Un bellissimo classico, di intensa poeticità, diretto e interpretato da Truffaut, con il piccolo Jean Pierre Cargol nel ruolo dell'enfant sauvage e la partecipazione di Jean Dasté, vecchia gloria del cinema francese. Il rapporto tra natura e cultura secondo l'ottica razionalistica di fine Settecento, oltre al tema dell'infanzia, onnipresente in Truffaut. Da vedersi in parallelo con il più cupo e pessimistico L'enigma di Kaspar Hauser di Werner Herzog.
Bellissimo e commovente. Quasi un‘apologìa, post-Bastiglia, della Dea Ragione. Interpretazione dello stesso Truffaut che è la quintessenza dell’approccio razionale e positivista. Sobrio, al limite del secco, nell’esposizione e nella giusta (=limitata) durata, non è comunque privo di elementi di vivida commozione. Film come questo ci fanno dimenticare Domenech "et similia" e ci fanno ringraziare la Francia di aver fatto la Rivoluzione e di avere inventato il Cinema, oltre ("ça va sans dire") di aver fatto nascere Truffaut.
Nel '700 un medico francese prova a educare un ragazzino trovato nei boschi. Film apparentemente gelido e "oggettivo" nel suo pulito b/n. Ma lo scontro tra il "padre", imbevuto di cultura e scienza, e il "figlio" ribelle, partorito da una natura quasi ostile, è incandescente e sembra esplodere da un momento all'altro, sotto la buona educazione illuminista della provincia francese. Una storia vera che è anche un grande apologo, realizzato magnificamente da Truffaut, che non a caso ci ha investito al punto da volerne essere l'attore principale.
Interessante film, ispirato ad una storia vera e connotato da uno stile essenziale e quasi documentaristico. Truffaut decide appunto di evitare inutili divagazioni concentrandosi unicamente sul tema principale (l'educazione del "ragazzo selvaggio"), chiudendo il tutto con un finale aperto ma ottimista. Ottima l'interpretazione del piccolo Jean Pierre Cargol e bravo anche Truffaut nei panni del dottore/educatore.
Un film particolare, per alcuni aspetti mi ricorda La donna scimmia di Ferreri, che Truffaut sviluppa con taglio quasi da documentario (che onestamente rende la fruizione prolissa) e la sua personale delicatezza. L'interesse aumenta quando ai primi successi dell'opera del professore si contrappone l'istintivo richiamo del piccolo a tornare nel suo ambiente naturale: belle le scene di Victor sotto la pioggia o sotto la luna. E la domanda sorge spontanea: è giusto educarlo?
Dalle memorie del dottor Jean Itard, uno dei padri nobili della pedagogia, Truffaut ricava un film coscientemente freddo nella confezione e tagliente nei confronti dell'approccio scientifico accademico (una polemica sottesa a parecchie pellicole del regista francese, insofferente nei confronti della critica cinematografica "ufficiale"). Poco convincente e legnoso il Truffaut interprete (mentre il piccolo Cargol è intenso e credibile), preziosa la fotografia semi-documentaristica dello specialista del B/N Nestor Almendros (La camera verde).
Film pedagogico di Truffaut a base di educazione e natura. Il ragazzo selvaggio è la domanda senza risposta (o forse sì) del fatto se sia giusto o meno educare qualcuno ai nostri canoni di vita. Attualissimo (anche la nostra società occidentale cerca costantemente di educare democratizzando ogni civiltà diversa) e intenso, gode della realistica interpretazione del "selvaggio" Cargol e di una narrazione documentaristica ma non prolissa.
MEMORABILE: I "progressi" del giovane selvaggio e la gioia del professore.
Truffaut ci racconta con sguardo quasi documentaristico gli sforzi eseguiti dal dottor Itard (il soggetto è tratto da scritti di questi) per "recuperare" un ragazzo trovato casualmente nelle campagne francesi in stato animalesco. Incredibile l'interpretazione che fornisce Jean-Pierre Cargol (Victor, il ragazzo selvaggio), sembra quasi che egli abbia vissuto in quella condizione, mentre lo stesso Truffaut impersona il dottore che lo segue. Interessante confrontarlo con L'enigma di Kaspar Hauser, che con diverso approccio tratta lo stesso tema.
Capolavoro del cinema sull'educazione. Truffaut gira con ascetica freddezza e, accettando di interpretare il ruolo dell'istruttore, dimostra per l'ennesima volta una capacità di mettersi in gioco rara in Arte come nella vita. Il percorso pedagogico Itard-Victor è viziato dall'anaffettivita, patologia di cui il maniacale Maestro pare più affetto che il selvaggio ragazzo (fenomenale la veridicità di Cargol). Ma vero atout dell'opera è il suo essere la variante più estrema del tema Truffautiano per eccellenza: il rapporto letteratura-cinema-linguaggio.
MEMORABILE: L'ossesiva presenza del Diario di Itard; Il meraviglioso b/n di Nestor Almendros; Le chiusure ad iride; "Domani continuiamo con gli esercizi".
Nel 1800 un ragazzo viene ritrovato nella campagna dell'Aveyron e messo in cura dal medico Itard, che studierà il suo caso arricchendo del suo contributo la pedagogia mondiale. Truffaut mette in scena un fatto vero e cerca di stare sul didascalico (suggerito anche dal b/n), ma è chiaro che la storia, di per sé, non può non colpire e i risvolti drammatici si fanno presto sentire sullo spettatore, nello speciale rapporto tra questo bambino e il medico (interpretato dallo stesso Truffaut, che come attore dà quell'emozione che cerca di trattenere come regista).
Un interessante antesignano di Tarzan. Girato come se fosse un misto fra un documentario e un film; la trama non arriva da nessuna parte, facendo vivere solamente gli studi e i progressi che il ragazzo selvaggio compie, affidato alle cure di un giovane dottore. La regia, appunto fredda e neutrale, lascia completo spazio allo spettatore per farsi un'idea sulla questione, senza condizionamenti: è giusto civilizzare forzatamente il ragazzo? È giusto il metodo affrontato?
Alla fine del 700, un ragazzino inselvatichito trovato nei boschi, dapprima esibito come curiosità, acquista i primi rudimenti culturali e morali con la guida di uno studioso parigino e le amorevoli cure della governante di questi. Racconto che prendendo spunto dalla reale vicenda di Victor de l'Aveyron, diventa un apologo sull'educazione come mezzo per emancipare l'uomo dallo stato di natura, in cui è libero da costrizioni ma anche inconsapevole di sé, incapace di distinguere il bene dal male, privo del senso della giustizia. Prezioso il b/n di Almendros, musiche di Vivaldi.
Notevole film in cui Truffaut affronta i temi più cari e congeniali al suo cinema: l'infanzia e la sua educazione, l'istruzione, i libri. Lo fa con grande sensibilità, riuscendo a porre allo spettatore diversi interrogativi a cui però non dà risposte precise e irremovibili: piuttosto preferisce, meritoriamente, sollevare dubbi che scuotono anche chi è convinto delle sue idee. Come sempre accade nei film del grande regista francese è difficile non emozionarsi ed i momenti che restano nella memoria sono diversi. Grande regia per un gran film. Due splendidi concerti di Vivaldi in colonna sonora.
MEMORABILE: Victor mostra di aver assimilato il senso della giustizia.
Truffaut ci racconta una storia vera e lo fa talmente bene che spesso dimentichi di guardare un film. Sarà per le tinte mockumentary, coadiuvate dal bianco e nero e da una pellicola a tratti sporca. La vicenda è di quelle che non si dimenticano, e le domande che suscita molte, con risposte spesso controverse. L'adolescenza e l'educazione sono temi cari al regista, che qui affronta con la visione e le conoscenze del 1800, rendendo onore al gran lavoro di Jean Itard, il pedagogista che interpreta. Breve ma potente ritratto di una vita straordinaria.
La vicenda reale di Victor de l'Aveyron, ragazzino trovato nei boschi del Massiccio Centrale, vissuto in solitudine fino al suo ritrovamento. Affidato poi alle cure di un pedagogista, di cui Truffaut ne veste direttamente i panni e della sua materna governante. C'è disequilibrio tra adulti e bambini: sono i primi a essere quelli più mostruosi, incapaci, dei selvaggi emozionali. Il film è girato quasi come un documentario, dai tratti vecchi e sciupati: questo ne aumenta grandemente il coinvolgimento.
Uno dei punti più alti della filmografia di Truffaut, che qui riprende una storia vera del Secolo dei Lumi densa di spunti sulla forza e sui limiti (anche etici) della scienza e dell’educazione di fronte alla natura, temi coinvolgenti per il regista che non a caso sceglie di vestire anche i panni del medico-precettore del “figlio di madre Natura” (interpretato da un prodigioso Cargol), visto in tutta la sua dignità e potenzialità umana (quest’ultima rimarcata nel finale sospeso). Suggestiva la fotografia “sporca” in bianco e nero, resa ancora più poetica dalle musiche vivaldiane.
MEMORABILE: La carriola; L-A-I-T; La corsa di Victor sotto la pioggia; L’esperimento sul senso di giustizia.
Educatore si prende cura di un ragazzo trovato nei boschi. La trama racconta la quintessenza dell'educazione, passando attraverso le convenzioni e i rituali, con un bambino che mantiene le sue connotazioni infantili e ha bisogno dei suoi tempi per maturare. Truffaut si mette nei panni del mentore e sa essere convincente anche quando critica alcuni metodi. Notevole il giovane protagonista nel suo essere primordiale e selvatico. Le lezioni impartite hanno un'ottima fluidità e non appaiono schematiche.
MEMORABILE: Il furto della gallina; L'alfabeto di legno; La stanza buia per la punizione.
La successione degli eventi, serrata e inesorabile, coglie insieme l'ardore della ricerca e il ritmo vitale dello sviluppo. Il tempo ha dato ragione a Truffaut: anche alla luce dei più moderni apporti pedagogici, il film rimane attuale nel rilevare l'efficacia e i limiti di una progettazione educativa scalare, basata sull'evidenza scientifica, ma ignara del trauma emozionale (e spirituale) fondativo. La funzione materna delegata a Madame Guérin rivela l'incompetenza emotiva del Dottor Itard. Un film perfetto, dal limpido rigore formale.
MEMORABILE: Itard, impotente davanti alle crisi emotive di Victor, chiama madame Guérin; La nascita del senso morale; Victor sotto la pioggia battente.
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Incluso nel cofanetto a prezzo economico François Truffaut DVD Collection (7 DVD) in uscita per MGM/Fox il 17 giugno.
CuriositàDaniela • 5/08/16 11:44 Gran Burattinaio - 5946 interventi
Per la vera storia di Victor de l'Aveyron, il ragazzino undicenne catturato nel 1799 nella regione del fiume Tarn del Sud-Ovest della Francia, si può vedere qui (lingua francese) oppure qui (lingua inglese).
DiscussioneZender • 5/08/16 17:13 Capo scrivano - 48693 interventi
Daniela, ma non eri tu che avevi chiesto come si fa a mettere i link nel testo e renderli attivi e te lo si era spiegato? O confondo con qualcun altro? Se eri tu mi sa che te l'abbiamo spiegato male...
DiscussioneDaniela • 5/08/16 20:44 Gran Burattinaio - 5946 interventi
Zender ebbe a dire: Daniela, ma non eri tu che avevi chiesto come si fa a mettere i link nel testo e renderli attivi e te lo si era spiegato? O confondo con qualcun altro? Se eri tu mi sa che te l'abbiamo spiegato male...
buona la seconda, ho provato qualche post fa senza riuscire, allora ho rinunciato, a richiedere nuovamente spiegazioni mi sentivo troppo tontolona.... :o(
DiscussioneZender • 6/08/16 09:02 Capo scrivano - 48693 interventi
Mai paura a chiedere Daniela, significa sempre che evidentemente non sono stato in grado di spiegare. Riprovo con un'immagine.
In pratica devi selezionare una parola (in questo caso "spiegazione") poi cliccare B e boldarla, quindi selezionare tutto (le B comprese) e cliccare C facendo comparire gli URL. A quel punto aggiungi un uguale dopo il primo url e di seguito il link che vuoi linkare e fine.
Salvati magari quest'immmagine qui sotto e dovresti riuscire a farlo senza problemi.
DiscussioneDaniela • 6/08/16 10:08 Gran Burattinaio - 5946 interventi
grazie Zender, immagine salvata, speriamo bene per la prossima ;o)
CuriositàZender • 2/11/20 14:49 Capo scrivano - 48693 interventi
Steven Spielberg ha detto (intervista sul bluray di Incontri ravvicinati) di aver voluto fortissimamente Truffaut per Incontri ravvicinati del terzo tipo dopo aver visto questo film, in cui lo trovava straordinario e assolutamente perfetto, come attore, per il ruolo che serviva a lui (il dottor Lacombe).