Il film parte bene: bello l'intreccio di rapporti e incomprensioni familiari fra il nonno (Sean Connery), il papà (Dustin Hoffman) e il figlio (Matthew Broderick), poi si siede e arriva al finale "telefonato". Allora il motivo per vedere il film rimane nella bella prova dei tre attori e nella scena del funerale alla "irlandese" in cui è vietato essere tristi. La famiglia del titolo è italo/irlandese e Sean Connery si lamenterà della parte nostrana dicendo "mi facevano pisciare olio di oliva".
Nonostante il cast stellare impiegato e la regia del grande Sidney Lumet, è decisamente un film poco riuscito. La sceneggiatura (in particolare tutta la serie delle incomprensioni familiari) è troppo scontata e piena di luoghi comuni; la storia procede su binari narrativi altamente prevedibile. Inoltre il cast appare poco assortito e in particolare molto poco credibile appare il rapporto padre/figlio tra Hoffman e Connery. Occasione sprecata.
Inizia come una commedia e finisce in dramma. Una pellicola la cui parte migliore è in particolare la prima, mentre nella seconda l'interesse va scemando ogni minuto che passa. Lumet alla regia ha qualche colpo a vuoto. Gli attori sono affiatati ed è solo per loro che si arriva fino in fondo.
Commedia "familiare" molto deludente soprattutto se si pensa che a firmarla è un ottimo regista come Sidney Lumet e se si guarda al cast avuto a sua disposizione. In particolare il punto debole del film è la scialba sceneggiatura che non riesce a strappare risate allo spettatore e che sceglie un tono a metà tra dramma e commedia che, a mio parere, non si addice alla pellicola. Meglio sarebbe stato un registro più brillante e veloce se non additittura un po' grottesco e sopra le righe.
Questo film è, decisamente, uno dei passi falsi dello Sean Connery post-Intoccabili, anche se le premesse per un grande successo c'erano eccome. Cosa non va? Probabilmente l'alchimia fra Sean Connery e Dustin Hoffman, che avrebbero bucato lo schermo più come fratelli che come padre e figlio che fanno i ladri. Matthew Broderick, poi, dopo una carriera da star teenager iniziava a calare vistosamente e questo film non l'ha aiutato a risollevarsi. Più un dramma che una commedia fra tre generazioni di ladri. Meglio rivedersi I soliti ignoti.
I padri, i figli, i nonni e le imperdonabili colpe che vanno nella medesima buca di generazione in generazione. Lumet sembra quasi dimenticare che i film sono affari anche dello spettatore: il ritmo segna si e no una tacca verde di connessione disponibile, e il lievito narrativo se la prende bella comoda nel gonfiare l’impasto. Il meglio sta nel retrogusto amarognolo dato dall’insanabile lacerazione dei rapporti; a tutto il resto provvede Hoffman facendo tutto con gli occhi. Broderick gli tiene grossomodo testa, Connery è ai suoi minimi attoriali, forse convinto che gli basti presenziare.
Lumet firma una commedia che, in quanto tale, può permettersi un tono leggero e frizzante, persino canzonatorio. Ne consegue che la sceneggiatura, morbida e sinuosa, avrebbe potuto essere un po' più densa di contenuti. Il film però non annoia e le paturnie del povero Hoffman preso in mezzo fra un figlio ribelle (Broderick) e un padre incorreggibile (Connery, qui gigione al cubo) contribuiranno notevolmente al risultato finale. Cameo per James Tolkan.
MEMORABILE: "Correvo i cento metri piani con due sbirri alle calcagna!"
Nonno pregiudicato si fa convincere dal nipote a tentare un colpo in cui finisce coinvolto anche il riluttante babbo... Film deludente per il prestigio dei nomi in campo: Lumet dirige con la mano sinistra, mentre Connery e Hoffman, pur offrendo prove professionali, non risultano credibili come padre e figlio per colpa di una sceneggiatura incerta sui toni da adottare e di una definizione approssimativa dei rispettivi personaggi. Paradossalmente, una dimensione produttiva più modesta, alimentando meno aspettative, forse avrebbe indotto ad una valutazione più benevola.
Tre generazioni a confronto con il comune vizio del crimine tentano un colpo destinato a fallire. Strano che idoli del calibro di Connery e Hoffman (padre e figlio, ma davvero?) con Lumet alla regia e l'astro nascente Broderick al seguito riescano a rendere sprecata un'occasione tanto ghiotta; una sceneggiatura che sembra abbozzata, priva di mordente, molto più depressa che frizzante. Vago anche il messaggio: tra la retta via e il cattivo esempio il piede finisce in due scarpe consumate dalla poca voglia di voler dire qualcosa. Residuale e riempitivo fino a risultare superfluo.
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nota da mille e un demerito per l'edizione 20th home entertainment: sottotitoli allucinanti quasi tutti tradotti alla lettera, che si tratti di frasi idiomatiche o meno. ma una casa di tale portata non sa scegliersi i traduttori? davvero incredibile.
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv ("I filmissimi", lunedì 27 gennaio 1992) di Sono affari di famiglia: