Un bel film con un'ottima prova fornita dai due protagonisti. Grandi anche Pagni e Haber. Un aspetto da non trascurare è il fatto che il film abbia contribuito al lancio del brano "La donna cannone" di De Gregori (nel disco ononimo è contenuto anche il tema strumentale che ha lo stesso titolo del film).
Le esperienze della Vitti con i drammi di Antonioni sulla crisi di coppia e l'incomunicabilità filtrate da una commedia surreale seppur inserita in un contesto quotidiano e prossimo al naturalismo, sullo sfondo di una Roma periferica, grigia e asettica catturata dall'obiettivo infallibile di Luigi Kuveiller. Energiche e disinvolte, le prove della Vitti (anche co-sceneggiatrice) e di Bideau si confanno al clima di ordinaria follia qui descritto, di cui sono altresì parte attiva Pagni, incompetente psicologo, e Haber, amico stralunato.
MEMORABILE: Bideau che parla con "Veronica" e il viaggio a Torvaianica con Haber e "Veronica".
Da un discreto e originale soggetto, uno svolgimento con troppe lungaggini e forzature poco ammissibili (come le incomprensioni del medico e le volutamente lacunose spiegazioni, per arrivare ai paradossi voluti), tutto per allungare una storia che avrebbe richiesto molto meno per arrivare alla conclusione. Brava la Vitti, sulla quale ricade l'intero peso del film e divertenti gli intermezzi con gli amici, dove spicca un Haber perfetto per la parte. Regia senza guizzi, discreta la fotografia.
Una crisi di coppia prende una piega inaspettata in quanto il terzo incomodo è virtuale. Una storia abbastanza originale raccontata da una sceneggiatura valida solo in parte. Se i personaggi sono ben delineati (specie quelli dei due protagonisti), la storia è caratterizzata da troppe divagazioni poco interessanti e un ritmo non sempre impeccabile. Ottima la prova di Monica Vitti, mentre il protagonista maschile non sembra molto in parte.
Commedia paradossale la cui morale di fondo anticipa quella del lontanissimo I'm a cyborg but that's ok. La confezione è buona, ma la sceneggiatura manca della robustezza necessaria per sostenere l'idea iniziale e il tutto appare come uno scherzo tirato per le lunghe, buono come episodio di mezz'ora all'interno di qualche commedia del decennio precedente. Ottima Monica Vitti, azzeccato Bideau, anche se il suo personaggio non convince. La (buona, dopotutto, con hit in chiusura) OST di De Gregori rimanda in alcuni passaggi a certi hard tricolori coevi.
Commedia particolare, molto leggera, con un finale un po' spiazzante. La trama sembra assurda: un uomo si innamora di una donna immaginaria mentre la sua donna vera tenterà di ricondurlo alla ragione... La prova del cast è buona, l'ambientazione originale: al posto della solita villa lussuosa, abbiamo un appartamento modesto ma decoroso e una casa di legno costruita in spiaggia. Passabile.
MEMORABILE: Il lenzuolo separatore; Il permesso di tenere la donna immaginaria in ospedale.
Un delizioso film di esordio di Roberto Russo, marito di Monica Vitti. Roma 1983, una coppia di coniugi, tecnico specializzato lui, impiegata lei, viene destabilizzata quando entra in scena Veronica, una affascinante cassiera che ha solo il difetto di... non esistere nella realtà. Bella, brava e tenera Monica Vitti e perfetto l'attore svizzero Jean-Luc Bideau. Un film che ha vinto alcuni premi ma che avrebbe meritato di più per il suo apprezzabile candore.
In una coppia matura la moglie ha il sospetto di un tradimento. Una storia sull’amore matrimoniale, su chi ancora ci crede e che, in qualche modo, cerca di farlo proseguire. I toni sono da commedia, ma quando si inizia a parlare di schizofrenia, non c’è molto da ridere. Il guaio peggiore sono tutti i monologhi (dato che si parla a un essere invisibile) che alla lunga torturano la visione. La Vitti fa quel che può in un soggetto debole, gli altri decisamente molto meno. La cosa migliore è “La donna cannone” di De Gregori.
MEMORABILE: La prima visita dallo psichiatra; “La dà a tutti!”.
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