Gigolò si trova drammaticamente invischiato in un omicidio. Il film è imperniato su Richard Gere, che in effetti porta il suo contributo da fascinoso-sexy (le scene che rimangono nella memoria sono quelle in cui fa gli esercizi a casa appendendosi a testa in giù e in cui sceglie come vestirsi) aiutando a sostenere un film che non brilla in originalità e particolare felicità di confezione. Insomma, una storia raccontata in modo sufficiente, ma mai troppo convincente. Da segnalare la musica disco di Giorgio Moroder.
Ottimo thriller che, col passare dei minuti, si rivela essere qualcosa di più di un semplice film di genere. Schrader (che è calvinista) unisce abilmente, infatti, impegno ed intrattenimento, affrontando temi inusuali per un film di genere, come quelli di natura religiosa dell'espiazione e della grazia. Il tutto condito da belle atmosfere e da una riuscita tensione narrativa che porta ad identificarsi col protagonista, del quale seguiamo la discesa agli Inferi. Consacrazione al successo per un bellissimo ed elegantissimo Gere, vestito da Armani.
MEMORABILE: La scena finale che è un chiaro omaggio a "Pickpocket" di Bresson. La canzone, allora celeberrima, di Blondie dal titolo "Call me".
Thriller discreto, ma non memorabile (il finale appare francamente ridicolo) che porta in sè tutto l'edonismo degli Anni Ottanta (venne realizzato all'inizio della decade) concentrato sulla figuta del protagonista, un valido Richard Gere, particolarmente a suo agio nei panni del protagonista. Buono nella prima parte, dove è ben descritto l'ambiente del protagonista, diventa molto più convenzionale nella seconda parte. In tono la colonna sonora.
Sicuramente un cult per le signore, mentre per il pubblico maschile il film perde senza alcun dubbi numerosi colpi. Una specie di thriller-sexy (Gere cerca di spingere l'acceleratore in questo senso non potendo prodursi in una interpretazione da Oscar). Alla fin fine però non entusiasma, a mio avviso. Banalotto.
Buona partenza, netto calo a partire dalla mezzora e poi giù, sempre più giù, fino al rovinoso finale. Gere è chiaramente bellissimo, ma non è che abbia molte espressioni (quando Helizondo è in scena, Gere scompare). Film di bellissima patina, sotto la quale, esclusa la divertente descrizione professionale nel primo quarto di film, si trova pochissimo. Il Maestro, che a tutt’oggi non l’ha visto, può tranquillamente astenersi.
Schrader, collaboratore di Scorsese per Taxi Driver, mette in luce in questo film il suo contributo portando in scena un dramma morale vestito Armani. I richiami a Bresson sono evidenti nel finale, che sarà riproposto ne Lo Spacciatore; un gesto d'amore, in una realtà urbana senza cuore. Non profondissimo, ma nemmeno sbadato o velleitario, e simbolico di un decennio. Gere elegante e algido, ma anche tenero, sarà poi l'icona di un'epoca.
Incastrato dai suoi stessi privilegi in un caso di omicidio, Julian Key "prostituto d'alto bordo", non troverà soccorso nella classe corrotta che se ne appaga, ma verrà redento dall'amore... È un buon film: che sia valso da trampolino di lancio al sex symbol Richard Gere è piuttosto accessorio. I personaggi sbalzano dalle maglie del rigore morale, e Schrader - calvinista - filma con fare sospetto griffe, arredi, piscine ed automobili, a caccia dei segnali del trapasso culturale in atto: lo smarrimento degli Anni Settanta verso la paranoia sessuofoba ed edonista degli Ottanta. Risolutivo.
Successo esagerato per questo thriller di costume, alquanto blando nonostante il tema scabroso (la prostituzione maschile), con una trama gialla di modesto interesse ed un finale in calando. Tutto l'interesse dovrebbe essere concentrato sul corpo di Gere, nuovo sex symbol, ma, sarà per l'immaturità dell'attore, sarà perchè lontano dal mio tipo ideale (è diventato più interessante invecchiando) oppure troppo leccato con tutti i suoi completini giacca e cravatta, beh, non mi ha intrigato neppure un pò. Schrader ha fatto decisamente di meglio
Pellicola iconica, di notevole fama meritata solo in parte. La cornice iniziale funziona molto bene: Gere sa dare carica al personaggio e la trama non è troppo superficiale. Discreta la compagine attoriale. Si perde però strada facendo: la drammatizzazione e lo scavare nel personaggio non riescono come dovrebbero. Rimangono un nuovo attore in rampa di lancio e una dirompente colonna sonora.
Richard Gere è un taxy-boy, meglio: un "gigolò" dotato di un filo di classe che lo distingue dalla massa di volgari "venditori" che fan del proprio corpo mercanzia. Ma lo stile non si addice alla fortuna, poiché viene a trovarsi coinvolto nel delitto di una sua "cliente", accoppiatasi con lui dinanzi al marito consenziente. Sarà un'altra donna, invaghitasi del prestante ragazzo, a creargli l'alibi giusto e farlo scagionare dall'accusa. Thriller che affronta un tema (quello della prostituzione) prendendolo al contrario, ma non azzarda mai spingersi troppo oltre, con finale quasi risibile.
MEMORABILE: la strepitosa colonna sonora di Moroder.
Film che a distanza di anni mostra le stesse rughe del suo interprete principale. Dubito sempre dei prodotti che invecchiano molto male: non si può vedere una recitazione così sopra alle righe. Gere avrà modo di rifarsi a breve con altri bei film, comunque il tutto è ben confezionato e le figure di contorno nonn sono male.
Sotto il vestito... Julian! Uomo oggetto avido di oggetti, uomo per il quale anche l'amore ha un prezzo. Lo salverà un gesto d'amore gratuito. Ma prima... deve cadere dal suo piedistallo nel fango di un sospetto ingiusto eppure meritato, sperimentare il fumus persecutionis, il tradimento di presunti amici, e alleggerirsi della zavorra dei suoi status symbol per spiccare il volo verso la redenzione. L'edonismo sfrontato e impaurito degli anni ottanta si guarda allo specchio, si guarda negli occhi e abbassa lo sguardo, in questo film in cui Gere è un ottimo antieroe, arrogante e triste.
Immagino che nel 1980 sia sembrato patinato e provocante, oggi ha perso gran parte della sua trasgressione e l'erotismo lascia indifferenti. Nell’economia del film la parte sentimentale prevale su quella erotica e tampona qualche carenza che lo sviluppo presenta. Il regista, come confermerà in seguito, ha poco senso del ritmo e tende a congelare l’azione, l’indagine sull’omicidio è poco brillante. Il film conserva il pregio di aver rimarcato il vuoto di valori dell’alta società. Le fans di Richard Gere lo troveranno in gran forma atletica. **!
MEMORABILE: “Quello che è legale non sempre è giusto”.
Film che lanciò l'astro, allora, in ascesa, di Richard Gere, dove la bella canzone "Call me", scritta da Giorgio Moroder, fa da colonna sonora. Il film è interssante, con una co-protagonista, Lauren Hutton, molto bella, un Hector Helizondo pre-Pretty Woman e un Bill Duke ancora con i capelli (cosa che, qui, mi ha sempre fatto ridere). Richard Gere poteva rimanere incastrato in questo film ed essere dimenticato presto, ma la bravura e non solo la sua bellezza l'hanno aiutato a rimanere star.
Thriller che fece epoca quando venne realizzato, contribuendo a confermare Gere come astro nascente nel panorama hollywoodiano. Inusuale e non lineare la sceneggiatura, ma ricca di fascino come ricco di fascino è il protagonista, sfrontato e playboy di alto rango. Un uomo oggetto in tutto e per tutto, anche quando si ritrova al centro di macchinazioni più grandi di lui. Un'interpretazione memorabile quella di Gere, splendidamente diretto da Paul Schrader.
Il Richard Gere di questo moralistico ed ipocrita filmetto, diretto dal "pretino mancato" Paul Schrader, sembra interpretare alla lettera le parole del Don Giovanni di Henry de Montherlant: "Ci sono le giovanissime e ci sono le espertissime". Peccato che non ci convinca per niente. Schrader ci ha ormai frantumato i maroni con le sue (ricattatorie) storie di "redenzione". A mio avviso si salvano solamente, a stento, il brano "Call Me" di Moroder, cantato da Blondie - che resta impresso nella mente - e la classe innata di Nina Van Pallandt.
Film che fa diventare cult il fisico di Richard Gere (chi non hai mai visto almeno una volta la scena in cui fa esercizi ginnici appeso al soffitto). Il trucco sta tutto qua perché il film, diciamocelo francamente, non è che sia un granchè. Il corpo di Gere (poi vuoi mettere uno gigolò...) al servizio di una storia fiacca. Le signore apprezzano, i signori si annoiano un po'.
Film con una doppia anima non scevra da ambiguità: il culto narcisistico ed estetizzante - ben rappresentato da un Gere sfruttato al meglio - del "corpo" viene elevato e poi demolito. Costretto a fare i conti con sè stesso e la sua vita, incastrato per un delitto non commesso, il protagonista si redimerà con l'Amore. Sotto traccia Paul Schrader ripropone la tematica religiosa - e calvinista - che è parte essenziale della sua poetica. In definitiva uno dei migliori noir degli anni Ottanta, sensuale, malsano e commovente. Grande colonna sonora.
Thriller di qualche ambizione sociologica, seppe restituire un'immagine dell'alta borghesia americana direttamente speculare a quella dei bassifondi più malfamati. Conturbante, incandescente, non tanto per la storia che racconta quanto per come la racconta, utilizzando ogni mezzo per affascinare e sedurre il pubblico, non ultimo il corpo ed il carisma di Richard Gere, un mito al culmine del suo peccaminoso e lussurioso splendore. Elegantissimo, molto glamour, un film che strega.
MEMORABILE: Gere che seduce una cliente sotto gli occhi del di lei marito; Gere nudo alla finestra che guarda tra le tendine della tapparella.
Ritengo questo film importante per la figura del protagonista, divenuto nei suoi gesti, nel suo stile di vita, un emblema degli anni ottanta. Il denaro come valore assoluto, l'estetica come unica religione che ha in Rodeo Drive la sua cattedrale e nella scelta del vestiario intonato la sua liturgia. E quanti non hanno desiderato essere come l'amorale ma fascinoso Julian? Perfino lo sciatto investigatore di polizia in fondo ne viene corrotto, adottando su se stesso i suoi consigli preziosi.
MEMORABILE: Le fredde inquadrature dell'appartamento di Julian, attraversato da luci sghembe: Schrader sembra voler far parlare più gli oggetti che le persone.
Patinato e assai meno audace di quanto si vorrebbe, il film ha il difetto di "promettere" un versante thriller che invece inizia in ritardo e si esaurisce troppo presto, ripiegandosi su un dramma sentimentale dal finale irricevibile. Il carisma del protagonista non si discute, ma la simpatia di Gere (che entra meritatamente nel mito accettando, come in Ufficiale e gentiluomo, tutti i ruoli rifiutati dal più pudico John Travolta) non basta a soddisfare anche il pubblico maschile. Da vedere, ma più per curiosità sociologica che cinefila.
MEMORABILE: I consigli di estetica elargiti con arroganza da Julian (Gere) al dimesso poliziotto calvo (Helizondo).
Discreto thriller-noir invero a oggi già un po’ invecchiato (la confezione non brilla, l’estetica è legatissima a quegli anni) rappresenta, attraverso l’occhio circospetto del suo autore, un’America borghese vinta dall’apparire e svuotata da ogni valore etico e morale. E al centro un piccolo barlume d’amore: unico possibile appiglio di redenzione. A non convincere (sebbene non fosse nei principali obiettivi) sono la trama giallistica (diseguale, abborracciata) e l’indagine sul singolo (piatta, abbastanza superficiale). Buone le musiche.
Tolte l’alta sartoria di Gere, la bellezza della Hutton, le musiche chic di Moroder – con una “Call me” riproposta in numerose variazioni - e la fotografia notturna di John Bailey, “American gigolo” si spegne in un racconto mediocre, faticoso e superficiale, che pur si sarebbe prestato a quelle dense notazioni sociologiche per cui Schrader mostrava attitudine sin dalla sceneggiatura di Taxi driver. Qui checca sgargiante, Bill Duke diventerà più noto sfoderando i propri muscoli accanto al collega Arnold Schwarzenegger in Commando e Predator.
MEMORABILE: Il primo incontro tra Julian e Michelle; i consigli di Julian al detective.
Manifesto dell'estetica 80's che visto oggi sa di giurassico. Gli amanti di quella rampante decade godranno tra automobili, vestiti e musiche rigorosamente vintage, tutti gli altri rimarranno indifferenti o giù di lì. L'intreccio "giallo" infatti è ben poca cosa e tutto il film è condotto (volutamente) in sordina da Schrader che si concede una serie di giochi di specchi così per vezzo. Gere si cuce addosso il ruolo col fisico, non certo con la recitazione qui ancora acerba, la patente di icona pop. Pellicola pruriginosa con un dissonante finale dolcissimo.
American gigolo è sicuramente un cult nel suo genere e a suo tempo poteva anche essere un film d'effetto, ma a guardarlo oggi appare malamente invecchiato, tanto che sembra di guardare una soap opera alla Beautiful; probabilmente il film ha fatto più storia per il bel faccino di Richard Gere che per altro. La storia è fiacca e lenta e il finale assolutamente telefonato. Belle le musiche e le giacchette di Richard, ma per il resto...
Il film è sopravvalutato per diversi motivi: per l'avvenenza del protagonista e per il periodo in cui è stato girato (periodo peraltro splendido); ma nella risoluzione finale è piuttosto debole. Questo Gere 1980 non sembra tanto diverso da quello che 10 anni dopo girerà Pretty woman, ma si conferma adatto al ruolo. Peccato che Helizondo e Duke, pur bravissimi, non riescano a essere incisivi come dovrebbero. Comunque non disprezzabile.
Nella Los Angeles terra di perdizione dove i ricchi han protezioni e vizi, la figura di Gere assume i tratti di oggetto del desiderio e capro espiatorio. Simbolico nei vestiti Armani, nelle luci tra le tendine metalliche, nel freddo minimal degli arredi e nei suoni di Moroder, incarna l'idea che negli anni 80 tutto sembrasse possibile. Nella fase a descrivere l'ambiente il film dà il meglio, nel crescere del thrilling si adagia su se stesso e il finale arranca. L'epilogo in stile parareligioso è notevole come una resurrezione.
Un sensuale ed elegante gigolò è sospettato della morte di una cliente. In suo aiuto verrà la moglie di un senatore che si è intanto innamorata di lui. Il film che ha lanciato Richard Gere come icona sexy degli anni ottanta non brilla per originalità e ha come difetto principale una regia poco incisiva, anche se la tensione non manca. Patinato come un lungo videoclip, dal finale non veritiero; insomma, si poteva fare meglio. Ottima colonna sonora di Moroder.
Vista la versione integrale (l'avevo sempre evitato in TV a causa dei tagli imposti dall'ingiustificato divieto ai 18), il film si rivela deludente e ultra-patinato; annacqua le tematiche chiave di Schrader (solitudine, alienazione urbana, colpa e redenzione) in un brodino edonista privo della durezza presente nelle sue opere precedenti come Yakuza, Taxi driver, Tuta blu e Hardcore. La sotto-trama gialla è poco più di un pretesto e il finale risulta decisamente improbabile. Gere è bello ma mono-espressivo.
MEMORABILE: La vestizione di Gere; Gli esercizi fisici appeso al soffitto; I consigli sull'immagine che Gere fornisce all'ispettore di polizia.
Se devo pensare a un'icona del maschio anni 80 penso a Richard Gere in American Gigolò, appeso a testa in giù, intento a scolpire addominali. Oppure mentre canticchiando abbina cravatte, giacche e camicie rigorosamente Armani. Ma a parte questo, il film merita anche per la sceneggiatura e per la colonna sonora. Certamente il noir è condito da quel sapore leggero, tipico di quegli anni, anche un po' pacchiani. E il finale sdolcinato mi è sembrato un po' affrettato. Ma, checché se ne dica, è innegabilmente un cult.
Buon thriller che paga un finale un po' sbrigativo ma vale sicuramente la visione per la splendida caratterizzazione del protagonista, Julian, che consacrerà Richard Gere fra le star di Hollywood. Al suo fianco la bella Nina van Pallandt, nella vita più cantante che attrice, e un formidabile ispettore Elizondo, che Gere ritroverà anche in Pretty woman. A suo modo un cult.
MEMORABILE: La "prestazione" a casa Rheyman; La ricerca dei gioielli con relativa distruzione di casa e auto; Lo scontro finale con Bill Duke sul terrazzo.
Cult movie che ha consacrato il mito di Richard Gere. Il tema della prostituzione maschile insieme all'indubbio fascino dell'attore ne fanno un prodotto di effetto, certamente patinato ma comunque interessante dal punto di vista sociologico e stilistico. L'intreccio thriller è debole, ma ottima la caratterizzazione dei personaggi. Si guarda con piacere ancor oggi.
Pseudo thriller noir erotico (che di erotico ha tuttavia ben poco) reso ingiustamente famoso soprattutto per la presenza del bel Richard Gere (opinabile il fatto che tantissime ragazzine lo considerassero un sex symbol). L'unica cosa da salvare (a parte gli abiti firmati Armani del protagonista) è il tentativo di trattare approfonditamente il tema della prostituzione maschile negli ambienti di lusso. Finale ai limiti del patetico per colpa dell'immancabile love story in cui rimane coinvolto il personaggio principale.
Un thriller ambientato nel mondo patinato della prostituzione maschile che avvince lo spettatore e si fa seguire almeno fino al suo secondo tempo, in cui la melensa love story tra il gigolò e la moglie del politico di turno finisce per prendere il sopravvento, fino allo scontato lieto fine. Da ricordare almeno per i completi eleganti di Richard Gere e per la colonna sonora elettronica a firma, rispettivamente, dei due Giorgio: Armani e Moroder.
MEMORABILE: I titoli di testa con "Call me" dei Blondie; La sequenza nel club gay.
I titoli di testa con la Mercedes di Julian che sfreccia per la strade della California e "Call Me" dei Blondie ad accompagnarne il tragitto restano un momento iconico di cinema ottantiano e, insieme al resto delle musiche di Moroder (per la maggior parte variazioni sul tema della suddetta canzone), nonché certi scorci di controversa urbanità come solo Schrader sa trattare, restano l'apice qualitativo di uno pseudo-noir di bell'aspetto ma meno seducente o intenso di quanto intendesse essere. Non bastano attori sexy e patinata mondanità quando la storia è solo passabile. Bravino Gere.
MEMORABILE: Gere con le sue attempate clienti; Il marito che paga per assistere al pestaggio della moglie; Il locale gay; Paranoia coppoliana; Caduta accidentale.
Per misurarne ancora la potenza del portato estetico/iconico (paradossalmente) basti guardare come la nitida fotografia di Bailey piombi sui personaggi, come Schrader componga geometricamente inquadrature e scenografie e quanto la musica di Moroder diventi enzima dell'azione. Diverso il discorso sul piano materico narrativo, con momenti di evidente compiacimento che producono ripetizioni e passaggi a vuoto atti a depotenziare l'allegorica tracotanza supponente del protagonista prima della trascendente redenzione. Gere sgargia ma che attori Helizondo (poco sfruttato), Hutton e Duke.
MEMORABILE: La Hutton entra in casa di Gere; Il confronto con Bill Duke che sottolinea a Gere come si sia fatto il vuoto intorno.
Giovane gigolò di Los Angeles finisce invischiato in un caso di omicidio. Se non fosse per il finale frettoloso e alquanto mieloso e ridicolo, sarebbe davvero un buon film. La sceneggiatura di Paul Schrader ha dei limiti nella seconda parte che indirizzano la storia su un percorso errato. Abbastanza convincente il cast. Ottima la colonna sonora di Giorgio Moroder.
Come sempre, Paul Schrader racconta nei film da lui scritti storie che sotto l'apparenza di una certa normalità (in questo caso, un thriller erotico) nascondono in realtà riflessioni filosofiche profonde e sorprendenti. Qui l'apparenza è data dagli abiti Armani indossati in continuazione da Richard Gere, ma ripensando al film ci si accorge che in realtà si parla di solitudini esistenziali.
Pur senza raggiungere lo status di classico, è senza dubbio un buon film; il tema di fondo era per l'epoca piuttosto anomalo ed è sviluppato con gusto e con dialoghi anche espliciti quando serve, così come è credibile il personaggio bello e tormentato di Gere, qui al suo apice come sex-symbol, vestito con completi Armani che han fatto storia. Il film fotografa gli entranti 80s con grande stile, tanto da sembrare ancora moderno adesso, non fosse per qualche dettaglio; azzeccata la Ost, notevole la fotografia (soprattutto in interni), efficace la discesa progressiva nel dramma noir.
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DiscussioneGugly • 2/12/10 16:40 Archivista in seconda - 4713 interventi
che fai Zender, glissi?
:-p
DiscussioneZender • 2/12/10 20:04 Capo scrivano - 48566 interventi
Su Sabrina? Neanche per idea. Uno dei miei idoli di gioventù! Musicalmente però non l'apprezzavo molto, benchè nostalgico del filone.
DiscussioneGugly • 2/12/10 21:39 Archivista in seconda - 4713 interventi
Parlavo dei commenti maschili....
DiscussioneZender • 3/12/10 09:15 Capo scrivano - 48566 interventi
Ok, ma devi essere più specifica altrimenti non capisco che intendi. Di commenti maschili ne avrà cento sto film :) Di parte in che senso poi?