il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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362524 commenti | 68844 titoli | 27097 Location | 14314 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Gatto Filippo - Licenza di incidere (1966)
  • Multilocation: Villa Lante delle Rovere
  • Luogo reale: Via Iacopo Barozzi 71, Bagnaia, Viterbo, Viterbo
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  • Film: Non mi uccidere (2021)
  • Luogo del film: La palazzina dalla quale Mirta (Pagani) si getta, riuscendo così a sfuggire alla cattura da parte de
  • Luogo reale: Viale Europa 118, Bolzano - Bozen, Bolzano/Bozen
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Giuseppe Meazza

    Giuseppe Meazza

  • Stefano Colace

    Stefano Colace

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Ggagliardo
Una scena su tutte: le parole tempestose di una dissennata Lady Macbeth infiammano l'animo orgoglioso e il cuore del marito. Il temporale in sottofondo, come a stringere un sodalizio tra Natura e Passione, accompagna un destino ebbro di sangue. Superlativa la regia con piani sequenza e inquadrature dal basso, a scandire i deliri e la magniloquenza del teatro shakespeariano, fattosi cinema. Certo, la scenografia è scarna. Sopperisce la grandezza scenica di un Macbeth/Welles divorato dal tormento.
Commento di: Marmotta
Nel tramonto delle rovine Gerri, l'imperatore di Roma, vive il suo dominio della città eterna; nelle scorrerie, ladro e girovago, onora col proprio sangue la memoria dei caduti, combatte i nemici della corona, osteggiato e imprigionato, spesso nudo, scabro e arso. Immortalato con travolgente lirismo figurativo nelle sabbie dell'anfiteatro e nella notte di gloria titanica brandendo uno stendardo ritorto. Inorgoglito nella statuaria marzialità del post-punk (soundtrack capolavoro dei Tan Zero) continua la sua marcia di trionfo in una realtà parallela, occulta, vivida, tangibile, unica.
Commento di: Daniela
Quattordicenne inizia a fare telefonate allusive a un tizio ignorando che si tratta di un serial killer responsabile dell'omicidio di varie donne. Per quanto poco originale, lo spunto non sarebbe stato malvagio, ma le sue potenziaità sono azzerate da una sceneggiatura banale, una regia piatta che non riesce a trasmettere tensione, prestazioni assai modeste del cast e in particolare dell'attore che veste i panni del serial killer, tanto anonimo che si fa fatica a ricordarne il volto tra una sequenza e l'altra.
Atlas (2013) di Antoine d'Agata con (n.d.)
Commento di: Marmotta
Sensazione unico spazio vitale, generatrice di (non) senso. Superamento delle antitesi: vita/morte, dentro/fuori, aperto/chiuso, buio/luce. Il perimetro epidermico è lo spazio in cui qualsiasi cosa può (non) avvenire: la sosta è la corsa, prima è ora, dopo è ora, già morti, vivi. Un (non) racconto, (non) film, sulla speranza, la gioia di non essere, di essere, di vivere. Pertugi, orifizi, ferite sono le ultime parole, la superficie colliqua nel nulla, il corpo si disfa, eruttando, fiorendo, protendendosi, piegandosi, inabissandosi, librandosi, liberandosi, dentro se stesso.
Commento di: Enzus79
Per il matrimonio del figliastro, una coppia di divorziati si finge unita per compiacere la suocera. Commedia mediocre con pochi propositi e pochissimi spunti di interesse. A tratti si sorride. Robert De Niro più simpatico del solito, brave la Keaton e la Sarandon, fuori luogo e mal riuscito il personaggio della sorella colombiana. Per fortuna dura meno di un'ora e mezza.
Commento di: Ira72
Divertente pellicola avente un mostruoso e vorace volatile per protagonista e in cui gli effetti, per l'epoca, non sono neanche male. Sebbene sia un film degli anni '80 ha, fortunatamente, tutto il sapore degli anni Settanta che giovano, non poco, all'insieme. Per niente azzeccato il personaggio interpretato da Moriarty. Talmente fastidioso che si resta in trepida attesa venga fagocitato dalla creatura volante! Effetti splatter apprezzabili, soprattutto dai nostalgici. Non male affatto!

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Thriller sardo dal titolo intrigante che palesa fin da subito qualche difficoltà nella gestione della presa diretta, con la voce off della detective Anna Carreras (Piras) coperta parzialmente da musiche che ne compromettono la piena comprensione. In seguito il problema, pur non risolto del tutto, rientra, mentre alcune belle riprese dall'alto, intanto, nascondono i limiti di un budget assai ridotto.

Il prologo con l'omicidio di una giovane nel bosco, con l'assassino vestito di nero in tenuta da SO COSA HAI FATTO...Leggi tutto, sembra a tratti quasi una parodia involontaria del genere, anche se fortunatamente la fotografia, piuttosto ricercata (pur se filtrata in modo esagerato), conferisce un aspetto professionale alla scena. A quanto pare si tratta del secondo delitto del serial killer di turno, che uccide ragazze appendendole a testa in giù e legandole con corde e nastri colorati. La citata Anna Carreras, chiamata a indagare sulla morte di sua sorella Claudia (la ragazza dell'incipit), prende con decisione in mano le operazioni. Figlia di un poliziotto a sua volta ucciso misteriosamente tempo prima, la donna si fa notare subito per il piglio risoluto e l'incapacità di smorzare i toni anche con il suo secondo, Fiorenzo Vargas (Muscas), convinto che lei non sia la scelta migliore per le indagini, coinvolta com'è nella vicenda.

Anna ostenta impassibilità, mentre spiega al suo team (e a noi) le coordinate del caso: sguardo che non si abbassa mai, espressione di ghiaccio, si sente in realtà colpevole per non aver saputo prendersi cura della sorella, finita alla deriva e una volta addirittura recuperata (come vediamo in un flashback) mentre dormiva sotto un ponte. I primi interrogatori non sono l'esempio massimo del collaborazionismo, da parte di chi di fatto si rifiuta di fornire elementi utili all'indagine, e mette in evidenza le problematiche dovute all'assenza non solo di prove ma pure di indizi validi. Forse c'è qualcuno che ha visto un fuoristrada allontanarsi dalla scena del secondo delitto ma è ancora troppo poco, anche se poi il possibile proprietario dello stesso, che mantiene un fratello con gravi ritardi mentali, spinge Anna a credere di avere in mano il colpevole. Glielo dice l'istinto, che a quanto sostiene rappresenta l'80% della probabilità di azzeccarci, per chi ha grande esperienza nel campo come lei. Vargas la asseconda di nuovo poco convinto, proponendosi come l'elemento più “sano” e misurato della coppia.

Mirko Zaru, autore unico della sceneggiatura, dirige un film che cerca di lavorare soprattutto sull'approfondimento psicologico della protagonista. Non potendo contare su una recitazione complessiva troppo soddisfacente (nella maggior parte dei casi è anzi piuttosto scarsa), si affida a una Maria Chiara Piras che, spesso in tenuta nera alla Carrie-Anne Moss, mostra comunque una bella convinzione, azzeccando il personaggio. Non basta però, perché molte scene durano costantemente più del necessario e il tempo utilizzato per le pause e i silenzi non si concretizza in uno sperato accrescimento dello spessore. Detto di una storia che a livello di intreccio giallo vola bassissimo, risolta con un colpo di scena telefonato quanto improbabile, restano di buono una colonna sonora di bella resa e la fotografia superiore alla media di questo tipo di produzioni. Però le lungaggini, gli inciampi nella recitazione, l'artificiosità con cui vengono portati in scena molti dialoghi penalizzano non poco il lavoro di chi comunque potrebbe in futuro dimostrare di avere delle frecce al proprio arco.



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Spetta alla diversa sensibilità di ognuno giudicare un film tanto intimista e introspettivo, nel quale alle parole molto spesso si sostituiscono i silenzi dei campi lunghi che si aprono sui paesaggi innevati di Yanji, cittadina cinese ai confini con la Corea del Nord. THE BREAKING ICE è la storia di un'amicizia che trascende in amore e si confonde, che muta aspetto per riprendere i connotati di un rapporto a tre, da sempre calamita per un certo tipo di cinema che ama giocare con l'ambiguità dei sentimenti.

Nana (Zhou), guida turistica che accompagna in pullman...Leggi tutto chi desidera visitare i dintorni, sogna di pattinare sullo specchio gelato dei vicini laghi ghiacciati, di scivolare da sola su quelle superfici per fuggire dalla meccanicità di un lavoro che non ama e dal quale evade condividendo le sue serate con Xiao (Qu); è lui l'amico di sempre, a sua volta chiuso in un ruolo tutto da interpretare, ricco di sfumature che non permettono di capire fino a dove potrebbe spingersi il suo sentimento per Nana. Ma fin da subito irrompe nella loro vita il coetaneo Haofeng (Liu), giunto in zona per un matrimonio al quale lo vediamo partecipare nelle prime scene. Quando da una balconata nota il pullman di Nana, decide di aggregarsi al gruppo di turisti. Perde anche il cellulare, suscitando la solidarietà della ragazza che legge in lui una solitudine e forse un accenno di depressione che la spinge a invitarlo ad uscire con lei e Xiao. Da qui i tre cominciano a frequentarsi, a vivere nello stesso appartamento fino a quando - inevitabilmente - subentrano l'amore e il sesso, scompaginando le relazioni e costringendo a rivedere l'intreccio che regola il rapporto tra loro.

L'abilità di Anthony Chen sta nel cogliere la poesia in sequenze accompagnate da una delicata e fondamentale colonna sonora, trovando non solo momenti di grande intensità girati con padronanza tecnica superiore ma anche una sensibilità che gli permette di cogliere immagini di forte suggestione (si pensi alla scena notturna di pattinaggio, in cui i contrasti di luce sono straordinari, favoriti da una fotografia di alto livello). Un po' più ruffiani invece altri passaggi, in cui si indulge in un simbolismo di maniera, o altri che comunicano meno di quanto vorrebbero (l'avvicinamento dell'orso), mentre l'insieme non sembra nel complesso oltrepassare la soglia del film d'autore appesantito da ritmi soporiferi che non trovano sufficiente giustificazione nel messaggio che trasmettono.

Non sembra insomma che il film - al netto di alcuni tratti di pregevole fattura che potranno con merito sedurre gli appassionati - abbia troppo da dire né che lo dica servendosi di personaggi memorabili o particolarmente interessanti. A restare impresse nella memoria sono soprattutto le riprese naturalistiche, le location scelte ad hoc per trasmettere un concetto ancor meglio delle parole o degli sguardi.

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L'estrema mediaticità del delitto di Avetrana è subito testimoniata nell'incipit del primo episodio, in cui gruppi di turisti del macabro vengono accompagnati sui luoghi teatro della vicenda, primo fra tutti naturalmente la casa della famiglia Misseri. Quattro puntate di un'ora ciascuna, per ricostruire i fatti, possono sembrare tante, ma ciò a cui la serie punta è soprattutto dare un quadro psicologico del mondo in cui il delitto si è consumato, dedicando non a caso ognuno degli episodi a una delle quattro figure principali (nell'ordine Sarah,...Leggi tutto la cugina Sabrina, lo zio Michele e la zia Cosima), partendo dalle quali si riesce a completare una descrizione sufficientemente esaustiva dell'insieme. Può forse sembrare una forzatura e in parte lo è, una simile suddivisione, ma è una scelta che rivendica una visione autonoma e originale, rispetto a una narrazione più lineare e tradizionale.

Si parte da un episodio totalmente dedicato alla quindicenne Sarah Scazzi (Pala), in cui se ne delineano bene le inquietudini, certi sentimenti di inadeguatezza, un primo forte sentimento nei confronti di Ivano (Commare), il ventiduenne che Sabrina (Perulli) cerca in ogni modo di fare suo. Ci viene fatto capire chiaramente - anche attraverso i pensieri sul diario di Sarah - come il conflitto tra le due cugine possa accendersi da un momento all'altro, trattenuto e talora esplicitato. La messa in scena e la regia di Pippo Mezzacasa sono di qualità superiore, la direzione del cast straordinaria con risposte eccellenti da parte di tutti, a cominciare dalla giovane Federica Pala (quello sguardo perduto e insieme risoluto che riflette tutta l'innocenza di chi si affaccia alla vita faticando a goderne gli entusiasmi).

Quando nel secondo episodio, che ancora non svela quasi nulla riguardo al delitto, si passa a mettere sotto i riflettori le insoddisfazioni e la gelosia di Sabrina, l'immedesimazione nei personaggi si eleva ulteriormente, limando quelle che potevano apparire nell'ora precedente lungaggini superflue. Giulia Perulli comunica al meglio tutte le indecisioni e le fragilità di chi passa da compagna di avventure della cugina a primadonna di fronte alle telecamere. Si comincia a parlare di scomparsa e ad Avetrana confluiscono le troupe televisive con in testa la giornalista interpretata da Anna Ferzetti: merito dell'attrice se il personaggio tanto colpisce immediatamente per la maturità nell'approccio, per lo spessore umano infuso in chi sa di dover gestire una situazione difficilissima stando attenta a non far irritare Sabrina, subito inquadrata come la chiave di volta per far immergere gli spettatori da casa nella storia.

Si continua con il terzo episodio, in cui lo zio Michele (De Vita), fin lì rimasto ai margini e ben poco inquadrato, si conquista inaspettatamente grande spazio, permettendo al suo interprete di giganteggiare regalandoci un ritratto struggente, potente, interiormente combattuto ancor più degli altri. In chiusura l'episodio dedicato a zia Cosima (Scalera), di nuovo una performance impeccabile nel sottolineare i tratti insoliti e l'imperscrutabilità del personaggio (caratteristica da garantire per tutti i protagonisti coinvolti, dal momento che ancora qualche punto interrogativo rimane da chiarire, sul fatto); è impossibile non notare parimenti la glacialità rabbrividente di Imma Villa nel ruolo della madre di Sarah, testimone di Geova alla quale la figlia preferiva la molto più "normale" zia, di fatto per lei una vera seconda madre.

Eccellente la resa delle location, che restituiscono in pieno l'atmosfera corretta, contenuta la “romanzatura” degli eventi (con qualche eccezione) e un lavoro certosino in regia che esalta la professionalità del risultato. Come ciliegina sulla torta, una "Who Wants To Live Forever" (Queen, of course) che da sola è capace di esaltare una sorta di emozione trascendente donando a Sarah una dimensione quasi aliena. La serie può dirsi sicuramente riuscita: non cerca artificiosi colpi di scena nel finale degli episodi né al suo interno, preferendo un approccio cinematografico che sconta un ritmo a volte un po' sonnacchioso. Matteo Rovere in produzione è di nuovo garanzia di un prodotto superiore alla media.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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