il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO
le location esatte parte 2
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358875 commenti | 68140 titoli | 26837 Location | 14131 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Il campione (2019)
  • Luogo del film: La strada dove Valerio (Accorsi) prova l'acceleratore della Lamborghini di Christian (Carpenzano)
  • Luogo reale: Via Paride Stefanini, Roma, Roma
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  • Film: Come può uno scoglio (2023)
  • Luogo del film: La piazza dove Amedeo rivede dopo molto tempo l’ex compagno di carcere Franchino (Ruggiero)
  • Luogo reale: Piazzetta San Gennaro a Materdei, Napoli, Napoli
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  CINEPROSPETTIVE

ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Guido De Salvi

    Guido De Salvi

  • Pino Michienzi

    Pino Michienzi

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Rufus68
Action che s’inabissa progressivamente nelle insidiose sabbie mobili del già visto. Stavolta non c’è neanche il frizzo sbarazzino dell’esagerazione parodistica, ma solo la tiritera dell’uno contro tutti i cattivi (russi freak e pervertiti, ovviamente, come da copione della nuova guerra fredda) sino alla salvezza della vittima (che strangola i suoi aguzzini, però, meglio di un’arma letale). Statham striscia stancamente il badge, il resto dell’inverosimile cast si adegua.
Baraka (1992) di Ron Fricke con (n.d.)
Commento di: Noodles
Autentica perla del genere documentaristico. Non c'è voce fuori campo e se questo da una parte può essere un difetto poiché non sempre si capisce quale sia la location mostrata, dall'altra offre la possibilità di abbandonarsi alle straordinarie immagini che il regista ci mostra senza pensare ad altro. Che si tratti di volti, di bellezze naturali, di riti o di immagini sperimentali, è tutto uno spettacolo per gli occhi. Il tutto ancora più apprezzabile se si pensa che eravamo ancora agli inizi degli anni '90. Un film veramente bellissimo che riconcilia col mondo. Ipnotico.
Commento di: Cotola
Piacevole e godibilissima serie-tv di animazione formata da dieci episodi autoconclusivi. Al di là dello scontro con i vari cattivi, ciò che colpisce positivamente è lo spazio dato alla detection, che rende le varie storie dei veri e propri piccoli noir. I vari episodi sono ben scritti e sanno come intrattenere. I personaggi sono spesso ben caratterizzati, soprattutto i cattivi che sono ben più interessanti dei buoni: bello in particolare quello ambivalente della figlia di Gordon. Anche dal punto di vista grafico l'opera si attesta su buoni livelli. Il risultato finale è buono.
Commento di: Myvincent
Un assassino seriale uccide tre donne e ne asporta i genitali per conservarli in formaldeide e per queste atrocità viene accusato il solito “perturbatore” della società. Avati utilizza ancora il registro orrorifico per raccontare ben altre atrocità, come i cadaveri infiniti della Seconda Guerra Mondiale, la miope incapacità dei manicomi, l’intelligente pratica al male. Tutto questo in un formato elegante, in cui non manca il suo usuale lirismo.
Commento di: Katullo
Love story che sfrutta un originale francese e che va ad aggiungersi a una discreta fila di remake. Gianni è un ricco tombeur de femme poco incline alla gentilezza, eccetto che per le sue conquiste da scommessa vincente. Chiara invece è una disabile campionessa di tennis, di violino e di sdolcinatezza a fini terapeutici. Favino, si sa, ha mestiere da vendere e riesce a rendere spendibile il suo personaggio, mentre la Leone resta intrappolata nella spessa retorica a cui il film tenta di sfuggire. Regia e cast vanno quasi a immolarsi sull'altare del pietismo. Commedia non pervenuta.
Commento di: Gabigol
Si parte con un inizio davvero folgorante per spietatezza e brutalità. Grande anche il lavoro di regia, che dona ritmo e tensione a un dramma potente; il problema è che si lavora di accumulo, in un incessante affastellarsi di violenze ipertrofiche ed esagerazioni di scrittura quasi a rischio del ridicolo (le purghe bevute di corsa, i cannibali all'ora di cena e la polizia dormiente). Si resta sui tre pallini perché la prova di Min-sik Choi non si dimentica tanto quanto gli ultimi venti minuti (bel finale, seppur dopo 142 eccessivi minuti).

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Qualità e difetti dei film di Dupieux sono quasi sempre gli stessi: all'attivo idee folgoranti, assolutamente geniali, gag improvvise che possono risultare esilaranti; in negativo non può invece non notarsi una pesantezza di fondo che si traduce in lunghe fasi di attesa solo di rado brillantemente affrontate e non si può pensare che la breve durata (anche questa volta non si raggiunge l'ora e venti) risolva il problema.

Qui siamo di fronte all'esasperazione (ma forse nemmeno troppo) dell'effetto metacinematografico: Dupieux sceglie come pretesto l'incontro...Leggi tutto tra un lui (con un amico) e una lei (col padre) rendendo consci loro (ma anche noi) del fatto che stanno recitando e che quindi nei dialoghi s'introducono suggerimenti su come pronunciare le battute, quali parole evitare per non incorrere nel politicamente scorretto e così via. Il film nel film, infatti, sarà nientemeno che il primo diretto da un'Intelligenza Artificiale, col regista ridotto a un avatar che comunica su sfondo bianco dallo schermo del pc. Già questo potrebbe essere un bel colpo di genio, ma il gioco che fa passare i protagonisti da una falsa realtà alla finzione vera e propria all'interno di uno stesso dialogo crea momenti effettivamente piuttosto stranianti.

David (Garrel) è il bel ragazzo che deve incontrare Florence (Seydoux) nonostante non la sopporti. Lei è innamoratissima, lui non la può vedere e per togliersela dalle scatole ha pensato di piazzarla a Willy (Quenard), amico un po' tonto che si fa chiamare Willy convinto che fosse il nome del simpatico ragazzino di IL MIO AMICO ARNOLD (mentre tutti sappiamo che quello è Arnold! Willis è il fratello). Florence, invece, arriverà all'incontro insieme a suo padre (Lindon), borioso attore orgogliosissimo di essere stato appena chiamato per recitare nel nuovo film di Paul Thomas Anderson. L'unico altro personaggio che si aggiunge ai quattro (ma non è una presenza indifferente, visto che è titolare del miglior tormentone del film) è Stéphane (Guillot), comparsa chiamata esclusivamente per servire il vino al ristorante dove siedono i quattro. Lo stress gli impedisce di versare senza spandere (la mano trema incessantemente) e la trovata è gestita nel migliore dei modi a testimonianza del grande spirito comico di Dupieux, che non sbaglia i tempi e sa azzeccare momenti a loro modo memorabili.

Quenard, già protagonista assoluto nel precedente YANNICK, è di nuovo simpaticamente fuori di testa e ha ottimi duetti soprattutto con Lindon, che mal sopporta il suo fare ingenuamente offensivo. Meno esplosiva la coppia "principale" composta da Garrel (poco più di una spalla per Quenard) e dalla Seydoux, cui invece spetterebbe il ruolo più autentico e vario, meno macchiettistico e ponderato. La riflessione sul metacinema non è certo nuova (meno che meno per Dupieux, che ci ha costruito sopra molti dei suoi film) ed è condotta senza trovate particolarmente rivoluzionarie. E' però spesso gustosa, aiutata da una recitazione impeccabile e in alcune parti spassosa. Peccato non aver saputo rendere sapidi anche certi scambi che diventano troppo interlocutori...

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La prima riunione intorno a un tavolo dei protagonisti, dopo pochi minuti di film, rende già benissimo l'idea di quello che ci aspetta: nomi e parole che s'incrociano vorticosamente lasciando stupiti per l'assenza di informazioni utili a rendere da subito comprensibile la vicenda. Si assiste impotenti a frasi il cui senso ultimo sfugge, come se il regista ci rendesse noto che non abbiamo ancora a disposizione i mezzi necessari per interpretare correttamente ciò che sta accadendo. E ci vorrà ancora un po', prima che questo avvenga. Poi finalmente emergono tracce...Leggi tutto di una qualche storia, nascoste sotto una cortina fumogena diradabile a fatica.

Il volto impassibile di Michael Fassbender, dietro un paio d'occhiali che lo irrigidiscono ancor più di quanto l'espressione monolitica comunichi, prende apparentemente le redini del gioco insieme a sua moglie Kathryn (Blanchett): deve scoprire l'immancabile talpa che ha fatto trapelare informazioni su un misteriosissimo codice Severus di cui poco o nulla è dato sapere. Sono cinque gli agenti del SIS sui quali si concentrano i sospetti e una, guarda un po', è pure Kathryn. Meacham (Skarsgard) esige da George risultati in tempi brevi e lui allora, passando attraverso una Londra ripresa in suggestivi scorci per nulla cartolineschi, invita i cinque a casa sua per cercare di far luce su un enigma che si fa ancora più complesso nel momento in cui Meacham muore in circostanze sospette (un indizio ben preciso porta a Kathryn, la donna che ama).

C'è da lambiccarsi il cervello, se si vuol venire a capo di qualcosa, e l'impresa più ardua non è quella di George ma dello spettatore, costretto a districarsi all'interno di un labirinto in cui si rischia di perdere con estrema facilità il filo che porta alla soluzione. Sono quei film che si compiacciono della loro inestricabilità, che nella testa degli autori dovrebbe accrescere il fascino dell'operazione ma che invece, in molti casi, spinge a sperare soprattutto in un dialogo chiarificatore, in una una chiave di lettura in grado di dissipare la nebbia che avvolge troppi interrogativi. Lo stimato David Koepp, autore unico della sceneggiatura, pare invece più curarsi di mantenere molte zone d'ombra, di fornire indizi solo accennati, di immergere il film in un'atmosfera carica di mistero che la curata fotografia, le scenografie di grande effetto e soprattutto una colonna sonora di eccellente suggestione accrescono indubbiamente.

La recitazione è qualitativamente soddisfacente, il cast non delude con una Cate Blanchett credibile nei panni della femme fatale dallo sguardo ambiguo. Per il resto soprattutto estenuanti faccia a faccia, scene corali di singolare staticità e una precisa collocazione all'interno di un filone che ha già al suo attivo titoli noti come LA TALPA; titoli che il suo pubblico lo hanno e vengono impostati secondo le regole del film spionistico di alto livello, senza concessioni allo spettacolo e all'azione per lavorare a un livello più intimistico, affollando i dialoghi di codici e linguaggi apparentemente piuttosto ostici, ricchi di tecnicismi respingenti (glitch?) che più volte viene voglia di restituire al mittente. Per amatori, amanti del sofisticato e pure un po' del fumo negli occhi...

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Ricky Tognazzi e la moglie Simona Izzo (presente anche tra gli sceneggiatori) ricostruiscono gli ultimi tredici anni di vita di Francesca Morvillo (Pantano) e Giovanni Falcone (Reggiani) partendo dal giorno del loro incontro in un ristorante, lui reduce dalla separazione dalla moglie, lei ancora felicemente unita a un uomo con cui condivide l'interesse lavorativo, oltre al letto. Eppure l'attrazione tra i due protagonisti è immediata, lo si capisce (come avrà modo di sottolineare in seguito proprio il marito di Francesca) da come lui guarda lei e da come lei si lascia guardare...Leggi tutto da lui.

La carriera del grande giudice palermitano rimane, per una volta, piuttosto in ombra rispetto all'evoluzione del rapporto tra lui e la donna che ama e che prova per lui un'attrazione irresistibile, arrivando a sposarne in pieno anche il gravoso impegno civile che lo schiera in prima linea contro la mafia, conscio di rischiare quotidianamente la vita. Francesca è magistrato a sua volta, si occupa di minori e di un caso in particolare, che seguiamo fin dall'inizio e che riguarda un ragazzo accusato di aver ucciso il padre. Non parla, né lui né sua madre, benché entrambi sappiano benissimo che il vero colpevole è un altro. Atteggiamento esemplarmente rappresentativo di quella mentalità complice che diventa il terreno ideale per la prosperazione della criminalità organizzata.

Giovanni e Francesca sono uniti - a livelli diversi - in una lotta impari che ha coinvolto l'intero apparato di giustizia siciliano soprattutto in anni (gli Ottanta) in cui Cosa Nostra aveva dichiarato guerra allo Stato, eliminandone fisicamente i più coraggiosi e strenui difensori. Non che non si scandisca il trascorrere degli anni attraverso le date precise degli attentati, come è usanza inevitabile per ogni film che racconti questo particolare periodo storico, ma ciò che i registi puntano a mettere in luce è la grande complicità, tra amore ed emozione, che unì le anime di Giovanni e Francesca, continuamente messa alla prova da eventi funesti che portano il primo a desiderare di allontanarsi dalla seconda per proteggerla ed evitare che possa finire coinvolta in eventuali azioni delittuose compiute ai suoi danni.

La relazione però, che sicuramente visse momenti di grande intensità emotiva, tende talora a spegnersi in una resa poco cinematografica e che ricorre a dialoghi anonimi, tesi a porre l'accento sulla melodrammaticità della situazione. L'escalation di sangue e ferocia non si percepisce in tutta la sua virulenza, è tenuta quasi in secondo piano lasciando che filtri qua e là attraverso i servizi dei telegiornali d'epoca, qualche riunione in ufficio, la collocazione all'interno del suo spazio temporale di attentati che echeggiano in una telefonata, una fredda comunicazione... Anche perché il punto di vista scelto è in primis quello di Francesca, non di Giovanni, inevitabilmente più coinvolto nella lotta.

Conferiscono allora una dimensione precisa al lavoro di Francesca le parti relative al processo del giovane recluso nel carcere minorile (sono purtroppo le più deboli), sganciando ulteriormente il film dai tanti che negli anni hanno dato risalto solo all'attività del suo più celebrato compagno. Così, tuttavia, ci viene parzialmente preclusa la possibilità di calarci nell'estrema drammaticità del momento storico, impedendoci di cogliere la statura vera di Falcone, dipinto come un giudice simile a molti altri quando sappiamo quanto così, per forza di cose, non potesse essere. La dolcezza delle parentesi intime è in ogni caso ben resa da due attori che sanno restituirla con misura e garbo, mentre la regia svelta aiuta a ripercorrere, da una visuale diversa, le tappe di un'avventura che conserva ancor oggi tratti di autentico eroismo.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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