il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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361167 commenti | 68607 titoli | 27032 Location | 14245 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Una commedia pericolosa (2023)
  • Luogo del film: L'appartamento di Francesca (Minaccioni) e Sergio (Senni)
  • Luogo reale: Largo Ecuador 6, Roma, Roma
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  • Film: Panarea (1997)
  • Luogo del film: Il molo in cui Riccardo (Cozzani) tenta di noleggiare una barca per uscire con Alessandra (Borselli)
  • Luogo reale: Via Comunale Mare, Panarea, Lipari, Messina
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  CINEPROSPETTIVE

ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Alberto Audenino

    Alberto Audenino

  • Paolo Scagliola

    Paolo Scagliola

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Apoffaldin
Bel documentario su ciò che causò il colpo di stato in Cile nel 1973 (i due mandati governativi del presidente democraticamente eletto Allende) e sulla successiva vita in Italia di alcuni sopravvissuti alle persecuzioni della giunta militare. Le testimonianze commuovono ma non mancano i passaggi tragicomici, ugualmente efficaci nel descrivere la situazione che si era venuta a creare. Un inevitabile moto d'indignazione è provocato dall'atteggiamento cinico e ipocrita di militari e torturatori e dalla mancata presa di coscienza da parte loro delle atrocità perpetrate negli anni.
Commento di: Dave hill
Hopper, anche attore, riprende il discorso sugli emarginati senza speranza di riscatto o redenzione: cameriere tossicodipendenti, ex detenuti ubriaconi, operai di discarica, spacciatori. E tratteggia una credibile e cruda storia di famiglia disfunzionale nella quale cresce Cebe, ribelle, bulla, punk, vittima che incarna col suo fisico acerbo e lo sguardo sognante il falso mito della gioventù "bruciata". Bravissima Linda Manz. Raymond Burr fa il preside.
Commento di: Reeves
Ritratto musicale di Pino Daniele, uno dei grandi e indiscussi geni della musica italiana degli ultimi decenni. Non ci sono errori, non ci sono sbavature, tutto è perfetto. Ed è proprio questa perfezione un po' imbalsamata che nuoce a questo documentario, che sembra un freddo e manierato compitino e ci restituisce pochissimo della grande e dirompente forza vitale di Pino Daniele.
Commento di: Luluke
Abbandonata finalmente la saga di Diabolik, i Manetti tornano a un cinema un po' favolistico, arricchito da genuina ironia. E fanno centro. Con un classico film di formazione, in questo caso del giovane calciatore, ricco e viziato, che ritrova la propria umanità in provincia. Non una novità assoluta il tema; particolarmente riuscita invece la sua declinazione, con la creazione di un mondo straordinario da cui alla fine tutti usciranno arricchiti. Prodotto leggero, ma non banale e ben interpretato da attori che non debordano mai dalla parte loro assegnata.
Commento di: Siska80
Senza dubbio la trama sconosce l'originalità (quando il suo amico viene barbaramente ucciso, il Nostro cerca subito di scoprire chi è stato); eppure la pellicola merita anche soltanto una visione, in primis perché Anderson riveste per l'ultima volta i panni del protagonista; in secondo luogo perché l'atmosfera cupa e tesa viene ben ricreata; infine perché un tipo capace di creare armi pure con la carta da parati deve essere in qualche modo omaggiato! Pur non raggiungendo la sufficienza, la pellicola si lascia comunque seguire con interesse sino alla resa dei conti conclusiva.
Commento di: Reeves
Il primo sintomo di un disagio che sta per esplodere è l'aver lasciato cuocere troppo delle patate: a quel punto fa irruzione qualcosa che romperà per sempre l'estenuante routine domestica di una donna che economizza sulla luce spegnendo sempre l'interruttore e si prostituisce con distacco. Un film geniale, in cui sembra non succeda niente e invece succede di tutto. Si segnala la più interessante citazione di Hitchcock mentre i tempi narrativi lunghi appaiono perfetti.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Chernobyl's cafè (2016) di Mike Baudoncq con (n.d.)
La presenza di un bar in piena attività nella città di Chernobyl è il pretesto per mostrare come prosegue la difficile attività di recupero di uno dei luoghi più sfortunati al mondo. Le immagini del 2016 ci mostrano ancora una città perlopiù fantasma, in cui però, come abbiamo imparato a capire, il turismo ha in qualche modo preso piede e c'è chi organizza - lì e a Prypiat, la città più vicina alla centrale - veri e propri tour.

Le immagini di auto immobili, degli alberi cresciuti in mezzo a palazzoni...Leggi tutto abbandonati, continuano a essere di forte impatto, specialmente se come qui abbinate a filmati d'archivio in cui ci vengono riproposti scampoli di quei giorni tragici. I rilevatori di radioattività salgono ancora a livelli alti, in alcune zone altissimi, e i lavori di costruzione del sarcofago che coprendo la centrale dovrà in qualche modo impedire che troppo si diffondano le radiazioni nel circondario restano un'impresa non facile. La troupe del documentario, con la voce di Phillys Yordan che si occupa della narrazione fuori campo, entra nella piscina di Pripyat diventata famosa per l'utilizzo come scenario in videogiochi di enorme diffusione o nelle sale della scuola vicina al luogo del disastro, inquadrando le centinaia di maschere antigas (come quella che campeggia in locandina) sparse sul pavimento e destinate ai bambini di allora per prevenire eventuali attacchi americani (!).

Qualche intervista a chi sul posto oggi lavora, compreso chi con noncuranza si espone a chiari rischi preferendo avere un lavoro che non la certezza di una lunga vita (“Abitavo qui vicino quando ci fu l'esplosione e oggi sto bene, perché dovrei avere paura?”), e anche una lunga visita alla centrale, fino a raggiungere un sala operativa del tutto simile a quella all'interno della quale si dovette gestire l'esplosione del reattore 4. E poi ancora una passeggiata nel lunghissimo corridoio della centrale fino alle sale che ospitavano i reattori.

Una testimonianza insomma non originale ma che sfrutta riprese ben realizzate e un'impostazione che restituisce con buona mano la desolazione del luogo inquadrando le strade deserte, gli scheletri di case depredate da chi ha voluto portarsi via qualche souvenir dell'orrore... Siamo in una terra in cui ancora non si capisce con esattezza dove finisca l'emergenza e cominci il business. Lavoratori e turisti convivono dividendosi gli spazi, tra ignorante scetticismo e voglia di conoscere una meta "turistica" che al mondo, per fortuna, non ha al momento paragoni. Un richiamo a una realtà che è bene non dimenticare, l'istantanea precisa di un momento storico in cui ancora ci si interroga su quanto abbiamo di fronte, senza renderci bene conto dell'enormità di ciò che accadde quel lontano 26 aprile 1986.

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La prima mamma (Bastidas) è in pericolo fin dalla prima scena: col pancione, è in fuga da qualcuno che la bracca facilmente e la rimette in auto per riportarla in una struttura dove qualcuno la fa partorire e la paga per tenersi il suo bambino. Evidentemente così era stato pattuito, ma Brooke pare averci ripensato. E' scomparsa da qualche giorno e al liceo la sua amica del cuore, Nicolette (Cecchetto), è preoccupatissima. Anche perché pure lei è una futura mamma e probabilmente in pericolo, considerato il titolo e l'assenza di altre genitrici all'orizzonte....Leggi tutto Una che vorrebbe esserlo, a dire il vero, ci sarebbe anche, ma insieme al marito ci prova inutilmente da tempo: è Sandy (Bowman), una nuova insegnante che capisce immediatamente quanto Nicolette sia preoccupata e cerca di starle vicino; ma lei è chiusa in se stessa, non vuole conforto e a Sandy non dà proprio retta, almeno fino a quando un test per la gravidanza le conferma i sospetti: è incinta e perdipiù il padre (Meagher) l'ha già mollata per mettersi con un'altra. Poi certo, quando gli dici che avrà un figlio, non sa neanche lui come reagire...

Ma intanto, quel che è più grave, Brooke - che era riuscita a fuggire dal luogo in cui era segregata - viene investita e uccisa di notte da un losco figuro che lavorava per la misteriosa organizzazione che le ha sottratto il figlio. Quando Nicolette, che vive in una casa famiglia, lo viene a sapere, è sconvolta, e quel dramma si aggiunge al suo facendola sentire perduta. E' il momento di chiedere aiuto a Sandy, ben felice di poterle finalmente dare una mano. Chi si cela dietro il gruppo di persone che ha ucciso Brooke? Come agiscono? Domande che avranno una facile risposta, anche perché non siamo in presenza di un giallo. Non ci sono colpi di scena o un intreccio da svelare lentamente che nasconda elementi e indizi utili ad arrivare a una soluzione imprevista.

Il film punta a raccontare il dramma di Nicolette soprattutto, a cui Devin Cecchetto conferisce buona credibilità tratteggiando con piacevole spontaneità il personaggio: non sorride mai, ha le sopracciglia che tradiscono preoccupazione costante, si sente sola a combattere una lotta contro qualcuno che nemmeno conosce. Intorno a lei Fallon Bowman sa dimostrare la comprensione e la complicità che la sua Sandy deve avere, anche perché pure lei ha una storia simile alle spalle. E così, pur senza entusiasmare, il film procede facendoci partecipare alla (modesta) azione introducendo altri personaggi: il marito (Mark) di Sandy che se ne deve andare lontano per lavoro proprio in un momento così critico per lei, l'ambigua direttrice (Marchand) della casa famiglia e infine un'algida bionda (Taylor), che sembra poter essere il tramite per arrivare all'organizzazione responsabile dell'uccisione di Brooke. Se ci si accontenta di una recitazione sommariamente convincente, di una regia che fa il proprio lavoro diligentemente e se l'argomento può interessare, questo piccolo film tv può anche risultare passabile...

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Serie giapponese in 50 episodi autoconclusivi di una ventina di minuti ciascuno (regolarmente doppiati in italiano), concentra in sé tutta la follia delle produzioni d'Oriente per ragazzi alle quali si ispireranno anche i più noti Power Rangers (che da una produzione simile acquisteranno i diritti). Le trame sono elementari, ovviamente puerili, ma quello che fa la forza della serie sono gli effetti speciali: per quanto rozzi ed economici mettono in mostra tutta la fantasia dei giapponesi, autentici maestri dell'impensabile....Leggi tutto E stupisce come con pochi mezzi a disposizione si riescano ad assemblare scene tanto “spettacolari” e – a loro modo – ben girate, che danno forma a deliri a volte sensazionali (impossibile non citare il mostro anguria di FORESTA UMANA, per esempio, che spara semini letali o lo Squalo che uccide piangendo lacrime esplosive).

La prima puntata (GOGGLE FIVE) ci presenta uno scienziato in marcia verso le Alpi tedesche, dove in un cupo castello sta avvenendo qualcosa di misterioso. Un gruppo di grandi menti autodefinitosi “Scienziati contro le tenebre” devono incontrarsi lì per capire cosa stia accadendo. Scoprono che all'interno del maniero si annida un avamposto del temibile Impero Desdak, che materializza lì in un attimo decine di combattenti che strepitano e scalciano dappertutto. Chi è entrato al castello pare sappia già quanto c'è da sapere, non si capisce in base a cosa: “Vengono dalla quarta Dimensione, quella che conduce a Desdak, un impero governato da individui pericolosi e crudeli. Hanno già distrutto molte civiltà e ora vogliono prendersi anche la Terra”. In due minuti e quaranta ci è già stato detto tutto, e si continua con la presentazione di un gruppo di bambini e bambine che, seduti ai computer “Boys and girls” (!), selezionano cinque giovani elementi a cui spetterà il non facile compito di difendere la Terra.

I cinque giovani elementi prendono il nome di “Goggle Five” (che in italiano pronunciano però "Gogor" come in originale): sono dotati di uno speciale orologio da polso che, attivato, li trasforma in cinque supereroi in tutina. Ognuno di loro ha inserita nel casco una pietra proveniente da una civiltà terrestre scomparsa e sa già cosa fare. Nessuno ai cinque ha spiegato nulla, tantomeno il professore che sta a capo della congrega di infanti nerd, ma anche loro sanno già tutto: quali armi usare, che mosse fare (il tempo che trascorrono a muovere le mani in aria producendosi in inutili mosse da marzialisti è molto più di quanto non si pensi), chi è il nemico, come affrontarlo... E' infatti incredibile come il montaggio annienti sistematicamente ogni tempo morto facendo girare l'azione a mille.

Spiegazioni che si risolvono in massimo 15 secondi, accelerazioni e ralenti, corpo a corpo con alieni in bislacchi costumi nonché armi che definire ridicole è poco: i nostri lanciano nastrini, hula hoop, strane bacchette e – il Goggle giallo - un semplice pallone (col tempo evolverà in sfera ferrata) con cui colpisce “a morte” il nemico! Saltano, fanno capriole, rimbalzano e non solo, perché dal nulla la sala computer “Boys and girls” spedisce loro pure cinque velivoli, che i nostri guidano come al solito gridando parole a caso e muovendo le braccia in aria come in un saggio di danza! E, se non basta, i cinque velivoli si uniscono alla “Transformers” dando vita a un robottone che lancia pugni spaziali, trottole trancianti e diavolerie assortite, finendo il lavoro con una spada che s'illumina spedendo il suo raggio intorno alla Terra, quindi fino a rimbalzare in una galassia lontana lontana e fare ritorno per indirizzarsi, una volta direzionato con la spada, sul nemico.

Il capo dei Desdak (o meglio un suo diretto dipendente, perché il capo è una specie di occhione gigante che balzella urlando e agitando le manone) non può reagire che ripetendo ogni volta il suo ritualistico “Maledetti Goggle Five” e tornandosene ad ogni puntata con le pive nel sacco sotto un casco mutuato da quello di Lord Fener. GOGGLE FIVE sembra un cartone animato in live action, concepito per lo stesso tipo di pubblico ma che riesce a incanalare l'eredità dei vecchi kaiju eiga in mostri economici incredibilmente buffi e discretamente realizzati, senza perdere quel gusto tutto giapponese per la creazione di modellini di grande fascino.

Lascia un po' perplessi il fatto che, quando i Goggle chiamano a sé le navicelle, il processo che va dall'arrivo fino alla trasformazione delle stesse in robot sia sempre lo stesso (inquadrature comprese), riciclato identico in ogni puntata... Un po' troppo tirati per le lunghe gli immancabili scontri con i guerrieri ninja in mimetica che aprono ogni confronto coi Desdak capriolando dappertutto, spettacolare il salto di gruppo dall'alto dei Five, riproposto con minime varianti in ogni puntata.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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