Una ragazza è tormentata da una sorta di amico immaginario che comincia a far fuori dottori e dottoresse legate a un passato sconosciuto. Wan torna all'horror con una storia accattivante, che all'inizio non si capisce che piega può prendere intrigando molto, per poi sfociare in direzioni prevedibili ma con stile e con momenti splatter davvero riusciti e scatenati. La Wallis offre una performance controllata, non esaltante ma corretta, seguendo un copione che conta più di chi lo mette in scena. Regia buona, ritmo in crescendo.
Horror che cerca di disorientare lo spettatore con diversi cambi di rotta; parte con le tipiche suggestioni da ghost-story del cinema di Wan, si trasforma ben presto in uno slasher soprannaturale con un killer misterioso e infine innesca uno dei twist più vecchi del mondo, andando a recuperare un tema classico del genere. Da quel momento si scade però nella baracconata, tra i discorsi del mostro che scatenano il ridicolo involontario e esplosioni splatter tutte in CGI; non servivano due ore per questa minestra riscaldata che a tratti fa cascare le braccia, rasentando il trash.
Che idea! No, non il pezzo dei vetero-progster New Trolls, ma quella che James Wan (assieme ad Akele Cooper ed Ingrid Bisu) s'è fatto venire per questo suo ritorno all'horror - finalmente - scollegato da alla saga del Conjuring Universe. Sì, si parla di un'dea e di un concept, ma purtroppo quello che nelle mani di un David Cronenberg o di un Clive Barker d'annata poteva trasformarsi nell'ennesima freccia impazzita di body horror, con Wan su di giri diventa il solito videogame (vedi la sparatoria nella stazione di polizia e la chiusura...). Occasione mancata.
Madison (Wallis) ha due problemini comuni a molte protagoniste dell'horror contemporaneo: è tormentata dalla voce di una presenza chiamata Gabriel (nomen omen) che non solo ha il vizietto dell'omicidio cruento, ma anche la capacità di farvi partecipare Madison come spettatrice... Per quanto l'operazione sia una spadellata di luoghi di genere più o meno comuni, lo script di Akela Cooper non è privo di passaggi piuttosto interessanti. Il problema è, semmai, la regia bombastica di Wan, che sottrae terreno all'immaginario psicosomatico a beneficio di una perpetua spettacolarizzazione.
MEMORABILE: L'omicidio di Florence Weaver (McKenzie).
James Wan dirige con mano sicura un divertente horror in cui cita di tutto di più (Argento, Dante, Cronenberg, Romero). Siamo quindi di fronte a un solido prodotto di serie B (anche se ad alto budget) da guardare per puro e semplice intrattenimento (in questo senso l'ultima mezz'ora è veramente spassosa). Per contro sono da segnalare una sceneggiatura debole e confusa, dialoghi un po' assurdi e un cast non proprio ispirato. Buon livello di splatter e tanti effetti speciali, anche se l'eccesso di digitale mortifica un po' il risultato.
MEMORABILE: La sequenza nella cella e quella successiva nella stazione di polizia.
Inizialmente non si capisce bene dove voglia andare a parere questo nuovo incubo di Wan, e nella prima parte si respira una certa aria di stanca e di déjà vu dell'uomo nero. Poi il colpo di scena che va a pescare direttamente da quel cinema incentrato sul lato oscuro e cose simili (viene in mente la scena dell'occhio nel cervello ne La metà oscura) con una certa estetica alla The ring (la vhs con l'intervista nella clinica e il gusto per le movenze aracnidee, i capelli), a cui la regia efficace e professionale dà un po' di nuovo smalto (con alcune scene realmente inquietanti).
MEMORABILE: La scena inquietante nella vhs in cui viene ripresa la schiena della ragazza.
Incredibile dispendio di mezzi e denaro per questo nuovo ridicolo horror di James Wan: effetti speciali, fotografia scintillante, mirabolanti coreografie. Il tutto per una storiella raffazzonata su un parto sbagliato, amici immaginari e... meglio non dire altro. Quasi due ore caratterizzate da sbadigli e occhi sgranati, incredulità e brividi lungo la schiena da sensazioni "sbagliate"; ottimo gusto anche nel commento musicale, a metà tra industrial anni '90 e un pezzo dei Pixies. Ma la scelta è giusta: si abbina al poco senso di tutto il film. Da evitare.
MEMORABILE: Ogni volta che parte il tema abbinato al grido della protagonista; La sequenza action con gli omicidi plurimi.
Donna pluri-traumatizzata che vive in una casa come quella di Norman Bates è perseguitata dall'amico immaginario della sua infanzia, un tizio con i superpoteri... L'abilità di Wan nel mettere in scena i suoi incubi è difficilmente contestabile ed infatti anche qui non mancano le sequenze visivamente impattanti, innestate però su una trama pasticciata e in fondo prevedibile, nonostante i vari tentativi di depistaggio, con personaggi mal definiti (la protagonista smemoranda) oppure ridicoli (i poliziotti), a conferma dei limiti del regista. Cast poco brillante, epilogo assurdo.
L'attesa del ritorno di Wan alla regia, dopo un periodo come produttore di pellicole di dubbio valore, lascia l'amaro in bocca già dopo poco. Nonostante una partenza che faceva sperare in una volontà di approcciarsi al thrilling, ben presto la trama appare prevedibile e improbabile, sorretta da personaggi mal disegnati e una regia troppo presa dal voler stupire a tutti i costi. Alcune intuizioni meritano almeno una visione. Peccato.
James Wan si fa improvvisamente memorialista, evocatore di atmosfere passate, capace di far contorcere nell’involucro del mainstream la maestosità del buon vecchio cinema genere. "Malignant" mette in scena l’empowerment femmineo, non ha il coraggio di abbattere tutte le regole pre imposte ma si porta a spasso lo stereotipo con prepotenza e sense of wonder. Annabelle Wallis è un’ardita fusione tra un’iniqua virago e una tormentata apparizione. Plauso per la soundtrack, le scenografie e gli effetti speciali.
Incredibile commistione di horror e azione in un film senz'anima, fatto prevalentemente di effetti digitali di scarsa fattura e "arricchito", qualora ce ne fosse bisogno, da musiche fastidiosamente invasive. La recitazione lascia a desiderare e dal punto di vista della sceneggiatura si raggiungono i cliché più ridicoli che si possano immaginare per un film del genere.
Quanto talento al vento. Ce lo siam giocato, Wan: chi ci deathsentenziò è oggi ridotto ad apprendista spiegone, maratoneta dal passo più lungo d'ogni arto mancante, henenlotterizzato alla N tra omofagia intrauterina e miglior nemico immaginario. Esito? Un bengodi di toyview in narrativo ostaggio di un ridicolorama che fa sentire trollati, cui il cast stesso fatica ad aderire. Altro che soggezione, è dura non spernacchiare questa blockbusterizzazione del b-movie con un n.2 alle porte, si spera blindate. Torna all'action-drama, James. O almeno a Sawcrate. Dopo tale strazio, ce lo devi.
MEMORABILE: La doppia Emily dalla soffitta con Where is my mind a dargli di tacco e di punta: fuoco a volontà di risate, "maddai!" e musica labiale.
La buona novella è che Wan, liberandosi finalmente di vestaglia e pantofole e uscendo dal comfort del Conjuring Universe, ha recuperato un po' di sfrontatezza. Quella meno buona è che agli illuminati propositi non corrispondono pari risultati: se il pandemonio all’inizio è anche gradevole (slasher, home invasion, soprannaturale e crime... non ci facciamo mancare nulla), dopo un twist così fanfarone da sconfinare nella genialità tutto si smarrisce nel tricche tracche e bombe a mano e in una esagerata e rumorosa spettacolarizzazione. La Wallis straborda. Effervescente innaturale.
Nasce da un abuso e risorge da un trauma. È il nuovo baubau del cinema horror mainstream, un paradigma dark-pulp che onora fin da subito l’etica del genere. La regia di James Wan si divide tra lo sfarzo della CGI e la semplicità dell’artigianato, proponendo un’intrattenimento ad hoc e un incalzante quadro narrativo che, per una volta, cerca soluzioni insolite e straordinariamente sopra le righe. Elettrizzante soundtrack firmata da Joseph Bishara.
Una donna ha visioni riguardanti omicidi e ciò la porta a scoprire lati bui del suo passato. Sarebbe un buon horror se la prima parte fosse meno contorta. Nella seconda, invece, l'interesse decolla portando fino a un colpo di scena tutto sommato accettabile. Suspense e tensione dosate bene. Regia efficace di Wan, con momenti che rasentano il cult (si veda lo sterminio nella cella).
Dopo un inizio quasi accettabile, con la presenza di una figura tenebrosa e capelluta che si manifesta attraverso turbolenze elettriche e parla "per bocca" di frequenze radio, si palesa l'inconsistenza di una trama messa giù per giustificare effetti speciali mediocri che va avanti a forza di spiegoni, riepiloghi e anticipazioni che tolgono quel minimo di suspense e rendono tutto più che prevedibile, finale "aperto" compreso. Si alternano maldestramente action e psicodrammi metafisico-familiari affidati peraltro a un cast che nulla può contro un plot che si spera la pianti lì.
La Metà oscura (qui all'ennesima potenza) insegna. E questo non colloca la pellicola nello spazio dedicato ai rari prodotti originali. È girata sì con un certo mestiere, ma solo qua e là fa respirare un po' di tensione, naturalmente quando sta per entrare in azione... Detto ciò, a parte i vecchi video esplicativi della reale (si fa per dire) situazione e un paio di scene visivamente impattanti, grazie soprattutto al non nuovo utilizzo della disarticolazione, il resto lascia poche tracce nella memoria. Si può comunque vedere, ma come film kleenex, guarda e getta.
MEMORABILE: In "compagnia" nel letto; "È il momento di estirpare il cancro"; In cella (non stuzzicare il... che dorme).
Tumorale, cerebrale ma non troppo o forse appunto d'avanzo almeno a tratti, il cinema di James Wan conferma anche qui le proprie dinamiche rimasticazioni dei classici stilemi orrorifici con le annesse e connesse escrescenze ridondanti quando non futili. Il segreto resta un interesse (s)costante e bradisismico che ammali(gn)a e turlupina al contempo, ovvero dove De Palma e Cronenberg si davano la mano e parlavano assieme dell'ultimo slasher nuovo buono fatto apposta. Terribile la parte investigativa, disturbante davvero il "siamesismo" Gabriel/Madison con trucchi che rendono inquieti.
Omaggio di Wan al cinema anni 80 del grande Henenlotter, questo ritorno all'horror (classico ma anche moderno, citazionista il giusto) rappresenta un altro colpo riuscito per il regista neozelandese. La sceneggiatura magari perde qualche colpo strada facendo, ma il primo twist è scontato ma efficace (la caduta dalla soffitta), il secondo quasi sorprendente (il doppio) considerando il target. Di fatto Wan gira un B-movie ma riesce a spacciarlo per un film mainstream. Regia e fotografia di buon livello, adeguato il cast.
MEMORABILE: "Where is my mind" (scelta non casuale visto il tema); La caduta dalla soffitta.
Wan sembra abbia l'intento di girare un film double face, come la storia che racconta. Prima parte quasi gotica, stilisticamente impeccabile e seconda che vira sul registro del film d'azione, trasformando tensione e angoscia dello spettatore in adrenalina da pop corn. Peccato che questo accada quando inizia a svelarsi l'elemento narrativo più interessante del film, che avrebbe meritato un trattamento alla Cronenberg piuttosto che sulla falsariga dei Marvel. Finale poi quasi ridicolo, per quanto interessante era stato l'incipit.
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