Note: Nella versione italiana la voce di Samantha (nell'originale Scarlett Johansson, che non appare mai in video) è quella dell'attrice Micaela Ramazzotti.
Un futuro prossimo in cui tutto è praticamente uguale ad oggi tranne qualche videogioco interattivo e una discutibile moda che prevede pantaloni ascellari di dubbio gusto. Poi però ci si accorge di una novità non da poco: in vendita c'è un nuovo sistema operativo che non solo ti parla ma ragiona, pensa, si emoziona e ama come un perfetto essere umano, e costa evidentemente persino poco, vista la diffusione! Dal punto di vista della credibilità siamo più o meno dalle parti della fantascienza che ci mostrava la luna irritata col razzo piantato nel'occhio; ma il problema non è tanto questo,...Leggi tutto quanto il fatto che dietro a un'idea che pare un residuato degli Anni Ottanta c'è davvero pochissimo: si puntava molto sulla voce della Johansson, ma in Italia ci han piazzato la Ramazzotti che quanto a spontaneità (per quanto possegga indubbiamente una bella voce), con quelle risatine infilate a forza dappertutto non pare esattamente lo stesso. Joaquin Phoenix, che di volta in volta sceglie un diverso abito rosso per caratterizzare almeno esteticamente il suo anonimo personaggio, subisce il fascino e l'invadenza del nuovo sistema operativo e in breve ci finisce pure a letto in una ridicola scena d'amplesso virtuale che rasenta il trash. Il resto sono soprattutto affettuosi scambi di complimenti, qualche spaurita riflessione implicita sulla normalità con cui si rischia di accettare un rapporto tanto "atipico" e ben poche idee in grado di dare un vero senso al tutto: di scene come quella in cui una ragazza si presta ad interpretare il "corpo" del sistema operativo per agganciare le due diverse realtà ce ne volevano un bel po', soprattutto per raggiungere le due ore; invece ci si limita a volare bassi, a una ricognizione superficiale di un fenomeno in ascesa (il rapporto "virtuale", pur se non così estremizzato, è componente fortissima del nostro presente), a qualche battuta accennata avvolgendo il tutto in una sorta di ovatta d'autore, in cui voci e musiche soavi si confondono in un chiaccericcio sempre uguale o quasi, a un gioco di botta e risposta scontato, agli interventi di un'amica dolce e disillusa (Amy Adams); e poi via verso un finale in cui i limiti di un rapporto simile vengono inevitabilmente a galla. Si apprezzano la grazia e la delicatezza con cui Jonze dirige, la bravura di Phoenix nel mantenere bassi i toni e nel mostrarsi spaesato al punto giusto, ma l'Oscar alla sceneggiatura – ad esempio - pare francamente un'esagerazione.
Può un uomo innamorarsi di un'intelligenza artificiale evoluta e dalla voce di velluto? Naturalmente sì, se la tecnologia è avanzata al punto da farlo riflettere su sè, i suoi errori, nonché aiutarlo a progredire ed esprimere. Dobbiamo abituarci al futuro e inserire il web nelle nostre relazioni umane: questo è uno dei significati del film. A volte un po' troppo mellifluamente romantico, ma comunque una buona pellicola, attualissima.
Tenue e straniante storia d'amore immersa nel futuro (prossimo) nel progresso e nell'umanità, proiettata e aperta a un'alchimia uomo/tecnologia al servizio dei rapporti interpersonali e dei sentimenti, parole e voci che soavi cercano di accarezzarli posandoli sul fondo del cuore rivelando così lo spirito, il vero Io di chi è in grado di accoglierle, ascoltarle. Fare pace col passato, rimuoverlo e proseguire andando incontro al presente, chi siamo e come possiamo cambiare in base a quello che ci circonda, caratterizza il nostro vissuto. Romantico.
Theodore per mestiere scrive lettere per chi non sa esprimere i propri sentimenti di amore o affetto, ma nella vita reale non è dissimile dai propri clienti. La relazione con Samantha cambierà la sua vita. Samantha è un sistema operativo... Fantascienza molto prossima, tutta proiettata sul peso della parola a discapito dell'immagine, cosa che forse rende la proiezione meno verosimile ma senza compromettere il film, matura riflessione sulla sostanza dell'amore, coinvolgente ed imprevedibile nei suoi sviluppi come in ogni relazione umana. Convincenti Phoenix e Johansson, voce e anima di Samantha
MEMORABILE: Quando Theodore realizza di non essere l'unico uomo nella vita di Samantha
Alla fine è la componente umana che ci distingue, o che ci accomuna. Jonze ci proietta nel futuro coi toni caldi degli anni 60, dove i sentimenti erano più liberi e spiazza ancora con colpi di genio (Isabella) trattando il banale “amore” con una delicatezza che ricorda Se mi lasci ti cancello. E il Phoenix innamorato sembra Carrey. Come note: scambi di battute a volte troppo elaborati o prolissi, il senso di straniamento nella stanza visto in Lost in translation, finale in stile Antonioni.
Un uomo solo e depresso, uno scrittore di lettere per conto terzi, si innamora di un sistema operativo con intelligenza artificiale evoluta e voce molto sexy, capace di interagire in modo imprevedibile col protagonista fino a sviluppare un rapporto di amorosi sensi. Idea non nuovissima, ma ben sviluppata, con coraggio, e con riflessioni non banali. Nonostante si tratti di materia senza alcun rilievo filmico-visionario, l'operazione è intelligente ed efficace. Perfino commovente, e non era facile.
In un futuro non così remoto l'uomo si trova a conversare con una macchina come se fosse reale, una persona in carne e ossa. Spike Jonze analizza tale rapporto a fondo, fino a rivelarne l'incredibile paradosso. Un film romantico (stupenda la fotografia che ne trasmette la sensazione) e one man show da una parte, one girl show dall'altra. Peccato per un calo di tensione poco prima del finale. Comunque molto buono.
La ricetta? Prendere un sorprendente Phoenix dopo aver "nerdizzato" il suo look e una suadente voce femminile (nella VO la Johansson fa un ottimo lavoro). Usare vivi colori e spazi luminosi per caratterizzare un'umanità, nemmeno troppo lontana, dove la crisi di rapporti interpersonali viene risolta senza drammi con l'ausilio di intelligenze artificiali (altro che cani e gatti..). Jonze mixa il tutto con sensibilità, modulando tempi e toni espressivi in modo che non siano mai lenti o nevrotici.
Da un Oscar come miglior sceneggiatura originale m’aspettavo un film coinvolgente, tanta l'immaginativa; invece ci troviamo il solito trentenne depresso che, in un futuro indefinito, s'innamora di un software pensante con voce femminile; d'accordo, e dov'è la novità? Il Sordi di Io e Caterina non aveva espresso in maniera lungimirante lo stesso concetto? Forse in lingua originale il film ci guadagna (la voce biascicata e le continue risatine singhiozzanti della Ramazzotti ci riportano a una realtà italica che sminuisce il tutto).
In un futuro - o meglio dopodomani - con nulla di futuristico o distopico ma dai toni pastello sixties, Theodore, che di lavoro scrive belle lettere d'amore conto terzi, vive in solitudine. Si innamora di un incorporeo sistema operativo, cioè della calda voce della Johansson che sviluppa un'intelligenza tutta sua. Nessuno si stupisce di questo rapporto e proprio qui sta la forza (o difetto?) del film: parlare di una storia d'amore normale, che si incrina per i soliti motivi, cambiare e soprattutto non essere unici e darsi in tutto e per tutto all'altro.
MEMORABILE: Il sistema operativo, attraverso un orgasmo, "sente" il proprio corpo; Lo schermo è nero, solo le voci dei protagonisti fuori campo; Arcade Fire!
Solo apparentemente un fantascienza banale (in diverse circostanze gente rideva in sala). La riflessione di fondo sui rapporti umani e sulla natura dell'innamoramento è il sottotesto davvero interessante, quello che a valle di una buona storia, condotta su un buon ritmo e con una bella fotografia, lascia quel retrogusto saporito che ti fa venir voglia di chiacchierarne o di fare due passi e pensarci su.
D'accordo, al netto delle ambizioni filosofiche (risolte solo in parte e spesso addizionate per smania di completismo) rimane la classica parabola di riabilitazione sentimentale, nel quadro del solipsismo contemporaneo: a fare la differenza è una capacità non comune di definire e lasciare affiorare i sentimenti, cui un sempre più bravo Joaquin Phoenix dona volto e anima e che la regia (con singolare sobrietà stilistica) segue, scruta, sorprende, mette al muro. Scritto benissimo - un bildungsroman che si crogiola nella melanconia del cyberspazio - è una prova di maturità per l'eclettico Jonze.
L'amore nell'era delle macchine ribelli (o meglio, delle voci ribelli delle macchine) porta a un film interessante, dall'atmosfera sognante e dolceamara, non senza un paio di cadute (l'erotismo vocale) ma con una raffinata confezione e un Phoenix che si conferma tra i migliori attori attualmente sulla piazza. Il discorso si sviluppa lentamente affrontando tutte le tappe necessarie, anche se, quando colei che "non sapeva di saper suonare" esordisce con un brano al pianoforte, il mancato déjà-vécu diviene subito déjà-vu (per lo spettatore).
MEMORABILE: I flashback onirici con la ex, anche se il fatto che a impersonarla vi sia l'amata Rooney Mara potrebbe aver influito sulla scelta.
Spike Jonze è riuscito a creare un piccolo gioiello dando vita a un film futuristico senza scadere in cliché dell'ipertecnologico con macchine volanti od ologrammi, ma dipingendo una realtà "possibile" con costumi e scenografie ispirati a vecchie mode che tornano e in cui il rapporto con la tecnologia è sempre più accentuato a discapito dei rapporti sociali umani, a tal punto che non fa scalpore sapere che un essere umano si innamora di un sistema operativo, che ha una sua coscienza e una sua intelligenza, ma resta sempre un computer. Un tema molto attuale.
MEMORABILE: Quando Theodore non riesce ad accedere a "Samantha".
Si può accettare come metafora. Metafora di che cosa? Non lo so. Qualsiasi cosa si possa dire è subito luogo comune, peggio una scemenza. Si potrebbe dire che rappresenta il presente, non tanto un futuro più o meno prossimo, con l'aggiunta della "trovata" di fare il virtuale del virtuale, dando all'intelligenza artificiale la possibilità di crescere anche nei sentimenti, cosa che senz'altro può essere fatta. Una pazzia certo, a meno che non la si veda come terapia per disadattati psichici, cioè tutto il mondo. Buona fotografia urbana di Shanghai.
Deludente: ed è dire poco. Tutta ruota attorno ad un'unica idea (peraltro: è poi così
bella ed originale?) che viene sfruttata oltre modo e che viene ravvivata (poco) solo qua e là. Momenti irresistibili non ce ne sono: in compenso le pause abbondano. Il meglio è rappresentato dalla straordinaria voce della Johansson che fornisce una grandissima prova. Ovvio che chi lo vede in italiano e deve sorbirsi la Ramazzotti...brrr, mi vengono i brividi. Alla fine la montagna partorisce il solito topolino-ino-ino. Se questa è la migliore sceneggiatura originale americana dell'anno...
Una delle più grandi soddisfazioni per un cinefilo è quella di trovare un autore che ti entra dentro, che ti emoziona e che ha la tua stessa idea di cinema. Per me è Spike Jonze. Lei è un capolavoro di scrittura, un racconto delicato di un'umanità sempre più isolata (e più tollerante) ma che è ancora in grado di amare. L'amore come totalità, che va oltre il corpo e lo spirito, che include e non esclude, che abbatte ogni pregiudizio. Phoenix è un carnevale di espressioni e il suo Theodore ti entra diritto nel cuore. Regia elegante e colonna sonora da urlo. Assoluto e illuminante.
"Touch, I remember touch"... Jonze è brillante nell'inerpicarsi in grovigli fanta-distopici già ampiamente esplorati dalla letteratura e dallo stesso cinema. La selva oscura è rappresentata da un'astratta e asettica Los Angeles non dissimile da una megalopoli random odierna e Phoenix è l'Alighieri che vi si smarrisce, incarnando quel che oggi verrebbe definito senza fronzoli di sorta un sociopatico; nella proiezione futurista ne rappresenta paradossalmente un mero surrogato, semplicemente per una deprimente legge dei grandi numeri. Le ripercussioni filosofiche derivano nell'empireo della prevedibilità, minandone l'ulteriore ascesa.
Per il suo film Spike Jonze utilizza uno spunto vetusto (il rapporto tra uomo e macchina) per parlare (tra le altre cose) della incorporeità dei sentimenti e delle passioni. Potrebbe anche andare bene se non fosse che al di là dello spunto, il film si regge intorno ad interminabili soliloqui e una vicenda che ruota su sé stessa in modo totalmente atonico. Inquadrature suggestive e un attore bravo, ma nel complesso un film pretestuoso e noioso. La Lei del titolo è doppiata dalla Ramazzotti: non è il massimo ma non è la cosa peggiore del film.
Storia d'amore in un futuro non troppo lontano. Da una parte Joaquin Phoenix, dall'altra la voce (di Scarlett Johansson in lingua originale, di Micaela Ramazzotti in Italia) di un sofisticatissimo e umanissimo sistema operativo. L'idea è più che apprezzabile per un film intriso di sentimento (!) e delicatezza, supportato da una dolce colonna sonora. A tratti anche divertente ma leggermente dilatato nei tempi. Assolutamente un film da vedere e adesso, fra qualche anno potrebbe essere già tardi...
Una delle sorprese del mio anno cinematografico, da vedere assolutamente in lingua. La complessità del rapporto umanoelettronico vista senza pregiudizi e attraverso tutte le sfaccettature, da quelle negative, alienanti, sino alla chance di un risveglio emotivo. In questo Jonze non ha né pregiudizi né moralismi pur tenendo l'uomo al centro della questione, come dev'essere. E l'uomo in questione è un formidabile Phoenix a cui va aggiunta una sorprendente Scarlett Johannsson, che veste i panni di una voce con una bravura almeno spericolata.
MEMORABILE: I rapporti via chat; La voce della Johannson; Le passeggiate tra folle con ipad a portata di mocchio; La colonna sonora.
Pensai a un soggetto molto simile la prima volta che ascoltai la voce di Siri su un'iphone; per il resto l'impressione è che Spike Jonze ci metta due ore per raccontare qualcosa che una puntata di Black Miror o di Ai confini della realtà avrebbero raccontato in venti o quaranta minuti. Piacevole la grazia e la delicatezza con il quale tutto è condito e con la quale si cerca di mettere in risalto la solitudine del protagonista; forse è proprio un errore vederlo in italiano, visto che la voce del computer è decisamente insopportabile.
Spaventoso ritratto di quella che potrebbe diventare la nostra vita nell'arco di 10 anni, Her è una di quelle poche opere che, relazioni virtuali a parte, dipingono un futuro piacevole e ordinato, lontano dagli scenari apocalittici a cui ci hanno abituato i maggiori blockbuster degli anni Ottanta. Da una sola idea si dipana un lungo film, intimista e delicato, che inesorabilmente giunge alla conclusione che ci aspettiamo dall'inizio, anche se non dal personaggio che avremmo sperato, cioè l'uomo. E questo è l'aspetto più inquietante del film.
MEMORABILE: L'ex moglie, incredula, a Theodore: "Are you dating with your computer?"
Non esattamente un film di fantascienza, piuttosto una storia d'amore, sulla perdita dell'amore e sulla solitudine nella moderna società urbana super tecnologica. L'ho visto in versione originale, dove la scelta di Scarlett Johansson per la voce del sistema operativo è azzeccata e produce il giusto effetto. Molto espressivo Joaquin Phoenix, perfetto nel ruolo e struggente nei suoi tentativi di superare la perdita dell'amore della vita con una disperata ricerca di un'impossibile autenticità.
Film dall'incedere lento, che pian piano entra nella mente e nel cuore. Jonze dosa bene i momenti di attesa, i silenzi e le musiche, rendendoci testimoni della nascita di un amore impossibile e disperato. L'amarezza di base si sente ed è resa palpabile da uno straordinario Phoenix che recita da solo. Riflessione profonda sulla ricerca di una perfezione irraggiungibile e di una distrazione umana sempre più patologica. Amaro.
Soggetto di grande profondità, che incrocia la tradizione Asimov-Dick (sull'anima della macchina) con l'attuale riflessione sulla solitudine (affettiva e non) dei rapporti virtuali. Ovviamente Jonze deve tenere conto anche delle necessità sentimental-narrative del film, ma risolve il tutto assai bene, per sottrazione ed evocazione. Ottimo Joaquin Phoenix in una parte da Nino Manfredi post-hipster, essenziale vedere il film in originale (la voce della "lei" virtuale è di Scarlett Johansson). Ero partito senza grandi aspettative, ma è un gran film.
Un Oscar come migliore sceneggiatura originale, una forte acclamazione e la standing ovation per Spike Jonze. Se, però, consideriamo il capolavoro del '99 Essere John Malkovich, Jonze ha osato forse un po' troppo con la fantasia. In un futuro non troppo lontano un versatile Joaquin Phoenix (Theodore), sconvolto da un matrimonio concluso, affida i propri sentimenti a un sistema operativo. Dopotutto piacevole, ma molto meglio in lingua originale: un pessimo doppiaggio italiano contribuisce a far calare la già discutibile credibilità del film.
Film interessante e diretto con intelligenza da Jonze, che si avvale di tutti i mezzi possibili per descrivere al meglio la vicenda e delineare il carattere dei personaggi: e così inquadrature, colori, luci e musiche vanno di pari passo con la trama e i sentimenti dei protagonisti. L'argomento trattato, seppur non troppo originale, suscita interesse perché esposto in maniera lucida e saggia da una regia ispirata. Phoenix fa il resto fornendo una prova davvero superba.
La trama è incentrata su un uomo che si innamora di un sistema operativo. Un bel film che mette in luce la solitudine degli esseri umani, impossibilitati ad avere una reale relazione interumana e che al contrario sperano solo che qualcosa si interfacci con loro. La voce del sistema operativo è di Scarlett Johansson, fantastica. Notevole anche la fotografia.
Visto che ormai si parla col proprio iphone, il quale ci ricorda, ci consiglia, ci stimola (un alter ego virtuale), questo soggetto sembra meno avveniristico di quel che appare. Si toccano temi ormai esausti, la solitudine, la nevrosi, l'invadenza del virtuale, l'autoreferenzialità etc ma in modo pretestuoso, polverizzando paradossalmente proprio i veri affetti e le persone reali (anche se un po' differente, per esempio, Lars e una ragazza tutta sua risulta più condivisibile). Apprezzabilissimo, checché se ne dica, il doppiaggio della Ramazzotti. Musica discreta.
MEMORABILE: Gli ambienti patinati "da interior design"; L'idea dello scrivano vecchio stile.
I punti forti della pellicola risiedono sicuramente nell'ottima prova fornita da Joaquim Phoenix (praticamente sempre in scena da solo) e nell'apporto di Scarlett Johansson, che fornisce all'OS una voce calda e sensuale (fondamentale in questo senso vedere la versione originale). Buona comunque l'idea di partenza, forse neanche così fantascientifica in un futuro prossimo, sviluppata in modo meno banale del previsto. Il film si è rivelato una piacevole sorpresa, pur restando ben lontano dall'essere un capolavoro.
Spike Jonze è una garanzia e lo stesso si può dire di Joaquin Phoenix, qui ancora più "irrational" del solito. L'idea della donna virtuale non è certo nuova (S1m0ne) e neanche quella di una relazione amorosa uomo-macchina (dalla replicante di Ridley Scott alla robot di Alberto Sordi) ma qui è raccontata davvero con commovente poesia. Bravissima Micaela Ramazzotti, voce di Samantha e ottimo anche il lavoro degli Arcade Fire sulle musiche. Un film molto intimo ma al contempo di respiro universale, soprattutto del delineare la solitudine.
MEMORABILE: Il momento in cui Phoenix si rende conto di non essere "l'unico", lei è innamorata di altri 641 uomini.
Niente da fare, ormai per questo genere di storia sembra diventata una regola accartocciarsi a metà del secondo atto. Infatti, dopo un'entusiasmante prima metà, il film comincia ad accumulare troppi sentimentalismi per il tipo di vicenda raccontata, quando un tono più grottesco sarebbe stato l'ideale (in maniera analoga al ben più riuscito The lobster). Il film è comunque ricco di ottimi momenti e dialoghi toccanti (concentrati quasi esclusivamente nella prima parte) per non amarlo almeno parzialmente. Resta però quel senso di incompiutezza...
MEMORABILE: Lo sguardo e la voce rotta di Joaquin Phoenix durante le sue confessioni a cuore aperto con Samantha.
Storia di fantascienza romantica, che parla di solitudine, della volontà di legarsi a qualcuno che ci capisca anche se questo qualcuno non è umano (e non ha corpo). Jonze racconta tutto questo con delicatezza, attraverso una sceneggiatura interessante, forse riuscita meglio del film in sé che sconta a tratti un ritmo un po' troppo letargico. Bravo Phoenix e grandissimo il lavoro in doppiaggio della Ramazzotti. Da vedere.
Film che racconta il solipsistico amore dell’uomo e della macchina. Solo che nel film nessuno parla di macchine: tutti danno per scontato che l’Iphone del protagonista sia un essere senziente e capace di sviluppare un rapporto amoroso. Il film non fa riferimento a effetti speciali ma con la sua fotografia pastello e gli alienanti scenari futuristici riesce a creare un’atmosfera distorta che aumenta con la follia del protagonista. Ha dei risvolti involontariamente comici (la scena di sesso telefonico, l’uscita a tre). A tratti inquietante.
Non si può parlare di fantascienza senso strictu, perché l'interazione - anche sessuale - tra uomini sempre più disfunzionali e macchine sempre più intelligenti è già oggi assoluta realtà. Ma come poter essere felici oggi, obiettivamente, in una società in cui ogni relazione nasconde un doppio fine e il futuro è un passato eternato in un crescente sbiadimento? Viene voglia di empatizzare col povero Phoenix, per quanto paradossale possa sembrare. Obbligatoria la visione della v.o., con la splendida voce roca di Scarlett.
MEMORABILE: Con quante persone parla contemporaneamente Samantha mentre si dichiara a Timothy?
Esaltazione del sentimento e al contempo parodia del cinema romantico, distopia e utopia nell'era in cui i rapporti interpersonali si fanno sempre meno diretti in nome dello sviluppo tecnologico. Non sono temi nuovi, ma la storia è così semplice e interessante, i dialoghi così profondi, le parole usate così pure, che è impossibile non restare affascinati, soprattutto considerata l'evoluzione delle intelligenze artificiali negli ultimi tempi. Nella sua linearità, il film è estremamente thought-provoking, ironico e commovente. Da vedere!
Innamorato di un sistema operativo: più che l’ennesima riflessione sull’intelligenza artificiale e il suo illimitato potenziale, il film è una variazione intelligente, originale, profonda, straziante sulla solita vecchia storia: le relazioni, l’amore. Perché poco cambia se l’amato è un essere umano o un computer quando le dinamiche sono le stesse: una persona sola che vede la sua vita colorarsi grazie all’interazione (qui piuttosto verbosa) e all'intesa con un’altra, ben oltre il sesso. Amaro e romantico, acuto e struggente, anche visivamente.
L'originalità non fa di questo prodotto un "buon film". Storia basata sulla comunicazione e i suoi effetti, in questo caso non fra due esseri umani ma fra un uomo e un sistema operativo. Si sfocia in alcuni momenti nel (troppo) mieloso, che (forse) la storia non meritava. La genialità di Spike Jonze non si discute, ma con questo film delude un po' le aspettative. Ottimo Joaquin Phoenix.
Il dramma della solitudine dell'uomo che proietta le proprie emozioni e le proprie sensazioni in qualcosa che non esiste realmente e fisicamente: un film di forte impatto filosofico, decisamente più interessante per l'aspetto umano che per quello teoricamente "tecnologico". Lei mostra la nostra fragilità, il bisogno che l'uomo ha di attaccarsi a qualcosa, anche se questa in realtà non esiste. L'unica pecca sta nel minutaggio eccessivo, che dà un po' di ripetitività. Phoenix eccellente nel rendere standard e quasi anonimo il suo personaggio all'interno del mondo che lo circonda.
MEMORABILE: La breve scena in cui si sente l'OS cantare (ci ricorda che Scarlett Johansson sa anche cantare abbastanza bene).
Vero e proprio percorso di formazione sull'esercizio del sentimento amoroso; della sua difficile applicabilità in un contesto moderno che ci vede sempre più interconnessi e al contempo soli (il lavoro di redattore delle lettere, le IA ubiquitarie, il bombardamento multimediale). La condivisione concreta della propria vita si tradisce come la più complessa delle proprie esperienze, ma la suggestione verso una IA - per quanto seducente e comoda, finanche autentica - non può che tradire la complessità umana e robotica. Cast perfetto; musiche e fotografia all'altezza della sceneggiatura.
MEMORABILE: La voce di Scarlett Johansson; L'incontro al tavolo tra Theodore e Catherine; L'amicizia tra protagonista e Amy; Il filosofo; L'ammissione; Il finale.
Solita operazione arthouse di Spike Jonze: da Essere John Malkovich ad essere il regista preferito di chi beve ogni mattina un frappuccino alla mandorla del Madagascar il passo è stato breve. Si prova a star sospesi tra l'incorporeità dell'amore e il rapporto in evoluzione tra uomo e macchina, ma alla fin fine ci si ricorda solo la prova sottile di Phoenix, la voce roca della Johansson e poco altro; anzi no, difficile da dimenticare una verbosità talmente fine a se stessa da risultare irreale. Peccato, perché è girato anche con uno stile, tra il futuribile e il distaccato, non banale.
Solitudinher. Data herror. Herrare umanum est. Poteva il Jonze ninnolatosi col multiganger di Malkovich non farsi accalappiare dalle derive della coscienza virtuale? A domanda retorica, lui lei l'altrove: un telematizzato flirt biunivoco, un Theodore (toh, come Kaczinski: dirà infatti "il mondo è sulla mia lista nera") ma tecnovoro e alle sentimentali prese con una superSiri non solo senziente ma anche sognante; e per chi crede nelle coincidenze ecco coinvolta in un threesome una Doubleday dritta da Mr Robot. Risultato: un pralinato Pink Mirror virato grigio chiaro a rischio pulpite.
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DiscussioneDaniela • 14/07/14 11:43 Gran Burattinaio - 5942 interventi
Didda23 ebbe a dire: Daniela, il film non mi ha affatto deluso. Anzi...
Didda, se veniva fuori che Her non ti era garbato per nulla, beh, non avrei saputo cosa pensare, se non che c'erano due tizi sul davinotti, entrambi con lo stesso nick... ;o)
Con certi "amici di commenti" e con certi film si può andare sul sicuro o quasi quando si dritta una visione.
Giusto. Come tematica l'ho trovato simile ad I'm Here. Mi sono visto pure Assault on Wall Street di Boll e devo dire che l'ho trovato soprendentente (mi sono fidato del tuo giudizio ;) )
DiscussioneDaniela • 14/07/14 12:20 Gran Burattinaio - 5942 interventi
Ed io a mia volta mi ero fidata del commento di Schramm: come direbbe il professor Sassaroli di Amici miei, "E' tutta una catena di affetti..." ;o)
Mi riservo di vedere la versione originale (per sentire la voce della Johannson), ma devo dire che il film mi ha deluso profondamente. Da un autore come Spike Jonze mi aspetto che i contenuti vadano oltre una singola idea iniziale (peraltro non esattamente nuova) che viene dilatata per oltre due ore. Qualche buon momento, ma nel complesso un film tedioso e stucchevole, con momenti di comicità spero involontaria.
Già, col senno di poi direi che la forza del film sono Phoenix e la scrittura dei dialoghi, ma ha goduto di una promozione esagerata da parte della critica oltre ad essere fastidiosamente cool e ammiccante... la Johansson in originale è molto brava, ma non così tanto da fare la differenza sul risultato complessivo. Insomma, per me classico film che svapora col passare del tempo.
Lo spunto utilizzato per questo film è parecchio datato: poteva andare bene 20 anni fa; in alternativa era necessaria una sceneggiatura forte piuttosto che un continuo soliloquio con dialoghi di dubbio interesse e un finale che torna al punto di partenza, più o meno, senza che si riesca a capire il senso della vicenda e dell'intero film. Phoenix è bravo nulla da dire, ma il film è parecchio inconsistente....
Visto in versione originale. Per fare confronto ho visionato anche qualche minuto con doppiaggio italiano e non c'è proprio storia. Credo che visto doppiato il film perda tantissimo (almeno a giudicare da quel poco che ho sentito).
Markus ebbe a dire: Capannelle ebbe a dire: Spero che la Ramazzotti possa arrivare a quei livelli (sarà dura..)
Capa, come abbiamo potuto constatare "live", tale speranza è stata a dir poco vana: a parte le continue risatine “ramazzottiane” cacciate un po' dovunque, la sua dizione per me lascia sempre a desiderare (ho temuto per tutta la durata del film l'“Mbeh Scerto” [Beh, certo]alla Nino Manfredi al posto del “Si”).
Eh Micaela si è impegnata, non era male, ma in un paio di occasioni il suo accento romano ha fatto miseramente capolino. Le risatine c'è chi può permettersele e chi meno...
Da una parte ti dico che la Johannsson ha una voce forte e suadente che ti riempie la scena e la differenza l'ho avvertita. Un pò vale anche per lui anzi per il sonoro in generale. (Il trailer originale ti dà una minima idea)
Dall'altra è giusto chiedersi chi potessero scegliere perché di attrici adatte onestamente non me ne vengono in mente e chissà se nel mondo del doppiaggio c'era qualcuna all'altezza di quel tipo di voce.
PS leggendo la Curiosità postata da Didda si capisce che anche il distributore si è posto il problema del doppiaggio
A distanza di ben 8 anni devo riabilitare la Ramazzotti. Forse non eguaglia SJ ma fornisce comunque una bella prova, suadente anche lei e precisa nei cambiamenti d'animo.
Il film sempre interessante, un po' meno coinvolgente e con dei personaggi accessori ma conserva la sua personalità fatta anche del contesto scelto da Jonze: lo spettro di colori degli interni e l'impressionante architettura di Shangai.
Rivisto, in italiano (la prima volta l'avevo visto in lingua originale), dopo qualche anno: mi stupisco di averne scritto un commento positivo. Questa volta il film non mi è piaciuto. Probabilmente l'effetto "doppiaggio" ha influito molto. La Ramazzotti fa quello che può, ma non convince molto. A parte questo anche la storia (che pur affronta temi importanti come la A.I, la difficoltà di instaurare rapporti seri e duraturi con altre persone) risulta non molto avvincente (per usare un eufemismo). Insomma non andrei oltre ai due pallini. Non voglio però sostituire né commento né voto, perché, almeno in questo caso, mi pare più giusto lasciare quello della mia prima visione.
Rivisto, in italiano (la prima volta l'avevo visto in lingua originale), dopo qualche anno: mi stupisco di averne scritto un commento positivo. Questa volta il film non mi è piaciuto. Probabilmente l'effetto "doppiaggio" ha influito molto. La Ramazzotti fa quello che può, ma non convince molto. A parte questo anche la storia (che pur affronta temi importanti come la A.I, la difficoltà di instaurare rapporti seri e duraturi con altre persone) risulta non molto avvincente (per usare un eufemismo). Insomma non andrei oltre ai due pallini. Non voglio però sostituire né commento né voto, perché, almeno in questo caso, mi pare più giusto lasciare quello della mia prima visione.
Ho riletto il mio commento e forse sono stato troppo severo, dovrei rivederlo ma ricordo distintamente di essermi assopito più volte durante la visione ….