno sconfitto che ha messo da parte aspirazioni e ideali per sopravvivere nell'Italia del dopoguerra arrivando sino agli illusori anni del boom. Commovente e liberatorio lo schiaffo finale al commendatore Bracci di berlusconiana memoria. Scola lo ha praticamente rifatto moltiplicato per tre con C'eravamo tanto amati.
MEMORABILE: La cena con i monarchici in attesa deli esiti del referendum; Magnozzi che sputa sulle auto di lusso; L'inizio sul lago di Como; Lo schiaffo a Gora.
Un classico noto per i motivi più facili (i monarchici, lo schiaffo), ma da apprezzare soprattutto per il complesso scavo psicologico del protagonista. Chi è Magnozzi? Un fallito (è mediocre come letterato, studente, giornalista) e un vigliacco (il comportamento con la moglie) e, assieme, un uomo capace di incredibili accensioni di coerenza (la galera, i rifiuti a Gora) anche se Risi, crudelmente, insinua che tale qualità sia dovuta al narcisismo più che all'altruismo. Un ritratto di fertile ambiguità, perfetto nel definirsi minuto dopo minuto.
Opera di una finezza psicologica davvero ragguardevole, soprattutto per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi. Sordi dimostra una completezza d'insieme invidiabile, alternando i vari registri con grazia. La sceneggiatura percorre un momento delicato delle sorti del Belpaese riuscendo a ricreare un'atmosfera fitta di speranze e illusioni. La mano di Risi si nota nell'eleganza della messa in scena e nell'impeccabile direzione attoriale (oltre a Sordi molto bene la Massari e Fabrizi). Meraviglioso il finale, che induce a più di una riflessione.
MEMORABILE: Il ritorno nel paese; Le richieste in carcere; Le scene in Versilia.
Ex partigiano vivrà di ideali ma il più delle volte soccomberà. Ritratto (soprattutto del dopoguerra) che mostra i cambiamenti sociali: efficace nell'amarezza di chi non trova le risposte circondato da chi approfitta dei tempi. Sordi evita di gigioneggiare (però con un’ubriacatura di troppo) ed è affiancato da una solida Massari. Qualche schematismo narrativo impedisce una vera disamina d'insieme, anche se i momenti da ricordare sono numerosi e le scene di massa ben girate.
MEMORABILE: L'uscita dal carcere; La sberla della Volonghi; Il cameo della Mangano; Il seltz in faccia; La cena monarchica.
Risi al suo meglio, Sordi quasi, Massari favolosa, Sonego che quasi non sbaglia un colpo: certamente uno dei migliori esempi di amara "commedia all'italiana". Ritratto di una generazione ancorata alla guerra partigiana quando ormai il mondo stava felicemente godendosi il boom: il personaggio di Magnozzi Silvio, piccolo ma grande, a tratti meschino e a tratti nobile, piegato ma non spezzato, riassume in sé i valori ormai miseramente dimenticati ma mirabilmente umani. Qualche scelta più "facile" nel finale non inficia l'insieme da grande cinema.
La migliore interpretazione dell'Albertone nazionale, uno dei migliori film italiani del Novecento. Grazie alla sempre preziosa collaborazione con Sonego (sceneggiatura e soggetto) la pellicola risulta sempre gradevole e vivace, nonostante la durata di quasi due ore e i toni spesso amari delle vicende dei protagonisti. Sordi giganteggia, accompagnato da una splendida nonché bravissima Lea Massari.
Capolavoro senza età, patrimonio del cinema e, in senso allargato, della cultura italiana. Risi fonde abilmente la grande storia (il referendum del 2 giugno, l'attentato a Togliatti) con la vicenda privata di Silvio Magnozzi, giornalista e idealista, sullo sfondo dell'Italia contraddittoria del dopoguerra e della ricostruzione. Sordi è immenso nel tratteggiare un personaggio dalle tante sfaccettature, la Massari al ruolo della vita. Da amare e da guardare con una punta di tristezza, perché oggi film del genere non se ne fanno più.
Commedia drammatica che procede per quadri in cui Sordi disegna uno tra i più sfaccettati tra i suoi personaggi; il protagonista, unico vestito sulla spiaggia di Viareggio come un altro "alieno" di Risi, non è adatto al boom stante il suo idealismo sprecato in progetti inconcludenti (sottolineati dal cinismo del regista); ben servito da validi comprimari come Massari e Fabrizi, il Magnozzi di Sordi, in sostanza un mediocre con un briciolo di etica, verrà surclassato da vedovi allegri, gente con occhio per gli affari e medici disposti a tutto.
MEMORABILE: A Viareggio tra la gente che si gode l'estate il protagonista realizza il suo fallimento.
Da una sceneggiatura profonda e una regia accorta nasce un’opera dalla valenza storica che mostra il cambiamento sociale iniziato con la fine del Secondo Conflitto Mondiale. Il personaggio di Magnozzi rappresenta l’antitesi della trasformazione avvenuta nell’immediato dopoguerra, incarnando colui che rimane aggrappato ai propri ideali, perpetrando le battaglie in cui credeva. Costui non può che essere un perdente, travolto dal conformismo che tutto annichilisce e cancella. Il senso di amarezza è ricorrente e viene enfatizzato dalla validità temporale che amplifica il valore del film.
Capolavoro della commedia all'italiana e forse miglior film di sempre di Dino Risi, anche se nel suo caso è difficile stilarne una classifica di qualità. La storia di Magnozzi, ex partigiano, poi cronista d'assalto osteggiato nel suo stesso giornale; quindi scrittore d'insuccesso, marito e padre inadeguato e infine costretto a prostrarsi al potere dei nuovi ricchi, è l'immagine di certo camaleontismo all'italiana. Sordi è perfetto nel ruolo perché è in grado di interpretare tutte le maschere insieme, pur nei suoi eccessi istrionici. Compreso l'epilogo, un po' teatrale ma efficace.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
CuriositàNeapolis • 13/12/14 17:49 Call center Davinotti - 3260 interventi
La scena degli "sputi" contro le auto di passaggio all'uscita del locale notturno della Versilia, una delle più famose del cinema italiano, non era scritta nel copione ma fu una improvvisazione di Alberto Sordi al momento di girare.
HomevideoRocchiola • 5/04/18 11:21 Call center Davinotti - 1318 interventi
Il DVD della Filmauro tuttora in catalogo è di ottima fattura. Uscito per la prima volta nel 2003 e ristampato recentemente con diversa copertina, utilizza il master della versione restaurata mi pare nel 2000 dall'Associazione Philip Morris Progetto Cinema. Il video è pertanto pulito e privo d'imperfezioni, anche se forse in fatto di definizione potrebbe sicuramente migliorare. L'audio rielaborato in dolby digital 5.1 è discreto e con uscita non troppo bassa. Nell'attesa fiduciosa o meno di un bluray.
Il film è in parte ispirato ai difficili primi anni a Roma dello scrittore e sceneggiatore Rodolfo Sonego, diventato in seguito fidato collaboratore e sceneggiatore di Sordi. Fonte: http://www.puntocultura.it/2014/02/fu/
In blu ray per la francese Studio Canal , con audio italiano. Disponibile dal 23/11/2022
DiscussioneReeves • 30/03/23 13:43 Contratto a progetto - 789 interventi
L'ufficiale nazista cridele e spietato è interpretato da Borante Domizlaff, che era effettivamente stato un ufficiale tedesco durante la giuerra e che era stato coinvolto nel processo per la strage delle Fosse Ardeatine come assistente del cimandante nazista Kappler.La sua storia è raccontata da Mario Tedeschini Lalli nel libro Nazisti a Cinecittà
CuriositàApoffaldin • 8/02/25 14:30 Pulizia ai piani - 262 interventi
IL GALEONE E IL BAMBINO
Le riprese del film a Viareggio si svolsero fino a tutta la prima metà del settembre 1961. L'ultima scena girata fu quella nel ristorante all'interno del galeoneSanta Monica (vedi segnalazione di Andygx in Location), "attraccato nella darsena da otto mesi". L'imbarcazione era l'imitazione di un galeone spagnolo del diciassettesimo secolo. Alla scena prendevano parte Alberto Sordi e PaoloVanni che interpretava il ruolo del figlio. Il vero padre di Vanni era un appassionato di fotografia che aveva portato il bambino con sé per fargli vedere Alberto Sordi. Tre anni prima il piccolo aveva vinto la medaglia d'oro per "il bambino più bellodella Versilia".
FONTE: U.N., Ilpiù bel bambino della Versilia è ilfiglio di Sordi "giornalista", in Corriered'informazione, 19-20 settembre 1961, pag.11.
CuriositàApoffaldin • 8/02/25 14:36 Pulizia ai piani - 262 interventi
IL MATRIMONIO E L'ATTENTATO A TOGLIATTI
La scena del matrimonio tra Sordi e la Massari e quella successiva in piazza del Campidoglio con l'annuncio dell'attentato a Togliatti (vedi segnalazione di Samuel1979 in Location) furono girate l'11 ottobre 1961.
FONTE: Movimentatissime nozze di Sordi con LeaMassari, in Corriere d'informazione, 12-13 ottobre 1961, pag.13.